Capitolo 13.1
Verità
Mirko seduto sulla sua moto sembrava una pantera acquattata nella notte, in attesa che la sua preda si avvicinasse.
Deglutii, scostandomi dalla finestra.
Era ora. Mi infilai guanti spessi, sciarpa e cappellino di lana, coprendomi con una giacca pesante, e uscii in strada.
Lui mi vide e sorrise, fiero. Prima di darmi il casco, si piegò verso di me e si prese un bacio che sapeva di conquista. Sicuro, profondo, trepidante. Mi strinsi al suo cappotto, e ricambiai.
«Ciao», disse, a bassa voce, quasi avesse timore di far svanire quel momento tra di noi.
«Ciao», lo salutai, melliflua, e una nuvola di fiato caldo si disperse nell'aria gelida.
Mi chiusi il casco sotto il mento, e salii dietro di lui, facendo passare le braccia attorno al suo busto. "Il nostro secondo appuntamento" pensai. Lo avvertii tremare, ma fu solo per un istante. Si concentrò presto sulla guida e non mi considerò più fino al parcheggio.
Entrammo al cinema, e scegliemmo di guardare un film avventuroso, dall'atmosfera natalizia, di cui molti parlavano bene.
Pagammo i biglietti, e ci avviammo in sala, cercando i posti nella semi-oscurità aiutati dalle torce nei nostri telefonini.
Ci sistemammo in una fila in fondo, abbastanza centrale, vicino a due signore che avrebbero potuto essere le nostre madri, e a tre giovani che sgranocchiavano pop-corn.
Mirko si voltò a guardarmi con occhi castano-mielati, poi avvicinò le labbra alle mie, e con un sorriso malizioso, diede inizio a un bacio appassionato, che mi sradicò completamente da terra.
Il modo in cui muoveva la lingua avrebbe dovuto essere illegale. Non aveva niente di dolce, era possessivo, quasi rude. Sentii la voglia che aveva di me, quella che aveva trattenuto fino ad ora, e mi eccitai.
«Peccato che non si possano reclinare», mi provocò, indicando le poltrone, e io mi accaldai ancora di più per il pensiero, condiviso, a cui aveva dato voce.
Il film iniziò, e lui si mise a sedere in modo composto, come se niente fosse successo tra di noi in quei minuti di attesa.
Guardai le prime scene senza interesse per i personaggi, rivivendo nella mente sempre e solo il contatto fisico che avevamo avuto. La sua bocca non era più sulla mia, ma io immaginavo che lo fosse ancora, e il cuore mi batteva talmente forte da sentirlo nelle orecchie.
Spiai Mirko con la coda dell'occhio, e pensai che anche di profilo, concentrato su altro, aveva un gran fascino.
Si era tagliato i capelli, mi piaceva come gli stavano, con quei ciuffi scuri che gli ricadevano morbidi sulla fronte. Le sue ciglia nere erano così lunghe, e le sue sopracciglia... due linee così sexy che ogni volta che cambiava espressione mi faceva sprofondare un po' di più nelle sue sabbie mobili.
«Lo vedo che mi guardi», sussurrò, a un certo punto, e io feci finta di niente, cercando di sembrare più naturale possibile.
Lo sentii sorridere, come se mi stesse prendendo in giro, e allo stesso tempo fosse contento di poterlo fare, poi trattenni il fiato.
Mi stava toccando la coscia. Le sue dita rimasero ferme sulla mia gamba qualche secondo, poi presero la confidenza per cercare le mie.
Espirai, sentendo la sua pelle che mi sfiorava, e rabbrividii, quando trovò la mia mano e me la accarezzò, di nascosto, sotto la giacca che stavo usando come coperta.
Durante l'intervallo, riprese a baciarmi, e io lo ricambiai, mentre le sue dita premevano dietro la mia schiena per avvicinarmi a sé.
«Attendevo la pausa per questo», dichiarò, con un filo di voce.
«Anche io.»
«Come ti sembra il film?»
«Uhm, carino.»
«Sai, io non riesco a seguirlo molto...»
Il suo sguardo divenne evasivo, e per la prima volta nella serata, mi parve di vederlo imbarazzato di fronte a me.
«Nemmeno io», ammisi.
«E se ci impegnassimo di più?»
«Possiamo provarci.»
«Senza garantire nulla, però», aggiunse, mentre le luci si rispegnevano.
Rimasi un istante in più con gli occhi fissi nei suoi, e mi accorsi che stavo sorridendo; non fuori, non ancora, bensì dentro, in una parte di me che conoscevo poco. Mi girai verso lo schermo e la storia che avevamo scelto, e le mie labbra si distesero.
«Alla fine ce la siamo cavata bene», dissi, arrivati ai titoli di coda, mentre le persone in sala si rivestivano per uscire.
«Sì, non male», asserì, dandomi un leggero bacio sul mento in un punto vicino alla bocca.
«Ma sono già le dieci e mezza», notai, dando un'occhiata all'orologio. «Abbiamo ancora del tempo per noi?»
«Tutto quello che vuoi», disse, interessato.
«Domani mattina hai lezione?»
«No, ma anche se l'avessi, me ne fregherei», rispose, sollevando il mio viso con le dita. «E' la nostra serata questa, voglio che sia speciale dall'inizio alla fine.»
«Anche io.»
«Allora usciamo di qui.»
Lo seguii fuori dal cinema, tenendolo per mano come se il nostro legame fosse già ufficiale, giungendo in pochi minuti al parcheggio dove avevamo lasciato la moto.
«Dove ti piacerebbe andare?» domandò, prima di darmi il casco.
«A casa tua», risposi, di getto.
«Mmm, intraprendente, Sofi», commentò, compiaciuto.
«Non farti strane idee.»
«Ah no?» mi punzecchiò.
«Andare in casa di qualcuno è un po' come conoscerlo meglio, e anche se anni fa sono già stata da te con i miei, nel frattempo puoi aver cambiato qualcosa.»
«Ti stai arrampicando sugli specchi?»
«No!» negai, con le guance calde per la vergogna.
«In ogni caso, ti ci porto.»
«Okay.»
«Dai, sali.»
Ci mettemmo più tempo del previsto, a causa del traffico, e io lo usai per riflettere su come gestire la situazione una volta arrivati.
Ero stata nell'appartamento di Mirko in uno dei miei strambi viaggi, scoprendo che avvertiva il mio corpo astrale e vedeva i morti, ma glielo avevo taciuto. Avrei dovuto essere attenta a non farglielo capire, oppure trovare il modo giusto per dirglielo.
Il ragazzo mi trascinò nell'ascensore del palazzo, tra un bacio e l'altro, e con libertà spostò le mani sul mio fondoschiena, avvicinandomi a sé. In quella cabina stretta, mi sembrò di soffocare contro di lui, consumando ogni molecola di ossigeno, una fine che tutto sommato non mi dispiaceva, se continuava a farmi sentire così bene.
«Eccoci.»
«Tuo padre è in casa?»
«Sì, ma sarà già a dormire, domani si deve alzare presto.»
«Facciamo piano, allora.»
Entrai in punta di piedi, e dopo essermi tolta la giacca, Mirko mi condusse in camera sua, attento come me a non fare rumore.
Era come la ricordavo, semplice e ordinata, con un letto a una piazza e mezza, uno spazioso armadio, una scrivania con un computer portatile e una finestra con una tenda bianca.
Essere dentro la stanza dove Mirko riposava ogni giorno, questa volta con il suo consenso e non più di nascosto, mi fece sentire bene.
«Ti direi di metterti comoda, ma essendo che di comodo qui ho solo il letto, forse potresti pensare che sto correndo troppo.»
Scossi la testa, e mi ci sedetti sopra di mia iniziativa, mentre lui si appoggiava di schiena all'anta dell'armadio e mi scrutava intensamente da lì. D'un tratto divenni nervosa.
Restammo in silenzio, lasciando trapelare il desiderio reciproco senza muoverci, seducendoci a distanza con gli occhi. Anche l'aria sembrava si stesse struggendo con noi, calda e avvolgente.
«Non vieni accanto a me?» bisbigliai, in un implicito invito.
«Vorrei fare il bravo.»
«Puoi farlo anche qui», dissi, indicando il copripiumone.
Mirko temporeggiò, ma quando si decise a venire, lo fece senza più remore, portandomi a sdraiare avvinghiata a lui. Era così bisognoso il modo in cui mi baciava che fece volare via ogni inibizione come una folata di vento.
Posai le mani sul suo maglione, immaginando cosa vi si celasse sotto, poi lo aiutai a sfilarselo. Lui lo lanciò, distratto, su una sedia, e io respirai a fatica alla vista del suo torace, nudo e scolpito.
La sua pelle aveva una carnagione più scura della mia, era liscia al tatto, con una riga di peli che scendeva dall'ombelico e spariva sotto ai pantaloni. Più in su, al collo, portava una collana argentata a cui era legato un ciondolo tondo di color bianco-trasparente.
«Pensavo volessi fare il bravo», gli dissi, con il respiro mozzato in gola, mentre iniziava a stuzzicarmi il collo con la punta della lingua, insistendo laddove mi sentiva rabbrividire.
«Sì, volevo.»
Le sue labbra si chiusero sulla pelle appena sotto l'attaccatura dei miei capelli, come se volessero morderla, poi succhiarono piano, strappandomi un gemito. Era così divino che posai la mano dietro la sua nuca e la tenni su di me, protraendo le sensazioni che mi stava dando.
«Ma non so come fare se non mi aiuti», disse, serio, sollevandosi per guardarmi negli occhi.
«C'è tuo padre in una delle stanze oltre questo muro», ricordai a lui e a me stessa.
Mirko tornò al suo posto, e sospirò, sfregandosi il viso con le mani.
«Hai ragione. Bell'aiuto.»
Mi girai di fianco, voltandomi dalla parte opposta alla sua, e presto sentii il suo petto che sfregava contro la mia schiena e il suo braccio che mi circondava il busto.
«Così va meglio?»
«Sì.»
Un tranquillizzante tepore mi pervase, perciò chiusi gli occhi, dormicchiando. Dopo alcuni minuti, mi sembrò di vibrare, e capii di essere sul punto di abbandonare il corpo. Fu come sempre la corda d'argento a confermarlo: il filamento luminoso scendeva verso il letto, mentre io mi guardavo dall'alto, come se fossi un'altra persona.
Il mio corpo e quello di Mirko erano contornati da un alone cremisi, auree dai colori accesi che si somigliavano, e si mescolavano tra di loro per la vicinanza fisica.
A differenza mia, il ragazzo non si era lasciato andare al sonno, aveva anzi gli occhi ben aperti, e lo sguardo meditabondo. Non aveva l'aria felice che pensavo avrebbe avuto, una volta sdraiato in camera sua con me.
Una bolla di essenza elementale mi roteò davanti, dentro a essa vidi comparire parole, sostituite poi da altre, le frasi nella mente di Mirko, e la tentazione di leggerle prevalse.
"Vorrei essere sincero con lei, dirle tutto." riuscii a comporre. "Ma se lo facessi, sono sicuro che fuggirebbe. La perderei."
Sentii una stretta allo stomaco, un vuoto che si espandeva, e quel fresco profumo di bosco...
"Vorrei meritare la sua fiducia, ma non posso fare altro che tradirla, se continuo a tacere su di me."
La sensazione di vuoto aumentò, ed ebbi l'impressione che mi stesse consumando.
"Sono sempre stato solo, e continuerò a esserlo, perché, in ogni caso, non finirà bene tra di noi" lessi ancora.
Provai talmente tanto fastidio a quelle parole, che non andai più avanti, mi spostai, invece, verso il mio corpo, con la chiara intenzione di tornare in me e dirgliene quattro.
Riaprii gli occhi, accertando di potermi muovere, poi cambiai posizione, sgusciando via dal suo braccio, e mi sedetti con le gambe incrociate.
Mirko capì che volevo attenzione, si mise seduto in modo informale, e appoggiando il gomito sul suo ginocchio, attese.
«Io sono una Psichica», confidai, osservandolo mutare espressione a quella parola. «Spesso perdo i sensi, e mi ritrovo fuori dal corpo, fatta di spirito. Vedo sconosciute presenze e parlo con... il mio Spirito Guida.»
Ci siamo, Sofia sta facendo un grande passo con Mirko, svelandogli la sua particolarita'. Come la prendera' lui? Mah, vediamo domani😊 Scommesse? Spero che questa parte dolce e passionale tra loro due vi sia piaciuta. Ho cercato di renderla il piu' normale e nello stesso tempo unica possibile. A presto❤
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