1. MAI INNAMORARSI DEGLI DEI
Tutti sanno che, nei miti, i mortali che s'innamorano degli dei sono destinati a una fine tragica. Tutti, tranne Betty Brown. Non che, quella mattina, la cosa mi sorprendesse. Guardai l'alta ragazza in piedi accanto alla cattedra, la minigonna che le sfiorava le ginocchia. Due cose mi vennero in mente. Prima di tutto che era il classico prototipo della bionda svampita e poi che era amica della mia nemesi, Anne, ahimè non solo mia nemesi, ma anche mi sorellastra. La prozia Merce diceva che ogni persona veste un abito. Si tratta di qualcosa che è radicato in noi, un insieme di ciò che proviamo, di ciò che siamo. Beh, se è così, Betty vestiva indubbiamente un abito di sfacciataggine e arroganza.
Miss Jaren, l'insegnante di letteratura inglese, la fissò da sopra i grandi occhiali con la montatura nera. Fili di luce entravano dalla grande finestra, disegnandole sfumature tra i capelli. I suoi occhi scuri trasmettevano più pensieri. Probabilmente si stava chiedendo cosa doveva aver fatto di male per sentire tante sciocchezze. Concordavo con lei. Miss Jared faceva parte di quel gruppo d'insegnanti che ama quello che fa e che vuole lo stesso livello d'entusiasmo da parte degli studenti.
-Scilla e Poseidone vissero per sempre felici e contenti- diceva Betty, la vocina da bambina, nata per irretire gli uomini. E devo ammettere che ci riusciva spesso. La maggior parte del genere maschile non si accorgeva neppure che Betty non era una gran bellezza, figuriamoci se si rendevano conto che era crudele.
Sospirai, giocherellando con il nastrino nero che mi stringeva il collo. I mortali che s'innamorano degli dei fanno sempre una brutta fine. Cosa succede invece alle sprovvedute che s'innamorano dei demoni? Non mi diedi una risposta, ma sentii due lame penetrarmi nella schiena. Sapevo chi stava puntando il suo sguardo su di me, chi mi provocava quella sensazione sia dolorosa, sia... meglio non pensarci.
Deglutii, il respiro che mi riusciva di difficile. Algol mi stava fissando. Come poteva essere un diciottenne tanto sicuro di sé? Non dovevo voltarmi per sapere che era seduto scompostamente, un gomito puntato sul banco, la testa leggermente inclinata, la mascella ben definita, i capelli scuri e spettinati –perfettamente spettinati-, i grandi occhi viola, che sembravano aver guardato troppo a lungo il cielo ubriaco dell'alba. Un solo difetto in quella perfezione. Un puntino bianco nella sua iride destra. Un particolare che lo rendeva vero. Il mio demone, colui che mi portava via con sé, in labirinti oscuri. Ovviamente, come in tutte le storie più struggenti, non avevo nessuna speranza. I tipi come Algol guarderanno una come me il giorno in cui gli asini voleranno ed Anne diventerà bionda naturale -per chi non l'avesse capito stiamo parlando dell'età del mai.
-Betty- chiamò Miss Jaren, riportandomi al presente e strappandomi da fantasie pericolose. La stanchezza splendeva sul volto della mia insegnante.
-Non è giusto?- chiese l'amica della mia sorellastra, sbattendo le ciglia sopra lo sguardo da cerbiatta.
Socchiusi stancamente gli occhi, mentre Miss Jaren iniziava la sua lunga sgridata. Avevo dormito poco, visto che la mia matrigna mi aveva svegliata all'alba per finire di pulire il grande lampadario della sala in vista della festa. Ricacciai indietro la rabbia. Quel giorno non mi dovevo arrabbiare, quel giorno era speciale per me.
-Chi di voi sa di quando è la Cappuccetto Rosso di Perrault?- chiese Miss Jaren.
1697, pensai. Non che Betty lo avrebbe saputo, lei non sapeva mai nulla. Ops, forse così sono crudele. Lei sapeva come mettersi il kajal alla perfezione, davvero, sembrava Cleopatra.
