𝟓 - 𝕷'𝖆𝖒𝖔𝖗𝖊 𝖓𝖔𝖓 𝖊' 𝖖𝖚𝖊𝖘𝖙𝖔 -
🎸𝕾𝖙𝖊𝖋𝖆𝖓 🎸
Questa piscina completamente al buio mi fa paura.
Eppure la conosco. Mia madre mi ha iscritto qui da piccolo, quando mi faceva cambiare sport ogni dieci mesi alla ricerca di un qualche talento nascosto.
Nuoto, tennis, equitazione.
Non ho mai avuto talento in niente.
Ryan mi allunga la mano e mi guarda. So camminare da solo, non ho bisogno di un tutor, sono grande, grosso e...
Inciampo.
In cosa non mi è dato saperlo. Se non fosse arrivato il braccio di Ryan a sorreggermi, però, sarei finito con la fronte sullo spigolo della porta.
Lo guardo e so che sto arrossendo. Ringrazio il buio per tenerlo all'oscuro di questo scempio.
Dieci minuti fa bevevo l'aria dalla tua bocca, Ryan. E tu non mi hai detto niente.
Ti è piaciuto quel bacio?
Perché non ne approfitti e me ne dai un altro, cazzo?
Lo vedo muoversi sicuro verso il quadro elettrico dietro la porta, smanetta tra gli interruttori con l'infallibile certezza di chi sa cosa sta facendo. Dopo l'ultimo interruttore, le luci sommerse della grossa piscina appena fuori da questo stanzino si illuminano.
Tutta la sala riflette un rilassante bagliore azzurro e sul soffitto vedo proiettati i movimenti fluidi dell'acqua e dei suoi giochi.
Panche, armadietti e vari tipi di salvagenti si alternano lungo tutto il perimetro.
È bello, qui.
Cioè, non bellissimo. Ma per fare colpo su qualcuno di strano, potrebbe funzionare.
Ho una domanda che mi fa prurito sulla punta della lingua, non mi trattengo e la dico non appena usciamo da questo gabbiotto.
«Ci porti le ragazze che rimorchi, qui?»
Non so se abbia avuto a che fare con altri ragazzi, dopo di me. Ma mi interessa sapere se ha rimorchiato.
E il montante che mi arriva nello stomaco quando Ryan alza gli occhi dallo schermo del telefono e mi risponde, mi manda per l'ennesima volta in frantumi.
«Ci portavo Lily.» fa una pausa, si assicura che io non sia morto e va avanti, «Sai, d'inverno fa freddo per il lago e qui è riscaldato.»
Con Lily.
Neanche ci prova a dirmi una stronzata. Come se non mi meritassi di essere salvaguardato.
Non sostengo il suo sguardo. Annuisco con nervosismo, passandomi la lingua sulle palline del piercing. Cerco un modo per non scoppiare.
Lo cerco disperatamente, perché non sono più il ragazzino cresciuto nella giungla che ero una volta. Adesso so trattenermi.
So farlo?
«Che gran pezzo di merda.»
Decisamente non so farlo.
Ma le parole mi escono dalla bocca quasi senza che me ne accorga.
Mi giro e gli do le spalle. Comincio a camminare rasentando la parete e provo a mettere quanti più metri possibile tra me e lui, perché sta davvero rischiando che gli mischi tutti i denti nella bocca con un pugno.
«Non ho scelto io di venire qui, Moony.»
Il suo tono è fermo e distante. È il tono che utilizza quando parla con gli adulti di cose serie.
In un secondo mi sembra lontanissimo da me. Mi arrabbio con me stesso perché mi rendo conto di averci sperato. Sognavo davvero che mi prendesse e mi baciasse senza darmi il tempo di rispondere. Che mi togliesse il fiato perché voleva farlo, non per distrarre dei poliziotti dall'effrazione che stavamo commettendo.
E invece questo tono mi conferma che, come al solito, era tutto nella mia testa.
Che in realtà lui è andato oltre. Che io sono stato soltanto una parentesi, un'esperienza di cui oltretutto si pente.
«Togliti la giacca.»
Preso nel mio loop, nemmeno mi accorgo che mi ha parlato. Non so perché, ma gli obbedisco e abbandono la giacca su una panca qui vicino.
Un pensiero mi attraversa la mente come un lampo, e mentre torno verso il bordo della vasca, glielo dico.
«Io non sono Lilah.»
Anche Ryan si sta togliendo la giacca, e poco prima di appenderla, mi fissa contrariato.
«Diamine, no!» ride isterico, «No che non sei Lilah.»
Mi ero dimenticato il suo corpo, e i vestiti invernali non gli rendono giustizia. Sotto la faccia da bravo ragazzo, Ryan è discretamente piazzato.
Non piazzato alla Nolan Blackwood, ovviamente, ma diciamo che mi fa ancora un certo effetto ricordarmi che non ha un fisico da nerd sfigato.
Si avvicina all'acqua e si sporge per guardare il fondo della piscina. Le mani in tasca. L'aria da turista che vuole dare le briciole di pane alle paperelle nello stagno.
