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16. I MOSTRI AMANO?

-Pensi che sia necessario?-

Voci. M'irrigidii, il cuore che mi tuonava nel petto. Il timbro di Anne era inconfondibile, quel suo modo di parlare leggermente stridulo. Ed era anche in ansia, agitata. La immaginai muovere la chioma bionda con alcuni ciuffi castani, che erano sfuggiti alla tinta. Deglutii e mi fermai. Cosa stava succedendo? Guai, compresi, in fondo erano sempre guai. Appoggiai una mano alla parete. Sentii l'intonaco ruvido premere contro la mia pelle.

-Dobbiamo fargliela pagare- questa era Betty. Rumore di unghie che graffiavano il muro. Certo, le sue unghie finte assomigliavano ad artigli. Socchiusi gli occhi. Betty si voleva vendicare perché l'avevo affrontata in mensa.

-Non so- rispose Anne, sospirando -non credo che sia il caso... -

-Tu odi tua sorella-

-Sorellastra!- la corresse subito Anne.

Sentii una stretta allo stomaco. Potevo scommettere che Betty stava sorridendo in quel momento. Aveva trovato il punto debole e stava scavando. Inspirai. L'aria mi sembrò gelida e mi fece male. Strano, ormai avrei dovuto essere abituata. Beh, suppongo che a certe cose non ci si abitui mai. Chiusi gli occhi e restai in ascolto. Sapevo che Betty amava gli scherzi. Sua era stata l'idea di scrivere un falso bigliettino a Stuart Break, convincendolo che la ragazza per cui aveva una cotta lo stesse aspettando in palestra. Oppure la volta in cui aveva sostituito l'acqua di Priscilla Holfer con la vodka. Betty adorava distruggere, massacrare, fare a pezzi le persone. Lei esaltava sui resti delle vittime. Anne era una stupida che si faceva trascinare. Un senso di panico mi strinse la gola, tanto che per un attimo temetti che non sarei più riuscita a respirare. Dovevo mantenere la calma. Mi spinsi leggermente avanti, cercando di non fare rumore.

-Come dovremmo fare?- chiese Anne, sconfitta.

-Conosci qualche suo segreto? Qualcosa che potremo usare contro di lei?-

Un brivido mi corse lungo la spina dorsale.

-Qualcosa di cui ha paura?- domandò la mia sorellastra.

Anne avrebbe parlato? Avrebbe raccontato quell'orribile segreto che ci univa? No, probabilmente no. O almeno così speravo. Ripensai a quella stanzetta piccola, alle urla di Megan, alle lacrime che correvano lungo le guance rosse e paffute di Anne. Una Anne ragazzina e fragile. Ricacciai tutto indietro. Bisogna andare avanti, chi si ferma è perduto. E poi qualcuno in filosofia diceva che il dolore rende più forti... probabilmente un masochista.

-Anne?- chiamò Betty, con quella sua vociaccia insopportabile.

-No, non so di cos'ha paura- sospirò Anne, stancamente.

Mi sfuggì un sorriso. Beh, almeno non... lo scricchiolio del pavimento mi fece balzare indietro. Non potevano scoprirmi lì, non dovevano...

-Cos'è stato?- la voce di Betty.

Solo in quel momento mi resi conto di aver sbattuto contro il muro con lo zaino... dovevo aver fatto rumore e quella strega di Betty mi aveva sentito. Possibile che non sentisse mai nulla tranne che quando doveva danneggiarmi?

-Se c'è qualcuno fuori, io... -

Non mi fermai a scoprire cosa mi avrebbe fatto, potevo ben immaginarlo. Mi voltai e m'infilai in corridoio, il cuore che martellava dolorosamente nel mio petto. Dovevo andarmene. Il pavimento quasi scivolava sotto le mie scarpe.

-... lo faccio a pezzi- continuò Betty. La voce era vicina, troppo vicina. Percepii il mio corpo ghiacciarsi per il terrore. Non sarei arrivata alla fine del corridoio. Senza riflettere oltre –intanto non c'era altra scelta- m'infilai nello spogliatoio dei maschi, spingendo la porta socchiusa e la richiusi dietro di me, con un cigolio che mi parve assordante. Mi appoggiai contro lo stipite, un sospiro di sollievo che mi sfuggiva dalle labbra schiuse. Dall'altra parte sentii dei passi e il rumore di passi. –Eppure io ne ero sicura- questa era Betty.

Chiusi gli occhi, la stanchezza che mi si diffondeva lungo...

-Cosa ci fai tu qui?-

Trasalii e spalancai le palpebre, il cuore che aveva ripreso a battere all'impazzata. Non avevo percepito la sua presenza, ma ora sapevo che c'era. Come non avevo potuto capirlo prima? L'aria bruciava a causa sua.

-Cosa ci fai qui?- ripeté nuovamente Algol, un sorriso divertito che gli tagliava le labbra. I suoi occhi mi scrutavano con attenzione. Parevano quasi che mi volessero spogliare, che volessero leggermi l'anima. Osservai, muta, la sua figura imponente, che occupava gran parte del mio campo visivo. Solo in quel momento mi accorsi di una cosa. Indossava solo un paio di jeans. Deglutii, un nodo che mi stringeva la gola fino quasi a soffocarmi. Il suo petto era nudo e potevo vedere quella serie di montagnole e pianure che erano i suoi muscoli. Okay, avevo sempre pensato che fosse in forma... ma quei muscoli praticamente urlavano. Un pizzicore mi sfiorò il ventre. Mi sforzai d'ignorarlo e feci la cosa che sapevo fare meglio: sorrisi –e pregai che lui non notasse il mio disagio.

-Ehm, ho perso la strada- balbettai. Pessima scusa, ma ero sicura che il mio sorriso fosse perfetto.

-Oh, Cappuccetto Rosso si è persa nel bosco quindi... esci subito di qua- il suo tono era brusco, tagliente –se ti beccano  espellono entrambi-

-Deve essere qui da qualche parte- la voce di Betty che proveniva dal corridoio. No, non potevo proprio uscire.

-Mi dispiace, ma io sto qua- dissi, poi corsi verso di lui –ti prego, se entrano dì che sei solo- quindi corsi a rifugiarmi nel bagno, chiudendo la porta dietro di me. Un istante dopo sentii l'altra porta aprirsi.

-In due per me?- chiese Algol, la voce sprezzante. Potevo quasi vederlo ergersi tra gli armadietti come un dio greco. Deglutii, la gola secca, cercando di allontanare quell'immagine che sembrava essersi impressa nelle mie pupille, che sembrava volersi disegnare nella mia anima con un pennarello indelebile. Mi concentrai sul legno scheggiato della porta.

-Oh, ci sei tu?- la voce civettuola di Anne. Come non la sopportavo quando faceva così.

-Hai visto qualcuno in corridoio?- domandò invece Betty. Aveva il tono: "caccia maschi".

-Io mi stavo rivestendo, non ho visto proprio nessuno... fatemi indovinare: spedizione punitiva contro una cheerleader ribelle?- domandò, con disprezzo.

-Ehm, no, qualcuno stava ascoltando i nostri discorsi- si affrettò a dire Anne, come se volesse giustificarsi. Sembrava che Algol riuscisse a mettere tutti sulle difensive.

-Ne siete certe?- domandò lui, tagliente come una lama. Il suo tono lasciava molti dubbi, come se non credesse realmente alle parole di Anne e Betty.

-Certissime- intervenne Betty, dolcemente. Sembrava una gatta intenta a fare le fusa.

-Non troppo- mormorò Anne, la voce insicura.

-Ottimo, allora uscite, a meno che non mi vogliate vedere completamente nudo-

Le parole restarono sospese nell'aria, piene di tutto il loro significato. Un brivido mi percorse la schiena, non avrei saputo dire se bollente o gelido.

-Andiamo- si arrese Betty, sconfitta.

-Io ti vedrei volentieri nudo- rispose invece Anne.

Feci una smorfia. Era così insopportabile! Strinsi con forza la maniglia della porta, attenta comunque a non abbassarla.

-Non ora- enunciò Algol, calmo.

-Oh, certo, certo- mormorò Anne –però più tardi... che ne diresti di venire a casa mia?- era patetica.

