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Capitolo 20.1

                                                I cinque elementi

Buio totale. La mia vista si era oscurata. I miei compagni dove erano? Non vedevo più niente e nessuno. Ero diventata cieca in una frazione di secondo. Stavo per uscire dal corpo?

Attesi la vista astrale, ma non arrivò. Domandai aiuto, senza ricevere risposta. Senza udirla. I suoni, adesso non li sentivo più. Tutto era silenzio, come se il mio udito avesse perso la capacità di ascoltare.

Era tremendo. Non potevo muovermi. Non avevo la sensibilità che avevo di solito di me stessa. Era come se non avessi più un fisico. Non lo avvertivo, non lo controllavo. Stavo morendo?

Una figura magra si compose in lontananza, portando con sé un banco di nebbia che pian piano si allungò fino a me. Un viso estraneo, bello e inquietante, un ragazzo biondo dall'incarnato pallido e gli occhi vitrei, completamente bianchi. Chi era?

Rise di gusto mentre lo fissavo perplessa e spaventata, e la sua risata mi riempì le orecchie, sorde a ogni altro rumore.

«In trappola.»

Lui è dappertutto e da nessuna parte.

«Injin?»

La figura mi diede le spalle, mentre la foschia si ritirava da me, e si allontanò, facendo calare di nuovo un disorientante buio.

Io dentro al Vuoto.

Il Vuoto dentro me.

Fino a quando il ragazzo si dissolse.

E io tornai libera.

«Sofia!» mi chiamò Fabiana, scuotendomi.

Era in piedi sul balcone del castello, insieme agli altri, e pure io lo ero.

«Poco fa avevi gli occhi allucinati», proseguì, terrorizzata. «Non sapevo che cosa avessi.»

«St-sto bene», rassicurai, in tono incerto.

«Ne sei sicura?»

Annuii, e notai che gli Spiriti della Natura si erano spostati da dove li avevo lasciati. Ora erano fermi sulla costa frastagliata a sinistra, e ognuno teneva in mano una lancia del proprio elemento.

«Che cosa succede?» chiesi, agitata.

«Hanno detto che vinceranno.»

Contro di lui.

«Adesso?» mi stupii.

«Adesso.»

Due dita d'aria fredda mi solleticarono una guancia, in un fruscio. Sobbalzai, tra i brividi. Le avevo davvero sentite.

«In trappola», udii, in un alito di vento, e una densa nebbia si alzò tutt'intorno, rendendo difficoltosa la vista.

Injin? Era qui?!

«Chi ha parlato?!» si allarmò Tommaso, non riconoscendo la voce.

Quando agisce, lo fa senza farsi notare.

Un braccio oltrepassò la vetrata della finestra, e agguantò Mirko da dietro, attirandolo verso di sé. Una seconda mano gli strappò via la collana, facendola svanire con sé.

«Ma che accidenti?!» inveì lui, stupito, tastandosi subito il collo. Sembrava più impaurito per la perdita del ciondolo che per la presenza di una settima persona nel castello.

«Stai bene?»

«Mirko?!»

Lui non rispose, perlustrò ogni angolo della terrazza, alla ricerca della collana, come impazzito per la sua assenza. Non lo avevo mai visto in quello stato. Faceva pena vederlo così dipendente da un oggetto, così debole.

«Dov'è?!» urlò, e io non capii se si stesse riferendo al ciondolo magico o a Injin, o a entrambi.

Una risata maschile irruppe. Saccente, cattiva, impietosa. Pericolosamente vicina.

Lo Spirito del Vuoto stava per fare un'altra mossa, e noi non sapevamo come individuarlo, tantomeno come fermarlo.

Esiste nascosto, ossessionato dal cuore degli umani.

Nascosto. Cuore.

Nascosto... nel cuore?

«In trappola.»

La sua nebbia si diradò, come risucchiata via, fino a scomparire, e solo allora focalizzai gli Spiriti della Natura con le quattro lance puntate contro di noi.

«Ehi, un attimo!» esclamai.

«Fermi, cosa state facendo?» sbottò Tommaso, sorpreso tanto quanto me.

«Mettete giù quelle cose.»

Una risata che non faceva presagire niente di buono uscì dalla gola di Mirko.

Cercai i suoi occhi scuri, ma non li trovai più.

Adesso erano bianchi.

Bianchi come la neve di Milano.

Come il Vuoto.

Esiste nascosto, ossessionato dal cuore degli umani.

E allora capii.

Injin era stato dentro di me.

«Oh, no! No, no, no.»

E ora si trovava nel corpo di Mirko.

«Per favore, non fategli del male!» implorai, maledicendomi per quello che stavo chiedendo.

Era Injin, sì, ma era anche Mirko, il mio amico d'infanzia, il mio fidanzato Mheàn, il mio eroe, e lui si meritava ogni odiosa parola.

«Mi unisco a lei», parlò Tommaso, ancora scioccato per quel ribaltamento di situazione. «Vi prego, lasciatelo stare. Non toccatelo neanche. E' uno di noi, Mirko.»

«Va bene», ci ascoltò lo Spirito dell'Aria, ritirando per prima la sua lancia.

«Non abbiamo scelta, al momento.» aggiunse lo Spirito del Fuoco, facendo lo stesso.

«Come ha ribadito Injin, siamo in trappola.» sentenziò, infastidito, lo Spirito della Terra. «Non potremmo mai affrontarlo senza compromettere la vita del corpo ospite, e lui lo sa.»

«La vita?»

Injin ci guardò divertito attraverso Mirko, piegò la testa a lato, come a volerci dire di non osare più sfidarlo.

«Fine», concluse, tronfio. Corse per la balconata del castello, inerpicandosi sulle rocce meno ostiche, via, sempre più lontano, verso la libertà.

Senza ostacoli. Sicuro.

Vincente.

«Che cosa facciamo, adesso?»

Ero inquieta, il cuore mi batteva a mille, mi sentivo le mani legate. Dovevamo pensare a un piano, capire come era meglio muoverci.

«Adesso salviamo Mirko», rispose Fabiana, con semplicità.

«No, adesso non lo salviamo», ribatté Marta, facendo la realista del gruppo. «Certo, abbiamo le vene ancora gonfie di magia grazie alla presenza degli Elementali, ma in fondo siamo nella loro stessa situazione.»

«Ha ragione.» l'appoggiò subito Tommaso. «Non possiamo usare la magia per espellere il Vuoto da Mirko. Feriremmo solo il suo corpo e basta.»

«Quindi per voi non possiamo fare niente?» domandai, astiosa per la loro implicita rinuncia. «Non possiamo salvarlo?!»

«No, non era quello che intendevano», s'intromise Adele, facendomi segno di calmarmi.

Invece era proprio quello che intendevano, e lo sapevamo tutti.

«Io non torno a casa senza di lui», affermai, a quel punto.

«Neanche noi, Sofia», fece sapere Tommaso, con fermezza. «Neanche noi.»

«Dovremmo cercarlo?» espresse il dubbio Adele, voltandosi nella direzione in cui era fuggito. «Servirebbe a qualcosa trovarlo?»

«Non oggi», rispose Tommaso, scuotendo la testa. «Sta calando il sole. Tra poco sarà sera, e noi non conosciamo niente di questa zona.»

«Domani?» insistei io.

«Potremmo provare», disse Marta, ma il suo tono restava scettico.

«Quali altre alternative abbiamo?» domandai, stravolta.

«Aspettare», consigliò Tommaso, dispiaciuto. «Solo aspettare.»

Per la notte ci rifugiammo all'interno del castello, conosciuto con lo strano nome "Nido di Rondine". La magia di Marta era riuscita a sbloccare la maniglia di una porta muovendo solo l'aria, e ci aveva liberato l'entrata.

Il castello era piccolo, mal arredato, non certo lussuoso come avevamo immaginato, ma per ripararci dalle raffiche di vento andava più che bene.

E aveva la miglior vista sul Mar Nero, che appariva ora screziato dalla luce dorata della luna.

Scoprimmo che nella torre vi erano due camere da letto, una delle quali la occupammo io e Fabiana, mentre l'altra la presero Adele e Marta.

Tommaso si offrì di stare da solo nella sala, e anche se dispiaceva a tutte, era rimasto l'unico ragazzo del gruppo, perciò lo lasciammo fare.

Gli Spiriti dei quattro elementi rimasero a presidiare la scogliera, anche se Injin non sarebbe tornato a disturbarci.

Loro potevano individuarlo sempre, da quando non era più nell'Astrale, sapevano dove si era fermato. Ci avevano detto che Injin si era spinto fino a Gurzuf, una piccola città poco distante da dove eravamo noi; nel corpo mortale di Mirko, non aveva potuto allontanarsi di più.

Avevamo saputo che erano venuti a Gaspra proprio perché Injin si era spostato in Crimea, e avrebbero voluto incastrarlo.

Poi rispedirlo nell'Astrale.

Ma la sua mossa aveva complicato tutto.

Fabiana dormì presto, nel palmo di una mano aveva un portafortuna che le aveva regalato Nadia in occasione dell'esame di maturità.

Faceva tenerezza.

Io, invece, non riuscivo a prendere sonno. Tenevo d'occhio il pugnale sul comodino, e pensavo, pensavo. Sotto la luna della suggestiva Crimea non facevo altro che pensare. A come stavano i miei genitori e mia sorella, a come avrei rivisto la mia città. A Nadia. A Rydios. Al nostro gruppo. Alle mie vene, di un magico marrone per la vicinanza con lo Spirito della Terra.

A Mirko.

Sono sempre stato solo.

Mirko che adesso era anche Injin.

E continuerò a esserlo, perché, in ogni caso, non finirà bene tra di noi.

Mi rifiutavo di pensare che sarebbe finita diversamente da come avrei voluto. Ascoltai il mormorio del mare, la voce delle sue onde che si infrangevano sulle rocce, e poi si ritiravano, come ferite nel profondo. Mi rilassai, finchè gli occhi non si chiusero.

Injin ha appena fatto la sua mossa, mettendo di fatto in trappola tutti, garantendosi la libertà. Vi aspettavate questa sua azione? Spero che questa parte vi sia piaciuta, ormai abbiamo più pochi giorni per conoscere l'epilogo della storia. Lasciatemi qualche commento, se vi va. La pubblicazione di questa sera salta, avendo aggiornato questa mattina, la riprendiamo domani sera. Un abbraccio!

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