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And oh we started Two hearts in one home

Stiamo per farlo davvero?

"Oddio." è il mio primo pensiero.

-Vado a darmi una sciacquata. Tu resta qui.- mi ordina Jacob.

La schiena nuda e altrettanto tatuata sparisce nel bagno.
I miei occhi compiono una traiettoria per finire sul comodino bianco dell'ikea con sopra il suo cellulare.
8887.
Me lo ricordo ancora quel codice che ho trovato scritto sul retro della foto.
Che sia il suo pin?

"Al diavolo!"
Mi faccio coraggio afferro il cellulare digito velocissima quelle cifre ma... il pin non è quello corretto.
E se quel numero fosse più importante di un semplice pin del cellulare?
Non mi muovo dal letto, ma quando sento lo scroscio della doccia capisco che è arrivato il momento.
Ho poco tempo.
Scatto in piedi ed apro cassetti, spalanco le ante di armadi e cassettiere.
Nulla.
Solo camice a quadri, t-shirt e pantaloncini sportivi.
Finché non mi accorgo che dietro alla porta c'è qualcosa. Un armadio stretto e alto attira la mia attenzione.
L'anta è semi chiusa, ma mi basta un colpetto leggero per spalancarla. È vuoto.
Ma poi sollevo lo sguardo e la vedo. Lassù, sull'ultimo ripiano, c'è una cassaforte.
"Maledizione! Perché mia madre mi ha fatta così bassa!"

Neanche mettermi in punta di piedi è sufficiente per raggiungerla. La mensola è troppo alta, mi servirebbe una scala.
"Okay, devo fare in fretta" mi dico agguantando una vecchia sedia in legno. La posiziono davanti all'armadio poi mi tolgo i tacchi e ci salgo sopra.
Un cigolio. "Dio, fa che tutti i gelati e le pizze che sto mangiando nell'ultimo periodo non mi si ritorcano contro!"

Mi immagino già quella sedia sgangherata rompersi grazie al mio dolce peso, per farmi cadere come un sacco di patate.

È ancora un po' in alto, ma da quassù la vedo bene. Lampeggia una spia rossa.
È chiusa.
Mi faccio luce con la torcia del cellulare per vedere al meglio il tastierino con i numeri.
Le mie dita tremanti pigiano componendo quel codice che avevo memorizzato.
Lo schermo si illumina di verde.
Sbloccata.
Un'adrenalina inspiegabile s'impossessa di ogni fibra del mio corpo. Come se mi avessero appena somministrato una dose di droga potentissima.
Con l'eccitazione nelle vene, apro lo sportello con cautela, poi con la torcia vi do un'occhiata dentro.
Sembra non ci sia niente.
Mi sporgo un po' troppo e per poco la sedia non comincia a barcollare.
Mi sorreggo all'armadio.
"Maledetta, me ma cosa mi salta in mente!!!"
Infilo la mano nella cassaforte e sulla superficie rinosco la forma una tessera plastificata.
La tiro fuori facendola strisciare sul ripiano.
Sembra una patente, forse un documento di identità.
C'è la foto di Jacob.
Un sospiro di sollievo.
Poi il respiro mi si strozza in gola.
Il nome non è il suo.
Kyle Withman.
Un brivido di terrore mi scorre lungo la colonna vertebrale.
C'è qualcosa che non va.
Ho un brutto presentimento.
Il mio primo istinto è quello di andare nella rubrica del mio cellulare.
Alexander.
Il suo contatto è ancora bloccato su whatsapp.
Lo sblocco immediatamente.
Sì, lo faccio proprio mentre sto in piedi su quella sedia instabile.
Apro la chat.
Ma poi mi fermo.
Respiro.
Riattivo la torcia.
La mia mano va più a fondo stavolta, qualcosa di gelido viene a contatto con le mie dita tremolanti.
Sembra un'impugnatura.
Oddio.
Ritraggo immediatamente la mano. Ora non sono più eccitata, sono solo impaurita.

Riapro la chat di whatsapp e condivido la mia posizione ad Alexander.

Western Road, Fortis Green, Londra
Ti prego vieni subito

Compongo velocemente, ma aspetto però ad inviarlo.
Torno sulla mensola lassù in alto.
Con le dita trascino l'oggetto verso l'esterno della cassaforte e poi la vedo luccicare nel buio.
È una pistola.
Una fottutissima pistola!

Qui non siamo in America dove tutti hanno il porto d'armi e chiunque può avere una pistola in casa!!
Questa è una dannatissima pistola e lui è un criminale!
Il mio cervello impazzito inizia a scalpitare.
Cosa faccio ora?

Intuito: Chiama Alexander.
Ragione: Non ci pensare neanche!

Non posso chiamarlo, non ce la faccio a sentire la sua voce.
Poi non posso parlare, Jacob mi sentirebbe.
Sento lo scroscio dell'acqua della doccia interrompersi.
Ho poco tempo.

Scendo dalla sedia e la rimetto a posto. Ma cosa sto facendo? Se Jacob ha una pistola ci sarà un motivo, no?
O forse il motivo è proprio questo: non è nient'altro che un criminale!
Mi decido ad inviare il messaggio ad Alexander ma quando Jacob fa la sua apparizione con solo un paio di pantaloncini addosso, il cellulare mi cade rovinosamente dalle mani.

Maledizione, avevo il dito sulla freccia, sono riuscita a cliccarci sopra?
Poi un pensiero ancora più spaventoso fa capolino.
Ho lasciato la cassaforte aperta!
Jacob fa due passi indietro per spegnere la luce del bagno e io allungo la gamba giusto il necessario per chiudere l'anta dell'armadio con un colpo netto.

-Che succede?- chiede lui sollevando un sopracciglio rosso per poi chinarsi a raccogliere il mio cellulare.

-Questo adesso non ci serve.- Lo sento asserire passando una mano sulla testa rasata, mentre l'altra lancia il mio telefono sul comodino.

-Ehm...-

Lui torna vicino a me con il solo scopo di riappropriarsi delle mie labbra, ma io sono troppo rigida per lasciargli l'accesso alla mia bocca.

-Jacob...-

-Non dirmi che hai cambiato idea.-

La sua mano mi solletica la schiena. Devo prendere tempo.

-Stavo pensando...Potremmo raccontarci ancora qualcosa di noi. Prima di...-

Jacob aggrotta le sopracciglia, infine scoppia a ridere.
-Scusa a volte dimentico che hai solo diciott'anni. Senza offesa, eh.-

Si sdraia sul suo letto facendomi spazio accanto a lui, poi mi cinge le spalle con un braccio.

-Dove...dove sei cresciuto?-

Lancio uno sguardo distratto al cellulare che Jacob ha posato sul comodino, ma non c'è traccia di messaggi o chiamate. Lo schermo resta nero.
Non si illumina mai.

-Wow, si va sul personale.- lo sento bisbigliare tra i miei capelli.

-Di dove sei originario? Di Londra?- domando respirando il profumo del suo petto appena lavato.

- No, se vuoi saperlo sono di Manchester.-

Il primo brivido.

-Oh. Okay, e come mai non conosci la storia degli Ackerman? Lì la conoscono tutti.-

-Non ho mai detto di non conoscerla.- replica lui con tono piatto.

Mi si gela il sangue nelle vene.

- Ma ieri...-

Jacob mi zittisce con una carezza sulle spalle scoperte.
Ormai sono un fascio di nervi.
-Juliet, ci sono cose che tu...-

Sto per scoppiare a piangere, quando in quel preciso istante sentiamo il campanello.
Jacob rimane interdetto.
Io immobile.
Sembra quasi voglia far finta di niente, ma il campanello prende a suonare impazzito.

- Ma chi è a quest'ora...-
Vedo Jacob alzarsi dal letto controvoglia, così lo afferro dal braccio.
-Meglio se ti metti una maglia addosso.- gli suggerisco indicando il suo addome tatuato e scoperto.

La mia voce trema.
Non so più chi sia il motivo della mia paura ora.
Lui mi guarda stranito, s'infila la prima cosa che trova poi va ad aprire la porta.

-Juliet?-

Sono qualche passo indietro rispetto a Jacob, ma lo vedo. Alexander sta sull'uscio, sotto la pioggia, senza neanche un ombrello.

-L'hai chiamato tu?- mi chiede Jacob voltandosi con aria innervosita.

Annuisco, ma invece che arrabbiarsi, Jacob scoppia in una risata fragorosa.

- Juliet cosa ci fai qui? Chi è quest'uomo?-

Alexander però non sta ridendo, mi guarda con occhi tremendamente seri.

-Tu non mi conosci ma io so perfettamente chi sei!
Alexander Ackerman. Chi non ti conosce in quella piccola cittadina di provincia!-

Alexander muove un passo per entrare in casa ma io mi avvicino, come per risparmiargli quell'errore.

Jacob inveisce contro di lui con tono duro.
-Avanti! Racconta a Juliet quello che hai fatto con la tua fidanzatina. Scommetto che lei non ne sa niente!-

Alexander non risponde ma lo conosco alla perfezione, so che è in difficoltà ora.
-Jacob, come fai a conoscerlo?- domando confusa.

Lui mi rivolge un ghigno beffardo, così parto in quarta.
-O forse non ti chiami neanche Jacob?! Ho trovato la tua carta d'identità! E ho trovato la pistola!-

-Pi...pistola?-

Per la prima volta vedo Alexander raggelarsi.
È disorientato, ma sento la sua presa decisa sul mio polso. Sfila la mano dalla tasca del cappotto scuro e mi attira a sé con un gesto repentino.

Jacob è furente.
-Dove l'hai messa?- urla scagliandosi contro di me.
Alexander mi si para davanti in un secondo.

-Prova a toccarla.-

Jacob è dannatamente imprevedibile. Passa da essere furioso a ridere a crepapelle.

-Sempre a provare a fare l'eroe tu, eh... Non cambi mai.- lo sento dire tra i denti.
I pugni di Alex dapprima stretti e forti, si sciolgono.
Per un attimo la sua carnagione chiara si fa ancora più pallida. Sembra stia barcollando, sembra sia in procinto di cadere da un momento all'altro.
Mi aggrappo al suo braccio,non per nascondermi stavolta, ma per sorreggerlo.

Quando Jacob ci vede così vicini si decide a parlare.

-Juliet, vuoi sapere perché sono immischiato con tuo padre? Perché ho una pistola e una doppia identità?-

- Sentiamo.- affermo decisa.

-Sono un poliziotto e questa è una copertura per infiltrarmi nella rete di tuo padre.-

Sento il braccio di Alexander farsi più stretto intorno al mio.

-Non è vero...- mormoro sottovoce.

Vedo Jacob prendere il portafoglio dal tavolino dell'ingresso.
Mi mostra un distintivo.

- Secondo te posso mentire su una cosa del genere? Ho un documento fasullo che serve qualora dovessi trovarmi in situazioni che lo richiedano. Ho un numero di distintivo, puoi verificare quando vuoi.-

O mio Dio. È davvero un poliziotto?

Mi stacco improvvisamente da Alexander che però fa fatica a lasciarmi andare.

-Volevi arrestare mio padre?- domando rendendomi conto di quello che hanno appena sentito le mie orecchie.
Jacob si mette le mani sui fianchi, poi si schiarisce la voce.
-Al momento non ho raccolto sufficienti prove. Ma sì, qualche settimana e lo avrei fatto.-

Resto interdetta. Mi aveva baciata, faceva quello premuroso e gentile... e poi mi da una pugnalata alle spalle in questo modo?

-Non puoi farlo!- esclamo ad alta voce.

Alexander prova a farmi ragionare.
-Juliet c'è qualcosa che non mi torna. Fidati, andiamo a casa.-

Ma al momento non c'è verso di farmi ragionare. Mi sento raggirata per l'ennesima volta.
-Come conosci Alex?-

Jacob, o meglio Kyle, a questo punto abbandona entrambe le mani sulla testa rasata.
-Sei sicura di volerlo sapere?-

-Certo.-

Lo vedo prendere un grosso respiro.
-Facevo il poliziotto a Manchester qualche anno fa. Prova a chiederlo a John Ackerman. Chiedigli come ha provato ad insabbiare tutto e corrompere la polizia.-

Le parole di quell'uomo mi lasciano senza fiato.
-Cosa?-

Sta volta però mi volto verso Alexander, che ha lo sguardo a metà tra l'indeciso e l'infastidito.

-E così, Juliet. Vero,Alex?- incalza Jacob.

Alexander prova a sfiorarmi la mano, quando comincia a parlare.
-Juliet,le cose non sono così semplici...-

Mi ritraggo immediatamente.

- No invece. Lo sono eccome. Forse ho sbagliato a chiamarti. Meglio se vai via.-

Alexander non demorde, sembra ostinato a volermi portare via di qui a tutti i costi.
-Non gli crederai, Juliet? Non lo conosci neanche!-

-Sì che gli credo.-

-Stai facendo un grosso errore.- lo sento sussurrare.

Jacob ci volta le spalle e torna in salotto, ma lancia un'ultima frecciatina.
-Torna da papino, Ackerman. Su.-

È ormai lontano mentre Alexander mi osserva con occhi increduli e preoccupati.
- Non posso lasciarti qui,Juliet.-

Mi guardo intorno, poi mi avvicino al suo orecchio per bisbigliare.

-So cosa faccio. Lasciami fare e fidati di me per una volta- mormoro sottovoce.

Alexander è chiaramente riluttante, ma decide di darmi ascolto.
Ci lanciamo un'ultima ed intensa occhiata, prima di vederlo sparire nel vialetto.