-Vedremo... ora andate-

Sentii il pavimento scricchiolare, quindi la porta sbatté. Rimasi ferma, rendendomi conto che stavo tremando.  Ci era mancato davvero poco. La maniglia sfuggì alle mie dita e un attimo dopo mi ritrovai di fronte il viso di Algol.

-Salva per un soffio- dichiarò, scrutandomi con attenzione.

-Grazie per l'aiuto- dissi. Volevo uscire, volevo solo allontanarmi da lui, da tutto. Non mi piaceva dovergli un favore. Feci per superarlo, ma Algol mi si parò davanti. Mi ritrovai a sbattere contro di lui... contro quei muscoli urlanti. Arretrai, malferma, irradiata dal calore del suo corpo. La sua pelle era così calda che sembrava essere stato al sole troppo a lungo. Forse perfino il sole si aggrappava a lui. Quando alzai lo sguardo vidi che aveva un'espressione strana sul volto... turbamento... no, lui non poteva essere turbato. Oppure sì? Mi resi conto che forse quella situazione usciva dal suo controllo. Era per questo che aveva reagito male quando ero entrata nello spogliatoio? Era questo il motivo per cui non voleva essere toccato? Tutto doveva essere sotto controllo?

-Di qua non si esce- dichiarò, socchiudendo le palpebre. I suoi occhi divennero due mezzelune viola.

-Cosa vuoi?- ruggii, cercando di sembrare aggressiva, quando invece sentivo uno strano senso di languore che mi accarezzava la pelle.

-Devi uscire dalla finestra- fu la sua risposta, che mi lasciò interdetta.

-Dalla finestra?- domandai, confusa.

-Credi che non aspetteranno per vedere se qualcuno esce dalla porta?- chiese, ironico.

Avrei voluto prendermi a schiaffi. Perché non ci avevo pensato prima io? Perché Algol doveva essere sempre un passo avanti? Non capivo, non riuscivo proprio a capire come potesse essere così perfetto. Le crepe. Dovevo concentrarmi sulle crepe, non dovevo lasciarmi ingannare.

-Ti aiuto io, Cappuccetto Rosso- aggiunse, poi andò sghignazzando vicino alla grande finestra.

-La pianti di chiamarmi con questi nomignoli?-

Rise, una risata che ricordava i cocci di vetro che si schiantano al suolo. –Scusa- disse quindi, sorprendendomi. Non era da lui scusarsi. Un attimo dopo compresi dove volesse arrivare. –Cenerentola, questo è il nomignolo perfetto-

Sospirai rumorosamente. Speravo che così avrebbe capito che ero infastidita, anche se sospettavo che la cosa lo avrebbe solamente divertito. Sembrava davvero che crearmi fastidi lo divertisse. Beh, era sempre stato così. Non ricordavo un solo momento in cui il nostro rapporto non fosse stato caratterizzato da quella sfumatura morbosa e dolorosa. Forse avrei dovuto preoccuparmi se fosse cambiato.

-Su, Cenerentola- insisté Algol, ridacchiando. I denti bianchi e dritti spiccavano tra le sue labbra carnose e rosse. –E non fare quella faccia!-

Mi avvicinai, costringendomi ad avanzare, nonostante le mie gambe fossero pesanti come macigni. Non volevo avvicinarmi ad Algol, non volevo sentire il calore del suo corpo che sfiorava il mio. Era una sensazione che mi turbava, che mi scuoteva fin nel profondo dell'anima, dandomi un senso di smarrimento, come se fossi davvero Cappuccetto Rosso persa nel bosco. Come se il lupo m'inseguisse e mi tentasse con le sue sensuali parole. Quel lupo in fondo esisteva e si chiamava Algol. E io dovevo sfuggirgli.

-Sei timida, oggi?- domandò lui, canzonatorio.

