Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

14. Armata che vai, amici che trovi

Non ho allertato nessuno del fatto che sarei arrivata oggi. Tanto, essendo Erwin capitano dell'Armata, sicuramente conoscerà la data dell'arrivo dei cadetti: se agli altri importerà, saranno loro ad informarsi.
Non appena entro, mi fermo un po' sulla soglia del portone, osservando la casa a cui ho tanto desiderato tornare. Non mi curo dei miei compagni che entrano tutti allegri, ignorando il miop strano comportamento, mi metto solo di lato e ricordo le mie avventure da bambina: ora che ci penso, è la prima volta che attraverso l'ingresso per entrare... quando arrivai in quel meravigliosamente terribile giorno, Levi mi portò a cavallo mentre dormivo. Solo tre anni mi separano da quell'evento, però mi sembra di appartenere a questo posto da sempre, le tracce della mia vita passata diventano sempre meno vivide ogni giorno che passa. Mio malgrado, detesto star dimenticando i ricordi del passato: la risata di mia madre, il candido divertimento negli occhi di papà, lo sguardo arcigno di zia Yui, i miei amici... mi sembrano quasi frammenti di un film drammatico visto tempo fa, non l'infanzia di una vita che mi appartiene.

Vengo interrotta dal tocco leggero di una mano fredda: "Ehi Sumire, hai intenzione di rimanere qui per sempre?"
Mi volto e quasi faccio un balzo indietro dallo stupore: Shojiro mi guarda, preoccupato. Mi affretto a scostarlo dalla mia spalla e lo guardo impassibile: "Certo che no. Perché non vai avanti?"
"Ecco io... non so dove andare. Ho pensato di chiedere a te perché delle voci al Campo dicevano che tu avessi vissuto qui e..."
"Capisco. Bene, allora. I dormitori sono da quella parte, credo."
"Ehm... ok -.
Segue un minuto di puro imbarazzo in cui mi ritrovo in seria difficoltà e non so che cosa fare: perché Shojiro, che mi ha sempre snobbata dall'alto dei suoi quindici anni, ora dice di aver bisogno di me? Nella luce del pomeriggio, mi fermo ad osservarlo davvero per la prima volta: con quell'aria spaesata, così diversa da quella del ragazzo snervante che ho sempre conosciuto, sembra totalmente diverso. Forse è per questo che gli mormoro uno strascicato "andiamo", invitandolo a seguirmi per cercare le stanze nei nostri dormitori, in un silenzio di tomba. Sono proprio disperata se permetto a Shojiro Horigawa, il mio tormento, di seguirmi nel posto in cui mi sento meglio al mondo, ma mi accorgo che ora non mi interessa: ho sempre guardato il ragazzo che mi prendeva in giro da lontano, ma ho mai osservato anche lo Shojiro che ho incrociato, anni fa, nel corridoio che conduceva alla sala della posta? Questa non è assolutamente una scusante per il suo ignobile comportamento, però decidendo di lasciarlo lì, disperso, da vera infame, non farebbe altro che rendermi uguale a lui. E mai, mai vorrò essere come Horigawa.

Camminiamo verso quella che ricordo essere la porticina di ingresso per i dormitori attraversando la piazza deserta - in questo momento tutti dovrebbero stare per finire il loro turno - e ci ritroviamo nella sala con il bancone delle chiavi, non è cambiata per niente. Chiediamo ad un soldato che ci consegna i numeri delle nostre stanze, ci guarda con un'aria di sufficienza che mi irrita molto: anche da piccola non sono mai andata molto d'accordo con lui, è un vecchio bisbetico. 

Il pavimento scricchiola sotto ai nostri piedi, quando saliamo i gradini che ci portano al pianerottolo dove le strade per i dormitori maschili e femminili si separano. Rimaniamo un po' a fissare le assi impolverate, finché Shojiro sembra riscuotersi e  mi saluta, ringraziandomi con un tono che non è per niente da lui. Poi, cosa che mi lascia ancora più interdetta, si volta nuovamente: "Sumire, ci vediamo a cena!"
Poi affretta il passo e sparisce dietro l'angolo.
Bene, ora so che il mondo è completamente impazzito: c'è sempre stato un odio reciproco tra me e quel ragazzo dagli intensi occhi verdi, che è molto selettivo con le sue amicizie. Non posso dire che mi dispiaccia questo cambiamento.

