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11. Grazie

 

Mercoledì 30 gennaio

Non immaginavo che avrei potuto sentirmi così bene, dopo una giornata orrenda come quella di ieri. Mi butto giù dal letto quasi con facilità, nonostante la mia sveglia abbia suonato prima del normale, e faccio colazione canticchiando.

Non so perché sono così allegra. In fondo, tra me e Vincent non è cambiato niente: non siamo una coppia, non abbiamo una relazione stabile né solida, lui potrebbe addirittura frequentare altre donne. Ma, per la prima volta, abbiamo parlato di noi, di un noi che in fondo esiste. Qualsiasi cosa siamo, io e Vincent, è evidente che ci piacciamo; altrimenti, che senso avrebbe continuare a vederci?

Mi sta bene essere amanti. Va bene così, per adesso. Qualunque cosa, pur di stare con lui. Non sarà facile, lo so, ma se davvero significo qualcosa per Vincent, forse riuscirò a fargli cambiare idea: conquistarlo sarà la mia sfida. Forse mi sto comportando in maniera presuntuosa, o forse è solo una sorta di istinto di sopravvivenza.

Esco di casa mezz'ora prima del solito. Ho bisogno di vedere Henry, di dirgliene quattro in santa pace, e arrivare al lavoro in anticipo è l'unico modo per poterlo trovare da solo. È lui ad aprire l'agenzia, ogni mattina; il boss se la prende molto più comoda.

Durante il tragitto in macchina, ripasso mentalmente il mio discorsetto. Ma cosa gli è saltato in mente, a Henry? Perché non si fa gli affari suoi? Chissà cosa diamine avrà detto a Vincent, poi! Mi avrà fatto passare per una piagnucolona viziata!

Però, a ben pensarci, perché Henry si è azzardato a parlare dei miei sentimenti con un cliente? Un cliente facoltoso, per giunta. Perché a un cliente facoltoso dovrebbero interessare gli affari di cuore di una misera agente immobiliare?

Avrebbe potuto limitarsi a dire che non stavo bene. E invece...

Quando mi ritrovo di fronte a lui, non sono più arrabbiata come prima.

«Buongiorno» mi saluta, stupito di vedermi così presto. In agenzia, oltre a lui, ci sono solo i due impiegati che vengono a fare le pulizie ogni mattina.

Mi piazzo davanti alla sua scrivania, senza perdere tempo. «L'avevi capito, non è vero?»

Henry abbassa appena lo sguardo. «Non è che ci sia voluto molto.»

Devo essere diventata grigia come uno straccio. «Vuoi dire che si nota?»

«No, ecco...» Henry balbetta, è in imbarazzo. «Insomma, non l'ha capito nessun altro, se è questo che intendi.»

Tiro un sospiro di sollievo. «Menomale. Sarebbe un bel guaio se si venisse a sapere. Tu...»

«Puoi stare tranquilla, Christine» mi interrompe lui. «Sono cose tue, non mi riguardano. Non ho nessuna intenzione di fare la spia al boss.»

Mi rivolge un sorrisetto impacciato.

Riparto alla carica. «Ma come ti è venuto in mente di dire a Vincent che stavo piangendo per lui?» gli domando, senza mezzi termini.

«Non gli ho detto questo.»

«Ah no?»

«Non esattamente. Gli ho detto solo che piangevi per un uomo, o almeno gliel'ho fatto capire.»

«Ma come potevi sapere...?»

«L'ho immaginato.»

«E cosa diavolo...»

Mi blocco a metà della mia predica. Avevo sottovalutato lo spirito di osservazione di Henry. Forse mi ha sentito parlare con Flo, ieri, ma non è questo il punto.

Lui ha capito. Ha capito tutto.

Ha capito di me e Vincent. Ha capito che l'ho visto con un'altra. Ha capito che tutto ciò che desideravo ieri era che Vincent venisse a prendermi sotto casa per parlare con me.

«L'hai fatto apposta» realizzo dopo un po'. «Gliel'hai detto di proposito.»

Henry punta i suoi occhi nei miei, lo sguardo fermo e serio.

«Ti chiedo scusa, Christine» mi dice, «ma mi è dispiaciuto troppo vedere che stavi così male. Mi sono permesso di farlo capire anche a lui, o almeno di provarci. Per quanto un uomo possa essere stronzo, difficilmente si compiace di una donna che piange.»

Mi manca il fiato. «Hai fatto in modo che lui venisse a cercarmi...»

Lui annuisce. «E a quanto pare ha funzionato, dato che ora sei radiosa come sempre.»

Si alza dalla sua sedia, afferra un faldone sulla sua scrivania e marcia deciso verso uno degli armadi che tappezzano il suo ufficio. Ci infila la testa dentro, forse un po' troppo a lungo, poi riemerge con le mani libere. Fa di tutto per non incrociare di nuovo il mio sguardo, ma sono io a intercettare il suo.

Non so cosa dire. Non mi sarei mai immaginata che un uomo come Henry, così irritante e scontroso, potesse avere una sensibilità del genere. Senza pensarci, faccio un paio di passi avanti e gli getto le braccia al collo.

«Grazie» gli sussurro all'orecchio, ancora un po' scossa.

Lui esita un istante. Non se l'aspettava. Non è abituato al contatto fisico.

Poi le sue braccia si sciolgono e mi stringono a loro volta.

 

Spazio autrice

Mi sa che Henry non è poi così insensibile come sembra!

Ora sappiamo che c'è il suo zampino, in questa storia. E, chissà, magari Christine potrà contare su di lui, in futuro... sempre che non spiattelli tutto al capo!

A presto!

M.J.L.

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