Vite al limite e souvenir indesiderati
08. Vite al limite e souvenir indesiderati
N/a: Come penso abbiate tutti capito, abbiamo iniziato la parte di Endgame, ovviamente mi inventerò delle parti che nel film non esistono e cambierò qualche particolare (aspettatevi di tutto) giusto per migliorare la trama che avevo in mente.
Ultimo avviso per gli spoiler e... Niente, buona lettura.
Ci tenevo anche a ringraziarvi per i vostri commenti che mi strappano sempre un sorriso, anche se non rispondo sappiate che li leggo TUTTI. Love ya💕
Le settimane sembravano non passare mai. È difficile tenere conto del tempo mentre si è dispersi nello spazio, il sole non sorgeva né tramontava, mi ritrovavo sempre a dormire nel pomeriggio e stare sveglia nel cuore della notte mentre gli altri cercavano di risposare.
Non riuscivo a ricordare l'ultima volta che avevo parlato se non per rispondere a monosillabi alle varie domande di papà. Iniziava a far sempre più freddo e il mio corpo si stava indebolendo.
Avevamo cercato di riparare la nave in ogni modo possibile, volevamo provare a farla ripartire nonostante non avesse più carburante, ma non c'era stato verso.
La ferita di papà era pian piano guarita grazie al set medico che aveva nella tuta, non si era mai arreso, neanche quando aveva scoperto che non avevamo più tanta aria disponibile.
Quello è stato esattamente tre giorni fa. Siamo al 22esimo giorno... O forse 23, non ne ero neanche più sicura.
"Tesoro vuoi venire a giocare con me e Nebula?" chiese papà Stark passandomi davanti con in mano una bottiglia d'acqua. "Chi vince ha diritto al primo sorso dell'ultima bottiglia." l'agitò e sforzò un sorriso.
"Passo." borbottai cercando di stringermi di più nella mia felpa ormai tutta stracciata.
Tony sospirò. "Ieri hai a malapena bevuto un bicchiere." mi riprese. "Hai bisogno di bere un po' per evitare che i tuoi organi cedano." poggiò una mano sulla mia spalla e mi guardò negli occhi, riuscivo a vedere una scintilla di speranza dentro questi.
"Ho detto che passo." scattai girando la testa per guardare lo spazio che ci circondava dal finestrino della nave.
"Non voglio farti arrabbiare." si sedette di fianco a me. "Ma le nostre vita sono al limite, non è il momento per essere arrabbiati e deprimersi." anche se le sue parole avrebbero dovuto in qualche modo aprirmi gli occhi e farmi capire che stavo esagerando, io rimasi della mia idea che non ne avevo bisogno.
Niente sembrava più avere senso dopo la morte di Peter, mi strinsi di più alla felpa e cercai di trattenere un singhiozzo. Non stavo bene e lo sapevo benissimo, nonostante ciò continuavo a faticare nel processare ciò che stava succedendo.
Gli occhi di papà rimasero su di me e capii di essere rimasta per troppo tempo a fissare il vuoto pensando. Mi schiariii la gola. "Vi raggiungo più tardi, ora vorrei stare un po' sola." forzai un sorriso e lui annuì alzandosi lentamente.
"Non tutto è perduto." mi ripeté per la millesima volta da quando eravamo finiti lì. "Dobbiamo tenere accesa la nostra speranza."
"Certo." portai il cappuccio della felpa sulla mia testa in modo da nascondere la mia espressione triste. "È ciò che sto facendo." lui mi sorrise un'ultima volta e camminò via.
Ma io avevo mentito, di nuovo. La mia speranza dopo aver scoperto che non avevamo più carburante, dopo aver visto le nostre ultime provviste finire e l'aria dentro la nave diventare sempre più pesante.
Guardai il soffitto e sospirai. Quanto tempo avevamo ancora prima di morire? Sicuramente non abbastanza per ricevere un'illuminazione su come tornare a casa.
Pian piano mi alzai traballante sulle mie ginocchia deboli e mi feci strada verso la parte di navicella dove si trovavano papà e Nebula. Loro stavano lì, ad un tavolo, a giocare ad uno di quei vecchi giochi che faceva papà da piccolo.
"Scusate l'interruzione." mormorai avvicinandomi a loro. "Ho sentito che qui si vince un po' d'acqua." forzai un sorriso per evitare di pensare alla mia gola secca.
"Vieni." papà Stark si spostò in modo da farmi spazio di fianco a lui. "Devo dire che Nebula è in vantaggio, ma io e te insieme possiamo batterla."
"Sì." fece Nebula senza molto entusiasmo. "Sono in netto vantaggio."
**
Tossì a causa della polvere presente nella nave e avvicinai la stoffa della felpa al mio naso per cercare di filtrare l'aria. "Tu e tuo padre siete molto simili." parlò Nebula di fianco a me, dopo la partita, e aver finito l'ultima bottiglia d'acqua, io e lei eravamo rimaste sedute davanti al finestrino della nave mentre papà si era spostato più in là da solo, probabilmente a registrare un altro video per Pepper.
"Tu dici?" chiesi guardandola con la cosa dell'occhio, lei annuì guardandosi le mani. "Da quanto ho capito... Tu e questa Gamora siete sorelle." cercai di iniziare una conversazione, non le avevo mai parlato veramente. Principalmente perché mi faceva paura con i suoi modi di fare.
"Sì." confermò velocemente.
"Quindi Thanos è tuo padre?" avevo timore di porle quella domanda, non volevo provocarle una crisi o farla sentire a disagio. La mia era pura curiosità.
"Corretto." mormorò ancora con la sua voce cupa e bassa.
"È davvero così cattivo da uccidere la sua stessa figlia?" sbattei velocemente le palpebre e lei sospirò.
"Non tutti i genitori sono come i tuoi. Thanos ha sempre preferito Gamora a me, ogni volta che fallivo decideva di punirmi rimuovendo una parte del mio corpo e sostituendola con una parte di metallo." alzò la mano in aria. "Sono così per colpa sua." sussurrò poi e sentii una sensazione di nausea.
Quale essere schifoso poteva fare una cosa così malata alla propria figlia?
"Mi dispiace tantissimo." posai una mano sul suo ginocchio e lei la osservò per qualche attimo prima di poggiare la sua mano sulla mia.
"Ho sempre odiato Gamora, finché non ho realizzato che lei non aveva mai fatto niente per meritarselo. Siamo diventate sorelle troppo tardi." abbassò lo sguardo a terra. "Thanos credeva nel suo piano talmente tanto che neanche l'amore per la propria figlia poteva fermarlo."
"Nessuno merita un trattamento del genere. Questo non è un padre, è un mostro." provai a consolarla, non ero la migliore a fare discorsi del genere, ma non me la sentivo di stare zitta. "Mi dispiace tu abbia passato tutto ciò, vorrei poter tornare indietro e ucciderlo con le mie stesse mani."
"Anch'io." sospirò. "Tu e Gamora vi assomigliate molto." mi confidò poi strappandomi un piccolo sorriso. "Siete entrambe delle guerriere che non si arrendono mai. Avete un carattere forte e siete entrambe innamorate di un umano che si chiama Peter." arrossii immediatamente alle sue parole.
"Come fai a saperlo?"
"Ho visto lo sguardo nei tuoi occhi nell'esatto momento in cui lui è sparito, non è una cosa che si può dimenticare facilmente." spiegò guardandomi seria, non l'avevo mai vista sorridere e questo pensiero mi fece rattristare. "E so che quando vai a dormire stringi nella tua mano le sue ceneri."
Mi strozzati con la mia stessa saliva e inizia a tossire. "Come sai delle sue ceneri?" domandai sorpresa, non poteva avermi vista mentre le prendevo, giusto? E poi le tenevo sempre nella mia tasca.
"Ti ho vista raccoglierle prima di partire, è una specie di ricordo?"
Alzai le spalle. "Pensavo più come un souvenir."
"Un souvenir indesiderato, aggiungerei." commentò Tony raggiungendoci. "È tardi, meglio andare a riposare." mi porse la mano e mi aiutò a mettermi in piedi.
"Sarà a malapena sera." replicai osservando l'unico orologio presente sulla nave, peccato Nebula mi avesse spiegato che era impostato su un orario che non era quello terrestre.
"Lo so." sospirò a fatica lui. "È che..." si fermò guardò a terra, sapevo cosa voleva dire quel comportamento e cercai di ignorare il mio cuore che pulsava rapidamente. "Non abbiamo..."
"La riserva d'aria è quasi finita." Nebula andò dritta al punto, spalancai gli occhi realizzando il significato di quelle parole così dolorose quanto terrificanti.
"Capito." sospirai. Tanto valeva andare a dormire e sperare di svegliarmi l'indomani.
Così io e papà raggiungemmo la sala di comando e ci stendemmo sul pavimento, mi abbracciò stretta a lui cercando di riscaldarmi grazie alla presenza del suo corpo per poi coprirci con la giacca di Quill che avevamo trovato in giro.
"Mi dispiace." sussurrò papà al mio orecchio. "Avrei dovuto proteggerti ed evitare che tutto questo accadesse." sentii una lacrima rigargli la guancia e finire poi sulla mia.
"Shh." lo tranquillizzai. "Si vede che doveva andare così." chiusi gli occhi e mi beai della sua presenza. "Ti voglio bene papà."
"Anch'io bimba."
Rimanemmo così per quelle che sembrarono ore, riuscivo a sentire il suo cuore battere lentamente e i suoi respiri diventare sempre più irregolari ed ero sicura che la stessa cosa stesse succedendo anche a me.
In tutta la mia vita, mai avrei pensato di finire così. Nello spazio, a corto d'aria e a digiuno. La cosa che più mi faceva stare male era sapere che papà era con me e non al sicuro a casa.
D'un tratto, però, un calore improvviso ci investì facendomi tirare un sospiro di sollievo. Aprii leggermente gli occhi e vidi una luce accecante. "Papà." lo richiamai e lui si alzò mettendosi seduto. "Che cos'è?" chiesi impaurita, ci mancava solo un meteorite pronto a distruggere l'intera nave.
"Non lo so." mormorò lui confuso. Poi una figura si avvicinò alla lastra di vetro che ci divideva, quando finalmente riuscii a metterla a fuoco riuscii a scorgere una donna che ci guardava preoccupata. La mano di papà raggiunse la mia e, quando mi girai a guardarlo, vidi un'altra lacrima rigargli la guancia. "Siamo salvi." mormorò a fatica.
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