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Capitolo 10

Jonathan's pov

"Ciao Jonathan io esco"-mi urla Jane dal piano di sotto.
Mamma e papà sono usciti per andare a fare compere...o meglio mamma ha trascinato papà in un negozio di mobili, e papà ha semplicemente preferito non opporsi all' euforia a cui è sottoposta sua moglie, nonché mia madre, quando si tratta di comprare divani, tende o qualsiasi cosa riguardi la casa.

Maggie è uscita a fare la spesa, non credo tornerà prima delle sette.

"Dove vai?"-urlo di rimando, aspettando la risposta di mia sorella.

"In centro con una mia amica"-risponde, lasciandomi sorpreso.

Almeno ha un'amica.
"Va bene, ciao"-la saluto, rimanendo in ascolto.
"Ciao"-risponde, chiudendo la porta e lasciandomi completamente solo.
Bene, ora cosa diavolo faccio?

Chissà cosa sta facendo Margot in questo momento.

Come mai pensi a lei?

È interessante, devo ammetterlo.
Voglio davvero conoscerla, non scherzavo quando l'ho pensato.

È la prima ragazza che vuoi semplicemente "conoscere".

Si, forse vorrei anche fare altro, ma tutto passa in secondo piano quando si tratta di Margot Victoria Smith.
Per il momento ho altre priorità, in primis quella di capire perché è così acida, menefreghista, impassibile e chiusa...poi, quando avrò avuto delle risposte, potrò pensare ad altro.

Sembri essere sicuro di ottenerle, queste risposte...sai che non ti dirà niente di lei, vero? Ti ricordo che ti considera un pazzo maniaco che adocchia quindicenni.

Già...devo assolutamente rimediare.
Non sarà facile avere la sua fiducia.

Già, direi che per ora è impossibile.

Ed ecco che il mio lato pessimista prende il sopravvento.

Non sono pessimista, sono realista.

Quello che è.

Smetto di parlare con la mia coscienza ed esco dalla mia camera.
Ho fame, credo che mangerò qualcosa.
Scendo in cucina, apro il frigo e afferro uno yogurt, per poi dirigermi in salotto e accomodarmi sul divano difronte alla TV.

Chissà quando arriveranno mamma e papà.
Ultimamente non parlano molto, se ne stanno tutto il tempo nello studio di papà a discutere di affari, principalmente di quelli con un tale signor Smith, signor Smouth, non ricordo.
A quanto pare, questo imprenditore è molto importante qui a Londra e sta mettendo in difficoltà papà.

Papà se la cava sempre, sono sicuro che riuscirà a far ragionare il signor Smith, o come si chiama.
Lo yogurt è finito, per cui mi alzo dal divano, per poi andare in cucina e gettare nella spazzatura il barattolo, ormai vuoto.
Guardo fuori dalla piccola finestra vicino al tavolo: il cielo è nuvoloso, come al solito.

Il giorno in cui a Londra ci sarà bel tempo, gli asini voleranno e Margot diventerà socievole.

Certo, come no.

Tanto il sole non c'è mai a Londra.
Mi sto annoiando, credo che uscirò anche io.
Stare a casa da solo è una noia.
Insomma, a chi piace stare da solo?

A Margot.

Già.
Un giorno mi dirà come fa a non annoiarsi.

Salgo di nuovo in camera, infilo le scarpe e prendo il giubbotto, per poi scendere nuovamente ed afferrare uno degli ombrelli di mia madre.

Apro la porta ed esco, richiudendolo alle mie spalle.
Decido di tornare al parco dove sono stato durante il mio primo pomeriggio a Londra...Non dovrebbe essere molto lontano da qui.
Non sono sicuro di ricordarmi la strada, ma tanto vale provare ad arrivarci lo stesso.

Cammino tra la moltitudine di persone che riempie le strade di Londra, cercando di evitare di inciampare qua e là tra i piedi della gente.

Dopo venti minuti di camminata, intravedo finalmente l'entrata del parco.
Non ho idea di come ci sia arrivato, ma questo non ha importanza.
Mi affretto a raggiungere la piccola piazza colma di persone e di bambini, per poi dirigermi verso il sentiero a ovest, apparentemente meno frequentato degli altri.

Percorro la silenziosa strada alberata, per poi sbucare in un giardino.
Effettivamente non c'è nessuno, solo io e il rumore del vento fra le foglie degli alberi qui intorno.

Mi siedo su una panchina, distendendo le gambe.
Forse è per questo che a Margot piace stare da sola.
Forse le piace il silenzio, o magari il rumore prodotto dal vento che passa tra i rami degli alberi.
Forse lei non si sente sola. Io sì.
In questo giardino troppo silenzioso io mi sento a disagio, mi sento costretto ad ascoltare i miei pensieri.
La solitudine ti obbliga a stare con te stesso e con le voci nella tua testa. Sei obbligato ad ascoltarle.
Puoi smettere di ascoltare gli altri, ma non puoi non ascoltare te stesso. Puoi allontanare le persone, ma non i tuoi pensieri.
Quelli non se ne vanno.
Quando sei con gli altri puoi tentare di non prestarci attenzione, ma quando sei da solo non hai scampo.
Nessuna voce copre quella interiore.
Nessun rumore sovrasta quello dei pensieri.
Perché sei da solo.
E io odio stare da solo.

Margot's pov

Stiamo camminando da ormai due ore per il centro commerciale.
Jane continua a parlare di quanto fossero belli gli abiti del negozio in cui siamo entrate poco fa, ma io cerco di cogliere il minimo indispensabile di quello che dice.

Una cosa è certa: Jane parla davvero tanto.
Non credo di aver mai sentito così tante parole in una sola giornata, pronunciate da una sola persona...devo ammettere che è snervante.
Io non sono abituata a questo genere di cose...dopo anni passati nella più totale solitudine e in rigoroso silenzio, tutto questo parlare di cose che nemmeno mi interessano mi sta stancando.
Ma Jane è la prima ragazza che mi considera sua amica, quindi probabilmente non devo lasciarmela scappare.
O almeno così dice mia madre.

"Il più bello era sicuramente quello blu notte, se avessi portato i soldi con me lo avrei comprato"-continua a dire Jane.

"Si hai ragione"-biascico, giusto per dare l'impressione di aver ascoltato tutto il suo monologo.

Passiamo davanti alla libreria del centro commerciale e, come al solito, rallento leggermente il passo. Guardo la vetrina con le ultime novità, di gran lunga più interessanti dei vestiti comprati da Jane.
"Vuoi entrare?"-dice Jane, rivolgendomi un sorriso. Guardo di nuovo la libreria, poi guardo lei e infine l'orologio. Sono quasi le otto, ma i libri sono una calamita molto potente.
"Do solo un'occhiata"-rispondo, entrando nel piccolo negozio.
Dato l'orario, ci sono poche persone che ancora girano tra gli scaffali. Mi dirigo con passo deciso verso la sezione "Narrativa", contemplo per un po' i vari titoli, fino a quando non ne trovo uno che mi chiama: Cosmetica del nemico di Amelie Nothomb. Lo prendo dallo scaffale, leggo rapidamente la trama e la mia prima impressione si rivela corretta. Devo assolutamente comprarlo.

"Prendo questo"-dico a Jane. Insieme ci avviamo alla cassa, mentre Jane mi chiede informazioni sul libro che sto per acquistare. Dopo aver pagato, usciamo e mi rendo conto che sono passati venti minuti, che a me sono sembrati due. In libreria succede sempre qualcosa di incredibile: perdo completamente la cognizione del tempo, potrei rimanere tra i libri per ore senza mai annoiarmi.

"Scusa Jane, ma si è fatto tardi e io devo tornare a casa"-le dico, guardando l'orologio.
"Va bene, se vuoi ti accompagno, casa mia è qui vicino"-non ci posso credere, vuole anche accompagnarmi a casa...non se ne parla proprio, le mie orecchie hanno bisogno di riposo.

"No tranquilla, non ce n'è bisogno, torna pure a casa...ci vediamo domani"-la saluto, sperando di non averla offesa.

"Va bene, a domani"-mi saluta sorridendo.
La saluto di nuovo con la mano, per poi voltarmi e incamminarmi velocemente verso casa.
I miei genitori e mio fratello mi staranno aspettando.

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