Capitolo 9
Jonathan's pov
Sono negli spogliatoi della palestra, intento ad allacciare le scarpe.
Ora sono ufficialmente nella squadra di basket della London High School.
Non che avessi dubbi a riguardo, ma è comunque una soddisfazione.
Alec mi raggiunge, sedendosi accanto a me-"benvenuto nella nostra squadra allora"-dice allegro, scompigliandomi i capelli.
"Grazie"-rispondo, alzando la testa e sorridendogli.
"Edward mi ha chiesto di dirti che domani abbiamo gli allenamenti con il coach dalle tre fino alle cinque...non prendere impegni"-mi dice velocemente, alzandosi e prendendo dal suo borsone una maglietta e un jeans.
"Ok"-rispondo semplicemente, chiudendo la borsa e infilando il giubbotto di pelle.
"A domani"-lo saluto, uscendo dagli spogliatoi e dirigendomi verso l'uscita della scuola.
Margot' s pov
"Bene ragazzi, per la prossima volta ricordatevi di portare la vostra copia di Orgoglio e pregiudizio... leggeremo insieme insieme qualche passo importante del libro. Arrivederci"-dice la professoressa di letteratura, uscendo dalla classe.
Mormoro un saluto, per poi mettere tutto nello zaino e uscire dall'aula.
Oggi devo tornare a casa a piedi...di nuovo.
Mio fratello torna con un suo amico, per cui i tre quarti d'ora di camminata non me li toglie nessuno.
Che noia.
Devo imparare a guidare e mettere in funzione la macchina che zia Katherine e Zio Mark mi hanno regalato per i miei diciotto anni, così sarò finalmente autonoma.
Oltrepasso il cancello grigio, per poi setacciare la borsa alla ricerca delle cuffie...no, non posso averle dimenticate di nuovo.
Stupida testa.
All'improvviso mi viene un' idea: potrei sempre prendere il bus.
Mi volto, dirigendomi verso la fermata poco lontano dalla scuola.
Non appena arrivo, mi siedo sulla panchina proprio a ridosso della fermata, in attesa del bus.
Speriamo che arrivi presto.
Jonathan's pov
Metto il casco, per poi salire sulla mia moto e accendere il motore.
Esco dal piccolo parcheggio della scuola, per poi svoltare a sinistra, diretto a casa.
Passo davanti alla fermata dei bus, ma mi fermo di colpo vedendo una ragazza con i capelli rossi seduta su una panchina, che probabilmente sta aspettando il bus.
Guardandola meglio, mi rendo conto che quella ragazza è Margot, che sta aspettando un bus che non arriverà mai, visto che oggi quella fermata è fuori uso.
Accosto la moto proprio davanti alla fermata, mettendo il freno e guardandola girare la testa a destra e a sinistra, come se io non ci fossi.
Unica.
"Stai aspettando il bus?"-le domando, aspettando che si giri verso di me.
Si volta di scatto, osservandomi.
"Cosa?"-mi chiede, squadrando me e la mia moto.
"Ti ho chiesto se stai aspettando il bus"-ripeto sorridendo.
Mi guarda scettica-"non sono affari tuoi"-risponde, distogliendo lo sguardo da me e ricominciando a guardare a destra e a sinistra, ignorandomi completamente.
"Si lo so, hai risposto così anche quando ti ho detto che non dovresti fumare"-ribatto, in attesa della sua reazione.
Si gira di nuovo verso di me, sgranando i suoi occhi verdi-"come scusa?"-mi domanda spiazzata.
"Sai, dovresti cambiare un po' le tue risposte...altrimenti potresti sembrare monotona"-la provoco, osservandola mentre gli occhi le si riducono a due fessure e le guance si colorano di un rosso vivo, paragonabile ai suoi capelli.
"Hai ragione, forse dovrei soltanto zittirti a calci nel sedere"-risponde ovvia.
Trattengo una risata mordendomi l'interno della guancia.
"Comunque, volevo solo farti notare il cartello proprio alla tua destra, che dice esplicitamente che oggi nessun bus passerà per questa fermata"-le dico, facendola girare verso il cartello.
Legge velocemente, per poi sbuffare e alzarsi dalla panchina, mormorando imprecazioni a bassa voce.
"Dove vai?"-le domando, guardandola mentre si allontana dalla fermata.
Si ferma e si volta verso di me. Sta per rispondermi, ma la blocco-"so che non sono affari miei, come non lo erano al parco e come non lo erano poco fa, ma per una volta potresti rispondermi?"-le chiedo, avvicinandomi con la moto.
Sposta il peso da una gamba all'altra, per poi tamburellare l'indice sulle labbra rosse, facendo finta di pensarci su.
"Sei un maniaco?"-mi domanda all'improvviso, ancora con l'indice fermo sul labbro inferiore.
"Cosa? No!"-rispondo, spiazzato dalla sua domanda.
"Uno stalker?"-domanda ancora, guardandomi con la coda dell'occhio.
"Nemmeno"-ribatto, divertito da questa strana conversazione.
"Insomma cosa vuoi?"-chiede sbigottita, passandosi una mano fra i capelli.
"Non voglio niente Margot, voglio semplicemente avere una conversazione normale con te"-spiego-"anche se a quanto pare è impossibile"-continuo, aspettando la sua risposta.
"Come fai a sapere il mio nome? E poi dicevi di non essere uno stalker"-mi chiede, sempre più accigliata.
"Sai Margot, a scuola si parla molto di te...magari tu non te ne accorgi, ma sei una delle persone che suscitano più interesse alla London High School"-ribatto, tamburellando il piede per terra.
Rotea gli occhi al cielo, incrociando le braccia al petto.
Mi fissa per alcuni secondi con quei suoi grandi e bellissimi occhi verdi, come se con lo sguardo volesse penetrarmi nelle ossa, come se volesse prendersi qualcosa di me che nemmeno io sapevo di avere.
Mi sorride.
Non ci posso credere: Margot Victoria Smith mi ha sorriso.
Si avvicina a me, inebriandomi con il suo profumo. Mi immobilizzo quando accosta le sue labbra al mio orecchio, come se avesse deciso di sussurrarmi un segreto, così di punto in bianco.
Attendo che dica qualcosa, imprimendomi quel profumo nella mente.
"Non sono affari tuoi"-scandisce a bassa voce, allontanandosi velocemente da me, ancora prima che io possa dire qualcosa.
Mi ha ingannato.
Direi anche con stile.
La guardo allontanarsi velocemente, con quel suo passo elegante.
Salgo sulla moto e la seguo, raggiungendola in pochi secondi.
Non appena mi vede si blocca nuovamente-"certo che sei davvero insistente, si può sapere cosa diavolo vuoi da me?"-mi chiede infuriata, stringendo i pugni.
"Voglio aiutarti...scommetto che abiti lontano da qui e che ora ti annoi di fare la strada da sola...non è così?"-le domando, attendendo la sua risposta, che però non arriva.
Mi guarda sempre più infuriata, le nocche le sono diventate bianche a furia di stringere i pugni.
"Dai, sali"-le dico, alludendo alla moto.
Mi guarda ancora più accigliata di prima-"cosa? Io non salgo sulla moto del primo sconosciuto che passa...nessuno mi dà la certezza che tu non sia uno stupratore seriale o un maniaco"-dice velocemente, facendomi ridere.
"Cosa diavolo c'è da ridere?"-sbotta, guardandomi male.
"Sei unica"-rispondo, continuando a ridere.
"I tuoi trucchi funzionano con le quindicenni, certamente non con me"-dice ancora, facendomi ridere di nuovo.
"E per favore smettila di ridere"-mi rimprovera, girando i tacchi e andandosene di nuovo.
Scendo dalla moto e corro verso di lei, caricandomela in spalla.
Margot' s pov
Questo tizio è un maniaco.
Ne sono sicura.
Nonostante tutto, questo imbecille continua a ridere.
"Per favore smettila di ridere"-lo rimprovero, girandomi e iniziando ad incamminarmi verso casa.
Non sento più le risate, avrà capito che sembrava un cretino.
Non faccio in tempo a raggiungere l'angolo che il pavimento non è più sotto ai miei piedi, qualcuno mi ha caricata in spalla e mi sta portando di nuovo al punto di prima.
"Lasciami subito"-grido, battendo i pugni sulla schiena del mio aggressore.
"Sai che non mi fai male vero?"-risponde quest' ultimo.
Ancora lui, il maniaco.
"Fammi scendere"-dico esausta, smettendo di tirare i pugni sulla sua schiena.