Salgo per le scale che mi portano al primo corridoio dei dormitori femminili e cerco tra le stanze delle undici nuove soldatesse che si stanno sistemando tutte orgogliose, ma il mio nome non spicca tra nessuna di quelle porte... non posso credere che si siano dimenticati di inserirmi persino come un generico soldato! Frustrata, provo a chiedere a Marlene se ha per caso visto una stanza libera: lei, dopo avermi squadrata un po', decide che sono degna della sua attenzione e mi dice che non ne sa nulla. Almeno essere prima ha i suoi vantaggi: la speranza di conoscere qualcuno si riaccende con un guizzo nel mio cuore e mi calma un po'... se Marlene ha deciso di parlarmi, anche altri potrebbero farlo? Con rinnovata pazienza cammino per gli altri corridoi, in caso mi abbiano messa in altre zone per mancanza di spazio. Passo davanti al corridoio dei veterani e un lampo mi attraversa. Possibile che...
Alzo il passo sempre più emozionata, con gli occhi che scorrono le etichette sulle porte. Poi la vedo.
La targhetta, appesa sulla porta tra le stanze di Nanaba e di Petra, riporta la dicitura "Sumire" in un elegante corsivo, sicuramente opera di Petra. Giro la chiave nella toppa, le dita che tremano, sperando che, nel frattempo, una mia omonima non sia diventata caporale e di non essermi illusa. Il mio cuore salta un battito quando sento un click  provenire dalla serratura. Entro.
La mia camera è un piccolo rettangolo con una scrivania di quercia e dei cassetti sul lato della porta; da una piccola finestra dalla quale posso vedere il panorama del distretto di Trost scorgo delle rondini che volteggiano in cielo. Il cassettone, con accanto uno specchio a figura intera sulla destra ed un letto nell'angolo sinistro in fondo alla stanza, completa l'accogliente quadro. Nel complesso, è una camera molto modesta, praticamente identica a quella che dividevo con Hanje, ma è speciale perché è la mia camera.
Sorrido ancora - mi fa male la mascella per tutte queste smancerie, dato che non sorridevo da tempo - e appoggio la valigia ai piedi del letto, osservando soddisfatta il quartier generale della mia nuova vita. Poi noto una busta da lettere con un pacchetto accanto. Leggo.

Cara Sumire,
benvenuta, anzi, bentornata qui a casa tua. Spero che ti sia goduta il viaggio e che tu sia felice di tornare, sono veramente felice di poterti scrivere queste parole: non sai da quanto tempo bramavo di poterti scrivere queste cose. È la mia ultima lettera per te, dato che da oggi ci vedremo ogni giorno e vivremo finalmente insieme.
Bambina mia, non è stata facile la strada per arrivare fin qui, ma tu l'hai percorsa fidandoti e senza lamentarti... mi duole dirti che purtroppo da qui in poi tutto peggiorerà soltanto: Mi odio con tutto me stesso per averti costretta a seguire una strada tanto ardua e rischiosa, ma è necessario il tuo intervento per il bene dell'umanità, lo sento. E sappi che non mi sno mai sbagliato, in questi anni di carriera. Ti auguro di vivere serena finché puoi: ricorda che io sarò sempre accanto a te, per guidarti quando lo vorrai.
Speranzoso di riabbracciarti presto,
Erwin
P.S.: Levi ti dice "Pulisci".

Qualche lacrima cade sul foglio e rovina l'inchiostro, non appena finisco di leggere. Allora non mi hanno dimenticata. Sono sempre stati qui. Mi rendo conto, mentre freno le lacrime, che questa lettera era il mio desiderio più profondo: ho bisogno di Erwin, di tutti loro. Non sono solo amici.

Starnutisco, cosa che mi permette di riscuotermi: in effetti qui c'è un po' troppa polvere...
Apro il pacchetto e trovo uno spruzzino che somiglia molto a quello che usavamo io e Levi nella camera di Hanje, insieme a due strofinacci. Lancio un sospiro tra il contrariato e il divertito: quel dannato nano non mi parla da una vita e l'unica cosa che mi sa dire è di pulire? Non cambierà mai, almeno non sotto quest'aspetto... mi metto comunque al lavoro, in onore dei bei vecchi tempi.

Quando per le sette meno dieci sono pronta, mi volto ad osservare il mio lavoro prima di uscire: ora ogni superficie è lucida, nell'aria si sente un odore di pulito che non se ne va, nonostante la fresca aria di gennaio che entra dalla finestra spalancata. Ho sistemato le lettere nei cassetti della scrivania e i miei vestiti nel cassettone, la divisa è poggiata su una sedia. Il mio sguardo cade sul riflesso nello specchio e vi rimane incollato per poco: una ragazzina pallida e minuta, dal viso ovale, dallo sguardo serio e forse anche maturo, mi osserva con i suoi occhi castani, mentre i capelli biondi catturano i riflessi del sole calante. La confronto automaticamente con la bimba dal volto paffuto e allegro che era troppo tempo fa e, mentre esco per scendere in mensa, mi domando se sotto lo sguardo fiero ci sia ancora lo spettro della lei di un tempo o se è rimasto sepolto sotto la pioggia e il terreno argilloso di quella fredda giornata invernale.

Passeggio nella fredda piazzetta, nei quali angoli si annidano piccoli cumuli di neve, osservando la gente piena di vita attorno a me. Ci sono coppiette e gruppi di amici, bancarelle e domestici che sciamano da ogni parte, soldati che si attardano nel finire le ultime mansioni della giornata e salgono nei dormitori per togliersi la divisa. Osservo una coppia che pomicia seduta sul bordo della fontana al chiaro di luna, i ragazzi che cercano di attirare l'attenzione delle soldatesse più adulte e le ragazze che si radunano in allegri gruppetti e che attaccano bottone con altre persone.

La gente felice, se sono di un umore particolare, mi mette a disagio. Dopo essere arrivata qui, la timidezza che mi ha caratterizzato dalla morte dei miei genitori fino a quel momento è un po' scomparsa, ma ancora non riesco ad essere tanto aperta: le persone troppo esuberanti mi fanno sentire strana, desiderosa di ritirarmi nell'ombra. Ovviamente, l'unica eccezione è Hanje.
Mentre cerco inconsciamente un volto amico, mi chiedo se qualcosa sarebbe stato diverso, se i miei genitori fossero ancora vivi. Magari sarei rimasta a Tokyo, ora frequenterei le medie e parlerei con le amiche di cose stupide... 

Le immagini di una ragazzina dai lunghi capelli che esce con gli amici, si siede ad un banco di scuola, gioca ai videogiochi, legge fumetti, fa shopping per le strade stracolme di gente tra i cartelloni luminosi ed i grattacieli di metallo mi riempiono la testa: scorci di una vita moderna, come se il mio inconscio si stesse facendo beffe di me e della vita che ho peso l'occasione di vivere. Oppure... potrebbe essere una via che percorrerò davvero? Sono attanagliata da troppi dubbi e paure per pormi anche questa domanda: cerco di dimenticare questa visione inutile, dato che non ho intenzione di costruire la mia vita con i se o con i ma.

Un ragazzino, all'apparenza diciannovenne, che attira la mia attenzione venendomi incontro mi riporta alla realtà: ha un sorriso spavaldo, una testa di corti riccioli biondi e gli occhi piccoli. Dice con aria fiera e altezzosa: "Mi scusi signorina, non è che per caso ha visto una bella ragazza, bassina, capelli pel di carota, da queste parti? Sa, è la mia ragazza, ci dovevamo incontrare qui..."

Che strano soggetto. Ho il presentimento di averlo già visto... ma dove? Sarà uno dei cadetti cresciuti che vedevo di sfuggita da piccola? Odio queste situazioni!
"Oh, Wall Maria, non dirmi che sei tu!"
Una ragazza che corrisponde alla descrizione che mi è stata fatta poco fa corre verso di me e mi stritola tra le sue braccia, mentre le sue calde lacrime di gioia mi bagnano la spalla. Mi sembra familiare anche lei... "Non ci credo, sei tornata davvero! Non sapevamo di preciso quando saresti venuta e... mi sei mancata un sacco Sumire!"

