26| lasagna
"Allora come mai sei passata?" mi chiese ad un certo punto mentre stavamo aggiustando una moto.
Gli passai l'attrezzo che mi aveva chiesto e ritornai a dondolarmi sullo sgabello. "Volevo delle risposte" dissi sinceramente. Sentivo che mi potevo fidare di lui. Mi dava una sensazione molto bella, mi sentivo capita in mezzo a tutte quelle moto.
"Risposte? A quali domande?"
"A quelle domande che mi tormentano da mesi ormai. Ne ho centinaia e centinaia, se te le elencassi una ad una non finirei mai."
Alzò lo sguardo dal motore. "Non ho tutto il tempo del mondo, quindi scegli con cura la domanda che mi farai, ragazzina."
Aveva parlato al singolare. Avevo a disposizione un'unica domanda. Dovevo scegliere con cura, con molta cura.
Presi un grande respiro e posi la mia domanda. "Chi era Eli Edwards?" pronunciai lentamente. "E non intendo dire dove abitasse, che scuola frequentasse, quando era il suo compleanno, tutt'altro. Voglio sapere come pensava Eli, come agiva, perché amava, quali erano le sue abitudini..."
Mi guardò incrociando le sopracciglia. Si passò una mano sulla lunga barba. "Vuoi conoscerlo, giusto?"
Annuii determinata.
L'uomo incrociò le braccia al petto, compiaciuto. "Te lo farò conoscere ragazzina, ma prima devo chiamare i tuoi genitori per avvisarli che ti fermerai a cena" disse e mi chiese di scrivere il loro numero di telefono su un foglio. La nonna ci aveva obbligato ad impararlo a memoria, semmai ne avessimo avuto bisogno. Glielo scrissi e lui la chiamò usando il telefono affisso a parete. "Signora, sono Jefferson, il meccanico del quartiere volevo dirle che..." L'uomo si bloccò di scatto, appena sentì la voce di mia nonna. Mi guardò strabuzzando gli occhi. E io mimai tra le labbra che era mia nonna. Annuì, ma non era quello a preoccuparlo. "Sì, signora. Ovvio che non le torcerò un capello, sa anche lei che non lo farei, ma volevo solo chiederle se... sì, ovvio, ma volevo... Non mi faccia perdere la pazienza, per favore! Volevo chiederle se Elaine può rimanere qui a mangiare e dopo la riporterò io stesso a casa stasera... sì, entro le nove...certo. Arrivederci!" annunciò, chiudendole la chiamata in faccia. Sbuffò. "Tua nonna è una donna molto pesante, sai!"
Scoppiai in una genuina risata. "Hai proprio ragione!"
Mi fece segno di seguirlo fuori dal garage che chiudette appena io fui fuori. E, senza dire una parola, lo seguii dentro al suo piccolo appartamento. Era un luogo abbastanza accogliente, con mobili vecchi e usati, quadri appesi al muro che ritraevano motociclisti e motocicliste. Premi e cibo erano sparsi un po' per tutto l'appartamento. Mi fece sedere sul suo piccolo divano, mentre era davanti al frigo in cucina. "Vediamo cosa c'è oggi per cena" disse, mentre osservava quel frigo mal ridotto. "Ringrazia la mia vecchia mamma per avermi preparato delle lasagne l'altro giorno" disse, prendendo un contenitore in alluminio con quelle che si potevano definire delle lasagne fatte in casa. Mise il cibo in microonde, poi, una volta che si furono riscaldate, prese due forchette da uno dei cassetti e mi venne incontro. Me ne passò una e iniziammo a mangiare.
"Eli amava le lasagne. Erano il suo piatto preferito, ne mangiava a bizzeffe e il suo modo preferito per mangiarle era proprio questo. Tutti insieme seduti sul divano, riscaldate al microonde e pappate con delle forchette. Diceva che era il modo migliore, ma non so se credergli onestamente... ti dico tutto ciò per non farti credere che io sia così un primitivo, ma lo sto facendo solo per la tua ricerca personale" mi istruì Jeff.
Gli sorrisi. Credevo che raccontarmi queste cose gli fosse molto difficile, visto il suo affetto per quel ragazzino, ma se era così non me lo fece notare. "Grazie" gli dissi spontaneamente, facendolo sorridere.
Presi un altro boccone e mi sporcai la maglietta. Risi, ma non sapevo quanto Maureen sarebbe stata contenta di questo.
"Anche Dylan e Stephanie partecipavano a queste cene clandestine, come le chiamavano loro, e si divertivano un sacco ogni volta. Di solito, dopo aver finito le lasagne, andavamo fuori a provare le moto che in giornata aggiustavo, ma, ovviamente, poi me le restituivano ancora più distrutte di prima e dovevo riaggiustarle durante la notte, ma non era un peso. Mi piaceva vederli divertire. Erano una perfetta cura alla solitudine."
"Mi potresti fare un ritratto di com'erano tra di loro. Vorrei capire un po' di più questa storia."
Si fermò con il boccone a mezz'aria. "Perché? Cosa c'è di così difficile da capire? Erano tre amici che amavano passare del tempo insieme..."
Mi si formò un nodo alla gola. "P-perché ora non sono più come tu me li stai descrivendo" sussurrai con un filo di voce.
Si infilò la forchetta in bocca e mangiò quel boccone con molta calma, poi sospirò. "È normale. Sono cresciuti, sarebbe stato un problema se non fossero cambiati." Sospirò di nuovo. "Ma uno rimarrà per sempre piccolino e innocente come una volta. Resterà per sempre il mio piccolino" disse con un tono malinconico. Entrambi sapevamo a chi si riferisse.
"Mi dispiace molto per lo sforzo che ti sto chiedendo di fare da quando sono arrivata. Sono stata una vera sciocca a farti rivivere la tua perdita. Se vuoi smettere di raccontarmi della loro vita, capirò."
Mi appoggiò una mano sulla spalla. "Cara ragazzina, non mi hai chiesto una brutta cosa. Mi piace ricordarmi di Eli, non è legato a un brutto ricordo, anzi. È la cosa più bella che mi sia capitata nella vita. Mi fa bene raccontare e parlare con qualcuno di lui. Dalla sua morte ho smesso di parlare con molte persone, lui era l'unico a cui piacevo veramente e con cui parlavo liberamente. Era come se fosse stato il figlio che non avevo mai avuto e per lui ero il padre che aveva perso."
D'istinto mi avvicinai per abbracciarlo. Mi stavo affezionando a questo strano uomo di mezz'età e non andava bene, non andava per niente bene. Se non fossi riuscita ad abbandonarlo? Se non fossi riuscita a stare bene una volta scappata? Cosa sarebbe successo?
Scacciai questi pensieri dalla mente e finimmo la lasagna in silenzio. Poi mi venne in mente un'altra idea. "Hai bisogno di aiuto per il garage?" gli domandai sorprendendolo.
"Onestamente sì. Mi arrivano sempre più moto da aggiustare e non trovo mai il tempo di finirle. Ma perché questa domanda?"
Sorrisi. "Volevo chiederti se mi potessi assumere come tua meccanica, o assistente."
"Vuoi lavorare da me?" domandò scettico.
Annuii. "Esattamente."
Prese il contenitore delle lasagne vuoto e le forchette. Andò in cucina e iniziò a lavarle. Lo raggiunsi e mi sedetti su una sedia. "Per favore, mi servono i soldi e un lavoro ..." lo pregai.
"E saresti disposta a darmi una mano quando ne ho bisogno e solo quando ne ho bisogno? Non ti voglio qui intorno tutti i santi giorni." Mi sarei offesa se me l'avesse detto qualcun altro, ma lui era Jeff ed era speciale.
Annuii molto convinta. Mi porse la sua mano e con questo sigillammo il nostro contratto. "Grazie, grazie, grazie!" urlai entusiasta, poi.
"Non avevo mai visto nessuno così felice di lavorare!" esclamò ridendo. "A cosa ti servono i soldi di questo lavoro part-time?" mi chiese dopo un po', mentre lo stavo aiutando ad asciugare il contenitore di alluminio.
Decisi di dirgli la verità. "Devo scappare. Mi servono i soldi per il treno o per il bus."
Mi aspettavo un fiume di domande in arrivo, ma nulla di tutto ciò successe, annuì solamente, come se già sapesse ciò che sarebbe accaduto o come se mi capisse, come se anche lui volesse fare lo stesso.
"Io ti darò questo lavoro, ma tu dovrai dirlo a tua nonna che verrai a lavorare da me e voglio che lei acconsenta."
Sbuffai. "Perché i genitori non si fidano di te? Perché la mamma di Stephanie ce l'aveva con te, in particolare?"
"Perché una volta mi comportavo in modo irresponsabile ed ero cattivo e arrogante, come ti ho detto poco prima."
"Ma, da come mi hai raccontato, con i ragazzi non eri così..." aggiunsi.
"No, con loro non ero così. Loro mi hanno trasformato nella persona che vedi oggi, nel vecchio che sono oggi. Erano tre ragazzini speciali che avranno sempre un posto nel mio cuore, anche quando ormai non mi parleranno più. Ho voluto bene loro con tutto il mio cuore e gliene vorrò sempre molto. Non abbandoneranno mai il mio cuore, per quanto questo possa valere."
Accennai un sorriso, quando vidi una lacrima scendergli lungo la guancia. Un uomo apparentemente così grande e indistruttibile si era affezionato a tre semplici ragazzini.
L'uomo guardò l'ora sul suo orologio ed esclamò: "Mamma mia, il tempo passa troppo in fretta. Ragazzina, sono già le nove e un quarto! Tua nonna mi ucciderà!"
Mi sistemai e scendemmo dal suo appartamento in tutta velocità. Prese le chiavi di una moto e mi fece salire dietro di lui. In un batter d'occhio fummo davanti alla casa dei mie nonni. Mi lasciò facendo una sgommata con la moto. Risi ed entrai in casa. La nonna non si era arrabbiata, fortunatamente.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro