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27

Mio marito si chiama Isaac

Quindi sei sposato davvero. Siete una coppia aperta?

No... non penso... non credo

Allora perché sei qui?

Sto solo cercando qualcuno con cui passare un po' di tempo... metti che poi mi trovo bene! Sono già avanti con il "lavoro"...

Che lavoro?

Mi fai un sacco di domande, però...

Ti dispiace?
Scusami

No no tranquillo. Mi piace che mi chiedi di me, un po' mi vergogno però è bello, no? Sentirsi al centro dell'attenzione della persona con cui si parla...

È normale. Sto parlando con te, hai tutta la mia attenzione.

Sì...

E quindi? Non me lo dici che ci fai qui se sei già sposato e non siete una coppia aperta?

Te l'ho detto... mi porto avanti con il "lavoro". Così, quando sarà, non sarò solo

... pensi che ti lascerà? Siete in crisi?

Chi lo sa... dipende tutto da quanto riuscirà a sopportarmi ancora

O da quello che succederà stasera...

Non credo gli importi, sai?

Isaac dovette interrompere ancora una volta la lettura, percependo i nervi a fior di pelle e la testa in procinto di scoppiare tra la pressione del senso di colpa e la rabbia soffocante mista a una gelosia accecante.

Come e quando era arrivato al punto di fare credere a Bryan che avesse anche solo preso in considerazione la possibilità di lasciarlo?

O da quello che succederà stasera...

"Che intenzioni ha?" si chiese e temette davvero che suo marito si fosse cacciato in un guaio enorme, uscendo con una persona che non conosceva e che pareva avere determinate intenzioni con lui. Tentò di ricaricare la chat, ma, a quanto sembrava, non c'era nulla che potesse aiutarlo a capire ciò a cui faceva riferimento il tizio, o lui non era stato in grado di individuarlo in quella marea di messaggi.

Era evidente che Bryan avesse bisogno di parlare con qualcuno, ma proprio Isaac non capiva perché non lo facesse con lui o con i loro amici.

"È inutile continuare a rimuginare sulla cosa..." si disse, lasciandosi andare pesantemente contro lo schienale della poltrona. Si sentiva spossato, nel corpo e nella mente: quell'inaspettato tiro mancino da parte di Bryan gli arrivava a coronamento di quella che già si era rivelata ampiamente una giornata terribile.

Luke era un tipo simpatico. Bryan trovava piacevole chiacchierare con lui, soprattutto perché, in mezz'ora di conversazione, neanche per una volta era venuto fuori l'argomento "sesso".

-Certo, perché stavate dietro uno schermo!-

Il cuore di Bryan ebbe un piccolo sussulto.

-Stai bene?- gli chiese Luke e l'uomo allungò una mano verso di lui, accarezzandogli un polso con gentilezza.

"Valgo davvero così poco, per lui?" si chiese Bryan, ignorando completamente Luke. L'uomo si accorse che il suo ospite pareva essersi spento all'improvviso e che il suo sguardo si era fatto vacuo e distante.

-Possiamo... porre fine a questa cosa quando vuoi- disse Luke e Bryan riportò la sua attenzione su di lui, mentre l'altro gli sorrideva gentile. -Mi sembra evidente che tu ti senta a disagio- aggiunse e il giovane scosse la testa, ma poi ci ripensò e si strinse nelle spalle.

Non si era sentito a disagio fino a quando non aveva riportato alla mente le parole di Isaac. In verità, anche la sensazione che stava provando non l'avrebbe classificata "disagio", se Luke per primo non l'avesse fatto.

"Dovrei sentirmi a disagio, è questa la verità" pensò Bryan con un sospiro e tornò a fissare il suo ospite, che lo fissava con sguardo accondiscendente. Luke era più grande di lui di circa dieci anni, ma Bryan si sentì quasi giudicato dall'espressione che lesse nei suoi occhi. Aveva come l'impressione che l'uomo stesse dando per scontato di potere interpretare le sue espressioni, traendo delle conclusioni solo in base a quella che era la propria esperienza di vita.

Ma non si conoscevano. Luke non sapeva niente di lui, del suo passato, del perché effettivamente si trovasse lì, e Bryan si sarebbe giocato una mano che lo stava anche fraintendendo.

Era stato sereno con lui finché, appunto, non aveva ricordato le accuse di Isaac. Avrebbe dovuto sentirsi a disagio? "Ma cosa sto facendo di male?" si chiese con un sospiro, nascondendo la propria espressione all'altro, bevendo un po' d'acqua. Dopo la sua prima e ultima sbronza, aveva preferito evitare di correre il rischio di un bis di quell'esperienza. Soprattutto perché si trovava in compagnia di uno sconosciuto e voleva restare lucido.

-Sai... credo che dovremmo chiuderla qui- disse in un sussurro e non fu certo che Luke l'avesse udito – a causa della musica che riempiva il locale – finché non lo vide annuire.
-Sì, immaginavo. Volevi solo farlo ingelosire, vero?- gli chiese l'uomo, con fare retorico, alzandosi e uscendo fuori il suo portafogli. Bryan lo fissò dal basso: farlo ingelosire.

"No, volevo solo sentirmi un po' meno solo e mi ero pure illuso di essere sulla buona strada" pensò. Nonostante la reazione di Isaac dopo che aveva appreso dei suoi programmi per la serata, Bryan non credeva che al marito sarebbe davvero importato qualcosa di quello che lui avrebbe potuto fare o meno con Luke. Dopotutto, Isaac aveva accettato che frequentasse altri.

Bryan si era costruito tutta una propria idea del perché suo marito gli avesse detto di sì, ma imponendogli tutti quei divieti che erano culminati con la scenata di quella sera.
Isaac aveva un lavoro importante, era socio di un'azienda importante e conosceva gente importante.
Non era come Bryan, che passava inosservato in una città eccentrica e sovraffollata come L.A. e che, se fosse sparito dalla circolazione, nessuno ne avrebbe fatto un dramma.

A differenza che con Isaac.

Luke pagò la sua consumazione e lo lasciò da solo al tavolo, senza neanche salutarlo. Probabilmente offeso nel credere di essere stato soltanto usato da lui.

Isaac Gonzales sparisce dalla circolazione.

Sì, gli suonava bene. Ce lo vedeva proprio come titolo altisonante di un giornale, rimandato di continuo alle radio e alle televisioni. Perché Isaac conosceva gente importante, faceva un lavoro importante e lui, per estensione, era importante.

Bryan fissò Luke muoversi tra la folla; lo seguì con lo sguardo finché non sparì oltre la porta d'ingresso.

E nessuno si sarebbe mai più ricordato di lui, in quel locale, a parte Bryan. Gli sarebbe piaciuto avere accanto un uomo qualsiasi, uno di quelli che si sarebbe potuto accontentare di avere al proprio fianco uno come lui.

Si guardò attorno senza neanche prendersi pensiero di essere discreto, spiando palesemente gli altri avventori del locale, rendendosi presto conto di essere l'unico a stare da solo. Tornò a bere la sua acqua, ma poco dopo arrivò un cameriere, chiedendogli se avesse intenzione di ordinare qualcos'altro oppure se era pronto a lasciare il tavolo, dato che c'erano clienti in attesa.

Bryan trovò il cameriere abbastanza sgarbato, ma era anche vero che lui stava occupando un tavolo da quattro bevendo acqua e quello, poteva capire, era evidente che potesse dare fastidio a chi lì dentro ci lavorava.

"Se ci fosse stato uno come Isaac, al posto mio, sicuro non lo avrebbero cacciato via" si disse mentre usciva dal pub, sentendosi malfermo sulle gambe. La testa girava un po' e non sapeva rispondersi se per la stanchezza o per via di tutto quello che aveva appreso negli ultimi giorni.

Isaac che lo considerava buono solo per fare sesso.

Ryan che lo odiava.

Gli amici che non erano poi abbastanza amici da sopportarlo.

Camminò per un po' senza meta, finché non si rese conto di essersi allontanato di molto dalla propria auto, allora percorse la strada a ritroso e prese posto nel mezzo, concedendosi qualche altro secondo fissando il vuoto, non sapendo che fare.

Vuoto, come lui si sentiva in quel momento.

Quand'era stata l'ultima volta in cui Isaac lo aveva invitato a cena fuori?

"La sera in cui mi hanno rapito" pensò e quindi era passato più di un anno. E anche quella volta non erano neppure stati da soli, dato che a loro si era unito Ryan.

La stanchezza ebbe presto la meglio e si decise di tornare a casa e soltanto perché sentiva di non avere altro posto dove andare.

Non si era aspettato di trovare Isaac ancora sveglio, eppure le luci della villa erano accese anche all'interno.

Il giovane fissò la proprietà, poggiando il mento sui polsi che teneva incrociati sul volante.

"Una casa troppo grande per due persone" si disse, "Dove ci si perde anche quando si è insieme. Ma... probabilmente sbaglio io. Sono davvero così ossessionato da Isaac, così soffocante. Così attratto da lui. Ho una visione dell'amore troppo sbagliata... è normale che Isaac si sia stancato" si disse con le lacrime agli occhi e dovette farsi violenza per riaccendere l'auto.

Decise che avrebbe lasciato respirare suo marito ancora per un po', perciò tornò a muoversi per L.A. senza meta.

"Cosa può esserci di più brutto di credere di essere diventato un peso per l'uomo che si ama?"

Quando spense di nuovo il motore, si stupì di se stesso e di come si era mentito abbastanza bene, durante tutto il tragitto fino a lì, per evitarsi di rispondersi con la destinazione che inconsciamente aveva scelto.

Scese dall'auto con un sospiro e lì, notò, le luci erano già spente. Malgrado ciò, decise di fare un tentativo e suonò al campanello di casa. Subito sentì abbaiare e si morse le labbra e fece un passo indietro, come a volersi nascondere, sentendosi in colpa per avere rotto l'atmosfera sonnacchiosa e notturna della villetta.

La luce del porticato venne accesa e un uomo comparve sulla soglia. Da lontano Bryan non poteva distinguerne i lineamenti, ma lo conosceva abbastanza bene da percepire la sua sagoma come familiare. Dietro di lui comparvero due cani, che iniziarono a correre nella sua direzione, precedendo il loro padrone. Percorsero il vialetto in un battito di ciglia e si fermarono soltanto perché impossibilitati dal cancello a saltargli addosso.

Bryan fece un altro passo indietro, fissando Rocky e Adriana, impaurito dalle loro espressioni rabbiose. Evan richiamò i cani e Bryan lo osservò mentre i due gli rispondevano con fare docile e, in un battito di ciglia, pareva si fossero trasformati in due peluche, dimenticati vicini la porta d'ingresso. Evan tornò al cancello e fissò l'amico con sguardo diffidente e Bryan non poté fare a meno di compiere l'ennesimo passo indietro.

Desiderava ardentemente fuggire via da lì, perché si era già pentito dell'avere ceduto a quel suo bisogno inconscio di vedere l'amico, vista anche la reazione di Evan nello scoprire l'identità del suo ospite inatteso.

Tuttavia, prima ancora che, a forza di camminare all'indietro, Bryan finisse per risalire a bordo della sua auto, Evan aveva già aperto il cancello e lo aveva afferrato gentilmente per un polso, conducendolo dentro casa.

Il giovane si strinse subito all'amico, senza riflettere, spaventato da Rocky e Adriana che lo annusavano e gli abbaiavano ancora contro, di tanto in tanto.
-Non ti vedono da tanto, per questo fanno così- disse Evan per scusarsi e Bryan annuì, accorgendosi solo in quel momento di essersi aggrappato a un suo braccio. Lo lasciò andare in modo repentino, fissando i due animali che gli giravano intorno.

-Sì, dal vostro matrimonio- mormorò.
-Così tanto?- chiese Evan, stupito, e Bryan annuì. Osservò l'amico stringersi nelle spalle, l'espressione un po' confusa e gli occhi pieni di sonno.
-Dormivi già?- gli chiese, sentendosi un po' in colpa per averlo svegliato.
-Non ti preoccupare. Sono abituato al sonno a spezzatino. Con Keith che torna sempre a orari assurdi e Rocky e Adriana che abbaiano a ogni minimo rumore...- disse l'uomo e gli fece cenno di seguirlo in cucina.

Casa di Evan e Keith non era grande come quella in cui viveva lui, anzi. A confronto, si poteva ben dire che fosse davvero piccola, con lo stretto necessario dello spazio all'interno delle stanze per muoversi in due, e poche camere nel totale. Il punto di forza stava tutto nel grande giardino che circondava la proprietà.

Finalmente Rocky e Adriana si calmarono un po', ma rimasero appollaiati vicino ai suoi piedi, quando il giovane prese posto sul divanetto a due posti che si trovava nella cucina.

-Quello è loro- disse Evan con un sorriso, indicando il mobile e i cani.
-Oh- fece Bryan, sentendosi un po' confuso e decisamente fuori posto.
Quella sua crisi emotiva lo stava aiutando a guardare alle cose con occhi nuovi ed era triste tutto quello che stava scoprendo. Bryan si era lasciato trascinare dalla propria routine, comportandosi proprio come uno di quei girasoli che odiava tanto, girando intorno al suo sole – Isaac – prestando poca attenzione a tutto il resto.

Adesso che il sole si era oscurato, però, si era reso conto di tutto quello che si era lasciato alle spalle, di tutte le cose di cui si era privato, delle persone che aveva allontanato senza neppure farci caso.

-Allora...- mormorò Evan dopo avere azionato la macchinetta del caffè, preparandosi psicologicamente a passare il resto di quella notte in bianco. -Che sta succedendo, B.?-

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