CaptainAmerica (9) - Fuggitivi
Steve Rogers x
Nathalie MontRoy-Bolishoff
Tra il nevischio e l'aria gelida camminavo esausta, ormai da un'ora.
Steve, davanti a me, faceva strada anche se gli avevo rotto la mascella e fatto uscire la spalla.
Il boschetto finì e ci addentrammo piano nella periferia di una città.
Da dietro un cassettone, tirai fuori una coperta e gliela avvolsi attorno.
Avevo l'adrenalina a fiumi ma mi sentivo in gabbia. Avevo paura che da un momento all'altro sarebbe saltato fuori qualcuno dell'accademia.
-spacca il vetro, sembra che non ci sia nessuno qui- disse riferendosi ad una casa buia.
Annuì e dò un colpo alla finestra, riuscendo perciò con la mano ad aprirla per farci saltare dentro.
Lo faccio sedere su una sedia:
-preparati, ti faccio rientrare la spalla-
Lui annuisce e con un colpo secco gli sistemai la spalla rimettendola al suo posto.
-resta qui, mi guardo in giro- gli dico per controllare più nel dettaglio se il campo fosse libero.
Al piano di sopra, tre camere tutte vuote, due bagni e di sotto una cucina, un salone e varie stanze secondarie.
Lo prendo su di peso: -vieni ti do una ripulita così mi racconti come sei finito all'accademia e che cosa è successo...- lo porto di sopra, lo aiuto a togliere i vestiti sporchi e il suo corpo nudo mi fa sempre un effetto strano. Ma cerco di non pensarci.
-in Germania? Era una trappola, appena entrati venti uomini ci hanno accerchiato, ricordo poi di essermi svegliato dopo non so quanto tempo e con il ricordo di torture e col fiato corto. Ho tenuto la bocca chiusa come mi hanno insegnato ma quando hanno iniziato a fare esperimenti su di me ho conosciuto un tipo, Wade Wilson, a lui hanno bruciato la faccia e ora si rigenera... a me, beh a me hanno fatto un altro genere di esperimento- dice mentre scaldo l'acqua della vasca.
-poi?- gli chiedo in ansia.
-poi Wade ha fatto saltare il laboratorio e siamo fuggiti, ma le guardie russe all'entrata ci hanno divisi, e mi sono ritrovato in quello che è l'accademia, lì tu... e tu, che ricordi hai, che ti è successo hai capelli? Ho faticato a riconoscerti...- scherza lui ridacchiando mentre sto attenta a no fargli male.
Sulla schiena ha dei tagli strani, come se lo avessero scorticato, mi fa male vederli.
-ricordo di essermi svegliata in black-out, non ricordavo nulla di niente, poi è spuntata una spia e poi mio padre, che è uno dei capi dei servizi segreti russi. Mi ha dato due scelte allearmi con loro o morire... non volevo morire senza sapere cosa ti era successo e per entrare nella società segreta russa, mi hanno modificato, reso uno stereotipo mondiale... poi mi hanno iniziato ad allenare- dissi sospirando mentre si sciacqua.
-eri il mio test per entrare nei servizi segreti...-
Lui sembra rattristato da questo, poi si alza e mentre si asciuga, cerco se in casa ci sono degli abiti puliti. Vi è un vecchio cambio militare e glielo passo.
Gli lascio la sua privacy, in ansia e in imbarazzo. Faccio il bagno a mia volta, l'acqua fredda mi da il tempo di piangere.
Ma come posso io piangere se sono appena riuscita a tornare con la persona che amo? Come posso piangere sapendo che sta bene, che stiamo bene?
Esco dalla doccia un po' sopraffatta dai miei sentimenti e mi vesto con calma.
Uscendo dal bagno, mi accoccolo a fianco a Steve che e disteso sul letto.
-mi dispiace tanto Steve, non hai idea di quanto io sia dispiaciuta per tutto...-
Lui si volta verso di me.
-no Nat, non dire così, non è colpa tua, piccola, andrà tutto bene, riusciremo a tornare a casa e di certo non è successo per qualcosa che tu hai fatto... amore mio- mi stringe a sé.
-ce la faremo e lo faremo insieme...-
Non potevamo restare in quella casa per molto e appena ritrovammo le forze, andammo via, dovevamo trovare il modo per nasconderci e trovare un'ambasciata americana.
Il freddo pungente della Russia era orrendo e tremendo, camminammo per giorni, solo nelle campagne, sempre a chilometri di distanza dalla strada principale.
Sembrava di stare in un libro di Tolkien, solo che la compagnia, aveva un umana e un ramingo centenario.
Verso il terzo giorno di viaggio, dopo la nausea quasi permanente, riuscì finalmente a vomitare e qualche ora più tardi, scorgemmo la periferia di quella che sembrava Mosca.
Ci inoltrammo nella periferia e con il cappuccio e gli abiti fin sopra il mento.
Il giorno prima avevo rubato da un accampamento dei giacconi pesanti e per una volta camminavano ben coperti.
Vicini al centro dovevamo stare attenti alle telecamere e in un vicolo, riflettemmo piano:
-quindi andiamo all'ambasciata?- mi chiede per sicurezza. -se è sì la risposta calcola che ci potrebbero essere degli emissari di tuo padre-
Annuì conscia del pericolo.
-non vedo altre opzioni...- dissi sincera.
Lo vidi pensare, con quella sua espressione buffa.
-io sì... andiamo- mi disse con un soffio di spirito in più nei suoi occhi celesti.
Mi tirò fuori dal vicolo fino ad una cabina telefonica. Compose un numero strano poi avvicinò la cornetta ad entrambi.
-"agenzia A.S.C come posso esserle utile?"-
-il falco è blu- disse Steve con voce tremante.
-"le passo l'ufficio capitano"-
Ci fu un momento di silenzio.
-Steve sono Tony, dove sei?-
-Tony, io e Nathalie siamo bloccati in Russia, devi far rintracciare la telefonata e darci un supporto americano, temiamo di essere ricercati dai servizi segreti-
Poi ancora silenzio. -ti mando Romanoff e Barton in appoggio, tenete duro, arriviamo-
La chiamata terminò ed io e Steve tornammo nel vicolo...
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