Lavorare con Crystal era stato più facile di quanto Calum avesse previsto.

Per quanto le importava di Ella, l'affare che era stato proposto a Crystal valeva molto di più e rifiutare sarebbe stato da sciocchi.

Calum lo sapeva. Sapeva di aver offerto a Crystal molto più di quanto meritasse, ma se quello era il prezzo per vedere Ella risollevarsi, era contento di pagarlo.

I genitori di Calum ascoltarono con attenzione le parole ben argomentate del figlio e non ci misero molto a seguire la rotta da lui tracciata.

Con Ella c'erano stati pochi progressi: le solite risposte spiccicate, i soliti gesti trattenuti.

C'era qualcosa, in tutta quella compostezza e timidezza, che teneva Calum legato come i pianeti attorno al Sole.

Assomigliava un po' al concetto di gravità, ma il ragazzo non capiva ancora come fosse possibile.

Perché si sentiva così attratto da quella ragazza così timida e riservata, che a malapena faceva uscire la voce?

Prima di sapere di che colore avesse gli occhi aveva dovuto costringerla a guardarlo negli occhi.

Prima di poterle prendere la mano senza che la ritraesse ci erano voluti cinque tentativi e una spiegazione del motivo per cui non poteva farle male.

Prima di alleviare quel senso di disagio che vedeva in lei quando erano a casa sua, soprattutto quando c'era la madre, aveva dovuto fare una presentazione ufficiale e rassicurare entrambe che non era un soggetto pericoloso.

Ella aveva paura.

Calum aveva visto la paura nei suoi occhi, sulla sua pelle, nella sua voce.

C'era qualcosa che la teneva bloccata e il ragazzo si torturava a cercare di capire cosa fosse.

Pensando a quanto fosse ridicolo, si mise persino a leggere degli articoli sulle ragazze.

Come se Ella fosse uguale alle altre e si potesse spiegare con un articolo online.

Si grattò la nuca, ancora irrequieto.

Le mandò un messaggio per chiederle di vedersi: erano appena le cinque e di sicuro aveva già fatto i compiti.

Non avrebbe senso uscire adesso, alle sei rientra mio padre :(