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𝟔 - 𝕼𝖚𝖎𝖊𝖙𝖔 𝖒𝖔𝖘𝖙𝖗𝖔 -

🌕 𝕽𝖞𝖆𝖓 🌕

Lo specchio di questo bagno fatiscente mi rimanda un'immagine che a stento riconosco.
Non ho mai fatto a botte, in vita mia. Mai avuto un occhio nero. Mai avuto un labbro o un sopracciglio spaccato.
Ma ogni volta che mi avvicino a Stefan, l'asse attorno cui ruoto si dissesta.

Sorrido, anche se sotto l'occhio comincia a scurirsi un alone lì dove Stefan mi ha colpito.
È stato fin troppo delicato, a pensarci.

Se non ci fosse lui a spingermi fuori dai miei paletti, non avrei il coraggio di fare niente.
Non gli ho ancora detto che lo amo.
E no, non lo amo come ho amato Lilah. Perché l'ho amata.
Il sentimento che ho provato per lei è stato per me un battesimo. Mi ha lanciato in un mondo che prima di lei non avevo mai esplorato.

Lei mi ha abituato a non sentire appetito, perché le farfalle nello stomaco occupavano tutto lo spazio. Mi ha abituato a tremare nell'attesa di un suo messaggio. A svegliarmi nella notte perché non riuscivo a resistere altre ore sdraiato nel letto a non fare niente, senza vederla.

La mia prima volta. I miei primi pianti. Le mie prime litigate.
La prima volta che mi sono messo in secondo piano per pensare a qualcun'altro. Lei è stata tutto questo, e anche di più. Glielo riconosco. 

Ma Stefan...
Dio, Stefan. 

Lui è uno di quei tornado che si creano dal nulla, nel mezzo di una giornata luminosa. Ha scoperchiato la mia casa e l'ha lanciata nel mondo del Mago di Oz.

Lui è odio, e amore, e caos, e vertigine, e una paura fottuta di ogni cosa.
Ha sradicato tutte le mie convinzioni con quelle mani magre, per niente dolci. Mai delicate.
Ha sporcato i miei pensieri con i suoi fianchi, le sue labbra, i suoi capelli disordinati, la sua pelle bollente. I suoi occhi di ghiaccio. Sguardi affilati come rasoi. 

Lui mi ha fatto perdere la ragione.
Ho smesso di essere uomo e sono tornato animale, con lui. 
Carne alla carne.

E nessuno dei due lo voleva, o lo ha provocato. È solo successo. 
Così com'è successo che un procione gli rubasse il telefono per poi farmi finire qui, nello spogliatoio di questa piscina a controllare i danni che mi ha provocato con un pugno.

La luce a neon sopra di me sfarfalla con un debole ronzio, riportandomi dentro al mio corpo.
Mi lavo la faccia un'altra volta e mi asciugo con la manica dell'accappatoio, perché qui non c'è molto altro.

Però è il mio posto sicuro. E adesso lì fuori c'è l'amore più grande che io abbia mai provato, e a me va bene così. Non mi importa di niente se non di lui. 

Esco da qui con l'accappatoio legato alla vita. Stefan è ancora dove l'ho lasciato. Seduto lontano dall'acqua, a pochi centimetri dalla stufa alogena del signor Perez che ho preso dalla segreteria. L'ispanico non è abituato alle temperature che ci sono qui in inverno, e rimane tutto il giorno incollato a quella stufetta.

Per terra, davanti a quest'ultima, abbiamo steso tutti i nostri vestiti nella speranza che almeno un po' riescano ad asciugarsi. 
E lui è lì. La testa bassa, il cappuccio dell'accappatoio che gli scende sugli occhi. 

Un quieto mostro.
Ancora mi domando come possa una forza tanto distruttiva essere contenuta in un corpo tanto piccolo. Mi fa una tenerezza talmente violenta che mi strapperei le costole per farlo rannicchiare qui dentro. 

Ma lui già c'è, dentro di me.