«Fai con me le cose che facevi con lei.»
Lo sfido. Voglio portarlo al limite, ho bisogno di vedere cosa succede.
Lui non risponde.
Che mi aspettavo?
«Mi hai rovinato la vita.»
La voce mi sfugge dalle labbra. Non riesco a fermarla e impedirle di infilzarlo.
Quello che dico io non lo penso. Ma come al solito, sparo come un dannato finché non sento il tamburo vuoto. Solo quando ogni proiettile è andato a segno, reputo di aver concluso il mio lavoro.
Entrambi ci siamo dimenticati del telefono, del Capodanno, delle nostre vite senza un "noi". Siamo risucchiati qui, in questo posto assurdo e con sempre meno tempo a disposizione. E per un attimo penso che le leggi che regolano il mondo abbiano fatto tutto apposta. Che ci abbiano portato qui, di nuovo vicino all'acqua, per avere il nostro scontro finale e dirci addio.
«Mi hai sentito?» alzo la voce, ma lui rimane in silenzio, di spalle.
Se non impara a reagire, questo mondo di merda lo ingoierà e ne sputerà le ossa come fanno i gufi.
Ma non è questo a farmi rabbia, no. È il fatto che non reagisca a me.
Come sempre in tutta la mia vita, io sbraccio, urlo come un forsennato, e nessuno mi vede. Nessuno mi comprende.
Lui non mi vede.
Da quando ci siamo incontrati a quella festa non mi ha detto neanche che gli sono mancato. Non mi ha detto niente.
Qualcosa mi scoppia dentro con una ferocia che non mi aspettavo. Sento le dita congestionate dalla voglia che ho di schiantarle contro un muro.
Come un automa di guerra, metto a fuoco il mio bersaglio e gli vado incontro.
Adesso lo faccio a pezzi.
Sfilo gli anelli e li metto in tasca soltanto perché non voglio farmi male. Ma voglio farne a lui.
«Ehi!» richiamo la sua attenzione con un grido che sembra uscire dalla bocca dell'inferno che ho dentro. E quando lui si volta, probabilmente non riconosce la mia faccia, perché invece di porgere l'altra guancia come fa sempre, si mette in assetto di guerra.
Fai bene, Ryan. Adesso per te sono il nemico.
Lo spingo ripetutamente, ogni volta con più forza di quella precedente, finché non lo faccio sbattere contro le panche dove sono appesi gli accappatoi della squadra di pallanuoto.
Ryan perde l'equilibrio e crolla malmesso sulla seduta. Il legno e il ferro sbattono contro la parete alle sue spalle. Un attimo e gli sono addosso, una mano stretta al collo e l'altra che si schianta sul suo zigomo. Le nocche entrano nella pelle morbida sotto il suo occhio.
Si apre un vuoto nel mio petto. Quel vuoto che mi parla e mi dice che sono un mostro, che ferisco chi amo finché non arriva a odiarmi perché è quello che mi merito. È quel vuoto che tento sempre di tappare quando mi infilo le dita in gola.
Ma non si tappa mai.
È una voragine infinita.
Gli ho fatto male, e non è la prima volta.
Mordo. Mordo e poi me ne pento. Me ne vergogno.
L'amore non è questo.
Ho la premura di non stringergli il collo, ma l'amore non è questo.
L'ho colpito con la mano sinistra perché so che è più debole dell'altra, ma l'amore non è questo.
Le lacrime mi rigano le guance e bruciano come limone sulle ferite, ma di nuovo, l'amore non è questo.
Eppure, non sento altro dentro di me.
So solo che sto soffrendo come un cane, e questo è l'unico modo che ho sempre utilizzato per esprimerlo.
Gli lascio qualche secondo, prima di tirare un altro pugno. Gli do il tempo di dire qualcosa, di fare qualcosa. E lui lo fa. Mi placca con tutta la forza che ha nelle spalle e mi sbatte a terra.
Non è il contatto con questo pavimento così freddo e duro a farmi male, ma il fatto che io abbia portato anche lui a questo punto.
Gli ho fatto perdere la pazienza. L'unica cosa che riusciva a tenerci insieme.
Puntella le ginocchia ai lati del mio corpo e prova a bloccarmi le mani. Ma niente mi può fermare, niente al di fuori di due parole che lui si ostina a non dire.
Non le dice perché non le prova, mi pare ovvio.
Ripete il mio nome più volte. Cerca qualcosa nel mio sguardo e non so che cosa sia. Pronuncia solo il mio nome e, cazzo Ryan, non è quello che voglio sentire.
Piango e mi dimeno come una tigre in gabbia e penso di averlo rotto soltanto quando vedo le sue sopracciglia tremare.
«Parlami!» mi ordina.
Sto parlando.
Sei tu che non capisci.
Per un secondo ci fermiamo. Le nostre facce sono a pochi centimetri di distanza e siamo entrambi scossi dal fiatone. I nostri respiri si mescolano.
Vuoi che parli? Parlerò.
«Ti odio.»
È un ringhio secco che riverbera appena tra quelle quattro mura bianchicce, e ora mi sembra di aver riempito tutto l'ambiente di cattiveria.
