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28. Hanje mi imbarazza davanti ad una tomba

Sono seduta ritta nel carro che ci sta riportando dentro le mura, Shojiro mi ha adagiata qui dopo che sono entrata in uno stato di paralisi, non sono riuscita a digerire l'accaduto ed è come se fossi indifferente al mondo esterno da un po'. Lo sento il ruggito di quel dannato gigante femmina, mi rimbomba nelle orecchie accompagnato dal volto calmo della maledetta Leonhardt. Avrei dovuto prevedere quello che avrebbe fatto, avrei dovuto dirlo e morire io al posto dei miei amici innocenti. E invece io sono su questo stupido carro di legno insanguinato mentre loro navigano per le oscure paludi della morte, chissà dove.

È successo tutto così in fretta... ero con Levi a valutare l'autodistruzione del gigante femmina su una piattaforma di legno, poi lui mi ha trapassato con lo sguardo e mi ha ordinato di seguirlo. Io ovviamente l'ho subito fatto senza chiedermi perché, l'istinto di Heichou non sbaglia mai. Non vorrei mai averlo fatto.

Ci addentravamo sempre più nella foresta e non capivo dove volesse arrivare, finchè non ho sentito la voce della cadetta Ackerman che urlava il nome di Eren. Abbiamo accelerato, ho guardato in basso e... mi è crollato il mondo addosso.

Levi sfilava leggiadro e imperterrito nell'aria, senza curarsi di tutti i corpi della sua squadra che sorvolavamo.

Mi ero sentita mancare quando avevo visto Gunther.

Il mio cuore aveva saltato un battito quando il busto di Erd aveva lampeggiato dall'erba verde.

Avevo cominciato a rallentare quando avevo scorto Oruo steso a terra.

Ero caduta accanto al corpo inerte di Petra e non mi ero più mossa.

Permettevo che il tempo rallentasse e che Levi mi lasciasse indietro, volevo solo poter partire con la mia squadra dovunque fossero andati. Ripercorrevo con la mente ogni momento: Oruo e Petra insieme al mio ritorno, l'umorismo di Eld e Gunther. Ma specialmente Petra: lei al mio capezzale da malata, lei che mi faceva volare quando ero bambina, lei che più di tutti mi ha sempre capita. Ora la sua vita, quella stessa vita che fino a quel mattino era ancora gioiosa e allegra, si era spezzata trascinando via una delle migliori persone incontrate nel mio cammino. Non avevo nemmeno la forza di piangere, l'unica cosa che ricordavo era l'eco delle parole mai dette e tutti i progetti che scherzosamente facevamo per il suo matrimonio.

Gunther, Oruo, Eld e Petra sono morti. Nulla potrà cambiare questa verità, né il fatto che avrei potuto fare di più per proteggerli.

Mi rimangono solo altri quattro vuoti nel cuore che non riuscirò a colmare.

Sono inginocchiata su un prato rinsecchito nel cimitero militare di Trost, cerco di fare ordine tra gli avvenimenti degli ultimi tempi. Troppe cose accadute tutte insieme, cose importantissime che il mio cervello idiota non ha saputo prevedere.
Quando Annie Leonhardt è stata finalmente catturata, si è rinchiusa in un bozzolo di cristallo grazie ai suoi poteri da gigante, lasciandoci tutti allibiti: non avevamo mai visto una cosa del genere. Pur di non parlare, quella ragazza si è intrappolata da sola e al momento è stato dichiarato che è impossibile farla uscire.

Quando l'ho saputo, sono corsa a comprare i più bei fiori che ho trovato e ho fatto una passeggiata al cimitero.
Ho camminato tra le migliaia di lapidi e li ho posati sulle tombe dei miei amici, restando a fissare quelle tavolette di pietra fredda che presto saranno dimenticate come tutte le altre.
Per la prima volta sento la paura scuotermi il corpo: mai avrei pensato di essere ancora più vicina alla solutudine di quanto non sia già. I giganti sono troppo forti e ora che anche alcuni umani sono dalla loro parte non c'è più scampo.
Sento le lacrime che cominciano a scendere, non le trattengo nemmeno, mi accascio al suolo: in questo luogo spettrale ci sono solo i morti a sentirmi.

"Stai bene?"
Nel vuoto, la voce risoluta di Shojiro mi risveglia dal torpore: la sua figura alta e slanciata si staglia contro il tramonto. Non l'ho mai visto più rigido di così. Cerco di rispondergli col tono calmo che è abituato a sentirmi usare, però riesco solo a farfugliare un singhiozzato "sì".

