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Baci di Scena

«Sfumo un po' il blush?» la truccatrice si rivolse, incerta, all'attrice turca dalla pelle nivea e compatta.

«Grazie, fai come ritieni meglio» Tuba Büyüküstün, la stella più famosa del firmamento dell'Asia occidentale, acconsentì. Guardandosi nello specchio dell'enorme camerino assegnatole, illuminato dal neon delle lampadine sferiche, notò alle proprie spalle la sagoma di un uomo castano appena entrato, che riconobbe con facilità.

«Permesso, si può?».

Immediatamente la donna percepì un brivido irradiarsi dalla base del collo alla schiena, ascrivendolo alla bassa temperatura dell'aria condizionata, vero pallino degli statunitensi.

La vestaglia di cotone bianco e le ciabatte di spugna erano un leggero palliativo al proprio disagio.

«Buongiorno a tutti» Jeremy Renner salutò i componenti dello staff della collega, dirigendosi verso di lei. 

Le sedette accanto, presentandosi, col copione in mano «Sono Jeremy, ciao». Gli occhi grigiazzurri saettarono sul viso della ragazza, incontrata per la prima volta. L'aveva vista nelle foto in rete e in alcuni filmati su YouTube; da vicino gli parve più attraente che sullo schermo. I piccoli difetti evidenti, una lieve imperfezione sul naso, una macchiolina appena coperta dal fondotinta mat, gli incisivi verso l'interno, la rendevano perfetta e naturale, lontana dallo stereotipo dell'attrice americana fanatica dei servizi del chirurgo plastico. Era bella e... normale!

Si guardò intorno.

La stanza di ampia metratura strabordava degli innumerevoli mazzi di fiori, pupazzi, e buste contenenti regali, lasciati dai fan che Tuba aveva anche negli Stati Uniti. Omaggi per la sua presenza a Los Angeles pervenuti in un giorno particolare del mese di febbraio: San Valentino.

«Piacere, Tuba. Se vuoi puoi chiamarmi Mavi, è il mio nome turco» parlava un inglese impeccabile, privo di inflessioni, e gli tese la mano libera dall'estetista, che le stava passando lo smalto sulle unghie dell'altra.

Renner la strinse, percependo un lieve tremolio, forse attribuibile alla tensione.

La bruna, i cui lunghi capelli erano fermati sulla fronte da beccucci metallici, abbassò lo sguardo, per un attimo. Rialzò le iridi, del caratteristico verde delle olive del Mediterraneo, esaminandolo di sottecchi. L'uomo le parve a proprio agio e affabile. L'abbigliamento sportivo, jeans e t-shirt azzurra, valorizzava il fisico guizzante, il colorito abbronzato era tipico dello stato della California che la ospitava; elargiva sorrisi discreti e rassicuranti allo staff, da veterano del settore.

Avrebbe voluto dirgli che aveva visto ogni suo film, che era un onore lavorare assieme nella propria pellicola d'esordio negli Stati Uniti. Sentendosi una stupida, fece un riferimento al ruolo del collega nell'epica saga della Marvel «Le mie figlie adorano gli Avengers, Occhio di Falco è il loro personaggio preferito».

«Davvero? Poverine! Meglio un supereroe più giovane, come Spiderman!» Jeremy ridacchiò, minimizzando «Ho letto che sei mamma di due gemelle di sette anni, io ho una bambina un po' più piccola. Solo lei». Non raccontò nulla del chiacchierato e spiacevole divorzio dall'ex moglie, finito in tribunale e su tutti i giornali.

Respirò lungamente in maniera tantrica, gustando nelle narici il lieve odore di mughetto del profumo femminile sprigionato dalla cute serica della sua vicina.

Tuba capì ugualmente il suo stato d'animo. Lo smalto sulle unghie si stava asciugando, e con tranquillità stappò la sua coperta di Linus personale: un thermos decorato a fiorellini azzurri, posato sulla mensola, sotto lo specchio.

Riempì un bicchierino in vetro a forma di tulipano identico al suo, di un liquido caldo e fumante, rosso rubino «È tè turco di Rizè, ha un sapore particolare; si serve aggiungendoci zollette di zucchero di barbabietola. Berlo mi rilassa, prova» spinse il bicchierino verso di lui con la punta delle dita, inserendovi due cubetti di zucchero da un contenitore a forma di cuore, attenta a non rovinare la lacca rosa «Ho sposato un collega, che è anche regista. Ma non è durata, nonostante le bambine. Appena separati, ho scoperto che la nuova compagna era incinta» si confidò, sorseggiando il suo tè. Alcune notizie erano trapelate ai mass media, ma difficilmente Renner poteva esserne al corrente.

L'uomo passò la mano fra i capelli, accettando il bicchierino e apprezzando la gentilezza spontanea di una persona conosciuta da pochi minuti.

«Cominciamo, Jeremy?» il parrucchiere personale, un biondino dai modi delicati, si affacciò sull'uscio per spronarlo a raggiungerlo.

«Sì, certo, aspettami nel mio camerino, arrivo subito» assaggiò il tè, a piccoli sorsi. Era molto gradevole, mieloso sul palato, confortante, come preannunciato «È davvero buono. Sai da quale scena inizieremo?». Tuba era arrivata prima di lui, ipotizzò avesse parlato con Taylor Sheridan, il regista pluripremiato con cui aveva già lavorato due volte e che aveva insistito nel volerlo con sé anche nella terza collaborazione. Aveva accettato senza remore e, soltanto in un secondo momento, Taylor lo aveva informato di aver scelto una bellissima attrice turca per la parte della protagonista femminile.

Sheridan si era invaghito professionalmente di Tuba Büyüküstün, nota in patria per aver alternato pochi film d'autore a lunghe fiction d'amore. Al provino il talento nella recitazione, la duttilità interpretativa e la conoscenza della lingua lo avevano convinto di aver avuto un'infatuazione più che motivata.

«Ho cercato di estorcerglielo, ma non ha ceduto» la sceneggiatura del film era basata su un'indagine per l'omicidio di un politico svolta da un agente federale e da una giornalista rampante. La storia investigativa si intrecciava con una loro liaison amorosa e passionale.

«Che abiti dovremo indossare? Lo capiremo da quelli» Renner provò a interrogare la costumista, indicando la rastrelliera di vestiti appesi in lattiginose custodie di plastica, dotate di chiusura lampo.

«Uno di questi tre per la signora» la ragazza mostrò delle sottovesti di seta in diverse nuance del color nocciola, accostandole al viso della turca per trovare la più azzeccata. Il contrasto coi capelli lunghi e scuri rendeva ciascuno dei capi adatti e seducenti «Opteremo per la sfumatura intermedia. Per te, Jeremy, basterà un asciugamano a cingere i fianchi».

«Meglio che provi la sottoveste, allora» Tuba si alzò, stringendosi nella vestaglia in un velato invito a uscire all'americano.

Renner deglutì l'ultimo sorso di tè, cercando di raccogliere ogni briciolo di concentrazione. Non ebbe bisogno di sfogliare il copione già imparato a memoria per capire di quale scena si trattasse: il primo momento intimo della coppia di protagonisti!

Era comune che un regista proponesse una scena simile, all'inizio di un percorso di lavoro, per rompere il ghiaccio fra gli attori e con la troupe.

Fu colto da una leggera agitazione che stemperò in un sorriso forzato. Recitava da tantissimi anni, fra pellicole di qualità e blockbuster, era uno degli attori più famosi e amati del mondo ma raramente aveva interpretato scene d'amore. Era stato supereroe, soldato, scienziato, agente segreto, con sporadiche performance di bacetti alla moglie di turno, i classici e casti baci a stampo.

Invece il copione di Sheridan contemplava diversi contatti con la sua partner. Non scene vietate ai minori o in cui lui o Tuba avrebbero dovuto mostrarsi particolarmente spogliati; tuttavia, Taylor si era raccomandato affinché fosse percepibile un realismo credibile, nel loro rapporto.

«Signor Renner, dovrebbe accomodarsi fuori» la costumista lo avvisò, giacché si era bloccato sulla seggiola.

«Jeremy, tutto bene?» Tuba, avvicinatasi, lo domandò a voce bassa.

«Sei la regina delle fiction del tuo paese, non ti sarà difficile simulare un bacio appassionato. Io, invece, sono scarso nelle scene d'amore, preferisco che tu lo sappia da me» confessò, timidamente. Erano persone ed esseri umani prima che attori, volle confidarsi con sincerità.

«Ci siamo conosciuti solo ora, troveremo insieme la strada giusta, abbi fiducia» con uno strano presentimento lo osservò uscire.

Le fece tenerezza. Era timido e tranquillo e, nonostante anni di gavetta e una carriera strepitosa, si era proposto come un novellino, quasi giustificando un possibile insuccesso o una scarsa prestazione. Lo apprezzò moltissimo.

