14| swimming
Dopo lo scherzo che mi aveva fatto Dylan non mi sentivo più in grado di continuare la lezione di nuoto, quindi ritornammo dove avevamo lasciato le nostre cose. Dylan si sedette sulla sabbia e così feci anch'io, mantenendo una certa distanza fra di noi.
Il sole non era più alto come prima, ma stava iniziando a calare.
"Giochiamo a Tris, versione spiaggia?" propose Dylan dopo un po'.
"Non ci so giocare" ammisi.
"Come non sai giocare a Tris? Tutti sanno giocare a Tris!"
"Infatti, so giocare a Tris, ma non alla versione spiaggia. Io abitavo nel deserto, se non te lo ricordi già più."
"Puoi giocare anche lì questa versione, ma ovviamente con oggetti diversi...allora, ti spiego. Hai presente la tabella classica di Tris che si disegna su un foglio di carta normale? È uguale."
Annuii, mentre si alzava in piedi e la disegnava con il piede intorno a me. Io ero finita dentro alla casella centrale.
"L'unica differenza a quello cartaceo, è che è in spiaggia! Lo so, questo non lo avevi proprio capito" disse ironicamente. "E in più, non si devono disegnare cerchi o croci, ma si possono usare le conchiglie e i tappi delle birre che troveremo sicuramente tra la sabbia, che ne dici?"
"Io voglio le conchiglie, tu pigliati i tappi!"
"Certo, principessa" mi disse porgendomi una mano e inchinandosi a me. Accettai la mano, mi alzai e iniziammo a cercare i nostri oggetti speciali. Trovai sei conchiglie tutte diverse, invece lui trovò cinque tappi di birra e uno di tequila. Poi iniziammo a giocare. Io appoggiai la mia prima conchiglia sulla casella centrale, lui su quella più alta a destra. Per mia sfortuna, lui mi batté tutte e quattro le partite che giocammo. Lo costrinsi a farne una quinta per avere un rivincita, ma confermò solo la sua astuzia.
Mi rifiutai di giocare una sesta partita e mi sedetti per terra al centro di una casella. "Uffa! Che noia!" sbuffai.
"Cosa vorresti fare, Elaine?" mi chiese sedendosi vicino a me.
"Non lo so, qua è tutto così noioso..."
"Cosa avresti fatto a casa?"
"Non lo so, ma credo che a quest'ora sarei ancora a fare le piste con Furia."
Alzò un sopracciglio.
"Furia è la moto di un mio amico e gliela rubavo tutti i giorni. Non gliela rubavo, diciamo che la prendevo in prestito e poi, quando mi beccava, gliela restituivo."
"Insomma, come hai fatto con la mia" disse ridendo.
"Più o meno, ma lui mi lasciava. Gli piaceva sapere che ancora qualcuno la utilizzava e poi ci divertivamo un sacco a sgommare qua e là. Restavamo ore a creare solchi sulla sabbia, cerchi sempre più piccoli e stretti. Oppure facevamo le gare a tempo, chi ci metteva di più a precorrere un tratto di deserto doveva correre fino alla casa della pazza e darle un bacio sulla guancia. Che cavolata! Tanto io non perdevo mai, il più delle volte la pazza riceveva la maggior parte dei baci da parte di Ethan. Poverino, quanto lo facevamo patire!"
"Chi? Tu e...?" mi chiese.
"Eh?"
"Hai parlato al plurale. Hai detto che lo facevate patire."
"Avevo un amico lì, anche se non ci crederai visto che sono la ribelle e ostile Elaine" gli risposi seccata. Non avrei dato ulteriori informazioni ovviamente.
"Ci credo. Mi sembrerebbe impossibile il contrario" mi disse convinto.
Lo guardai. "Perché? Ti sembrerebbe così strano se io non avessi amici?"
"No, ma ti sei mai guardata allo specchio? Sei di una bellezza rara, anche se il tuo caratterino rovina tutto..."
Lo sapevo di essere bella. La mamma me lo ripeteva spesso e mi ripeteva di stare molto attenta anche per questo. Capivo ciò che voleva farmi intendere. Lei lo aveva vissuto nella sua pelle, più di una volta.
Mi alzai in piedi e gli porsi una mano. "Giochiamo a Prendi-Prendi?" proposi.
Dylan si alzò con il mio aiuto e rise. "Davvero? Non ci gioco da quando ero un bambino e ancora mi scaccolavo il naso con il pollicione!"
"Non volevo avere questi dettagli!" dissi schifata. Visto che non si muoveva mi misi a correre all'indietro, lungo il bagnasciuga. "Dai, corri un po'. Non ti farà mica male un po' di corsa!"
Mi girai e iniziai a correre lungo la spiaggia, quando mi voltai per la seconda volta lo vidi ancora lì fermo impalato.
Gli feci la linguaccia. "Hai paura di perdere, eh? Fifone, figlio di papà!" dissi provocando l'effetto desiderato. Iniziò a rincorrermi, ma io ero avvantaggiata perché ero davanti a lui di una cinquantina di metri, in più ero sempre stata la più veloce. Ma forse tutto ciò non bastò, perché, dopo un paio di secondi, sentii due forti braccia prendermi per la vita e sollevarmi. "Io non sono un fifone, ladra di moto!" sussurrò alle mie orecchie. Sapeva da mare e sale, sarei potuta rimanere lì per sempre ad assaporare quegli odori, ma non lo feci.
"Lasciami andare, Dylan!" esclamai scalciando, ma non intendeva lasciarmi neanche sotto pagamento.
Dylan iniziò a camminare in mezzo all'acqua. Iniziai a scalciare più forte. Non volevo tuffarmi di nuovo e, per aggiunta, mi stavo iniziando ad asciugare. "Ti prego, non buttarmi! Non lasciarmi andare, per favore!" lo pregai aggrappandomi alle sue braccia muscolose.