«Ehi.» la voce mi esce dalla gola più forte di quanto volessi, rimbomba nel padiglione vuoto e lo fa sussultare.
«Scusa.» smorzo una risata. È carino. 
«Scusa tu.» tira su con il naso e mi guarda. Io mi sistemo seduto proprio di fronte a lui. «Tranquillo.»
In realtà la faccia pulsa per quanto mi fa male. 

Tiene le gambe piegate, le braccia stese sulle ginocchia divaricate. Lo afferro per le caviglie e lo trascino più vicino a me.
Sistemo le gambe sopra le sue e ci ritroviamo intrecciati. Troppo distanti per i miei gusti, comunque. Ma ancora per poco.

Alza gli occhi su di me e li abbassa subito. Si vergogna di quello che ha fatto.
"Sei delicato", so che sta pensando questo. Me lo ripeteva spesso.
«Tranquillo un cazzo» sbotta, più con se stesso che con me, «sei delicato.»
«Sono albino, non ho il cancro.»

Lascio intercorrere qualche secondo di silenzio e provo a portare l'acqua al mio mulino, «E poi, dovresti saperlo che non sono così tanto delicato.»
Ammicco e lui coglie al volo a cosa mi sto riferendo. Lo vedo nascondere un sorriso. 

Come pensavo: devo soltanto continuare a scavare con le dita in questa piccola crepa nel muro. 

Inclino la schiena all'indietro reggendomi sulle mani e chiudo gli occhi. Inizio a gemere. A fingere di godere, prendendolo in giro. 
«Spaccami, Ryan!» lo imito. Lui sussulta ed è di nuovo un fuocherello.
«Io non faccio così.»
Io mi ricordo di sì. E chiaramente anche lui, perché la sua espressione muta. 
«Faccio così?»
Annuisco. 

Ci guardiamo per troppo tempo, e il fuoco diventa liquido, inizia a scivolare in mezzo a noi.
Stefan assottiglia lo sguardo, si morde le labbra. Si ricorda cosa posso dargli. Forse non lo ha mai dimenticato.

Il mio sorriso soddisfatto parla per me. Porto una mano sul nodo blando di questa cintura di spugna e lascio che l'accappatoio si apra. Ho addosso soltanto i boxer.
Lui mi guarda tutto, da sopra a sotto. 
Mi scopa con gli occhi. Ha quello sguardo che, Dio, mi manda in orbita.

«Posso baciarti?» la mia voce è poco più di un sussurro, ma ci pensa questo silenzio a fargliela arrivare forte e chiara. 
Si morde di nuovo le labbra e scuote la testa.
«No.»
Certo. Certo che ti bacio.

Mi lancio su di lui con una foga che ricambia all'istante, come se stesse aspettando soltanto il mio la.
Le mani trovano la loro giusta collocazione ai lati del suo viso, tra quei capelli neri dove dovrebbero sempre stare.
Infilo la faccia sotto il suo cappuccio e mi schianto sulle sue labbra. Non mi frega di farmi male, di sbattere contro i suoi denti di nuovo. I nostri baci sono così.

La sua lingua non aspetta nemmeno che io lo raggiunga, è già infilata dentro di me. Giriamo e rigiriamo la testa come se stessimo mangiando la cosa più buona del mondo. Finisco più volte per sbagliare strada e ritrovarmi sulla sua guancia, sul mento, ma lui mi recupera ogni volta. Il fuoco che ha dentro io lo ingoio come una benedizione.

Lo attiro a me, qui in mezzo alle mie gambe, e ora lo spazio che occupiamo è più piccolo.
Lui si libera velocemente del suo accappatoio e si inarca per offrirmi tutto quello che i miei occhi e le mie mani possono mangiare. 

I suoi capezzoli e l'ombelico abbelliti da questi dannati piercing sono la mia Santa Trinità.
Mi avvento su di lui e prendo in bocca quelle barrette fredde con la foga di un infante. 
Ma sono tutto fuorché un infante. Fuorché un innocente.

Lui mugola e mi mette le mani tra i capelli, sulle orecchie. Si vergogna quando lo guardo mentre fa certi versi, ma Cristo, se solo sapesse che potrei venire soltanto sentendolo ansimare così.
«Vuoi farlo?» glielo domando solo per permettergli di ragionarci. Ma non ce n'è bisogno.

