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16

Un'altra notte lontano da Bryan e, quella volta, addirittura non avevano neanche condiviso il letto. Bryan non era proprio rincasato e Isaac aveva ormai i nervi a fior di pelle, il cuore in gola per la preoccupazione.

A nulla erano valse le rassicurazioni di Keith della sera prima, né il contenuto conciliante delle telefonate con cui Titty aveva tentato di mantenerlo calmo: a parte un po' di stupore per lo strano comportamento dell'amica, del tutto fuori dai suoi schemi, nulla di quello che gli aveva detto era riuscito a mitigare la sua agitazione.

Isaac si sentiva come se Bryan gli stesse scivolando via dalle dita e non sapeva spiegarsene il perché. Aveva trascorso la notte in bianco, pensando e ripensando a quello che era accaduto nei giorni precedenti, ma nulla gli era parso degno di nota.

Avevano litigato, avevano tenuto il muso, non si erano parlati, ma poi avevano anche fatto sesso e continuato a comportarsi come sempre. Se c'era qualcosa di sbagliato in tutto quello, Isaac non riusciva a vederlo, di certo non c'era nulla di diverso dal solito.

Il loro era un matrimonio felice, lo era da due anni e, nonostante la pulce che Emma gli aveva messo in un orecchio, quel non parlarsi, evitare, aspettare che il problema non fosse più tale per inerzia, era ciò che aveva contribuito a rendere il suo rapporto con Bryan armonioso. Tutto quello che non andava veniva tagliato fuori, non c'era spazio per le cose brutte, perché loro si amavano ed erano felici, di questo Isaac era assolutamente convinto.

Ingenuità? Forse, ma erano ingenui insieme ed era ciò che per l'uomo contava.

Grugnì frustrato e indossò la giacca del completo che aveva precedentemente preparato e sistemato ai piedi del letto, affinché non si stropiccisse dopo che l'aveva tolta dalla gruccia. Chiuse i polsini della camicia con dita tremanti, aggrottando la fronte, mentre i bottoncini scivolavano tra i polpastrelli, ostacolando le sue intenzioni. Diede uno sguardo furtivo alle lenzuola sfatte e afferrò la giacca e poi si aggiustò il collo dell'indumento con gesti meccanici, caratterizzati dall'abitudine, percependo una morsa alla bocca dello stomaco.

Uscì dalla stanza e procedette a passo marziale in direzione della sala principale della casa, dove in un angolo era stata ritagliata la zona cucina. Come sospettava, trovò lì Maria, intenta a preparare la colazione.

-Non ti prendere pensiero per me. Non ho fame e devo passare in ufficio- disse senza neanche salutarla, tanto teso da non riuscire a dissimulare il proprio malumore neanche dietro un sorriso di cortesia.
Maria lo fissò con aria severa e batté il panno che stringeva in una mano contro la superficie marmorea del bancone da lavoro.
-E Bryan?- gli chiese senza preamboli e l'altro sussultò.
-Ha passato la notte con gli amici- disse l'uomo, sentendosi sotto accusa.

Isaac voleva bene a Maria, la vedeva davvero alla stregua di una madre, la stessa che lui aveva perso da bambino e che, in seguito, aveva disperatamente, per anni, cercato in qualsiasi donna con cui era entrato in contatto per periodi più o meno lunghi, fallendo sempre, finché, appunto, non aveva incontrato lei.

Il motivo principale per cui Isaac era stato un bambino infelice risiedeva proprio in quegli stessi pregiudizi con cui aveva finito per scontrarsi anche nel suo presente. Quando era solo un bambino, a sei anni, Isaac non capiva molto di quello che gli adulti cercavano di spiegargli con tono pacato, ma erano parole che gli erano rimaste dentro e che avevano assunto significati orribili nel tempo, contribuendo a renderlo la persona scostante e asociale che era diventato.

A sei anni, al suo arrivo in quella grande casa che lo avrebbe ospitato durante gli anni a venire, era stato già marchiato come un bambino "difettoso", perché aveva subito un trauma terribile come la perdita dei genitori, un trauma di cui aveva avuto coscienza fin da subito, proprio per via della sua età, e che lo rendeva complicato da gestire e questo portava a priori le famiglie adottive a scartarlo. Ma non mancavano nemmeno i "buoni samaritani" che però lo rifiutavano perché il suo incarnato era troppo scuro. O quelli che si limitavano all'età anagrafica: un ostacolo, per tentare di nascondere un'adozione e far passare il bambino per proprio.

Erano trascorsi trent'anni d'allora, Isaac non sapeva se le cose fossero cambiate, se ci fossero meno pregiudizi e più amore verso i bambini che erano sfortunati come lui stesso lo era stato.
Stentava a crederlo: dopotutto, gli uomini con cui aveva cenato un paio di sere prima gli avevano fornito un'ampia dimostrazione di quanto marcio ancora ci fosse sotto le pieghe della società in cui vivevano, anche dietro i sorrisi perbenisti di uomini colti e ricchi che, apparentemente, non avrebbero avuto motivo per dare dimostrazione di un'ignoranza tanto radicata e spaventosa.