Sento i suoi passi dietro di me, mi prende delicatamente la mano per farmi alzare e i suoi occhi smeraldini si fissano nei miei. Sospira. "Sai, mia madre diceva sempre che sapere di avere qualcuno che ti aspetta e che sarà sempre pronto a consolarti, ad abbracciarti, aiuterà a non avere paura di niente. Alla fine, qualcuno pronto a dirti "ci sono qua io" lo troverai sempre nella tua vita. Perciò, per quanto tu possa stare male per i tuoi amici, ci tengo a farti sapere che se hai bisogno di una mano per superare questo momento difficile io ci sono".
A queste sue parole mi sento confusa. Sembrano quelle stupide frasette filosofiche che trovo nei libri, senza alcun significato apparente, quelle che fanno sciogliere il cuore dei più romantici.
Mi stringe a sé, titubante, sento la sua calda sciarpa di lana sulla guancia mentre le sue braccia mi circondano le spalle. Rimango impalata a cercare di capire quello che sta succedendo: giungo alla conclusione che non è niente di male, perciò lo stringo a mia volta e sfogo tutte le mie lacrime mentre mi dà delle leggere pacche sulla spalla per consolarmi. Non mi sentivo così da tanto, tantissimo tempo.

Ci fermiamo così per parecchi minuti, mentre lui mi sussurra all'orecchio parole di conforto e io ringrazio tra i singulti. Poi una voce mi raggiunge sconsolata: "Sumire?"

Shojiro si stacca di scatto e fa il saluto militare, annunciandomi l'arrivo di Hanje. Lei non ha la solita luce negli occhi, probabilmente la scomparsa della squadra di Levi ha fatto male anche a lei. "Ciao Hanje..."
"Stai bene?"
"Io..."
"Sta bene comandante Hanje. È naturalmente scossa dal recente lutto, ma è tutto regolare".
Shojiro interviene al momento giusto per salvarmi. Lei si lascia convincere: "Grazie soldato Horigawa. Ora credo che dobbiate tornare in centrale, almeno tu Sumire. Sei ancora troppo piccola per girare da sola quando fa buio".

"Certo Hanje". Mi riscuoto e stringo la mano al mio amico, mandandogli un muto ringraziamento. "Arrivederci Shojiro, ci vediamo in giro".

Mi allontano con Hanje percorrendo in silenzio la strada di casa. Io vorrei ancora spazio per elaborare il tutto, ma figurarsi se lei è capace di essere triste per più di qualche ora. Seppur con meno entusiasmo del previsto, passa all'attacco: "Allora... che cosa stavate facendo tu e Horigawa prima che arrivassi?" domanda sospettosa.
"Nulla, ci siamo trovati davanti alle tombe e abbiamo condiviso i ricordi che abbiamo sui deceduti della spedizione."
"Horigawa è un bravo ragazzo."
"Certo, ma... perché questo dovrebbe interessarmi, soprattutto in un momento del genere?" Sono infastidita.

"Penso solo che sia troppo grande per te. Insomma, ha diciotto anni, tu quindici..." ribatte. Non può insinuare cose del genere proprio ora. Abbiamo praticamente perso metà famiglia e si preoccupa di questo?

"Ripeto: perché dovrebbe interessarmi?"
"È un avvertimento, Sumire."
"Hanje, se stai cercando di insinuare qualcosa giuro che ti butto tutte le fiale di sangue di gigante."
"Va bene, va bene... non insinuo nulla."
"Sarà. Ma sappi che se ti venisse qualche strana idea, la risposta sarebbe no".

Ed è assolutamente vero: quello che è successo oggi mi dà solo la conferma del fatto che con lui posso abbassare la guardia. È un buon amico e non ho motivo di dubitare di lui per nulla al mondo. Shojiro non mi piace in quel senso, è Hanje che si fa un sacco di film mentali su di noi solo perché mi avvicino ad un individuo di sesso maschile che non sia Levi, Erwin o altri miei pseudo parenti.
Entrambe tese, non diciamo nulla fino a quando non ci salutiamo davanti al cancello.

Shojiro è solo l'amico che ho sempre desiderato. Nulla di più.

Credo.


























Manca ancora troppo tempo a questa stupida partenza. Non posso credere di aver consolato quella mocciosa, sono completamente impazzito! Zoe pare convinta che mi piaccia Sumire, è inaccettabile.
Ma forse... forse tutto questo non può fare altro che bene al mio piano.

Sasageyo,
Arienty

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