La costumista l'aiutò a infilare la sottoveste dalla testa, per non rovinare il trucco, e le sistemò le sottili spalline di pizzo, porgendole la vestaglia abbinata. Meritò un complimento «Perfetta, davvero, e in tutto, Tuba». Mai aveva lavorato con un'attrice tanto educata e poco pretenziosa, una che si portava il tè preparato in albergo dentro un thermos e non aveva chiesto nemmeno un bicchier d'acqua.

La parrucchiera tolse le mollette e dette un'ultima spazzolata al manto scuro, spruzzandovi un lucidante, la truccatrice tamponò il viso con impalpabile farina di riso su un piumino, ritoccando le labbra di un rossetto opaco color mattone.

«Per di qua» un addetto l'accompagnò lungo il corridoio verso lo studio di posa, lo staff la seguì a passo di marcia militare.

Baciarsi davanti a una telecamera era come ballare, ma se lo facevi con un partner senza esperienza rischiavi di pestargli i piedi. Forse avrebbe potuto condurre lei la danza, pensò Tuba, perché sullo schermo, grande e piccolo, aveva baciato innumerevoli attori, ex marito compreso. La complessità era rendere la magia fra due esseri umani, lasciar scivolare attraverso la macchina da presa l'emozione ricreata fra sconosciuti appena incontratisi.

«È un bel tipo, Renner, sei fortunata» la giovane costumista tessette le doti del connazionale «Carino, perbene, corretto, pulito. Unico difetto: l'ex moglie».

Poteva andarle peggio. Tuba concordò, entrando sul set dove proprio Jeremy, già pronto, discuteva della scena con Taylor. Il regista, un ragazzo moro piuttosto attraente, a suo tempo si era dedicato alla recitazione e comprendeva il concetto di ansia da prestazione.

Il collega, in accappatoio, teneva il copione davanti a sé, gli occhiali da presbite posati sul naso.

Il set allestito era una camera d'albergo che i protagonisti condividevano, nella prima notte d'amore.

«Tuba, ben arrivata, sei bellissima» Sheridan la salutò, proseguendo «La scena è quella di pagina settantadue. Tu, tesoro, sarai alla finestra, di spalle. Jeremy, uscito dal bagno, ti raggiungerà, ti darà un bacio sul collo, eccetera» non voleva fornire troppe indicazioni «Spontanei e tranquilli, allora. Pronti per il ciak?».

Jeremy annuì. Abbandonò l'accappatoio per un asciugamano sui fianchi sopra un curioso costume di una sgargiante lycra arancione, chiudendosi nell'ambiente del bagno, la bruna si posizionò alla finestra, come concordato.

«Si gira» Sheridan dette il via alla produzione. 

Due macchine in contemporanea riprendevano entrambi i protagonisti in lunghi campi destinati ai montatori, in un silenzio tombale necessario per la registrazione dei fonici.

Renner uscì dalla toilette, dove era stato spruzzato d'acqua sui capelli e sul torace, per dare l'effetto bagnato di chi avesse appena fatto una doccia.

La silhouette della turca era estremamente sexy, i piedi scalzi completavano il quadro, aggiungendo un pizzico di naturalezza.

L'americano avvertì una pesantezza a metà della gola. Camminò verso di lei, con delicatezza le sollevò i capelli dal lato destro.

Le labbra si posarono alla base del collo mentre Tuba mosse la mano per cingerlo a sé, inarcando la schiena.

«Sei tanto bella» Renner pronunciò la battuta e lei ugualmente «Dimmelo ancora».

«Sei bella da far male» la prese per la vita, facendola ruotare di centottanta gradi affinché fossero viso a viso.

Büyüküstün gli passò le mani sul torace e lo fissò negli occhi, lui l'abbracciò con troppo impeto col risultato di sbilanciarsi. Il piede sinistro con la relativa ciabatta di plastica schiacciò quello nudo della collega, che non poté trattenere un lamento.

Si resse a Renner intanto che carambolavano a terra. Finì sotto di lui, in modo tanto buffo da strappare una risata a ciascuno dei presenti, persino al commesso che portava i caffè. L'asciugamano volò sul pavimento.

«Ti ho fatto male?» Jeremy, in imbarazzo si sollevò, liberandola.

«Forse mi servirebbe del ghiaccio per il piede» era rosso sul dorso e voleva evitare che si gonfiasse e vi si formasse un livido.

«Corro» l'assistente di produzione volò in corridoio, tornando con una bustina di ghiaccio secco già attivata.

«Mi dispiace, scusami, sono inciampato» il collega americano l'aiutò a sedere sul letto.