-1697- rispose una voce dietro di me, una voce che mi percorse come un brivido. Perché? Cos'aveva lui di diverso da tutti gli altri? Perché la sua voce mi scavava l'anima come un artiglio?
-Bravissimo, Algol, come sempre- rispose la professoressa, annuendo con un sorriso soddisfatto.
Algol sapeva ogni cosa, era evidente. Non avevo mai visto un essere con una tale conoscenza. Un essere... perché Algol non era umano, non del tutto, non poteva esserlo. Chiunque avesse visto i quadri che riempivano la sala d'arte lo avrebbe pensato. Nessun essere umano avrebbe potuto creare quelle opere. Nessuno al mondo sarebbe riuscito a mettere dentro a una semplice tela tutte quelle emozioni, quei pensieri, quelle paure, quelle ossessioni, quelle follie. Le sue opere sussurravano, urlavano, amavano, odiavano, incantavano e terrorizzavano. Dipingeva fanciulle dalla pelle bianca come la neve e lo sguardo languido, mostri dagli occhi nerissimi, privi di compassione, cavalieri oscuri che percorrevano i boschi con spade insanguinate in pugno. Erano finestre su mondi sconosciuti, su regni che potevano esistere solo all'interno di un'anima tanto eletta quanto dannata. E poi c'erano quelle donne senza volto. Un brivido gelido mi percorse la spina dorsale.
-Sherry- mi chiamò Miss Jaren, strappandomi dai miei pensieri.
M'irrigidii, un senso di gelo che mi strinse il petto. Mi sforzai di sorridere. Il sorriso era la mia arma, dovevo usarla. –Sì?- chiesi, lo sguardo innocente.
-Dammi il tuo parere sul lupo- la voce di Miss Jaren era pacata, lo sguardo soddisfatto. Sapeva che raramente la deludevo. In fondo io odiavo deludere le persone.
-La figura del lupo potrebbe rappresentare quella del seduttore- dissi, fissando un punto scrostato della cattedra. Mi era più semplice guardare un punto inanimato, mi permetteva di concentrarmi meglio. –Oppure le cose potrebbero non essere come sembrano- lasciai che le parole si espandessero nell'aria, che creassero il dubbio. Sapevo che alla professoressa sarebbe piaciuto.
-Cosa intendi?- m'incalzò Miss Jaren, chiaramente felice della mia allusione.
-Beh, Perrault, i fratelli Grimm, tutti gli autori ci hanno portato la versione di Cappuccetto Rosso... ma cosa pensa il lupo? Qual è la sua versione?- stavo andando bene, il tono era ottimo, regolai il respiro, un po' più lento –E se fosse stata Cappuccetto Rosso a sedurre il lupo? E se la storia fosse tutta da riscrivere?-
-Credi che la cattiva fosse Cappuccetto Rosso?-
Sobbalzai. La sua voce. Deglutii, pezzi di vetro in gola. Perché Algol era intervenuto? Indugiai afferrando il bordo del banco e stringendolo.
Avrei dovuto voltarmi e affrontarlo. Se fosse stato un altro ce l'avrei fatta, ma non con lui. Decisi di alzare lo sguardo verso Miss Jaren, che stava annuendo, lo sguardo brillante di soddisfazione. Algol aveva il potere di farla illuminare.
Eravamo i suoi studenti più bravi in fondo. –Cosa ne pensi, Sherry?- mi chiese –Cosa replichi?-
Dovevo rispondergli. Inspirai e mi costrinsi a sorridere. –Buono o cattivo, difficile dare una definizione, nessuno è solo buono o solo cattivo, ma Cappuccetto Rosso potrebbe non essere stata solo una vittima... forse lei era legata al lupo- forse era ossessionata dal lupo, esattamente come io la ero di lui. Algol. La mia ossessione, con venature d'odio e amore. Ignorai questo pensiero. –Forse era lei la seduttrice- conclusi.