E allora ricordo: il suo profumo di fiori freschi, i grandi occhi espressivi... è indubbiamente cresciuta anche lei, ma la riconoscerei ovunque. Sgrano gli occhi e l'abbraccio di rimando, dandole delle pacche sulla spalla: "Ciao Petra, è magnifico rivederti".
Anche il ragazzo, che fino ad ora era confuso, sembra ricordare e così anche io. Oruo sorride e mi saluta a sua volta: "Ehi piccoletta. Quasi non ti riconoscevo, sei un sacco cresciuta!"
Senza pensare mi scollo dall'abbraccio, li squadro: "Quindi voi due..."
Non continuo la frase perché vedo che arrossiscono, guardano a terra e balbettano. Alzo un angolo della bocca in un impercettibile sorrisetto divertito: "Il vostro segreto è al sicuro con me, non sono tipa da spifferare queste cose in giro. Ci si vede in mensa, godetevi la passeggiata!"
"Sumire! Non essere sciocca, ora che sei tornata mi devi raccontare un bel po' di cose!"
"Perdonami Petra, ma ora non me la sento proprio: il viaggio è stato stancante e non voglio sicuramente rubarvi del tempo!" aggiungo maliziosa. Lei cerca di protestare, poi però si arrende. Ci salutiamo e promettiamo di rivederci, magari dopo cena.

Scombussolata da questo particolare incontro, ma felice per essere stata smentita riguardo alla mia ipotesi di essere stata abbandonata da tutti, cammino tranquilla verso la mensa che si comincia a riempire: è stato bello rivedere due vecchi amici e venire accolta così.
Cerco un tavolo vuoto e ne trovo uno in un angolo della grande sala, che osservo una volta seduta: è proprio come la ricordavo.
Vorrei sedermi con le squadre di Levi o Hanje o al tavolo dei capi, giusto per salutarli, ma ora che sono ufficialmente una cadetta non posso fare certe cose. Mi distraggo dal turbinio di pensieri che ho nella mente non appena vedo Shojiro che si avvicina e che si accomoda di fronte a me. Gli domando che cosa ci faccia qui con me con lo sguardo, però mi risponde con una scrollata di spalle che mi disorienta. Sembra così pacato, come se fosse mio amico da una vita... poco male. Finché non farà qualcosa che me lo renderà antipatico potrà restare.

Passiamo una serata tranquilla, mangiando e parlando delle prime impressioni. Una volta terminata la cena, lui viene richiamato dai suoi amici: "Ti va di venire con me?"
La domanda rimane sospesa nel vuoto ed è così tanto tempo che nessuno mi chiede più una cosa del genere che subito mi chiudo a riccio rispondendo con un secco no, che lascia spiazzato il mio interlocutore. Oh, che idiota! Sono una grande maleducata.
Di nuovo sola dopo che Horigawa è uscito con un gran sorriso insieme ai suoi amici, mi metto ad osservare i tavoli dei soldati ancora intenti a mangiare e mi rendo conto che non è cambiato nulla in tre anni. Ogni tanto lancio occhiate al tavolo dei capi sperando di beccare Erwin, Hanje o Levi che mi cercano, ma non riesco a vederli.

In compenso vedo la squadra di Hanje che si avvicina a me ed il cuore comincia a battermi forte: Moblit, che ora è più alto, ma con lo stesso sguardo gentile di sempre, mi chiede divertito: "Ci scusi signorina, ha visto per caso una certa Sumire detta anche Spilletta? Siamo certi di averla vista da qualche parte..."
Dietro di lui Nifa e gli altri mi sorridono contenti. Li accolgo e loro si siedono accanto a me, felicissimi di poter di nuovo chiacchierare insieme. Moblit è sicuramente il più estasiato, ha un'aria rilassata e spensierata. In effetti è quello che mi conosce meglio dopo Erwin, Hanje, Levi e Petra e mi ha sempre trovata simpatica.

Dopo poco, infrangendo un'altra marea di regole, Eld, Gunther e Oruo avvicinano un altro tavolo ed una panca al nostro, anche loro visibilmente contenti del mio ritorno. Stasera il tavolo più allegro è il nostro, tutti brindano al mio ritorno e mi abbracciano. Si scambiano sorrisi soddisfatti e mi osservano vedendo quanto sono cresciuta e rendendosi conto che ora sono ufficialmente una di loro.
Mi sento bene.

Sasageyo,
Arienty

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro