Capitolo 13
Margot's pov
Sto uscendo dalla mensa. Nonostante non mi vada di farlo, devo assolutamente parlare con il maniaco: abbiamo tempo fino a venerdì prossimo per completare la tesi, e di certo non voglio ridurmi all'ultimo minuto.
Arrivo in cortile, dove alcuni ragazzi stanno parlando allegramente tra loro.
Mi guardo intorno, finché non intravedo il maniaco intento a parlare con Christine.
Ma con tutte le ragazze che ci sono alla London High School, doveva decidere di stare proprio con Christine Parker?
L'universo è contro di me.
Sbuffo sonoramente, avvicinandomi al maniaco e a Christine.
L'oca lo sta accarezzando, come fosse un cane.
Che schifo.
"Guarda Jonny, è arrivata Margot"-dice Christine scocciata, continuando ad accarezzare la guancia di Jonny, come lei lo ha chiamato.
Come si fa a soprannominare un ragazzo "Jonny"? Orribile.
Il maniaco si volta verso di me con il suo sorriso inquietante sul viso.
"Ti serve qualcosa?"-mi domanda, mettendo un braccio intorno alle spalle di Christine.
Potrebbero anche evitare di scambiarsi effusioni davanti a me, se non vogliono che vomiti sulle loro scarpe.
Roteo gli occhi al cielo-"dobbiamo organizzarci per il progetto di biologia...Miller si arrabbierà se non lo consegnamo in tempo"-dico scocciata, guadagnandomi uno sbuffo da parte di Christine.
Perché non sta semplicemente in silenzio?
Il maniaco ride.
"Abbiamo una settimana, rilassati"-dice, facendo ridere anche Christine.
Patetica.
"Lo so, credi che non me ne renda conto? Forse non ti ho specificato che non voglio rischiare di prendere un'insufficienza perché tu vuoi rilassarti"-ribatto acida.
Il maniaco mi guarda male.
"Lascia stare Jonny, è pur sempre Margot asociale Smith...fa così con tutti"-sussurra Christine all'orecchio del maniaco, che trattiene a stento una risata.
Decido semplicemente di ignorare l'oca, per poi tirar fuori un pezzetto di carta e una penna, sotto gli sguardi straniti dei due imbecilli.
Mi appoggio al tronco dell'albero, per poi scrivere sul pezzetto di carta il mio numero di telefono.
Non appena finisco mi avvicino al maniaco-"non farti strane idee, dobbiamo organizzarci e in questo momento mi sembri annebbiato. Appena sarai tornato sul pianeta Terra
fammi uno squillo"-dico, dandogli il foglietto e voltandomi per andarmene.
"Certo, a dopo cara"-risponde il maniaco, mettendo a dura prova il mio autocontrollo.
Stringo i pugni, per poi sfrecciare verso il parcheggio, dove mi aspetta Edward per andare a casa.
Jonathan's pov
Non riesco a credere che mi abbia dato il suo numero di telefono.
Non me lo sarei mai aspettato da una come lei.
Ti ricordo che ha specificato di non farti strane idee.
Già, ma io me le faccio lo stesso.
"Jonny mi stai ascoltando?"-mi domanda Christine, battendo più volte le palpebre.
Ehm, no, effettivamente non la stavo ascoltando.
Rotea gli occhi al cielo-"ti ho chiesto se ti andrebbe di accompagnarmi a casa oggi"-ripete, arrotolandosi una ciocca dei capelli corvini attorno all'indice.
In realtà non mi va di accompagnarla, ma Christine mi guarda con quel suo sguardo ammiccante che mi rende impossibile rifiutare.
Ci dirigiamo assieme verso il parcheggio della scuola.
Le porgo il casco di mia sorella, che lei afferra e infila velocemente.
Io infilo il mio, per poi salire in sella, togliere il freno e mettere in moto.
Le mani di Christine scivolano sui miei fianchi, saldando la presa.
Sfrecciamo veloci tra il traffico di Londra, mentre Christine non smette di parlare, anche se non ho idea di cosa stia dicendo.
Semplicemente mi limito, qualche volta, ad annuire passivamente, sperando che non noti la mia indifferenza ai suoi discorsi vani.
Mi fermo bruscamente davanti casa sua, facendola scendere.
"Grazie mille Jonny, ci vediamo domani"-dice, schioccandomi un rumoroso bacio sulla guancia.
La saluto, cercando, senza farmi vedere da lei, di togliermi il suo rossetto dalla guancia, per poi tornare a casa.
Margot' s pov
"Mamma, sono a casa"-urlo dalla soglia della porta d'ingresso, togliendomi il cappello e il giubbotto per poi riporli nella cappottiera, assieme al mio zaino.
Edward arriverà tra pochi minuti, o almeno questo è quello che mi ha detto due minuti fa, mentre si dirigeva in un negozio di articoli sportivi.
"Ciao tesoro, sono in cucina"-risponde mia madre.
Non sopporto l'idea che sia appena tornata da uno dei suoi viaggi di lavoro e che domani mattina debba già ripartire, accompagnata da mio padre.
La raggiungo velocemente in cucina, facendola sobbalzare.
Si volta a guardarmi, per poi assumere un'espressione perplessa.
"Edward sarà qui tra poco, tranquilla"-le anticipo, facendole riacquistare la serenità.
"Papà?"-domando, prendendo un bicchiere dallo scolapiatti e versando dentro un po' d'acqua.
"È nel suo studio"-mi comunica, senza distogliere l'attenzione dai fornelli.
Bevo l'ultimo sorso d'acqua, per poi dirigermi al piano di sopra.
Percorro il lungo corridoio, fino ad arrivare alla porta dello studio di papà.
Afferro la maniglia ed entro, senza nemmeno bussare.
Mio padre sobbalza, facendo cadere alcuni fogli per terra, dove si affretta a raccoglierli.
"Margot Victoria Smith, potresti almeno avere la decenza di bussare ed evitarmi così un infarto ogni volta che fai irruzione nel mio studio"-mi rimprovera, cercando di riacquistare anche un minimo dell'ordine di cui inizialmente godeva.
"Certo Nickolas Anthony Smith, da oggi in poi non mi degnerò di venire a farti visita senza aver bussato prima"-ribatto, sapendo benissimo che a mio padre non piace sentire il suo nome per intero.
Lo guardo diventare rosso in viso, per poi rilassarsi nuovamente, vedendo che io non gli presto la minima attenzione.
Amo lo studio di mio padre, più precisamente amo la libreria piena di libri.
Dizionari, enciclopedie, narrativa americana, narrativa inglese, libri di poesie, saggi...un vero e proprio paradiso.
Spesso vengo a curiosarci, quando lui non c'è, per prendermi tutto il tempo che mi serve.
La maggior parte delle volte torno in camera mia con nuovi libri, ma questo a mio padre non interessa, anche perché non sa delle mie visite quotidiane alla sua immensa biblioteca.
Mio padre tiene molto ai suoi libri, quasi quanto io tengo ai miei.
La differenza sta nel fatto che io ci tengo perché ci sono affezionata, perché non riuscirei a vivere senza i miei amici di carta, perché quelle parole mi hanno salvata da me stessa, dalla mia fobia.
I libri sono la mia vita perché mi permettono di vivere.
Mio padre, al contrario, nutre per i libri un forte senso di possessività.
Lui tiene ai suoi libri perché gli piace osservarli, sapendo che li ha comperati con i soldi guadagnati con il suo lavoro.
Lui tiene ai libri in modo diverso.
Tuttavia, non si è mai reso conto dell'assenza di alcuni dei suoi preziosi manuali, soprattutto a causa della grandezza della libreria e del numero impressionante di libri in essa contenuti.
"Dove è finito tuo fratello?"-mi chiede senza guardarmi, concentrato sui contratti che stava già leggendo prima che entrassi.
"Mmh, ha deciso di entrare a far parte di un clan di rapinatori...credo che non lo vedrai più molto spesso"-dico ironicamente, facendolo trasalire.
Mi godo la sua reazione, per poi scoppiare in una fragorosa risata.
Mio padre rotea gli occhi al cielo-"un giorno o l'altro ti chiuderò in un collegio"-dice esasperato.
Sorrido beffarda, per poi lasciare l'ufficio e dirigermi in cucina.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro