Capitolo 3
"Signorina ha bisogno di qualcosa?" Chiede una gentilissima hostess fermandosi accanto a me col suo carrello per offrire da mangiare.
Ho lo stomaco che brontola perché non ho mangiato niente dalla partenza. Durante il volo ho guardato tutti i possibili e inimmaginabili giornalini e menù che mettono sulla tasca davanti. Il cibo, ovviamente, costa un'esagerazione ma ho una fame da lupi quindi annuisco forzando un sorriso.
Pur di non pensare a niente ho studiato letteralmente tutti i procedimenti di urgenza nel caso dovesse succedere qualche tragedia, ma ora mi sto annoiando e non so cosa fare se non pensare a lui.
"Un tè e una Brioche alla crema, grazie" Sorrido. Odio il tè, ma ricordo perfettamente quando Zack mi proibì di bere il caffè perché stavo male. Scuoto la testa dandomi della stupida perché un tè è riuscito a farmi ricordare lui.
Annuisce. Mi giro dall'altra parte guardando la persona che ha il posto assegnato accanto a me. E' un uomo sulla cinquantina più o meno e da quando si è seduto sul suo posto non ha smesso di scrivere sul suo computer. In realtà sta correggendo e io muoio dalla voglia di sapere cosa fa.
"Ecco a lei" annuncia la hostess mettendo il tutto sul mio piccolo vassoio attaccato al sedile davanti. Le pago tutto e rivolge lo sguardo al signore.
"Lei signore?" La interrompe subito scuotendo la testa e alzando un dito. Lei sorride falsamente e continua a girare con il carrello.
Le mie speranze di chiedergli cosa sta facendo si sono dissolte. E' evidente che non vuole essere disturbato.
Molto silenziosamente mangio e lui ridacchia attirando la mia attenzione.
"E' buona quella roba?" Chiede non distogliendo lo sguardo dal computer.
Mi sta parlando? Mi giro un attimo e poi guardo la mia brioche. "Non proprio." Alzo le spalle sorridendo.
"Non avrebbe dovuta comprarla, allora." Mi sta prendendo in giro? Il suo tono sembra così derisorio, ma non capisco. "Questa roba costa un sacco di soldi" aggiunge.
"Lo so, ma ho fame. Non voglio disturbarla, comunque." Affermo mangiando l'ultimo boccone. Ha ragione, non avrei dovuto comprarla.
"Non lo sta facendo, ma so che è annoiata in questo momento. Stava addirittura curiosando sul mio computer, la guardavo con la coda dell'occhio" dichiara facendomi arrossire. Dannazione.
"Non si preoccupi" ridacchia. "Non mi danno fastidio le persone curiose."
Voglio andarmene via subito. Sono appena stata colta in flagrante e lui sta ridendo di me. Okay, calma Alicia puoi non arrossire e balbettare come sempre.
"Io- ero solo curiosa. Quello che sta correggendo è un manoscritto?" Si, sono troppo impicciona. Ma quando si tratta di queste cose non ne posso fare a meno.
"Si." Finalmente mi guarda. I suoi occhi sono così blu, un colore che hanno perforato la mia anima e hanno lasciato un segno impossibile da dimenticare.
Scuoto la testa stanca di viaggiare fra i più stupidi dettagli. "Faccio l'editor in una piccola casa editrice a Seattle, non siamo molto conosciuti, ma i lavori che ci arrivano sono davvero fantastici" afferma.
"Wow. Che genere di manoscritto si tratta?" Chiedo sperando di non esagerare. All'apparenza non sembra un uomo che ha voglia di chiacchierare con gente a caso.
"Romanzo rosa. Trattiamo soprattutto di quelli. Ti vedo molto interessata all'argomento" constata.
"Vado a studiare al college. Speravo di poter riuscire a laurearmi in letteratura e lavorare nel mondo dell'editoria, ma l'università di Washington mi ha contattata perché ho sempre avuto voti eccellenti nelle materie scientifiche. I miei piani sono cambiati, ma non mi dispiace. " Sembra strano raccontare le mie ambizioni ad una persona che non conosco sull'aereo ma è anche molto confortante in un certo senso. Non ho mai avuto modo di parlare dei miei interessi con una persona che li condivide.