Sbuffai, non sapendo cos'altro fare. Mi sforzai d'ignorare la sensazione di languore che la vicinanza di Algol mi procurava. La finestra era a meno di un metro da me. Mi allungai per aprirla, ma Algol fu più rapido. Con un movimento fluido ed elegante mi passò davanti e la sua mano sfiorò la mia, mentre afferrava la maniglia. Lo sfregare delle nostri pelli mi trasmise un brivido e una strana sensazione. Fiori di calore sbocciarono lungo le mie dita. Strinsi le labbra, sperando che lui non notasse il mio turbamento. Algol aprì l'anta, che scricchiolò leggermente. L'aria fresca mi finì sul viso, baciandomi dolcemente la pelle e tirandomi un po' indietro i capelli.

-Ecco fatto, Cenerentola- balzò di lato, inclinando il viso pallido come la luna. Era bello, tremendamente bello. Cercai d'ignorare il desiderio di allungare una mano e sfiorargli la pelle, sentire se era davvero calda e morbida come sembrava. Perché Algol riusciva a essere così ipnotico? Era una voragine che attirava tutto verso di sé. –Hai paura di trovare il lupo?- chiese, piegando le labbra in una smorfia. Labbra carnose e rosse, che parevano, alla luce del tardo pomeriggio, macchiate di sangue. Il pensiero mi rese inquieta. Le labbra di un lupo.

-Forse sei tu che hai paura di Cappuccetto Rosso- lo stuzzicai. Pessima battuta, ma la sua presenza, ahimè, mi stordiva. Non riuscivo proprio a essere brillante.

Algol mi fissò, no, mi studiò con grande attenzione. I capelli neri, come inchiostro, gli cadevano sul viso bianchissimo. –Io non ho paura di nulla- rispose quindi, la voce pacata che sembrava nascondere qualcosa –il lupo è l'unico che rivela la sua natura, che ne ha il coraggio... Cappuccetto Rosso preferisce nascondersi dietro una bugia piuttosto che dire la verità- la sua voce si era abbassata, ora non era più che un flebile sussurro.

-Cosa non ha il coraggio di dire?- gli chiesi. Il cuore tuonava nel mio petto. Avevo bisogno di sapere. Algol mi aveva trascinata con sé in una voragine senza fine.

-Non ha il coraggio di dire quello che prova, Cappuccetto Rosso ama il lupo, ma non può ammetterlo, questa è la sua tragedia- dichiarò, quasi dolcemente –lei non può vivere il loro amore, non può ammettere di amare un mostro-

-E il mostro può amare lei?- domandai, consapevole che il terreno si stava facendo scivoloso. Sarebbe finita male, ne ero certa, ma non potevo tirarmi indietro. Come minimo avrei preso una bella storta, metaforicamente parlando.

-I mostri amano... ma il loro amore ferisce- sollevò l'angolo destro della bocca, quindi sospirò e si gettò in avanti. Soffocai a stento un gridolino, quando le sue mani si avvinghiarono alla mia vita. Lui non parlò, ma mi sollevò, le dita che si agganciavano alla mia carne, permettendomi di appoggiare un ginocchio sul davanzale. Sorpresa, riuscii a salire, il cuore che mi batteva forte, quindi scavalcai. Eravamo al piano terra, per cui mi bastò saltare giù, i capelli che mi ricadevano sul viso. Mi voltai e guardai oltre la finestra, alla ricerca di Algol. Dovevo vedere i suoi occhi, dovevo incatenarmi di nuovo a lui. Nulla. Il mio sguardo incontrò solo le piastrelle bianche del muro. Algol se n'era andato. Uno strano senso di vuoto mi scosse. Buffo, come potevo sentire il vuoto se Algol per me non era nulla?

M'incamminai lungo la strada. Algol era come la farfalla carbonara, con le ali nere come la notte, come le tenebre. Questa farfalla aveva una storia strana, un tempo erano soprattutto bianche, poi con l'arrivo dell'era industriale avevano iniziato a essere proprio le poche farfalle nere quelle che riuscivano a sopravvivere, mimetizzandosi. Erano sopravvissute. Algol era come loro, aveva intorno a sé l'aura del sopravvissuto. A cosa non lo sapevo, ma speravo un giorno di scoprirlo.


NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao!

Cosa ne pensate delle parole di Algol?
Il capitolo è più lungo del solito, ma ho preferito non dividerlo.

A presto

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