Capitolo 9.1
In un sotterraneo
«Pronto, Giulia?» chiesi, a voce più bassa che potei, intanto mi alzai dal banco, e uscii dall'aula, spostandomi in un corridoio dove potessi parlare liberamente.
«Sofia, ciao, disturbo?» parlò la voce di mia sorella dall'altro capo della linea.
«No, figurati.»
«So che probabilmente sei in università, ma non potevo aspettare questa sera per chiamarti. Da piccole abbiamo sempre fantasticato su chi sarebbero stati i coraggiosi a chiedercelo...» iniziò lei, vaga, e aggiunse, poco dopo: «Un'ora fa Alessandro mi ha chiesto di sposarlo, e io ho accettato! Ho accettato, capisci?»
«Ohhh. Sono felicissima per te, Giuli!»
«Non riesco a trattenere il riso e il pianto, si alternano e non mi lasciano servire bene i clienti al negozio. Dovresti vedermi ora! Conviviamo, vero, ma io non gli ho mai fatto pressioni per sposarmi, in fondo ho solo ventiquattro anni e lui ventotto.»
«Te lo meriti. Hai rinunciato al lavoro nell'azienda di famiglia per seguire lui a Torino. Ti sei dovuta rimettere in gioco in un'altra città, lavorando come commessa.»
«Non è stato facile scegliere se restare a Milano o trasferirmi a Torino da lui, e mentirei se dicessi che ero sicura di quello che stavo facendo.»
«Lo so, ma spesso è così, anche se non si hanno certezze, solo intuizioni, bisogna buttarsi senza paracadute e sperare di non farsi male.»
«Niente di più vero.»
«Avete già deciso la data? Posso dirlo a mamma e papà?»
«No, per piacere, non parlarne ancora con loro. Sabato ho una giornata libera, vengo a trovarvi a Milano e vi dico ogni cosa di persona, così intanto ci vediamo e mi aggiorni anche sulle tue cose. Esami, amiche, e ragazzi, se ce ne sono.»
«Non so se riesco ad aspettare il fine settimana per dirglielo», ammisi.
«Ti prego, non lasciarti sfuggire nemmeno una parola su quello che ti ho appena detto. Ci vediamo sabato per pranzo!»
«Va bene.»
Terminai la chiamata e ritornai al mio banco, pensando a mia sorella e al suo fidanzato, e a quanto fosse festosa la notizia che mi aveva dato.
Decisi che avrei usato quell'occasione per farle sapere che ero una Psichica, e che il mondo era molto di più di quello che credeva.
Molto più di uno sposalizio.
Il professore finì presto di spiegare e si congedò, dileguandosi tra la folla di studenti. Io uscii di nuovo in corridoio e mi fermai in disparte, sperando di incontrare Mirko. Poco dopo, il ragazzo passò e notò che ero sola. Aveva i capelli castani scompigliati in modo adorabile, immaginai per il casco della moto, e le labbra... quelle labbra curvate in un mezzo sorriso erano un invito a peccare.
«Telefonate segrete, Sofi?»
«Geloso?» lo punzecchiai.
«Mmm, un po'.»
Sorrisi, distogliendo gli occhi dai suoi, di un colore così scuro da apparire come la corteccia madida di un albero.
«In realtà, per un istante ho pensato fossi tu a chiamarmi», confessai.
«Ah sì?» Mi posò le mani sui fianchi, con sicurezza e mi fece arretrare al muro, fino a trovarsi con il corpo e il viso a pochi centimetri dal mio. Mi si mozzò il respiro in gola a quell'invasione di spazio. «E... ti sarebbe piaciuto?» chiese, piegandosi su di me.
Lo avevo già baciato più volte il giorno prima, eppure mi sembrava di non averlo fatto ancora abbastanza. Lo volevo in quel preciso momento, così come lo avevo voluto in altre occasioni di cui lui non aveva mai sospettato.
«Se continui a non rispondere e a guardarmi così, penso che potrei fare qualcosa di avventato qui davanti a tutti.»
«Scusa.»
Il ragazzo si scostò da me e rise. Una risata spontanea, che si insinuò sotto la pelle, e mi arrivò dritta al cuore.
«Ti piacerebbe andare al cinema? So che sono usciti due o tre film interessanti in questi giorni e non mi dispiacerebbe vederne uno insieme a te.»
«Sì, certo.»
«Questo martedì sera, ad esempio?»
Le cose tra noi stavano procedendo bene, e ne ero sollevata, anche se il pensiero che Rydios potesse essere presente durante una nostra uscita, per la prima volta si era fatto largo nella mia mente, facendomi sentire... strana.
«Va bene.»
«Appena riesco dò un'occhiata delle proiezioni di domani e ti dico a che ora posso essere da te per prenderti.»
Ci salutammo così, senza gesti romantici in pubblico. Lui rimase in facoltà, mentre io mi avviai verso casa, senza cercare le mie amiche.
Nadia e Fabiana mi avevano anticipata per messaggio, scrivendomi che mi avevano vista con Mirko e avevano preferito non disturbare.
Attraversai con disinvoltura una via, quando i miei occhi si posarono casualmente su una ragazza seduta su una panchina con le gambe accavallate.
I suoi capelli erano talmente neri da confondersi con il colore di una macchina dietro di lei, lisci e lunghi come fili di seta.
Miri.
Sapevo che non sarei mai riuscita a sfuggire a una Zhao, e ormai essendo entrata nel suo campo visivo, non mi era più possibile evitarla, perciò mi bloccai dov'ero.
Miri mi dedicò un primo sguardo, a cui ne seguì un altro, più lungo, dopodiché in un battito di ciglia, scomparve dalla mia vista e ricomparve al mio fianco. Era stata così veloce che se non avessi saputo che non era umana, avrei pensato di aver avuto una specie di allucinazione.
«Che cosa ci fai qui?» le chiesi.
«Attendevo te.»
«Me?»
«Ho bisogno del tuo aiuto», disse, indicandomi con un gesto aggraziato delle dita. «Mio fratello sta seguendo il ragazzo che due notti fa si è rifiutato di collaborare con noi.»
«Tommaso?»
«So che frequenta la tua stessa università e che, a quanto pare, lo conosci.»
«Più o meno», confermai.
«Shian ha intenzione di spingerlo a liberare la magia che trattiene, per portarlo dalla nostra parte», informò, con naturalezza. «Il problema è che vuole farlo alla cattiva maniera, mettendolo alle strette.»
«Mi pare un controsenso.»
«Glielo ho detto anche io, ma mio fratello crede che funzionerà. Per questo dovresti venire con me, adesso.»
Mi ritrassi da lei.
«Per fare cosa?»
«Parlare con il Figlio della Natura e convincerlo a seguirti nella tua azienda, anche solo per fare un giro della produzione», spiegò. «Prima che mio fratello lo costringa, s'intende.»
«Quindi è questo che volete da lui. Scommetto che c'entrano le lame di acciaio che i miei vi stanno vendendo», provai.
«Sì, c'entrano e sono essenziali. E' necessario che quanti più Figli della Natura possibili mettano a disposizione il loro potere per forgiare delle armi magiche da fornire alle persone.»
«Ero convinta che servissero ai Guardiani», mi stupii, strabuzzando gli occhi.
«No, le armi serviranno a voi umani.»
«Anche a me?» indagai, attonita. «Io non saprei nemmeno come usarne una.»
«Buoni o cattivi. Innocenti o colpevoli. Non fa differenza chi siate, o come vi siate comportati durante la vostra vita», rispose Miri, criptica. «Di fronte alla Paura, sarete tutti uguali. Tutti deboli e inermi.»
«Deduco che la risposta sia sì.»
«La situazione attuale con lui è difficile, a un passo dal trasformarsi in disperata, e il compito di noi Guardiani è di aiutare a difendervi, affinché ciò non accada. Perciò, per favore, seguimi e fai quello che ti ho chiesto di fare.»
Di nuovo quel "lui". Sentirle nominare l'Entità fuggita dal Cancello con un inasprimento del tono di voce mi fece correre un brivido lungo la schiena.
Fu quello a farmi fidare delle sue parole e a farmi preparare ad andare dovunque mi indicasse, nonostante sognassi solo un po' di tranquillità.
Proseguii insieme a Miri lungo una strada che conoscevo, avvertendo la distanza tra di noi e la sua concentrazione. Ogni tanto la guardavo, ma lei non sembrò accorgersene.
La sua espressione imperturbabile mi faceva sentire protetta accanto a lei, e al contempo, moralmente obbligata a immischiarmi in una faccenda che non mi riguardava.
«La metro?» osservai, non appena passammo i tornelli della fermata. «Pensavo che voi poteste teletrasportarvi o qualcosa del genere.»
«Possiamo», confermò. «Ma portare con noi altre persone ci indebolisce molto. Lo facciamo solo se è indispensabile.»
Il mezzo arrivò, e io salii con lei su un vagone in fondo, restando in piedi fino a quando non dovemmo cambiare la linea.
Prendemmo la gialla in direzione di Comasina, ma il convoglio si stoppò alla fermata prima, Affori, e tramite una comunicazione ai passeggeri capimmo che non avrebbe proseguito fino al capolinea. A quanto pareva, un mezzo era in manutenzione proprio in quell'ultimo tratto.
Le persone del nostro convoglio si diressero in massa verso l'uscita, svuotando pian piano la stazione, ma Miri, anziché seguirli, camminò sul bordo del binario in direzione opposta, mentre io la controllavo a distanza, domandandomi che cosa stesse cercando di fare. Decisi di raggiungerla, cominciando a sentirmi a disagio.
«Possiamo uscire adesso?» le chiesi.
«Mi dispiace», si scusò, facendo un passo improvviso in mezzo al binario fino a saltare sulle rotaie. «Non possiamo.»
«Che cosa stai dicendo? E torna subito su!» la esortai, agitandomi.
«Tommaso si trova dentro il mezzo che blocca l'accesso alla prossima fermata», m'informò, seria.
«Non può essere. Hanno detto che è in manutenzione.»
«Non so quale metodo abbia usato mio fratello per condurre il ragazzo lì, ma ti assicuro che in questo momento è intrappolato insieme a lui circa alla metà del sotterraneo per Comasina.»
Il panico mi assalì. Scossi il capo varie volte, rifiutando di credere alle parole che aveva pronunciato e di pensare alle loro conseguenze.
Miri non si scompose, come se avesse previsto una reazione simile da parte mia, e si protese verso di me, allungando una mano.
«Non puoi essere investita sul binario, perché come hai visto, i convogli non proseguono di qua. E puoi stare tranquilla, mio fratello ha già fatto andare in tilt le telecamere.»
Avrei potuto ignorarla, iniziare a correre e urlare affinché qualcuno venisse in mio aiuto, evitando di entrare in uno sporco sotterraneo, e di sicuro sarebbe stata la scelta più saggia, ma, alla fine, mi arresi del tutto a lei. Accettai la sua mano, e scesi anche io sulle rotaie, atterrando nella scavatura all'ingresso del tunnel.
«Mi sento esposta», le feci sapere, guardandomi alle spalle con circospezione.
«Hai una Guardiana vicino», ribatté lei, avanzando con sicurezza. «Tu devi solo stare attenta a dove metti i piedi.»
La via di transito si presentava sgombra davanti a noi, vi era un'aria fredda e puzzolente che ristagnava là sotto, un odore di ferraglia usurata e terra polverosa che facevo fatica a respirare.
Emulai i passi di Miri, rapidi e felpati nella penombra, cercando di non rimanere indietro, e di non guardarmi troppo intorno.
Tremavo.
I suoi occhi avevano assunto un colore innaturale, violetto, erano due ametiste, e si facevano vistosamente notare per il loro brillio. La loro rarità e bellezza era ipnotizzante.
Avrei voluto ammirarne l'effetto luminoso per ore, ma fui distratta da un colpo secco a cui seguì l'eco di un urlo, che mi fece tendere ogni nervo e schizzare i battiti nel petto.
«Sbrighiamoci», disse lei, accelerando l'andatura in un modo a cui mancò poco per diventare una corsa contro il tempo.
Tommaso non se la sta passando bene, mi sa :-/ o forse è Shian a essere in difficoltà? Vedremo domani ❤ questo capitolo è stato favorito da una mia riflessione mentre aspettavo la metro a Milano. Mi ero chiesta come dovesse essere percorrere quel tunnel a piedi e la mia parte fantasy aveva preso il sopravvento :-D Comunque, Mirko e Sofia stanno per riuscire insieme, ehm ehm, e abbiamo iniziato a introdurre anche la sorella Giulia. Spero vi sia piaciuta l'avventura di Sofia in questa parte, a domani!
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