58. LA MADRE
Fissai ancora per qualche istante la lettera. Ero incredula. Le parole erano annebbiate dal velo di lacrime che mi copriva gli occhi. La strinsi forte al petto, come avrei fatto con un amante, con Algol, quindi me la infilai in tasca. Le parole mi danzavano ancora davanti, trasmettendomi una sensazione di calore e comprensione. Algol era parte di me. Ora e per sempre. Il mio sguardo ricercò il suo, quasi senza che me ne rendessi conto. Trasalii quando mi resi conto che le sue palpebre erano abbassate. Certo, stava ancora dormendo. Sentii un vago senso d'angoscia.
-Ti prego- le parole mi uscirono dalle labbra prima che riuscissi a controllarmi -Algol, oh, Algol- sussurrai, avvicinandomi al suo letto. Lui non cambiò espressione. –Era davvero così difficile dirlo, vero?- mi sdraiai vicino a lui, sul fianco, per riuscire a stare sul bordo del letto, quindi lo circondai con le braccia. Non avrei dovuto mettermi così, lo sapevo, ma ogni cellula di me urlava che dovevo farlo, che dovevo stargli il più vicina possibile, che solo in quel modo lui avrebbe potuto finalmente svegliarsi. –Ti prego- mormorai –torna da me, anche solo per tormentarmi, per rendermi infelice, ma ti prego, torna da me... ho bisogno di te, ho davvero bisogno di te- le lacrime calde mi corsero lungo le guance gelide. Lo baciai sulla tempia, quasi sperando che il mio bacio, simile a quello del principe azzurro nelle fiabe, lo avrebbe svegliato. Non sarebbe stato così. La vita non è una fiaba e le principesse non s'innamorano dei demoni. –Sveglia- sussurrai ancora –ti prego, devi svegliarti... per me... fallo per me... non è giusto che tu possa andartene così, senza dirmi nulla, è ingiusto- la voce mi tremava.
Alla fine chiusi gli occhi. Ero esausta, certo, ma non credevo che mi sarei addormentata, invece caddi subito in un sonno agitato, fatto di incubi vividi.
-Sei caldissima-
Sobbalzai sorpresa, ancora avvolta nel dormiveglia. Algol. Era la sua voce, certo, non avrei potuto confonderla.
-Non che mi dispiaccia il fatto che tu sia calda... ho sempre avuto un debole per le stufette-
Sbattei le palpebre, confusa. Le ciglia erano ancora incatenate dal sonno. L'immagine di Algol mi sorrise, sfocata. Era sdraiato sul letto al mio fianco.
-Che bel risveglio- continuò. La voce era ruvida e bassa, diversa da quella sensuale che aveva normalmente.
Era sveglio. La notizia mi colpì. –Lo sai che ti abbraccerei così forte da stritolarti- mormorai.
-Normalmente non rifiuterei una simile offerta, ma per oggi sono obbligato a farlo-
Le lacrime iniziarono a correre senza che riuscissi a trattenermi. Rotolarono lungo le mie guance. –Non ci posso credere, io non ci posso credere-
-Devi iniziare a crederci invece! Sono testardo, sai!- scherzò -Credevi che ti avrei lasciata così? Senza pretendere neppure un bacio d'addio?- la voce era impastata e notai che lo sguardo era spento, ma non m'importava. Mi sentivo felice, una felicità quasi dolorosa. Avevo davvero creduto di perderlo.
Più tardi rannicchiata al suo fianco gli lessi le novità del giorno.
-Hanno trovato un cadavere- mormorai.
Algol s'irrigidì. -Cosa?- sapevo che c'erano moltissime parole non dette. Era una delle ragazze scomparse? Peggio, era una nuova ragazza?
-Aspetta- continuai a leggere in silenzio. Non volevo dargli delle notizie che lo avrebbero sconvolto. -È il cadavere di un uomo... parecchio decomposto- feci una smorfia -faranno domani l'autopsia-
-Dov'era?- domandò Algol.