Mi ride in faccia, alza gli occhi al cielo e la presa che ha sulla mia testa diventa una spinta.
«Succhiamelo.»
Oh beh, a volte mi dimentico che non sto parlando con una principessa.
Con lui ho scoperto di non esserlo nemmeno io. 

Non gli do neanche il tempo di gustarsi questa prima piccola vittoria, che subito me la riprendo. Mi abbasso su di lui, lo libero dalla stretta dei boxer e me lo infilo in bocca nel giro di un secondo e mezzo. Vado giù fino ad avere davanti agli occhi il pendente a forma di stella che gli imbelletta l'ombelico. 
Lui si tende, si contrae. 
Ruba la mia mano per tapparsi la bocca e giocare con la lingua intorno alle mie dita. 

Cazzo, così non resisto. Non ho la pazienza di fare questi numeri.

Continua a guardarmi con occhi fiammeggianti, e se non voglio venire nelle mutande senza che mi abbia toccato, devo togliermelo da davanti.

Mi scanso, lo prendo di nuovo dalle caviglie e lo giro come una bambola. La sua schiena è servita davanti a me e lui lo sa quanto mi piace. Lo vedo sorridere con la guancia schiacciata per terra, i capelli umidi che gli cadono in faccia come arzigogoli neri.

Tira su il bacino con una lentezza che mi ammazza. Si porta due dita in bocca e le ricopre per bene di saliva, poi le struscia tra le sue natiche e se le infila dentro. 
A lui piace farlo da solo, ed è lui a condurre questo ballo. Io non posso fare a meno di masturbarmi davanti a questo spettacolo. 

Lui spalanca la bocca, ha il respiro mozzato. Se non mi vede non si vergogna e dà il meglio di sé. 
Con la mano libera si masturba anche lui, ma lo fa con foga. I bracciali tintinnano e sferragliano intorno al suo polso.
Sospira, ansima in preda a scatti che non sa controllare.
Miagola, cazzo.
Mi manda ai matti.

«Sei bellissimo.»
È l'unica frase che riesco a pensare, non sono neanche sicuro di averlo detto ad alta voce. Sono troppo preso. 
Ma lui ride, sento dal suono che si sta mordendo le labbra. È quella risatina da ragazzina che fa quando si imbarazza. 

Dà tregua al suo cazzo, sputa su quelle due dita disponibili e si infila dentro anche quelle. 
Alla faccia dell'imbarazzo. Questo qui è il mio mostro, ora non più così quieto.
Ce l'ho di marmo, sono completamente suo. 

All'improvviso tutto fuori da questo posto esplode in un boato. Fuochi d'artificio e botti ci arrivano ovattati da ogni direzione. Ogni tanto dalle finestre in alto arriva qualche bagliore colorato. 
È mezzanotte, ma a noi non frega un cazzo.
Nemmeno alziamo gli occhi. 

Io non potrei mai, sono in panne. Li tengo incollati sul suo corpo. 

Sono quelli lì fuori a non sapere che spettacolo si stanno perdendo, non noi

«Scopami.» mi ordina, la voce sottile e morbida come velluto. 
"Grazie a Dio", lo penso ma non lo dico.
Obbedisco come un bravo soldato e lo prendo piano, tenendolo per i fianchi.
Beh, non tanto piano, dopotutto.
A ogni centimetro che inserisco, lui alza la voce.

Si tira su con le braccia e io scendo lungo questa schiena percorrendola di baci. Arrivo fin dietro il suo orecchio. 
«Buon anno, Moony.» sorrido e gli lascio un bacio anche tra i capelli, ma lui non vuole saperne di smancerie. Mi fulmina. 
«Scopami, Ryan.»

Come vuoi.
Torno al mio posto e faccio quello che mi ha chiesto. 
E lui è soddisfatto, eccome se lo è. Lo vedo aggrapparsi all'accappatoio abbandonato lì per terra. Lo morde. Ci urla contro. 

