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Speranza

Peter continuò a camminare lungo il corridoio bianco che sembrava essere infinito. Passava e si girava da una parte e dall'altra. Vedeva dottori con un camice bianco che si muovevano a passo veloce con delle cartelle in mano: alcuni si scambiavano qualche parola sui casi dei pazienti, altri entravano nelle stanze. E poi ancora ce n'era uno che accompagnava una signora anziana e le teneva le mani piene di rughe e dei segni del tempo: gli stessi che solcavano il suo volto. Con gli occhi bassi, si faceva portare chissà dove senza rendersene conto, forse. Sembrava assorta in un pensiero tutto suo; era immersa in un sogno dal quale forse non si sarebbe mai destata. Ma... era meglio così, no? Quando i tuoi occhi non desiderano altro che chiudersi e le tue gambe cedono sotto la pesantezza degli anni, non è forse meglio che qualcuno ti venga a prendere e ti porti in un luogo migliore, dove potrai riposarti? Sì, è così. Questo è il desiderio che Peter lesse negli occhi di quell'anziana signora non appena, passandogli vicino, lei alzò lo sguardo verso il suo e incrociandolo socchiuse gli occhi lucidi per guardarlo meglio. Poi passò oltre. Peter si fermò e guardò indietro. La signora, trasportata dall'infermiera col camice bianco, continuava il suo cammino. Peter lesse la speranza di una nuova vita nei suoi occhi.

Continuò a camminare.

I suoi piedi tremavano sempre di più vedendo tutte quelle persone che girovagavano per l'ospedale senza meta, alla ricerca di qualcosa che le facesse stare meglio e si agitava sempre di più ad ogni passo che faceva perchè sapeva che prima o poi si sarebbe imbattuto nella stanza di quella ragazza a cui aveva accidentalmente ( o almeno così pensava) strappato via la vita troppo presto. Non era pronto alla vista di quella giovane donna che giaceva su un letto e dei suoi familiari che piangevano disperati. Ma sapeva che avrebbe dovuto incontrarla e avrebbe dovuto vedere i suoi occhi chiusi che ormai non avevano più niente da esprimere.

Continuava a passo lento e andava dritto, poi arrivato in fondo al corridoio, che si divideva in due direzioni, si fermò. A destra e a sinistra c'erano altri due corridoi lunghi e pieni di anime girovaganti, proprio come quello che aveva appena percorso. Di fronte a lui, una finestra. Fece due passi e appoggiò le mani sul davanzale. Stava per aprirla, quando un'infermiera lo fermò :- Non può aprire quella finestra. Ci sarebbe troppa aria per i pazienti qui intorno. Se vuole può andare alla terrazza in fondo al corridoio. Vede?-, indicò con il dito il corridoio a sinistra.
:-Grazie-, rispose Peter, mentre l'infermiera se ne andava.

Non era sua intenzione andare fuori, voleva giusto prendere una boccata d'aria fresca, ma cambiò idea quando pensò che poi, una volta uscito, non avrebbe più trovato il coraggio di entrare.
In effetti, era tentato dal solo pensiero di andarsene da lì e ritornare da sua moglie, che sicuramente l'aspettava arrabbiata. Avrebbe almeno voluto chiamarla di nuovo, ma conoscendola non avrebbe risposto. "Devo assolutamente vedere la ragazza" pensò" se dovesse morire, non me lo perdonerei mai".

Due stanze più avanti, appena dopo aver svoltato a destra, sentì un lamento, forse un pianto, che sovrastava il vocìo del corridoio. Arrivò proprio davanti la porta socchiusa, continuando a guardare avanti, indeciso, ancora una volta, se entrare oppure andarsene. Non sapeva se lì dentro ci fosse o no la ragazza, ma era come se qualcosa o qualcuno glielo avesse detto, l'avesse spinto a svoltare a destra e a fermarsi davanti quella porta: forse il suo istinto o semplicemente il pianto che sentiva, poiché faceva presumere fosse quello di una madre, distrutta dal dolore.

Nel frattempo le persone continuavano a camminare avanti e indietro, quando un'infermiera gli si avvicinò per entrare nella stanza. Peter si spostò per farla passare e in quel momento girò la testa. Nell'attimo in cui l'infermiera aprì la porta e la richiuse, aveva giusto potuto vedere un letto bianco. Nient'altro. Rimase immobile lì davanti per un po', quando l'infermiera uscì. :- E' un parente?-, chiese appena lo vide. Peter balbettò qualche parola.
:- Sì... cioè no...io...-. "Io sono quello che l'ha ridotta in quel modo", spiegazione giusta, ma non adatta in quella situazione.
:- Se non è un parente non può entrare-. Disse infine l'infermiera andandosene.
:- No aspetti, sto cercando la ragazza che ha avuto l'incidente questa mattina. Non la conosco, ma sono l'uomo che ha sbandato con la macchina-. L'unica cosa che le avrebbe permesso di entrare era la verità.
:- Astraia Wright. Sì, è in questa stanza. Ma devo avvertire prima la madre-.
Peter la fermò.:- Non vorrà mica dirle chi sono. Se le dirà che l'ho quasi uccisa , non mi permetterà di vederla-.
:-Signore si calmi, è stato solo un incidente e vedo che lei è chiaramente scioccato. Ora se vuole entrare devo avvertire la madre-. Lo guardò con aria interrogativa in attesa di una risposta. Peter annuì.

In quel momento, mille pensieri gli attraversarono la testa, come un turbinio di oggetti scaraventati da un uragano: la speranza che la ragazza stesse bene e fosse stabile e che si sarebbe rimessa presto; la paura di ricevere la notizia negativa che avrebbe distrutto la sua vita in un istante; la vergogna che avrebbe provato nel vedere la madre.

Un attimo dopo, questi pensieri scomparvero non appena la porta si aprì di nuovo. In quel momento, non respirava. Il suo cuore sembrava volesse uscire dal suo petto per quanto batteva forte.
:- Può entrare, signore, la madre vuole vederla-, disse l'infermiera appena uscita. Peter si fece coraggio e afferrò la maniglia. La spinse verso il basso. La porta si aprì.

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