«Mi dispiace.»
È tutto ciò che ha da dire.
A fatica si rialza e sparisce dal mio campo visivo.
Se è davvero tutto, Ryan, io mi alzo, esco da quella cazzo di finestra e per te sarò come morto per il resto della vita.
Rimango sdraiato un altro paio di secondi con il petto che fa su e giù.
Sembra essere davvero tutto.
Mi rimetto in piedi anch'io e lui è di nuovo vicino all'acqua.
Dentro di me sento di essere pronto ad abbandonarlo per sempre.
Ma il mio corpo non è dello stesso avviso e, mentre gli passo accanto per tornare al gabbiotto, lo spingo in acqua.
La sua mano si chiude sul colletto della camicia e mi trascina giù.
Giù.
Perché se cade uno, cade sempre anche l'altro.
Il freddo e l'urgenza di tornare in superficie spengono dentro di me la rabbia e torno a galla.
Mi volto e lo cerco.
Come al lago, mi sento costretto ad andare in suo soccorso.
L'acqua in superficie è ancora increspata e gli schiocchi della debole risacca rimbombano in questo spazio liminale vuoto.
Un istante dopo riaffiora.
Tossisce, si strizza gli occhi con le dita, ma galleggia.
«Hai imparato a nuotare?»
Mi stupisco di me stesso e del mio tempismo. Ma che cazzo ho nel cervello?
«Sì.» mi risponde affannato «Volevo nuotare qui con te.»
La tensione si distende in modo così improvviso e innaturale che non mi va neanche di chiedermi il perché.
Ci guardiamo e tutto si riempie di tristezza.
Questa storia mi ha stufato, non mi importa nemmeno più della mezzanotte. Voglio solo tornare a casa, affondare nel letto e sparire per giorni.
Sempre che io torni senza morire assiderato. Cosa piuttosto probabile.
Nell'istante in cui tocco il bordo per tirarmi su, lo sento scattare nell'acqua. Mi viene addosso come uno squalo e mi incastra fra lui e il cornicione della piscina. Il calore di quel corpo riscalda subito le mie spalle infreddolite.
«Stefan», nella sua bocca e con questo tono, il mio nome acquisisce una sacralità che non mi aspettavo, «mi sei mancato come l'aria.»
Queste sono le uniche parole che ho sperato di sentire per tutta la sera.
Mi volto, le sue mani si arpionano al mio viso fino a farmi quasi male. Chiudo gli occhi e lui mi bacia le guance.
È lento, caldo come una febbre. Mi ricopre tutto il viso, struscia la fronte sulla mia. Mi annusa.
Mi respira.
Dentro di me, qualcosa si ripara.
La pace noi la facciamo sempre in silenzio.
Tiro indietro la testa e gli servo il mio collo, lui arriva fin lì con una sequenza di baci da brividi.
Ho le braccia aperte, le dita infilate tra le piccole grate di plastica dello scolo lungo il bordo. Lui allunga una mano, percorre il mio braccio e intreccia le dita alle mie in una stretta che non dà spazio alla fuga.
Ci sfreghiamo come gatti per minuti interi, e io ormai non so più dire cosa sta succedendo o cosa succederà. So solo che se è con lui, mi va bene tutto.
Forse mi sbagliavo. Forse dell'amore c'è.
«Non ti voglio più vedere.»
Glielo dico, ma mi viene da sorridere. Lo sappiamo entrambi che è una stronzata.
«Che succederebbe se ti chiamassi?»
«Non ho più un telefono, pare.» solo adesso apro gli occhi, e uno dei baci che mi dà dietro l'orecchio mi fa sospirare.
«Dio, sta' zitto.» mi guarda e mi sembra di non averlo mai visto così preso da me, «Se mi ami ancora, anche soltanto poco, non dire più una parola.»
Vorrei sparare una delle mie merdate, ma ho bisogno che sappia la verità. Ho bisogno di dirla.
E gliela dico, rimanendo zitto.
𝔖𝔭𝔞𝔷𝔦𝔬 𝔞𝔲𝔱𝔯𝔦𝔠𝔢
Buongiorno, cuori 💗 oggi si piange un pochino...
Volevo vi fosse chiaro quanto questi due fossero una tragedia continua 😢 perché con la loro storia dovete aspettarvi momento altissimi con altri bassissimissimi. 🎢
Ci riserveranno delle gioie, secondo voi?🤔
Vi posso dire che nel prossimo capitolo (il penultimo di questo speciale) si vola 🚀 e si brucia 🔥
Voi li volete insieme o preferite la tragedia?💧☔
Vi do appuntamento a sabato sempre alle 17:00 per il quinto capitolo, e domani ci vediamo tutti su CRUSH per l'ultimo capitolo!😭 Io non sono pronta!
Però vi dico un segreto, se rompete abbastanza le scatole a Will, si convincerà a scrivere un sequel, FIDATEVI. 💪🏼🤫
Ora vi saluto e vi do anche un grosso bacio 🥰💋
Xò 🌼
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