Si volta e mi lancia uno sguardo che colgo al volo, gli allungo la mia mano perché so che vuole giocarci.
La lecca, la morde, succhia le dita e mi immagino ci sia il mio cazzo lì dentro.
Se la mette intorno alla gola, proprio sotto le punte del suo choker e io ho necessità di fermarmi per non venire.

Mi sfilo con tutta la riluttanza del mondo, lui piagnucola qualcosa che non sento, ma io ho bisogno di averlo più vicino. Di guardarlo. 

Mi alzo in piedi e sollevo anche lui. Pesa trenta chili da bagnato, non è un grande sforzo per me issarlo sul mio bacino e portarlo verso le panche. Le stesse dove prima mi voleva massacrare. 

Lo appoggio con la schiena al muro. Il contatto è attutito dagli altri accappatoi appesi qui. Mi bacia, e ora che ce l'ho attaccato il profumo di Stefan eccitato e dei suoi ormoni a palla mi invade.
«Quanti te ne sei scopati?» gli domando, riportando la sua attenzione ai miei occhi. 
«Qualcuno.» vedo che inarca le sopracciglia e non la prendo bene. 
Allento la presa delle braccia intorno alla sua vita e lo lascio scivolare fino a entrargli di nuovo dentro. Rigira gli occhi al cielo.

«Quanti?» spingo dentro di lui con più forza. 
«Tanti.» sibila contro la mia bocca, e adesso sembra divertito, «Tantissimi, Ryan. Ho fatto la troia per dimenticarmi di te.»
Non mi sembra tu ci sia riuscito. 
Ma saperlo mi fa male comunque.

«Tu, quanti?» mi rimbalza la domanda, e la sua voce prende immediatamente un'altra inclinazione. Lo sento che ha paura della risposta. Ma la verità è una. 
«Nessuno, perché sono innamorato
Fa la boccuccia, si finge triste per me, ma lo so che sta godendo di questa risposta.
«Che fighetta.»

La fighetta però ti fa urlare.

Spingo più forte, lui si scioglie contro di me. Poggia la fronte sulla mia spalla e io spingo sempre più a fondo. Riesco ancora a trovare quel punto dentro di lui che lo fa tremare.

E infatti lui tira la testa all'indietro e si appende con entrambe le mani ai ganci di ferro dove stavano appesi alcuni accappatoi, che nel marasma sono finiti per terra. 

«Spaccami, Ryan!»

Qua ti volevo. 
Ci arriviamo sempre, prima o poi. Non se n'è neanche reso conto.

Sorrido sulle sue labbra e mi viene naturale dirgli quello che mi ronza in testa da quando l'ho baciato.
«Ti amo.»
Lui apre gli occhi, non riesce a smettere di ansimare e non mi risponde. 

Ma del resto lo ha già fatto. Con ogni cosa che ha fatto questa sera, lui me l'ha detto. L'ho capito.

All'esterno i fuochi d'artificio vanno scemando e io, infilato tra le sue gambe, riesco solo a pensare che l'anno è finito con noi, ed è iniziato con noi.

Forse potrebbe davvero essere un buon anno. 

𝔖𝔭𝔞𝔷𝔦𝔬 𝔞𝔲𝔱𝔯𝔦𝔠𝔢


Buongiorno, cuori 💗
Ahi ahi ahi que calor 🥵 qui è scoppiata velocemente la passione, io ve lo avevo detto! 🔥🔥

Almeno una gioia è arrivata! E il povero Stefan ha avuto la sua "scopata di Capodanno" 👏🏼🎆

Io volevo darvi un assaggio delle loro dinamiche anche più... intime, insomma!
Diciamo che Stefan si conferma un gran mestierante! 🐷🍌 Ma anche Ryan non scherza!

A me sembrano perfetti insieme, due metà della mela! 🍎
Voi che ne pensate? Vi piacciono anche da questo punto di vista? 🌶

Vi do appuntamento a martedì sempre alle 17:00 per l'ultimo capitolo di questo speciale!📖📚

Molto, molto presto avrete notizie sull'uscita del romanzo di BRAT, perciò restate sintonizzati su questi schermi! 💗

Ora vi saluto e vi do anche un grosso bacio 🥰💋

Xò 🌼

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