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CAPITOLO 2: Diventerò un soldato

Quando arrivai al distretto di Trost, lasciai Armin, Eren e quella ragazza dai capelli neri, per starmene da solo, siamo nella piazza principale del distretto, i soldati stanno distribuendo provviste a chi è sopravvissuto all'attacco dei giganti a Shingashina.

Mentre sono in fila vedo un soldato che sta pestando una signora, mi avviai verso di lei, ma qualcuno mi afferrò la spalla bloccandomi, mi voltai e vidi un soldato dagli occhi scuri e fini, con un fazzoletto che usciva dal colletto della giacca militare, capelli neri, lisci, non troppo lunghi; mi sussurrò queste parole "Non fare niente di stupido, lo devi a tuo padre" prima che potessi replicare egli si avviò verso il soldato che stava picchiando la signora, riconobbi il simbolo sul retro della giacca, quel soldato, faceva parte dei ricognitori, era del corpo di ricerca, mi incantai a guardarlo mentre salvava quella povera innocente da quel soldato.

Poco dopo provai ad andare da lui, per chiedergli come facesse a sapere di mio padre, può darsi che lui sappia di mia madre, se è così voglio parlargli, mia madre è morta quando avevo poco più di 2 anni, durante una missione del corpo di ricerca se lui la conosceva forse poteva dirmi di più su di lei.

Cercai di raggiungerlo, ma dopo che si addentrò nella città, in tutte quelle vie, lo persi di vista così mi dissi tra me e me "Meglio tornare indietro" e così feci, mentre cercavo di ritrovare la via per tornare nella piazza dove i soldati stavano distribuendo i viveri ai sopravvissuti mi imbattei in un bambino di Trost, approfittai di questa cosa per chiedergli come tornare alla piazza, si mostrò molto gentile e mi disse con estrema precisione come fare per tornare, dopo averlo ringraziato mi avviai, ma una fatidica domanda che mi fece mi fermò.

"Vieni da Shinganshina?", mi girai nuovamente verso di lui e risposi "Sì, sono sopravvissuto a quell'inferno, ma mio padre..." le lacrime mi impedirono di terminare il mio racconto, quel bambino mi accompagnò fino a casa sua e dopo aver spiegato la situazione ai suoi genitori, dato che ormai non avevo più un posto dove tornare, mi accolsero come loro figlio e divenni parte della famiglia.

Dopo un giorno intero che non succedeva, il sorriso tornò sulle mie labbra, a pranzo ci furono le presentazioni: La mia nuova madre si chiamava Erica, il mio nuovo padre era Marco e il nome del mio fratellastro era Arata.

---UN'ANNO DOPO-- 

Era più o meno un'anno che vivevo con la mia nuova famiglia, Marco portò a casa degli strani documenti e dopo aver discusso con Erica, li diede sia a me che ad Arata, il foglio era l'iscrizione alla scuola militare.

Marco ci disse "Figli miei non dovete sentirvi obbligati, ma ricordando quello che è successo l'anno scorso penso che sia una buona cosa imparare a combattere, se poi non volete correre rischi potete sempre unirvi al corpo di gendarmeria o guarnigione..." mentre continuava a parlare io stringevo sempre più forte il foglio che avevo in mano e pensai "Papà finalmente potrò adempire alla promessa che ci facemmo

Marco non aveva ancora finito di parlare, quando io dissi "Farò l'accademia militare e mi unirò al corpo di ricerca", Marco e Arata rimasero fermi a fissarmi, ero pronto ad affrontare le conseguenza delle mie scelte, dovevo andare ad esplorare i territori esterni e tenere fede alla promessa fatta a mio padre, Arata intanto scrutava il foglio e dopo averlo letto chiese "Papà, qui c'è scritto che l'accademia inizierà solamente l'anno prossimo, la data d'iscrizione di quest'anno è già passata..." Marco ci spiegò il perché, voleva vedere se fossimo interessati e se così fosse stato, ci avrebbe allenato fino alla prossima data d'iscrizione per l'accademia.

I miei occhi parlavano da soli, volevo entrare in quella accademia, riguardo Arata sembrava preoccupato, Marco gli appoggio una mano sulla spalla e gli disse "Come ho detto non devi sentirti obbligato" Arata guardò prima suo padre e poi rivolse lo sguardo verso di me, gli sorrisi, qualsiasi cosa avrebbe scelto non l'avrei giudicato, infine ridacchiando disse "Ahhh... Sei davvero senza speranza Nori, entrerò anche io all'accademia militare, senza di me combineresti sicuramente qualche guaio", andai da lui e lo abbracciai, Marco fu molto felice della nostra scelta e con un sorrisetto, uscì dalla nostra stanza.

Da quel giorno in poi io e Arata, andammo a fare allenamenti per migliorare la nostra resistenza, insieme a Marco, fu l'anno più estenuante di tutta la mia vita, ma... Sapevo che un giorno tutto questo allenamento mi sarebbe tornato utile, così non mollai e tenni duro fino alla fine, per Arata i primi mesi furono davvero difficili molte volte doveva fermarsi a metà allenamento, ma con il passare del tempo arrivò al mio livello, sia io che Marco fummo molto fieri di lui, l'ultimo giorno Marco ci disse queste parole "Arata... Noriyuki... Dovete essere fieri di voi stessi, promettetemi solo una cosa..." ,io e Arata lo guardammo un po' perplessi, "Anche nei momenti più difficili, combattete, non lasciate che la paura vinca su di voi", dopo questo discorso tornammo a casa.

Poco prima di addormentarci Arata mi disse "Nori...", io "Si?", "Io non penso di unirmi al corpo di ricerca, non credo di essere adatto, punterò al corpo di guarnigione", con un sorriso gli dissi "Sai perché punto al corpo di ricerca?", "No", "Mio padre mi ripeteva sempre che l'umanità dentro queste mura si sta limitando semplicemente a sopravvivere ma che nessuno sapesse cosa vuol dire veramente vivere, per questo voglio unirmi al corpo di ricerca per vivere come ha fatto mia madre".

Arata mi disse che ammirava il mio coraggio e apprezzava il fatto che io seguissi gli insegnamenti di mio padre, ma ribadì il fatto che lui avrebbe puntato al corpo di guarnigione, gli confessai che non mi dispiacesse affatto che lui riconoscesse le sue paure, poi ci addormentammo.

Il mattino seguente, abbracciamo Erica, fu la prima volta che invece di chiamarla Erica gli dissi "Torneremo, mamma" fu molto contenta di sentirlo, ci salutammo e ci incamminammo verso la barca che ci avrebbe portato verso il campo d'addestramento, lì Marco ci abbracciò e ci disse "Io e la mamma vi aspetteremo, sempre" sia io che Arata gli dicemmo con le lacrime agli occhi, dalla commozione, "Tranquillo, papà, torneremo".

Salimmo sulla barca, in quel momento, capii che ormai ero pronto, guardai Arata e con fermezza gli dissi "Io..." mi guardò, serrando i pugni, continuai "Diventerò un soldato!!". 





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