-Conosci John.- asserisco non appena torno in salotto.
Jacob sta sul divano torturando nervosamente gli anelli che porta alle dita.
-Eccome,Juliet.-
-Dimmi cos'è successo. Ti sei occupato delle indagini di Mya?-
-Te l'ho detto...avevano insabbiato tutto. Un anno dopo sono emerse denunce di presunta violenza che lei aveva sporto contro Alexander. Denunce mai uscite prima.-

Lo sguardo di Jacob si fa più ghiacciato nel mio, mentre sto in piedi di fronte a lui.

-Lui la tormentava,Juliet...fino a portarla ad uccidersi.-

-O mio dio.E sua madre? Cosa sai della signora Ackerman?-
-Come?- Jacob sembra cadere dalle nuvole.
-La madre di Alex.-
Lo vedo lanciare gli occhi a lato.
-Quello è un caso più complesso. Non ci sono prove, né indizi.-
- Non ci sono prove che lascino pensare ad una rapina.-aggiungo io ricordando le parole di mia madre.
-No, è vero...però faccio questo lavoro da tanti anni. Spesso non sono necessarie prove per avere il quadro della situazione.-
-Magari hanno inscenato una rapina per nascondere il vero movente e non farsi beccare- ipotizzo io.
- Può darsi, magari qualcuno voleva nascondere l'omicidio. Magari qualcuno vicino a lei.- insinua Jacob senza distogliere gli occhi dai miei.

-Chi Alexander?- domando sottovoce, vergognandomi della mia stessa domanda.

Lui però sembra scandalizzato.
-Alexander!? Era un ragazzino. John piuttosto.-
Resto perplessa.
-John? Ma se non era neanche in città quella sera.-
-E chi te lo dice, Juliet?-
-Beh c'erano prove che lui fosse fuori per lavoro...-
Lo vedo corrugare lo sguardo.
-Te l'ha detto tuo madre?-
Io sono ancora in piedi come una statuina, come non avessi il coraggio di sedermi accanto a lui.
- Sì e lei non mi mentirebbe mai.- asserisco sicura.
- Forse anche lei è "accecata dall'amore", Juliet.-
C'è una nota di sarcasmo che non mi piace per niente nelle parole di Jacob, ma mi lasciano talmente scossa che sento le gambe cedere.

-Vado a letto. Sono troppo...-

Jacob si alza in piedi per raggiungermi.
-Sei sconvolta e ti capisco,Juliet. Ma ti prego non dubitare di quello che ti ho detto.-
Lo legge nei miei occhi diffidenti.
-Hai delle prove?- chiedo di getto. -Per quello che dici di essere.-
-Certo, ragazzina. Puoi andare sul sito del dipartimento di polizia, sono listato come poliziotto. Con il mio vero nome.-

Jacob, o meglio Kyle, è un poliziotto per davvero. Non so perché, ma improvvisamente scoppio a piangere.

-Ti prego non denunciare mio padre!!-
Sento le sue mani accarezzarmi la testa con fare rassicurante.
-Vedremo Juliet.-

-Ti prego. Lo so che è un disastro ma...-
-In cambio voglio un favore.
C'è una cosa che dovrai fare per me, Juliet.-

Lo guardo con gli occhi appannati di lacrime.-Cosa?-

-Dovrai organizzare un incontro con John.- replica con sguardo duro.

A questo punto sono confusa.
-Con John?-
-Esatto.-
-E come... perché... cioè quando?-
-Non ora. Quando te lo dirò io.-

🍎

Torno nel mio stanzino ma sono troppo irrequieta per poter dormire.
Sono stanca, spossata, confusa. Mi affaccio alla finestra e noto che sul vialetto, a qualche casa di distanza, c'è una macchina scura dall'aspetto conosciuto.
I fari sono spenti.
Invio un messaggio ad Alexander.
Sei qui fuori?

La risposta non tarda.
Secondo te ti avrei lasciata lì?
Ti sto aspettando.

Alexander per una volta lasciami fare di testa mia

Juliet se non torni a casa sono costretto a parlarne con mio padre. Sono dannatamente preoccupato. E poi, Dio... stai vestita in quel modo a casa di uno sconosciuto?

Non sono cose che ti riguardano. Torna a casa te lo chiedo per favore
Inviato.

Tutte le volte che hai bisogno ti posso venire a prendere. Ovunque sei. Intesi?

Sì va bene

Se hai bisogno, chiama me.

Mi infilo nel letto. Sento le palpebre pesanti, non rispondo più quando mi arriva un ultimo messaggio

Ci sarò sempre per te Juliet.

🍁🍁🍁🍁🍁🍁🍁

Okay, prometto che dal prossimo capitolo in poi la storia comincerà a piacervi 💖
Andate a leggere la mia nuova storia se ne avete voglia!!🤞🏻

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