70. IL RITORNO
Sapevo chi avrei visto ancora prima di voltarmi. Era una sensazione che mi percorreva il corpo, procurandomi brividi che non avrei saputo definire a parole, esplosioni di fuochi d'artificio sotto pelle. Le lacrime punsero, desiderose di uscire. Le ricacciai indietro, certa che se avessero iniziato a scorrere non sarei più riuscita a bloccarle. Le mie dita si strinsero alla lettera.
-Sher- chiamò lui.
Avrei potuto dire molte cose. Avevo immaginato mille volte quella scena. Era sempre diversa nella mia mente. Inspirai a fondo. Ora però non riuscivo a ricordare le mie battute. Cos'avrei dovuto dirgli? E poi ricordai il titolo che Sarah aveva dato alla sua fanfiction. Una frase che racchiudeva in sé tutta la forza travolgente di un amore inossidabile e senza nome. Mi voltai, i capelli che mi svolazzarono intorno. Algol era identico all'ultima volta in cui lo avevo visto... forse era perfino più bello. Se ne stava appoggiato al muro del pianerottolo, il cappotto nero aperto, un sorriso sghembo a decorargli le labbra.
-Baciami, poi ti spiego- dichiarai, lo sguardo puntato nel suo.
La sorpresa attraversò il volto di Algol solo per un attimo, poi scoppiò nella sua risata –carezze e baci- e corse da me. Mi lasciai prendere tra le braccia, sollevare e girare, le ginocchia piegate come una bambina, le labbra premute contro le sue, che mi ustionavano, come un'amante. Quelle sensazioni che lui mi evocava sempre mi percorsero il corpo, scuotendomi in ogni parte. Quando ci staccammo mi sentii vuota e un po' stanca. Non aveva comunque importanza. Le mie mani erano premute contro la sua schiena, lo attiravano a me, perché senza di lui non potevo semplicemente stare. Algol era un pezzo di me, era un frammento del mio cuore, meglio ancora, era un frammento del mio stesso essere.
-Mi ero preparato un discorso lunghissimo- ammise lui, la voce simile ad argento liquido, lo sguardo che aveva assunto un indefinibile color blu scuro, quasi violaceo, con una sfumatura di tenerezza che non gli avevo mai visto prima.
-Davvero?- mi finsi sorpresa.
-Sì, un discorso lunghissimo e molto bello, che ti avrebbe convinta a lanciarti tra le mie braccia e ti avrebbe rigato il viso di lacrime di gioia... della serie: ma che fortuna ho avuto a incontrare uno così?-
-Molta- risposi, lasciando che le risate sfuggissero dalle mie labbra schiuse.
-Appunto... e non c'era solo il discorso- si sciolse dall'abbraccio e mi assalì uno strano senso di vuoto. Lo lasciai andare solo perché sapevo che era qualcosa di momentaneo, che i nostri cuori erano già legati da un rovo di spine, che nulla al mondo avrebbe più potuto dividerci. –Aspetta- frugò nello zainetto che aveva sulle spalle –dove l'ho messa, sono proprio... oh, eccola!- seppi dal suo stesso sorriso di cosa si trattava. Attesi comunque in silenzio che estraesse la mia scarpetta, le dita strette intorno al tacco. –La riconosci?-
-Come potrei dimenticarla... ora però vorrei sentire il discorso, sono proprio curiosa di sentire come avresti invocato il mio perdono-
-Lo vuoi davvero?- i suoi occhi scintillarono. Occhi presenti in altre epoche, occhi che avevano visto da dame con ampi abiti e battaglie all'ultimo sangue. Algol era eterno. E per tutta l'eternità, lo comprendevo solo ora, era stato mio. E io ero stata sua.
-Certo che lo voglio! Non vivrò più se non ascolterò questo discorso-
-Come vuoi tu, mia principessa- e fece una cosa inaspettata. Si mise in ginocchio. L'osservai confusa. Mi sembrava così strano che si prostrasse davanti a me, lui che era sempre stato così imponente, così grande, così forte. –Mia adorata Sher... okay, forse non era così... ci crederesti se ti dicessi che sono un po' imbarazzato?-
-Il mitico Algol Mallon?- sgranai gli occhi e assunsi un'espressione esageratamente sorpresa –Devo aspettarmi che il mondo vada in mille pezzi?-
Un ghigno. Il suo ghigno che mi spappolava il cuore. –Ho percorso gli oceani del tempo per correre qua da te, ho camminato sui cocci della storia, ho corso lungo luoghi abitati dai mostri solo per giungere qua, per poterti guardare... io non so cos'è l'amore... meglio, so che non è una cosa che si adatta a me, lo potrei definire come un vestito che mi sta troppo stretto, come qualcosa di contronatura, due persone che stanno insieme perfino contro il buon senso... per te però faccio un'eccezione, per te sono corso fin qua, ti ho portato questa scarpetta nella folle speranza che tu mi possa amare... che possa mettere il tuo cuore nelle mie mani, come io metto il mio nelle tue... sono andato bene?-
-Benissimo- gemetti, le lacrime che mi bruciavano negli occhi.
-A questo punto dovrei metterti la scarpetta, prenderti in braccio e portarti via sulla mia carrozza-
-Hai preso una carrozza?- gli chiesi, per prenderlo un po' in giro.
-Oh no, ho un'auto, ti dispiace?-
-Sembro poco romantica se ti dico che la preferisco?-
-Per niente... le carrozze sono finite fuori moda ormai da tempo... che ne dici di andare in un posto?-
-Dico che non vedo l'ora- esclamai ridendo. La felicità era quella, compresi. Io e Algol. Solo noi due.
NOTE DELL'AUTRICE:
Ciao!
Stasera pubblicherò l'epilogo e un capitolo speciale (salvo imprevisti).
A presto
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