"E ora chi è la fifona, eh?" Roteai gli occhi e sbuffai. Non aveva intenzione di tornare indietro, di sicuro.
"Per favore, Dylan, non voglio!"
"Ma devi imparare a nuotare visto che dovrai vivere qui ancora per un po'..." disse sciogliendo delicatamente un braccio alla volta dalla mia vita. Cercai la superficie a terra, ma l'acqua era troppo profonda e non la trovai. D'istinto mi aggrappai a Dylan che era sceso leggermente con me. Ora spuntavamo solo con la testa fuori dall'acqua.
"Aggrappati alle mie spalle e muovi le gambe. Se lo farai, non cadrai, ti do la mia parola."
Feci come mi aveva detto: appoggiai le mie mani sulle sue spalle e allungai le gambe indietro. Lui mi stava tenendo per i fianchi, mentre imparavo a galleggiare, affinché non avessi paura di provarci.
Lo guardai negli occhi, come lui stava già facendo da un po'. Erano color nocciola e in quel momento, grazie al riflesso del sole, sembravano avere striature dorate sempre più chiare.
Sbattei le gambe più volte, poi sentii le sue braccia stringersi ancora di più. "Lascia le mie spalle e prova senza tenerti su di me, io ti tengo" mi rassicurò.
Lo feci e, per un attimo, una quantità indefinita di acqua mi entrò in bocca. Tossii varie volte, ma poi ci riuscii. Riuscii a galleggiare senza appoggiarmi a Dylan e mi accorsi solo dopo un po' che anche le sue braccia non erano più intorno alla mia vita e che ce la stavo facendo completamente da sola.
Sorrisi. "Dylan! Dylan! Ce la sto facendo!"
"Non ti distrarre" mi disse in un tono gentile.
Aveva ragione e riportai l'attenzione su ciò che stavo facendo e provai a nuotare, oltre che a galleggiare sulla superficie. Così feci qualche metro, con il ragazzo al mio seguito. Però non potei andare oltre perché l'acqua scendeva di molti metri tutto su un colpo, e a parole di Dylan, non ero ancora pronta per nuotare ad altezze di quattro a sei metri. Dovevamo restare sui due, per ora.
Mi appoggiai di nuovo sulle sue spalle al limite di quello stacco, per non essere trasportata dalla corrente.
"Allora, chi è che aveva paura?" mi prese in giro. "Alla fine ce l'hai fatta! E tu che non volevi nemmeno provare!"
Misi il broncio, divertita. "Uff! Non mi piace ammetterlo, ma..."
"Su, dai, dillo. Voglio proprio saperlo e assaporare ogni singola parola."
Mi staccai da lui e lo schizzai, proprio come una bambina. "Avevi ragione" dissi fra uno schizzo e l'altro.
"Lo so, ladra!" ammise.
Dopo un po' tornammo a riva nuotando, entrambi. Quando arrivammo alla spiaggia, Dylan si mise a cercare dei bastoncini di legno e io feci lo stesso, poi con delle conchiglie costruii un cerchio che limitasse il falò che volevamo appiccare. Dylan mi disse che faceva abbastanza freddo la sera, specialmente in spiaggia.
Quando mettemmo insieme i pezzi di legno, gli chiesi come avrebbe fatto ad accendere il fuoco, forse era stato un Boy Scout e sapeva la soluzione.
"Di sicuro, non sei l'unica a fumare al mondo" disse e rimasi alquanto stupita quando tirò fuori un accendino dalla tasca dei pantaloni. Era sigillato dentro un sacchettino di plastica. "Spero vivamente che, anche se si fosse bagnato con l'acqua, possa funzionare ancora..." disse provando ad accenderlo più volte.
"Me lo passi?" gli chiesi quando lo vidi struggersi per far uscire una fiammella. Lo fece. "Se si è bagnato un po', basterà asciugarlo, no?"
Soffiai più volte e provai ad accenderlo. Non funzionò, allora provai di nuovo e questa volta fortunatamente fece una piccola scintilla che poi crebbe. Afferrai un legnetto e prese fuoco. Lo lanciai nel gruppetto di legna che Dylan aveva raccolto e tutto il falò si accese.
Ci sedemmo vicino a esso. "Se avessi una felpa te la porgerei, ma non ce l'ho, quindi moriremo congelati, stasera!" preannunciò ridendo.
"Sappi che se mi avessi dato la tua felpa, non me la sarei mai messa." lo aggiornai.
"Troppo sdolcinato per Elaine Morgan."
"Forse alle tue amichette potrebbe piacere, ma avere il tuo profumo addosso mi farebbe solo che vomitare, specialmente se è la felpa che usi durante gli allenamenti."
"Non hai tutti i torti." constatò, rimettendosi la maglietta asciutta.
Non riuscii a frenare la mia curiosità e gli domandai il motivo della nostra scappatella da scuola. Il suo sguardo si fece triste, come quando Jeff aveva nominato Eli Edwards. "Avevo voglia di staccare per un po'...anche se a dire il vero non sei la migliore compagnia che si possa avere."
Gli tirai una leggera gomitata sullo stomaco. "Anche tu non sei la migliore compagnia, avrei preferito un miliardo di volte Ethan e Cameron" dissi, lasciandomi sfuggire il nome di Cam.
Per fortuna era troppo assorto nei suoi pensieri che non si accorse nemmeno di quel nome.
"Io avrei preferito Eli..." disse sospirando.
"Io avrei preferito rimanere a casa" dissi marcando sull'ultima parola.
"Anch'io."
Quando disse quelle parole si distese sulla sabbia, dandomi le spalle. Lo sentii singhiozzare.
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