Gli lessi il nome del luogo. Era una specie di piccolo bosco che si trovava poco fuori dal paese.
-Lo conosco- sussurrò.
-Non dicono nient'altro- mormorai, scorrendo la pagina.
Algol non replicò, anche se mi parve un po' turbato. Fu parecchio silenzioso per tutto il resto del tempo in cui rimasi lì.
Entrai a palazzo da un ingresso secondario. Ero stanchissima e scossa. Avevo bisogno di tornare in stanza mia, magari di dormire e...
-Come sta?-
Mi voltai, sorpresa. Jane era ferma alla base delle scale, tremante.
-Meglio- sussurrai, confusa -Ehm, pensavo che Algol non ti stesse simpatico-
Jane mi fissava, il viso pallidissimo, le occhiaie scure sotto gli occhi. Compresi che era una persona vittima di un orrendo tormento interiore.
-Algol è mio figlio- dichiarò infine con un filo di voce.
Non compresi subito cosa stava dicendo. Poi fu come un'esplosione. Era quindi quella la madre che lo aveva rifiutato? Che lo aveva tenuto lontano? Come poteva essere proprio la dolce e comprensiva Jane, colei che era quasi diventata una seconda madre per me. Sentii l'amaro in gola e inghiottii, cercando di scacciarlo, di mandarlo via. Non ci riuscii, non potevo farcela.
-Perché lo hai lasciato?- chiesi piano, come se temessi che le mie parole fossero sentite da qualcuno.
-Lui è malvagio- e gli occhi di Jane brillarono di qualcosa che non riuscii a comprendere. –ha la cattiveria dentro-
La fissai ammutolita, attonita, impossibilitata a dire anche solo una parola. Era certamente un'allucinazione. Non potevo credere che una madre parlasse così del figlio. Non del mio Algol, non di quel ragazzo che aveva sì un mondo di difetti, ma che non era malvagio. Sentii il dolore lancinante di quelle parole spaccarmi in due, sommandosi al pensiero che Algol quella madre così poco materna l'amava, seppur a modo suo. –Lui non è cattivo- mi esplose sulle labbra. Parole di fuoco. Un incendio.
-Lo è sempre stato, fin dalla nascita, c'era qualcosa di sbagliato in lui- il suo viso parve stropicciarsi, le rughe che si accavallavano –lui non era come Micky-
-Suo fratello?-
-Il suo gemello... era un bambino così dolce, così grazioso... aveva il bene dentro di sé, come Algol aveva il male- scosse la testa e ciocche di capelli le ricaddero sul viso.
-Non puoi dire così- stavo tremando. Il cuore mi rombava nel petto, le ginocchia mi tremavano, a breve sarei caduta a terra. Puntini neri mi passarono davanti agli occhi che si riempivano di lacrime. Mi piantai le unghie nei palmi delle mani. L'immagine di Jane era impressa nei miei occhi, le sue parole, avrebbero perseguitato i miei ricordi. E il peggio –l'accusa più grave e folle- doveva ancora arrivare.
-Lo ha ucciso, è stato Algol a uccidere il mio Micky- e lacrime calde le rigarono le guance.
La fissai senza sapere cosa fare o cosa dire. Come potevo reagire a una donna che piangeva in quel modo? Soprattutto se era la stessa che accusava di malvagità Algol? Sentii la furia montare. Come avevo potuto fidarmi di Jane? Come avevo potuto darle la mia preziosa e fragile fiducia? Mi sentivo una sciocca, tradita. Non avrei dovuto fidarmi di lei.
-Sei tu che ti rechi al cimitero, vero?- chiesi con un filo di voce, che lasciava comunque trapelare il mio disprezzo.
-Vado a trovare il mio amato bambino-
Possibile che non capisse che aveva un figlio vivo? Un ragazzo che era bravo anche se giocava a fare il cattivo. Decisi comunque di non replicare. Non ci riuscii. Il dolore era troppo forte.
NOTE DELL'AUTRICE:
Ciao!
Un mistero è finalmente rivelato!
A presto
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