-Sei tra le nuvole- disse Maria, richiamandolo e fissandolo con sguardo severo. Isaac si irrigidì, proprio come un bambino sorpreso in qualche marachella dalla propria madre, sentendosi colpevole e ingiustificabile. Non aveva voglia di affrontare certi argomenti con lei, anche se la stessa Maria aveva patito sulla propria pelle quegli stessi pregiudizi che tanto infastidivano lui, ma, nonostante condividessero le ferite di certe esperienze spiacevoli, restava di fatto che erano due persone agli antipodi: tanto Isaac cercava di essere pragmatico, conciliante e diplomatico, tanto Maria si lasciava travolgere con facilità dal fervore delle proprie convinzioni, spesso assumendo toni arroganti e di superiorità morale.

Maria era entrata in casa sua come semplice donna dalle pulizie, ma poi aveva iniziato a essere gentile, a coccolarlo, ad ascoltarlo. C'era sempre stata per lui e, come se tutto ciò già non fosse straordinario per Isaac, la donna si era presto rivelata una persona molto affettuosa, tanto da non farsi problemi a elargirgli carezze, a rivolgersi a lui con vezzeggiati. Gli era entrata nel cuore, mostrandogli quello che sarebbe potuto essere il rapporto con sua madre se non lo avesse persa tanto prematuramente, donandogli tutto quell'affetto di cui era stato privato per troppo tempo e proprio quando Isaac aveva creduto che mai ne avrebbe conosciuto le gioie.

Ma Maria era anche una donna caparbia, fedele alle proprie convinzioni e certe cose, un po' per come era stata cresciuta, un po' per via del suo credo o chissà che altro, proprio non riusciva ad accettarle e, anche riguardo a quest'ultime, aveva la tendenza a porsi alla stregua di un giudice supremo.

-Gliel'hai detto?- gli domandò con fare petulante, dopo non avere ricevuto reazioni alla sua precedente frase.
-Cosa? A chi?-
-Come a chi?!- tuonò la donna esterrefatta. -A Bryan!-
-Che avrei dovuto dirgli? È uscito con gli amici, ha passato la notte fuori. È libero di fare quello che vuole...- tentò di dire Isaac, con l'intenzione di troncare sul nascere un possibile, nuovo battibecco con lei.

-E ci mancherebbe altro che ti azzardi a mettergli le catene pure nella vita di tutti i giorni!- esclamò lei, assumendo una tale espressione indignata che fu in grado di mettere a disagio l'altro.
-Non ricominciare, Maria! Non metto le catene a mio marito. Neanche quando facciamo sesso!-
-Sesso! Perché con il marito proprio ora si fa sesso, non più l'amore!-
-Questa distinzione di termini fa tanto anni Ottanta. Sveglia! Siamo nel nuovo millennio da un pezzo-

-Non osare mancarmi di rispetto così-
-E tu smettila di intrometterti in quello che faccio o non faccio con Bryan nella nostra intimità!-
-È colpa di quello che fate se Bryan non è tornato a casa! E se non torna più?-
-Non esagerare!-
-Questa volta, se finisce il tuo matrimonio, io non sono felice-
-E credi che io lo sia? E non dire cose assurde! Io e Bryan abbiamo litigato, ma non per il sesso. Non l'ho ancora capito perché cazzo abbiamo litigato, ma sicuro puoi stare certa che non ti riguarda!-
-E quindi non gliel'hai detto- disse Maria, troncando di netto quella loro discussione, voltandogli le spalle.

Isaac, esasperato, si aggiustò la cravatta con gesti nervosi, ma le mani gli tremavano tanto che finì per tirarla fuori dal gilet, lasciandola penzoloni. Passò allora a torturarsi i capelli, anche se erano corti - in quel caso, per fortuna, così evitò di scombinarseli.

-Cosa non gli ho detto?- le chiese, alla fine, cedendo alla curiosità di sapere cos'altro gli fosse sfuggito.
-Non gli hai detto buongiorno, non gli hai detto che stai andando a lavoro di nuovo, anche questa domenica, e non gli hai detto ti amo- rispose Maria con tono severo, rivolgendogli uno sguardo fulminante. -Ma tanto voi fate sesso. Queste cose sono per gli innamorati, non hanno importanza per te- continuò la donna, imperterrita.

-Bryan lo sa che lo amo...- mormorò Isaac, mentre la sua voce si faceva insicura.
-Ti stai comportando come con il tuo ex marito. Dai per scontato che state insieme. Ma se a Bryan lo ami, perché non glielo dici sempre? Perché lo tratti come se fosse scontato?-
-Non lo faccio!- protestò Isaac, ma lei lo mise a tacere con l'ennesima occhiataccia.

-Se non te ne sei accorto, allora rifletti. E poi manda un messaggio a lui...-
-Ha il cellulare spento-
-Il messaggio gli arriva lo stesso. Quando accende il telefono lo vede. E gli dici che stai di nuovo a lavoro, anche oggi come ieri e il giorno prima, e quello prima ancora-
-Il lavoro è questo: una routine giornaliera...-
-A colazione, pranzo e cena. Feriali e festivi. E ringrazia che ti rimane la notte per tornare a casa e fare... sesso con lui-

-È il mio lavoro, dannazione! È sempre stato così, anche quando non eravamo sposati. Non è una cosa ch'è cambiata adesso-
-Ma doveva cambiare! È questo che non capisci! Ma non m'importa. Io non sono il tuo piccione viaggiatore e le cose a tuo marito le dici tu, da adesso in poi- sentenziò Maria e spense il forno con stizza, senza neanche tirare fuori quello che ci stava dentro, e superò l'uomo, evidentemente furiosa. Isaac la vide uscire in giardino, pestare i piedi a terra e tormentarsi il grembiule, prima di sparire dalla sua vista.

In ufficio, le cose per Isaac non si rivelarono meno stressanti. Comprese immediatamente il perché di quella riunione straordinaria quando l'uomo si trovò al fianco di Emma, e soltanto due dei dipendenti più anziani dell'azienda, con Yona in piedi, a capotavola, la testa china e le mani poggiate contro la superficie del tavolo, la braccia tese per evitare che finisse per schiantarcisi contro.

-I finanziatori?- si azzardò a chiedere Isaac, dopo diversi minuti di silenzio in cui la tensione si era fatta palpabile. Sentì chiaramente Emma deglutire nervosamente e le rivolse uno sguardo di sottecchi.
-Quali finanziatori?- domandò Yona con fare retorico, lasciandosi cadere sulla sedia dietro di sé.
-Ci hanno mollato?- chiese Emma con voce stridula, mentre gli altri due presenti si lasciavano sfuggire dei mormorii di dissenso.

-Sono...- disse Yona, irrigidendo le spalle per darsi un contegno e assumere una posizione meno informale, ma restando a fissare la propria mano sinistra ancora poggiata sul piano del tavolo, mentre muoveva l'altra con lentezza, accompagnando le sue parole con una certa teatralità. -Sono incappati nel profilo Instagram di Isaac- riprese a dire Yona e il suo socio percepì gli occhi degli altri puntarsi su di lui in simultanea.

-Il mio profilo... che? Non ricordo nemmeno di averne uno. Sono uno all'antica, preferisco interagire sul campo-
-E questo lo sappiamo tutti. Infatti la parte social dell'azienda la gestisco io e sono andato a sbirciare il profilo che non ricordi di avere-
-E allora?- domandò Isaac, stringendosi nelle spalle. -Al massimo ci saranno un paio di foto risalenti... nemmeno io ricordo a quando-
-Te lo dico io: l'ultima foto che hai postato è una foto del tuo matrimonio con Bryan-

Isaac abbassò lentamente le palpebre e il sangue gli ribollì nelle vene.

-E quindi?- lo incalzò, anche se stava già incominciando a intravedere dove il suo socio voleva andare a parare.
-Pensano che sia un messaggio controproducente. I film a "tematica" sono passati di moda e non vogliono finanziare un'azienda filo-politica che potrebbe attirare su di loro rogne che non hanno a che vedere con il nostro lavoro-

Isaac fu costretto a contare fino a dieci per digerire quelle parole e non alzarsi di botto e lanciare il tavolo oltre la finestra alla sua destra. Tentò pure di sorridere e tornò ad aprire gli occhi, ma uno dei due iniziò a tremargli e le sue labbra si tesero dolorosamente, facendogli bruciare i muscoli delle guance, tanto che dovette desistere nei propri tentativi di darsi un'immagine conciliante e cedere alla linea dura che assunse la sua bocca.

-Rogne che non hanno a che vedere con il nostro lavoro? Rogne?! Adesso si chiamano così?-
-Ti ricordo che, come sempre, io riporto le loro parole. Non prendertela con me...-
-E con chi cazzo dovrei prendermela?- disse Isaac, facendolo sussultare, anche se il suo tono di voce rimase particolarmente basso. -I film a "tematica"? Passati di moda? Cos'è? I diritti umani sono diventati una specie di pellicola vintage, il cui reboot si prevede un cazzo di flop?-
-Isaac...-
-E non dirmi di non prenderla sul personale!-
-È personale- lo interruppe Yona, rifuggendo di nuovo dal suo sguardo e Isaac batté un pugno contro il tavolo, facendo sobbalzare i presenti, uscendo dalla stanza subito dopo, furioso.

La prima cosa che fece, fuori di lì, nel tentativo di calmarsi, fu inoltrare una chiamata al numero di Bryan, ma, ancora una volta, a rispondergli fu soltanto la segreteria telefonica.

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