Sorride e torna a lavorare sul suo manoscritto. Sono confusa, ma mi rimetto composta guardando in avanti e appoggiando il capo sul poggiatesta. Prendo il cellulare e metto le cuffiette scorrendo sulla mia playlist ormai da aggiornare; mi stufo di ascoltare le stesse canzoni. Ho quasi un'allucinazione quando vedo una canzone dei One Direction, non li ascolto quindi non capisco perché si trova fra le mie canzoni. Si chiama infinity, metto play e ascolto la melodia scorrermi dentro. Chiudo gli occhi e ascolto ogni singola parola; sembra essere tutto contro di me, anche questa canzone che non fa altro che ricordarmi di quello che mi sono lasciata alle spalle. 'Quante notti servono per contare le stelle? Questo è il tempo che impiegherò a riparare il mio cuore.' Dice il ritornello continuando a frantumarmelo in altri mille pezzi. Mi ha lasciata, con così tanta semplicità come se in tutto quello che abbiamo passato non ci sia mai stato niente, come se non fosse stato importante, come se non fossimo mai stati nessuno.
"Chiediamo ai gentili passeggeri di mettersi ai loro posti assegnati e allacciare le cinture. Siamo pronti per l'atterraggio." Annuncia la voce robotica e fastidiosa in tutto l'aereo.
Mi giro e il tipo spegne il computer e lo chiude. Sospiro e prendo il mio giubbotto e lo indosso, le previsioni del tempo dicono che fa abbastanza freddo a Seattle.
Non riesco a vedere niente dal finestrino perché il tipo ha chiuso la tendina coprendo tutto. L'aereo fa un rumore strano, segno che è già a terra e poi dopo qualche minuto si ferma parcheggiando sulla pista.
Mi alzo immediatamente non potendone più di stare attaccata ad un sedile, prendo la mia borsa pronta ad andarmene ma la voce del tipo mi ferma.
"Non si dimentichi il suo cellulare" me lo porge. Accidenti a me.
"Oh, grazie" sorrido.
"Beh, buona fortuna col suo percorso scolastico." Il suo sorriso è caloroso.
"Anche a lei.. col suo manoscritto" faccio cenno con la mano e lui ricambia.
Mando un messaggio alla mamma avvisandola di essere arrivata e aspetto fuori nell'attesa di un taxi. Rimango delusa quando osservo il mio cellulare e non ci trovo nessun messaggio da parte sua. Devo smetterla, davvero.
Un taxi finalmente si ferma davanti a me e mi affretto ad occuparlo visto che migliaia di persone stanno facendo la stessa cosa. Il tassista mi aiuta a mettere la valigia nel bagagliaio ed entro dentro informandolo della mia meta da raggiungere.
Approfitto del tempo per osservare le bellissime strade di Seattle: le persone vanno e vengono un po' come il continuo movimento a New York. Vorrei essere queste persone per avere qualcosa da far occupare la mia mente.
"Signorina?"
"Mh?" la voce del tassista mi fa sobbalzare.
"Siamo arrivati" mi avvisa.
Annuisco e gli do i suoi soldi. Prendo la mia valigia e lo ringrazio.
L'università è molto più grande di quanto aspettassi. Ho letto su internet che è una delle scuole più antiche degli Stati Uniti ed è formata da tre grandi campus. L'entrata si apre con un grandissimo giardino dove tantissimi studenti sono sdraiati o seduti sopra. Controllo l'ora: sono le 2 p.m circa. Sarà l'ora di pranzo o almeno credo.
Alcuni gruppi di ragazzi mi fissano bisbigliando e io mi sento a disagio. Prendo la mia valigia ed entro velocemente dentro cercando di non guardare in faccia a nessuno, ma in pochissimi secondi mi scontro sul petto di qualcuno cadendo accidentalmente all'indietro. La valigia e la mia borsa cadono accanto a me e le risate si spargono ovunque.
"Hey guardati davanti la prossima volta" la voce roca di un ragazzo risuona nelle mie orecchie alimentando le risate dei presenti.
Alzo lo sguardo pronta a ribattere quando le parole muoiono nella mia gola. Non può essere. Sbatto velocemente le ciglia cercando di focalizzare bene la figura davanti a me. E' biondo ma è lui.
"Zack?" la mia voce è a malapena udibile per me.
Il ragazzo corruga la fronte e mi osserva come impazzita.
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