«Bel costumino, colore incredibile» lo schernì per distrarre la troupe dall'accaduto «non è successo niente, Taylor, non preoccuparti».

«Non è un film comico, però» il regista, scocciato, si sincerò che non fosse nulla di grave. Tuba e Renner gli erano sembrati due veri salami nell'approccio fisico: non commentò ulteriormente la caduta, per non imbarazzarli.

Renner stesso sistemò personalmente il ghiaccio sul piedino della turca, mantenendolo fermo «Aspettiamo qualche minuto, vedrai, poi starai meglio, Mavi».

«Mi fa sentire a casa sentirmi chiamare Mavi, lo fanno le persone che mi vogliono bene. Grazie» commentò, con nostalgia.

«Allora lo userò sempre» era rimasto svestito col costume arancione indosso, seduto vicino a lei.

Gli occhi indagatori di Sheridan passavano dall'uno all'altra come palline da flipper. Il suo cellulare vibrò e si assicurò di leggere il messaggino in arrivo, della fidanzata. Ebbe un'illuminazione e la seguì «Signori miei, sono un regista magnanimo! Vi do la giornata libera, è stato un errore iniziare a girare il giorno di San Valentino, avete tutti la testa presa da altro, me compreso. Vi auguro una splendida serata col vostro amore. A voi due, Tuba e Jeremy, consiglio di ripassare la parte. Domani ricomincerete da dove vi siete interrotti. Se non avete nulla di più interessante da fare, provate insieme qualche battuta, sarebbe un ottimo esercizio». Era certo che nessuno dei due protagonisti avesse una storia o un interesse sentimentale, entrambi gli avevano raccontato che le figlie fossero lontane. La piccola di Renner era in vacanza con la mamma, le bambine di Büyüküstün in Turchia per non perdere la scuola.

«Certo, buona idea. Ti va o hai impegni?» l'arciere più famoso del cinema cavalcò la proposta.

«Volentieri, Jeremy, la mia alternativa è cenare da sola in stanza» non sarebbe scesa al ristorante dell'hotel, full di prenotazioni per coppie di americani festosi.

«Vieni tu a casa mia o io da te? Come preferisci?» Jeremy abitava in una villa di design sulle colline di Hollywood, non azzardò un invito diretto, lasciando scegliere lei.

La spallina della sottoveste color nocciola era scesa sulla spalla, intravide il roseo bocciolo del capezzolo tondo e perfetto, un disegno di Giotto, maledicendo di indossare il costume a vista che non celò la mascolina e immediata reazione del suo corpo.

Scostando la mano con la bustina di ghiaccio secco, prese l'accappatoio dalla costumista, con finta nonchalance.

La collega aveva posato la mano sulla bocca, incerta «La scena che dobbiamo provare si svolge in una camera d'albergo, vieni tu. Alloggio al Four Season, il Beverly Whilshire a Beverly Hills, sai è quello dove è stato girato Pretty Woman e non ho resistito a prenotare lì» le fissava il décolleté e fu costretta ad abbassare lo sguardo per comprenderne il motivo.

Confusa dalla piacevolezza dello sguardo ricevuto, sistemò la spallina, udendolo rispondere «Ordina una cenetta per due, ci vediamo alle sei».

«Ti aspetto, suite Le magnolie, all'attico» Tuba si alzò dal letto per tornare nel proprio camerino, con la voglia impellente di un bicchierino di tè di Rizè.

Jeremy aveva fatto tardi ed era insolito: lui, tipo preciso e maniacale in tutto, spaccava il secondo. Si era allenato addirittura con gli atleti olimpionici della specialità per interpretare l'arciere Occhio di Falco. Ma non aveva tenuto conto della frenesia del San Valentino. Fermatosi al negozio di fiori dove si serviva abitualmente, aveva trovato una fila di innamorati dell'ultimo minuto.

Voleva acquistare un omaggio floreale per la collega e si era messo in coda, tentando di mimetizzarsi con il cappellino da baseball in testa e gli occhiali da sole a goccia, la guardia del corpo a un paio di metri di distanza. 

Cercava di avere una vita normale per quanto possibile nonostante l'incredibile popolarità di cui godeva. Aveva atteso in fila con pazienza e si era ritrovato con una scarsa scelta. Evitò mazzi di rose, rami di orchidee e piante dozzinali in vaso, avendo visto coi propri occhi gli omaggi già ricevuti da Tuba.

«Signor Renner, mi pareva d'averla riconosciuta» la commessa lo aveva notato, il camuffamento era poco riuscito. I pantaloni del completo grigio ghiaccio e la camicia bianca con le cifre sul petto stonavano col cappello di foggia sportiva.

«Ehm, sì, buonasera. Devo comprare un pensiero per un'amica, non è americana. Un consiglio?».

«Uno col botto e successo assicurato, cadrà stecchita ai suoi piedi all'istante. Un corsage da polso, è romantico e non si usa in altri paesi, che io sappia» un paio di confezioni di plastica trasparente e due bracciali di fiori comparvero sul bancone.

Mavi già era caduta, rifletté Jeremy, a causa del suo pestone, sperò non si ripetesse. Subito la sua attenzione fu catalizzata dal secondo corsage. Realizzato con rose bianche, violette e mughetto, era delizioso e adatto alla collega, ragazza semplice e raffinata. Lo pagò con la carta Visa, affrettandosi verso la limousine nera. La pelle marrone del sedile gli procurò un fastidioso caldo. Le gocce di sudore scendevano copiose sulla schiena e sotto le ascelle, la fronte era umida.

Approfittò del frigo bar per un bicchiere d'acqua fresca frizzante, marca San Pellegrino. Un traffico sostenuto lo accompagnò sulla strada per l'albergo, fino all'entrata principale. Si indirizzò verso le porte scorrevoli, liberando l'autista e la guardia del corpo, che avrebbe poi ricontattato per tornare a casa. Attraversò la hall, addobbata con festoni a tema di San Valentino: stucchevoli cuori, angioletti e palloncini in cui predominava il colore dell'amore.

La suite era all'attico, prese direttamente l'ascensore senza passare per la reception.

L'assenza del pacchetto di sigarette dalla tasca dei calzoni lo scoraggiò. Fumava raramente, ma in quella strana situazione avrebbe desiderato una boccata di malsano tabacco. Aveva soprasseduto a una seconda sosta per l'acquisto, stante il ritardo evidente. L'occhiata alla propria immagine nello specchio lo abbatté ulteriormente. Il cappellino aveva rovinato la piega dei capelli accuratamente acconciati con il gel, l'alone sotto le ascelle sul cotone chiaro era piuttosto diffuso.

Messa ugualmente la giacca, suonò alla porta, sfoderando il suo più bel sorriso di scena, una plastica smorfia da Ken, il fidanzato della bambola Barbie della ditta Mattel.

Tuba aprì immediatamente «Ciao! Stavo per chiamare la produzione per avere il tuo numero di cellulare, oggi abbiamo scordato di scambiarcelo» visto il ritardo sull'appuntamento, aveva ipotizzato a un fraintendimento sull'orario.

Rientrata in albergo, si era dedicata a una sessione di ginnastica col personal trainer americano che la seguiva, poi aveva fatto un lungo bagno caldo e un impacco casalingo ai capelli con olio d'oliva, tuorlo d'uovo e succo di limone che si concedeva una volta a settimana.

Indossati un paio di classici jeans e una canotta bianca, le ciabatte dell'albergo, senza un filo di trucco, aveva approfittato della terrazza per ripassare la scena e rileggere il copione. Poiché Renner non arrivava aveva telefonato all'ex marito in Turchia e inviato dei messaggi alle gemelle, che, a causa del fuso orario, erano già fra le braccia del dio del sonno.

«Scusa, ho avuto un contrattempo. Spero che il piede sia guarito. Per te. Buon San Valentino» le porse la scatolina col corsage che lei strinse fra le mani entusiasta come una bambina «Sto bene, sì. Ho sempre desiderato averne uno, da quando vedevo i film americani con le immagini del ballo del liceo. Grazie. Me lo infili tu? Ho paura di rovinarlo» lo tolse dal contenitore e gli tese il braccio nudo.

Renner abbottonò il corsage al polso sottile della collega, in silenzio.

«Ti sei presentato così elegante! Io sono vestita troppo sportiva; se avessi saputo avrei indossato un abito» si era sentita a disagio, al suo confronto. Jeremy era splendido, stranamente accaldato.

Lui la contemplò assorto, togliendo la giacca «Sei bellissima, lo saresti anche se indossassi un sacchetto della spazzatura». La spogliò con lo sguardo sulle forme sinuose che aveva già sbirciato sul set. Realizzò che era stato un errore seguire la proposta di Sheridan: mai vedersi con una collega che ti suscita un'emozione pazzesca, gli aveva consigliato un amico del settore, a ragione. Peccato che fosse la prima volta che gli capitava e lo aveva capito soltanto quando aveva messo piede nella sua stanza. A quel punto non poteva inventare una scusa e andarsene: sarebbe sembrato cafone, o peggio, instabile.

«È il più bel complimento che abbia ricevuto» la donna udì suonare di nuovo il campanello e aprì al cameriere, che si presentò con il carrello della cena e due coppe decorate con arance rosse e ananas «Avevo ordinato anche due cocktail, nell'attesa».

Spinse lei il carrello nell'ingresso della suite. Lussuosa, enorme, arredata secondo un moderno design nei toni caldi del beige con elementi lineari in bianco panna misto a dettagli più classici, era un appartamento a tutti gli effetti con un salotto, una camera da letto e un bagno e una terrazza spettacolari in linea al panorama che vi si godeva.

«Ottima idea» Jeremy si diresse proprio all'esterno. La lieve brezza gli dette un minimo di sollievo all'incendio divampato nel petto. La coppa che Tuba gli passò, placò, invece, l'arsura alla gola.

«Nemmeno un brindisi?» la bruna lo sollecitò a tintinnare i bicchieri.

«Scusa, santo cielo, che maleducato» deglutì, dispiaciuto.

«Giusto un pochettino! Sto scherzando! Jeremy, sei in imbarazzo e dovrei esserlo io. Sei uno dei miei attori preferiti, un'ispirazione continua, sei stato candidato all'Oscar due volte e conosco a memoria le battute di The hurt locker, potrei recitartele» serissima, lo fissò, ricordando la pellicola che lo aveva lanciato «Sono soltanto un'attrice turca di serie d'amore, fotogenica e con troppi follower».

«Hai un grande talento, invece. Perfetta perché sei una mia fangirl! Sono solo uno dei tuoi attori preferiti? Potrei offendermi» riuscì a fare una battuta; il liquido fresco lo aveva leggermente rilassato, il gusto di ananas e arancia mischiato con granatina, acqua tonica e alcool era stupefacente in bocca.

«Il preferito in assoluto e senza dubbi. Aspettami» corse in stanza e tornò con un pacchetto di sigarette in una mano e l'accendino e il posacenere nell'altra «Non giudicarmi male e non farmi la predica sui danni del fumo. Una a metà? Pecchiamo di meno».

«Sei un vero genio» era come se Tuba sapesse esattamente ciò di cui aveva bisogno, se ne stupì.

«Hai diritto alla prima boccata» scartò il pacchetto, gli posò una sigaretta sulle labbra e fece scattare l'accendino.

La fiammella accese il tabacco e Jeremy aspirò a pieni polmoni, la sigaretta fra l'indice e il medio, le olive del Mediterraneo che lo scrutavano. Dette una seconda boccata, più profonda e buttò il fumo fuori verso il panorama di Los Angeles, lasciando la cicca alla turca che, al suo fianco, fece lo stesso.

Si passarono la sigaretta in silenzio, in contemplazione del paesaggio illuminato dalla luce del tramonto, un colore misto di arancio e rosa sfumato, il posacenere sul marmo del muretto della terrazza.

L'ultima boccata spettò alla bruna, che spense il mozzicone e lo invitò a peccare ancora «Ci sarebbe Bacco, da accompagnare a una cena che ti stupirà». Dal carrello sollevò uno dei due portavivande, il cui coperchio nascondeva un must della cucina a stelle e strisce: un cheeseburger con patatine fritte e innumerevoli salse, suddivise in ciotoline «Prendi il tuo panino e raggiungimi, sotto il carrello c'è il vino, dovrebbe essere stato già stappato».

Il tavolino della terrazza li avrebbe ospitati per il pasto.

«Ti amo, lo sai, vero?» Renner non si rese conto delle parole pronunciate, voleva recitarle in modo simpatico e gli erano uscite sdolcinate e... vere.

«Non è che ci stai provando con me?» ribatté Tuba, con un linguaccia, rubandogli una patatina fritta che intinse nella ciotolina di porcellana bianca piena di maionese.

«Un po'... Sei sempre così spontanea?» versò il vino nei due calici, sgranando gli occhi. Era appassionato di enologia e conosceva bottiglie ed etichette. E quello era un vino italiano eccezionale. Lesse ad alta voce «Rosé spumante, Cerasuolo d'Abruzzo Villa Gemma, annata 2020. Mavi, ti amo. Te l'ho già detto?».

Era un pezzo da quasi duecento dollari a fronte di pochi spiccioli del valore dei panini, un Rosé con base pinot noir, molto raffinato.

«Sono così come mi vedi, senza filtri. E... ti ho battuto: ti amavo da prima di conoscerti, attraverso lo schermo» lo stuzzicò.

«Allora sono un uomo fortunato, potrò morire felice dopo la tua confessione. Grazie. Per il vino e il sandwich, si tratta di mettere un re accanto a un pezzente, in un abbinamento simile. Un pezzente come me accanto a te, mia regina» fece un inchino e le passò il flûte per un altro cin cin.

«È squisito, Jeremy, con questa leccornia ci sta tutto» seduta in posizione comoda sulla poltroncina in vimini del tavolo della terrazza, lui di fronte, Tuba affondò la bocca in un morso deciso nel panino rotondo coperto dai semi di sesamo, retto ai lati con entrambe le mani.

«Una cena da re, non da pezzente» era il classico panino farcito con formaggio, pomodoro e insalata, il sapore gli sembrò paradisiaco, meglio delle preparazioni della sua cuoca «Mi fai vedere una foto recente delle tue figlie?».

Sul tavolo Mavi aveva lasciato il copione e lo smartphone «Certo, sono in galleria». Aprì l'applicazione e si posizionò su un'immagine scattata prima di partire «Scorri, tornando indietro». Due gemelle more con gli occhi scuri e i capelli lunghi e lucenti, regalo del dna materno, sorridevano all'obiettivo.

«Sono bellissime e fotogeniche, come la loro mamma. Si chiamano, Mavi?».

«Topkar e Maya. Grazie. E la tua? Ava, vero? Vedere!» lo sollecitò a darle il cellulare per fare altrettanto.

Le chiacchiere a lingua sciolta riempirono ogni vuoto. La frase che iniziava lei, terminava lui, in un crescendo di immediato affiatamento e di un vortice di domanda e risposta, tipico di un primo appuntamento molto riuscito, in cui si cercava di comprendere come fosse il partner.

«Chi beve solo acqua ha un segreto da nascondere» scolando l'ultimo goccio di vino della bottiglia, equamente diviso tra i loro due calici, Jeremy citò una frase di uno scrittore famoso.

«Victor Hugo, l'adoro. No, nel mio caso nascondo solo ciò che devo, a tutela di chi amo e da sobria».

«Ti capisco. Hugo, testi interessanti come i film a essi ispirati. Passatempo preferito, a parte stare con le tue figlie?».

Facendo scorrere il bicchiere fra le mani, la turca lo fissò negli occhi «Non ridere di me. Vedere un bel film con una ciotola di popcorn o un gelato, stesa sul letto. Un bel film, Renner, non un cartone animato. Non mi stancherei mai, una delle poche cose positive della lontananza da casa è poterne fare indigestione».

«Siamo separati alla nascita, dunque! Ho una sala cinema a casa, pensavo fosse da megalomane; la maggior parte delle volte ci bivacco, da solo, su una chaise longue, in compagnia di birra e patatine. Cartoni animati permettendo, ovviamente». La sua piccola aveva una predilezione per i film d'animazione adatti alla sua età, tuttavia la custodia con la sua ex moglie era condivisa e non trascorrevano insieme l'intera settimana.

«Ci buttiamo? Qui c'è una scelta incredibile» Tuba si alzò, dirigendosi verso il dépliant della tv via cavo, posto sul tavolino da fumo in mezzo ai divani, iniziando a leggere i titoli di una sfilza di pellicole dei generi più vari. Per la maggior parte, sia lei sia Jeremy le avevano già viste.

«Questo è tuo! I segreti di Wind River, magnifica interpretazione, con regia del nostro Taylor».

«È troppo drammatico e non mi piace rivedermi. Una commedia?» si era posto alle sue spalle, per sbirciare.

«Romantica magari, è San Valentino» avrebbero dovuto provare la scena ma familiarizzare era ugualmente importante.

«Facciamola noi, la scena più romantica della serata più sdolcinata dell'anno; in fondo sono qui per questo, no?» e ancora riesco a stare in piedi, pensò Renner, dopo il cocktail e più di mezza bottiglia di spumante... e te!

Lei era nell'esatta posizione del bacio di scena da provare, mancava solo la finestra, ma se ne poteva fare a meno.

L'americano posò le mani sulla sua vita, sopra la canottiera bianca e arrochì il tono della voce, in modo tanto sensuale che le tremarono le gambe e dovette lasciar andare il dépliant, che cadde a terra.

Le parole soffiate sul collo nudo, la bocca accostata ai capelli le procurarono una vertigine e la pelle d'oca, in maniera evidente, sulle braccia nude «Sei tanto bella». Renner pronunciò la battuta e lei ugualmente, di rimando, voltandosi indietro di tre quarti, come davanti alla macchina da presa per un'inquadratura centrata «Dimmelo ancora».

«Sei bella da far male» la fece ruotare di centottanta gradi, affinché fossero viso a viso e si ritrovò le mani femminili sul petto. Le dita corsero al mento, lo trattenne fra il pollice e l'indice per farle alzare lo sguardo, che Tuba, timidamente, aveva abbassato.

I respiri di entrambi si erano fatti cadenzati, i corpi erano diventati un sinolo di voluttà e desiderio, non c'era più spazio fra di loro né più tempo da aspettare.

La turca, emozionata, schiuse le labbra atteggiandole in un dolce cuoricino, simbolo della festa degli innamorati, Jeremy le colmò con le proprie, lanciandosi in un bacio molto poco cinematografico.

Le lingue si erano unite immediatamente in un'erotica torsione al gusto di spumante rosé, il contatto era lontano da essere coreografato o accennato. Era reale, vero, appassionato, dolce e tenero, un bacio di perfezione terrena. Uno di quei baci che ti fanno capire che la persona a cui ti stai donando è quella giusta, quella che hai aspettato per tutta la vita e in cui mai, mai avresti immaginato di imbatterti per un bacio di scena, nell'effimero mondo del cinema.

Senza fiato, travolto dalla tempesta emotiva, Jeremy si staccò, a malincuore. Lei era buona, buonissima, un piccolo pezzo di pane appena sfornato di cui cibarsi in continuazione «Come sono andato, Mavi?».

«Sei cintura nera di baci, Jeremy Renner!» ridacchiò Tuba, le ciglia umide della felicità del sentimento palpabile appena nato. Con l'ennesimo sorriso stupendo, lo sfidò «Proviamone un altro, la scena diventerà perfetta!».

Post credit, un anno e un mese dopo, Cerimonia degli Oscar, Dolby Theatre di Hollywood, Los Angeles, California

«And the winner is... Jeremy Renner» Robert Downey jr ebbe il piacere di chiamare il caro collega sul palco del Dolby Theatre di Hollywood, a Los Angeles, in California, per la consegna dell'ambita statuetta.

Jeremy aveva vinto il premio per il ruolo di attore protagonista in un film dalla trama giallo rosa, che aveva sbancato il botteghino, superando persino gli incassi di Avengers: Endgame. La pellicola aveva colpito pubblico e critici per un'eccezionale regia, per una sceneggiatura interessante e per l'alchimia incredibile fra i due protagonisti, il cui talento interpretativo era stato valorizzato dalla reciproca vicinanza.

Robert lo vide baciare la donna mora seduta al suo fianco, che stringeva al petto un analogo zio Oscar placcato oro, ricevuto pochi attimi prima, ed esultare. 

Renner saltellò, per arrivargli a fianco, dopo aver abbracciato tre bambine: una bionda e due gemelle dai capelli scuri.

«Finalmente ce l'hai fatta, a che si deve il tuo successo, Jer? Dicci il tuo segreto!» gli domandò Downey jr, consapevole della risposta che avrebbe ricevuto.

Jeremy, raggiante in uno smoking dalla giacca scura di taglio sartoriale e un mazzetto di mughetti bianchi nel taschino, prese la statuetta e l'alzò verso il cielo. 

Baciò la fede che portava all'anulare sinistro, voltandosi verso l'attrice turca Tuba Büyüküstün, seduta in platea. 

La splendida co-protagonista conosciuta proprio sul set del galeotto film di Taylor Sheridan spiccava in bellezza, in un abito total black, effetto vedo non vedo.

«Chiedilo a mia moglie Mavi. Ti dirà: i baci di scena!» le dedicò uno sguardo colmo d'amore, ricevendo in cambio un bacio soffiato.

Sul polso di Tuba Büyüküstün Renner risaltava un corsage realizzato con rose bianche, violette e mughetto.


Nota dell'autrice

Gli autori affermano di scrivere per se stessi, ed è esattamente ciò che ho fatto io, in questo racconto breve  pubblicato il giorno di San Valentino.

Desideravo, finalmente, far interagire i due attori che amo moltissimo, Tuba Büyüküstün e Jeremy Renner, i cui volti mi accompagnano costantemente, nell'immaginazione, nei personaggi di cui scrivo e di cui mi innamoro.

Spero che la storia vi sia piaciuta!

Buona vita! E Buon San Valentino!

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