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36. A carte scoperte

Oggi è il giorno dell'azione. Il giorno che determinerà le nostre sorti. Ci siamo preparati ad ogni eventualità, per fare in modo che tutto vada secondo i piani. Ma continuo ad avere la sensazione che qualcosa andrà storto: non so se sono gli anni passati ad affrontare ogni genere di sciagura o semplicemente la mia natura pessimistica, ma non sono tranquilla. Oppure, ancora, possono essere le mie visioni: man mano che ci siamo avvicinati al giorno della consegna, un ronzio metallico si è fatto strada nelle mie orecchie, rimanendo imperterrito lì a fare da sottofondo ai miei ultimi giorni, come a ricordarmi che non sarò mai tranquilla. Forse si compirà la Visione d'Inizio, magari quella della grotta di cristallo. Fatto sta che, qualsiasi cosa accadrà, io non potrò fare assolutamente nulla per fermarlo, stando alle disposizioni di Erwin. E questo mi manda in bestia.

Ma, in fondo, anche se potessi parlare senza che la testa mi si spacchi in due e mi uccida, che cosa potrei dire di utile? "Ehi, attenzione! C'è una persona con gli occhi verdi, probabilmente dentro a una grotta di cristallo, che potrebbe esserci utile in qualche modo o distruggerci?". Ma per favore! Anche io, se non mi conoscessi, penserei che nel tè che ho bevuto stamattina ho infuso le foglie sbagliate. Sembrerei troppo vaga, troppo insicura, troppo strana. Non sembrerei uno dei soldati d'élite del Corpo di Ricerca, solo una stramba ragazzina che necessita di qualche tranquillante. E, a questo punto del piano, è troppo rischioso modificare qualcosa. Spero solo che non sia un meccanismo per convincermi che sto facendo la cosa giusta.

Siamo appostati dietro alcuni dei tanti pini che costellano la foresta intorno all'alloggio che abbiamo utilizzato in questi giorni: ancora una volta, saremo costretti a trovare un altro posto per la notte, ora che Reebs dovrà fare finta di collaborare con la Gendarmeria e lasciare la casupola... mi chiedo quando potrò riavere una dimora fissa. Ho lasciato Mamoru e la mia stanza, al quartier generale, e mi mancano. Non so cosa darei per rivedere i dolci occhioni del mio cavallo, poter vivere un altro giorno di riposo! Chissà se questo venticinque dicembre riuscirò a passarlo con Levi o se saremo impegnati con qualche assurdità.
Mi bacchetto mentalmente: mi sento egoista a formulare questi pensieri in una situazione del genere, quindi mi costringo a concentrarmi sulla piccola radura di fronte alla casupola in pietra dove avverrà lo scambio.

Ora, strano a dirsi, è tutto nelle mani di Dimo: dipendiamo dalla sua bravura nella recitazione, dato che sarà lui a dover convincere i gendarmi della sua fedeltà. Eren e Historia sono legati come degli ostaggi, bloccati con delle corde a delle rozze sedie di legno dal nostro complice, all'interno di una vecchia miniera. Non possiamo rischiare di farci scoprire, perciò li abbiamo salutati poco prima di nasconderci: Reebs darà ai due dei coltellini, in modo che Eren possa trasformarsi in gigante se ce ne fosse bisogno, li tratterà male davanti ai rapitori e si assicurerà che non sospettino nulla.
Sistemata qui, nascosta da un robusto tronco, penso a quanto altro tempo ci vorrà per smetterla con questi giochetti; Levi invece sembra concentratissimo sul piano, guarda fisso davanti a sé senza girarsi a controllare la piazzola. È incredibile come riesca a mantenere sempre la calma, anche in situazioni di elevato pericolo come queste. Mi concedo di osservarlo per un po', come non facevo da tanto: i suoi capelli corvini dal taglio militare sono scossi da una lieve brezza, gli occhi argentei riflettono la luce del sole che filtra attraverso il fogliame sopra di lui. Cerco di ricordarmi se è cambiato dalla prima volta che l'ho visto, ma non ci riesco: Levi, per me, è sempre stato Levi, a prescindere dall'aspetto.

Il rumore dei ciottoli calpestati lungo la strada mi risveglia, fa tendere le orecchie a tutti noi. Perché non riesco a rimanere concentrata? "Caporale, sono qui!" sussurra Sasha, con un fremito.
Lui non si prende nemmeno il disturbo di guardarla: "Lo so".
Osservo la scena: quello che vedo non fa altro che alimentare le mie preoccupazioni. L'uomo che si avvicina con un sorriso beffardo a Reebs mi ricorda tanto un detective, oppure un signorotto di quelli che, quando ero nel futuro e il passato era già passato, trovavo come protagonisti delle storie ambientate nell'ottocento. Indossa un lungo cappotto marrone in cui tiene nascoste le mani; la sua camicia immacolata è fermata da una cravatta nera. Porta i capelli scuri, di media lunghezza, quasi completamente nascosti dal cappello che ha calcato in testa. Anche a distanza, mi accorgo che ha dei lineamenti duri che gli conferiscono un'aria ancor più inquietante, confermata dal sorrisetto da cui si intravedono degli scintillanti denti bianchi. Il fisico magro risalta ancora di più ora che è vicino a Reebs e al suo panciotto, rendendo il contrasto evidente ad ogni passo.

Per qualche minuto sparisce all'interno della piccola miniera scortato dal signor Dimo, per quei momenti non possiamo fare altro che rimanere ad aspettare e sperare che tutto vada bene. Non mi azzardo a muovere nemmeno un mezzo muscolo: mi è bastato scorgere, anche da lontano, l'espressione beffarda che aveva quando ha visto Reebs. Certo, a prima vista potrebbe sembrare lo sguardo di Jean o dello stesso Dimo, ma quello aveva un non so che di cattivo, dentro. Ho paura della gente cattiva.
Insomma, segue un'insopportabile attesa, che utilizzo per osservare i due scagnozzi dell'uomo. Hanno parcheggiato un semplice carro coperto vicino alla carrozza che abbiamo predisposto per la partenza di Eren e Historia. Essendo di semplice legno, fa apparire quasi pacchiana la raffinata carrozza dalle finiture argentate adorna di tende di stoffa ruvida. Non riesco a distinguere gli individui, in quanto hanno un mantello e un cappuccio calato fin sopra gli occhi. Una dei due sembra una donna, dalla corporatura: sta immobile ad attendere al centro della radura, come se aspettasse qualcosa... ma cosa? Dal martellante mal di testa che mi sta venendo in questo momento, capisco che non è nulla di buono. Se solo potessi parlare... cavolo! Il suo vicino la imita, ma colgo dell'impazienza dal tic alla gamba che ha in questo momento e lo scuote violentemente.

Un guizzo e mi accorgo che Reebs, l'uomo e altri due tizi dal cappotto nero (saranno entrati mentre ero distratta?) sono appena usciti dalla miniera. Vengono verso di noi, avvicinandosi al centro della radura. L'uomo cammina con il sorrisetto sempre impresso sul volto e un passo elegante, tranquillo, come se sapesse come devono andare le cose. Sembra però che anche Dimo mostri il solito atteggiamento strafottente, anche se lo sguardo è un po' più stanco e spento. Mi rendo conto solo ora del rischio che sta correndo. Quel sadico commerciante, l'ometto furbo e viziato che ho conosciuto qualche giorno fa... forse l'ho giudicato male. Forse anche Dimo Reebs ha del fegato e un cuore nobile.
Mi ritrovo a sperare che esca illeso da questa situazione, quando il misterioso complice dei gendarmi si arresta di scatto e pone una domanda che ci spiazza tutti. "Conosci un uomo chiamato Rivaille Ackerman?"
Sento il sangue che si gela nelle vene. "Ci ha scoperti", penso. Mi giro verso Levi, ma lui sembra non farci caso. Fissa ancora, con sguardo corrucciato, il tronco davanti a sé. Prego con tutte le mie forze qualcosa, qualsiasi cosa che possa salvare noi e il nostro complice. "Rivaille Ackerman?" il suo tono è sorpreso. "Questa è la prima volta che sento il suo nome per intero. Comunque sia, ti riferisci al capitano dell'Armata Ricognitiva, non è così?"
Sta andando bene, credo. Faccio finta di non notare il tono allarmato di Reebs, che si mette sulla difensiva, ma sospetto che se non è sfuggito a me, non sfuggirà neanche a lui. Il mio cuore accelera i battiti, sempre più, sempre di più... inizio a sudare. Il ronzio minaccia di spaccarmi i timpani. Eppure, non capisco cos'è. Nulla del genere mi è mai apparso in visione.

"Non credo che ci siano persone che non lo conoscano," continua Reebs, "E poi, cosa ancora più importante, lui è uno che potrebbe mirare alla nostra vita".
Soffoco un gemito giusto in tempo, avverto una scottatura all'altezza del cuore. La spilla. Perché questa maledetta spilla sta iniziando a bruciare?

"In questo momento staranno cercando questi ragazzini come dei pazzi. Potete fare qualcosa?"
Non ce la faccio, non mi reggo in piedi. Cerco di non muovermi, potrebbero sentire lo scricchiolio dei rami sotto ai miei piedi. Serro gli occhi, sperando con tutte le mie forze di non vedere la spilla che brilla come successe tempo fa. E invece, quando li riapro, eccola che luccica.

"Ho insegnato molto a Rivaille," comincia l'uomo. Dimo rizza le orecchie. "Quel piccoletto è il mio orgoglio."
Mentre cerco di rimanere cosciente, di elaborare la miriade di informazioni che mi piovono addosso come la pioggia gelata che scorreva quando sono arrivata nel passato, la spilla continua ad illuminarsi. Luccica di più, sempre di più.

Con uno scatto, l'uomo afferra Reebs. "Tuttavia, se è andata così... la responsabilità è solo mia". Un pugnale affilato si pianta nello stomaco di Dimo Reebs, facendolo schiantare al suolo. Morto. Tra i trattenuti gemiti di dolore, provo una fitta al cuore alla visione degli occhi vuoti del nostro complice. Anche questa si può considerare una mia vittima. L'ennesima vittima.

Ormai la spilla splende come se fosse il sole stesso. La stringo così tanto forte al petto che lacrimo per il dolore, nel disperato tentativo di nasconderla ai nemici e agli amici. Non urlare richiede tutto l'autocontrollo che mi rimane. Questo dolore... l'ho provato solo quando mi stavo scomponendo. Non ho parlato, non sto facendo nulla. E allora perchè questa sofferenza?

"Capitano Ackerman, tutti e due nascondevano delle lame addosso". Con la lucidità che mi rimane, riesco a comprendere che non si tratta del nostro capitano Ackerman, dopo un attimo di panico asfissiante. La donna del carro è vicina all'uomo. Ackerman. Come Levi. Ma che diavolo...
"Come immaginavo. Quelli della corporazione... sono morti tutti e tre?" La donna annuisce.
"Pover'uomo... essere ucciso dall'Armata Ricognitiva," continua Ackerman, lanciando uno sguardo a Reebs, ora a terra immerso nel suo stesso sangue scarlatto. "Lungo la strada, prepara l'attrezzatura per la manovra tridimensionale antiuomo", ordina alla sua sottoposta. Lei acconsente di nuovo.

Mentre si ritirano nel carro di legno, sento l'uomo mormorare. "È sempre un gran problema lasciare libero un gruppo che possiede tale potenziale... ma finalmente è arrivato anche per noi della squadra di soppressione antiuomo di dimostrare a tutti le nostre qualità".

Sono costretta ad accasciarmi a terra, stremata e incapace di preoccuparmi per le parole che ho appena sentito. Ormai è la fine, lo sento... l'unica cosa che desidero è raggiungere Reebs, Tamiyo, Yoshimune, Petra, la mamma... ovunque siano, basta che mi sollevino da queste atroci sofferenze...

Dall'angolazione in cui sono caduta, riesco a scorgere tutti gli scagnozzi di Ackerman che salgono sul carro, con delle bare di legno caricate sul retro. Solo un uomo è ancora a terra, che chiude la cassa. È di spalle, ma penso sia sua la voce quella che mi giunge all'orecchio attutita. "Capitano Ackerman... è qui?" Noto una certa riluttanza nel suo tono. E una nota di speranza, forse. Chi è qui?
"Sì, ma non è il vostro momento. Arriverà presto, ma non è oggi", risponde lui, gelido. Con la vista che inizia ad appannarsi, riesco a scorgerlo mentre sospira lievemente e si gira a guardare nel fitto del bosco. Come se stesse cercando qualcosa.

Mi basta che lo sguardo dell'uomo si fissi per un attimo nei miei occhi e che il suo sorriso mi raggiunga la mente.
La spilla si raffredda e torna normale.
Tutti i miei malesseri spariscono.
Il tempo si ferma.
Il mio cuore anche.
Mentre lo osservo che sparisce in una nuvola di polvere, non so cosa vorrei provare. Cosa dovrei provare. L'unica cosa che so è che l'ho trovato e che anche lui mi cercava.

Papà.

Sasageyo,
Arienty

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