"Subito"-risponde, facendomi effettivamente scendere.
Già, il problema è che sono su una moto.
Il maniaco mi porge un casco, che rifiuto-"mi pareva di averti specificato che la mia vita non era affar tuo, ma forse non hai capito bene. Te lo ripeto, così magari ti è più chiaro il concetto: devi lasciarmi in pace"-dico ancora,
cercando di scendere.
Ma dove cavolo è la folla quando serve?
"Margot non voglio farti del male...metti il casco e basta. Fidati di me"-risponde esasperato, porgendomi di nuovo il casco.
Vedendo che non reagisco, me lo infila lui, per poi chiudere il cinturino e girarsi avanti.
Toglie il freno e mette in moto.
Incrocio le braccia al petto, contrariata da tutto questo.
"Se vuoi restare in vita ancora per un po' ti conviene aggrapparti a me"-dice, allacciando il suo casco e guardandomi dallo specchietto.
"Non ci penso proprio, preferisco la morte"-ribatto, facendogli alzare gli occhi al cielo.
"Almeno aggrappati ai ferri dietro di te"-suggerisce, continuando a guardarmi.
Non mi muovo dalla mia posizione-"come vuoi"-dice, facendo spallucce.
Mette il piede sull'accelleratore e parte a tutta velocità, facendomi sobbalzare e facendomi istintivamente stringere i suoi fianchi.
"Te lo avevo detto"-dice, con un sorrisetto odioso sul viso.
"Sei partito ad una velocità assurda, sicuramente molto più velocemente di come parti di solito...lo hai fatto apposta, brutto maniaco"-gli dico, dandogli un pugno sulla schiena.
"Vuoi smetterla di picchiarmi e di chiamarmi maniaco? Ti sto aiutando"-risponde, roteando gli occhi al cielo.
"Certo, come no"-sbuffo io, in preda al panico.
"Dove devo andare?"-mi domanda, fermandosi al semaforo.
Devo davvero dargli le istruzioni per arrivare a casa mia?
E se venisse a derubarmi durante la notte?
"Margot, fidati"-dice ancora, vedendo che non rispondo.
Tanto ormai la cavolata l'ho fatta.
"Sempre diritto, poi a sinistra"-dico esasperata, aspettando che riparta.
Segue le mie indicazioni, arrivando al solito incrocio.
"Ora a destra"-dico, tenendomi stretta ai suoi fianchi.
Svoltiamo a destra, per poi arrivare alla familiare strada alberata...poco più avanti c'è casa mia.
"Sempre diritto"-dico ancora, osservando le case che scorrono veloci davanti ai miei occhi.
Rallenta leggermente-"fermati"-dico, facendolo fermare davanti a casa mia.
"Sono arrivata"-lo informo, scendendo dalla moto e avviandomi verso casa mia senza degnarlo di uno sguardo.
"Ehm, Margot?"-sento dire dal maniaco.
Mi giro, vedendolo ancora sulla sua moto-"cosa vuoi ancora?"-chiedo esausta.
Mi guarda per interminabili secondi, per poi aprire bocca-"il casco...non che non voglia dartelo, solo che è di mia sorella e mi ucciderebbe se le dicessi di averlo dato a qualcun altro"-mi dice, guardando sopra la mia testa.
Alzo gli occhi al cielo, per poi cercare di slacciare il cinturino, ma a quanto pare è impossibile.
"Vieni qui, ti aiuto io"-sento dire dal maniaco.
"Faccio da sola"-rispondo, cercando di slacciare il maledetto laccetto.
Lo sento sospirare e venire verso di me.
Le sue mani sostituiscono le mie, i nostri volti a pochi centimetri di distanza.
In pochi secondi slaccia il cinturino, per poi togliermi il casco e continuare a guardarmi.
"Hai intenzione di dire qualche altra cosa o posso andare?"-sbotto, dopo interminabili minuti di silenzio.
Ride.
Io lo tratto male e lui ride?
Certo che il maniaco è veramente strano.
"No, puoi andare"-dice, continuando a ridere.
"Bene, ciao"-lo saluto velocemente, girando i tacchi e tornando a casa.
"A domani"-mi saluta lui, risalendo sulla sua moto.
"A mai più"-brontolo tra me e me, aprendo la porta ed entrando finalmente in casa.
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