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Lynx Cub

Hazelle strinse la mano del marito e sorrise in risposta al suo occhiolino.

Mai avrebbe pensato che un giorno si sarebbe trovata a passeggiare nei boschi con la serenità di chi si permette, per un po', di dimenticare la paura.

Era ormai trascorso un mese dalla prima volta che Joel le aveva chiesto di accompagnarlo, cingendole la vita da dietro e sussurrandole di fidarsi di lui con il solito sorriso storto a increspargli le labbra.

Era successa la stessa cosa quel pomeriggio, dopo che entrambi avevano trascorso una mattinata scandita dai pianti del figlioletto: Gale aveva contratto una brutta otite e il dolore alle orecchie gli impediva di dormire e mangiare con regolarità.

In quel momento, tuttavia, mentre la coppia camminava verso il lago, le grida del bambino si erano affievolite. Ben stretto al collo del papà, Gale tirava su col naso, guardandosi attorno incuriosito, anche se i suoi occhi attenti spuntavano appena da sotto il cappuccio troppo grande.

Lentamente i piagnucolii del bimbo si spensero del tutto e l'espressione di Hazelle si fece più rilassata. Joel si accovacciò contro un albero e la moglie lo imitò, prendendo Gale per farlo sedere fra di loro; il bambino continuava a voltarsi in direzione di ogni rumore che avvertiva.

"Avevi ragione: gli piace qui" mormorò infine Hazelle, accarezzando una manina del figlio. "Sei stato bravo, straniero" ammise, baciando l'uomo sulla guancia.

Gale si stropicciò un occhio umido di pianto e indicò una foglia secca che rotolava per la radura; cercò subito lo sguardo del padre per mostrargliela.

"Certo che gli piace qui" replicò Joel, sorridendo compiaciuto. "Conosco il mio polletto" scherzò poi, prendendo nuovamente il figlio in braccio.

Il bimbo incominciò a giocare con il colletto della sua camicia, ma voltò la testa sorpreso quando una folata di vento più forte delle precedenti fece cadere altre foglie.

"È incredibile" osservò a quel punto Hazelle, sorridendo divertita al marito "Vede e sente tutto."

Quando Gale, attirato dalla sua voce, allungò una mano verso di lei, la madre gli baciò le dita.

"È un tipetto attento" confermò Joel, sistemandole con dolcezza una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Hazelle continuò a sorridere, afferrando una mano dell'uomo prima di posarsela in grembo.

In quel momento, il vento fece scivolare il cappuccio di Gale, scoprendogli il volto. Il piccolo, sorpreso, si posò una mano sulla testa, sgranando poi gli occhi in direzione della madre.

La donna si mise a ridere.

"Ma che bei cornini che hai!" osservò, notando che aveva dei ciuffetti di capelli ritti sul capo, all'altezza delle orecchie.

Gale sorrise, riconoscendo l'allegria nel volto della madre.

"Ma guardati" esclamò divertito Joel, arruffando i capelli del figlio. "Sembri un cucciolo di lince: anche loro hanno dei ciuffettini neri sulle orecchie. Sono dei gran begli animali, sai?" aggiunse, rivolto a Hazelle. "Ottimi cacciatori, con un udito e una vista eccezionali."

"Un po' come te, papà lince" rispose la donna, facendogli l'occhiolino per imitarlo.

Joel sorrise sghembo, prima di tornare a osservare il figlioletto; Gale stava indicando un punto verso il folto degli alberi. Agitò le braccia e cercò di gattonare via, ma Joel lo trattenne.

"Ehi, dove scappi, baby lince?" chiese divertito, mentre Hazelle sistemava meglio il cappuccio sulla testa del piccolo.

Gale indicò nuovamente lo stesso punto, fissando con insistenza il padre.

"Ma che cos'ha visto?" esclamò a quel punto la madre, incuriosita.

Joel appoggiò le labbra al capo del bambino, prima di annuire.

"La libertà, Haze" rivelò infine con un sorriso orgoglioso, circondando la vita della moglie con un braccio. "Il mio ragazzo ci sta indicando la libertà."

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