-Oppure era innamorata di lui- ancora Algol. La sua voce bassa, carezzevole, affascinante. Invitava le persone a fidarsi di lui, a lasciarsi cadere tra le sue braccia. –Forse finge di non volere il lupo perché la società non accetterebbe il loro amore, che ne dici, Sher?-
Il modo in cui pronunciava il mio nome mi artigliava sempre il petto. Era l'unico che lo deformava così.
Lottai per non giocherellare con il nastrino che portavo al collo. Non volevo agitarmi. Soprattutto non volevo che lui capisse che ero nervosa. –Non ci sarebbe comunque il lieto fine per loro- sostenni, lo sguardo puntato sulla cattedra –l'innocente fanciulla e il lupo crudele... potrebbero vivere solo in... permettetemi il gioco di parole, in una fiaba-
-Brava, molto brava!- esclamò Miss Jaren, senza nascondere l'entusiasmo.
-Ma cos'è il lieto fine?- proruppe Algol, la sua voce questa volta assomigliava ai graffi su una lavagna –Due sciocchi che decidono di stare insieme, certi di essere i migliori del mondo, sicuri che al mondo non ci sarà mai nessuno come loro, che saranno unici- sbuffò teatralmente –io non voglio il lieto il fine, io voglio un finale con il botto... e lo voleva anche il lupo-
Miss Jaren restò inespressiva per qualche istante, poi rise. –Bravissimo, Algol!- il suo volto brillò di una luce che le vedevo solamente quando parlava con Algol.
Bravissimo... mi sforzai di continuare a sorridere. Dovevo solo sorridere. Alla gente piacciono le ragazze che sorridono. Mi resi conto solo in quel momento che stavo stringendo così forte il bordo del banco da avere le nocche bianche. Mi costrinsi a lasciare la presa.
-Posso aggiungere una cosa?- chiese Algol, ma il suo tono non era quello usato per una richiesta, infatti non attese la risposta -Non si fa il male perché è il male, lo si fa perché si pensa che sia il bene, il lupo pensava di fare il bene... l'amore stesso aveva distorto il suo modo di vedere-
E ora mancava solo un applauso da parte di Miss Jaren. No, anzi, un'esplosione di fuochi d'artificio.
-Vuoi aggiungere qualcosa?- mi chiese la professoressa.
-Io... ehm no- scossi debolmente la testa.
Sentii lo sguardo di Algol bruciare su di me, sulla mia schiena. Avevo parlato troppo... perché mi ero lasciata andare? Perché mi sentivo così scossa, quasi febbricitante? Perché sentivo le ginocchia molli e tremanti? Se non fossi stata seduta probabilmente sarei caduta a terra. I suoi occhi erano sempre stati tatuati dentro di me, in qualche mia parte profonda. Ero certa che in quel momento lui fosse appoggiato con un gomito allo schienale della sedia, indolente, per nulla turbato dalla discussione. Algol sarebbe stato capace di osservare il mondo che bruciava con una tazza di tè in mano e l'espressione imperturbabile.
Algol era il bambino che staccava le ali alle farfalle di carta della classe, affinché non potessero più volare mosse dal vento. Non solo per questo però, voleva che provasse il suo stesso dolore, che fosse infelice come lui, come se quel sottile foglio potesse in qualche modo caricare su di sé quel malessere senza nome che lui provava. Eppure Algol era anche colui che soccorreva gli scoiattoli feriti e li portava nel suo vecchio maniero. Algol faceva a pezzi le rose, strappandone un petalo alla volta, con un divertimento sadico dipinto sulle labbra. Era però anche lo stesso ragazzo che s'infuriava se qualcuno provava a fare i dispetti al criceto della maestra. Malvagio o buono... chi era in realtà? Non lo sapevo, probabilmente non lo avrebbe mai saputo nessuno. Chi era davvero?
NOTE DELL'AUTRICE:
Ciao!
Come vi sembra questo primo capitolo?
La parte che riguarda Cappuccetto Rosso è in parte ispirata al mio omonimo capitolo de Le fiabe secondo Freud.
Il prossimo capitolo sarà incentrato su Algol (sul suo passato).
A presto
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