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CAPITOLO X.

Tanaka passa a prendere Nishinoya verso le nove del mattino. Be', l'idea era quella; in realtà arriva con mezz'ora di ritardo, e se ne vanno un'ora dopo perché stavamo ancora dormendo.

Io ed il ragazzo non abbiamo parlato di quello che è successo. La mattina all'inizio mi era sembrato triste e pensieroso.

Ma appena ha notato che ero sveglio, ha sorriso ed è tornato allegro. I suoi occhi erano pieni di vita, come sempre, ma il suo sorriso era più spento del solito.

Serro i pugni: se penso che da adesso potrò vederlo solo in ospedale... Non se lo merita. Neanche un po'; non lui.

Tiro un pugno al muro al mio fianco; troppo debole per farmi seriamente male, ma abbastanza forte da sentire dolore.

Non ero sicuro di volere quel contatto finché non l'ho avuto: ma mi chiedo se sia giusto.

Rispondendo al suo gesto, gli ho confermato che provo quello che prova anche lui. Ma se io morissi adesso... Per lui non sarebbe peggio?

Sarebbe stato meglio lasciarlo nell'indecisione, senza fargli sapere cosa provo?

E se invece... Fosse lui a morire prima?
Scuoto la testa: non voglio pensarci. Ha ancora tempo. È ancora con me, l'ha detto lui.

Però penso che io avrei voluto saperlo. Se lui se ne andasse lasciandomi pieno di dubbi, penso che superarla sarebbe ancora più difficile. O meglio, avrei dei motivi in più per pensarci.

La pensa allo stesso modo? Credo di sì, dopotutto è stato lui a baciarmi...

Al ricordo, divento improvvisamente rosso. Aveva un tocco deciso ed eccitante, ma allo stesso tempo dolce e premuroso.

Non so perché abbia iniziato a piangere, ma se avessi parlato troppo l'avrei fatto pure io. L'emozione di quel momento... È stata immensa. Come se finalmente avessi trovato un luogo in cui mi sento totalmente bene, in armonia con me stesso.

Come se dare un segno del fatto che io sia innamorato di lui mi abbia liberato, togliendomi un peso del cuore.

Ridacchio a questa riflessione: dopotutto, il mio cuore è malato. Dubito che questo possa averlo guarito in senso medico.

Dalla cucina, mi sposto per andare in soggiorno, ma all'improvviso sento un dolore atroce al petto.

Mi porto le mani sopra ad esso mentre cado in ginocchio.

Appoggio una mano per terra e con l'altro stringo la maglietta, sperando in qualche modo di attenuare quel dolore insopportabile.

Cerco di concentrarmi sul respiro, ma ogni boccata d'aria che prendo mi sento come se stessi ingoiando mille spuntoni.

Il mio cuore aumenta freneticamente il suo battito.

Provo ad alzarmi per avvicinarmi al cellulare, ma vengo colto da un senso di vertigini e cado nuovamente per terra.

Striscio verso il divano, appoggiandomi ad esso e cercando di ignorare il dolore e provare a respirare normalmente.

Ho la vista annebbiata, e i rumori giungono alle mie orecchie ovattati.

Tanto che mi accorgo che un paio di chiavi sono state inserite nella toppa solo quando la porta si spalanca e Suga entra nella stanza, urlando il mio nome.

Sia benedetto il giorno in cui ha preteso di avere una copia delle mie chiavi...

- Daichi chiama un'ambulanza! Asahi, mi senti?-. Annuisco flebilmente e lui appoggia una mano sulla mia.

- Resisti Asahi, respira. Siamo qui, va bene? Andrà tutto bene-.

Alzo la mano, lasciandola ricadere sulla sua spalla.

- Non sforzarti- mormora lui, stringendola.

In lontananza, sento il suo delle sirene dell'ambulanza, ma temo che quando arriveranno sarò già svenuto. Non è la prima volta che mi succede ma... Questa volta, temo di avere messo il mio cuore fin troppo sotto pressione.

Volto la testa verso Suga e, anche se mi fa male dappertutto, riesco a sorridere.

Alla mia azione, lui sembra andare ancora più in panico.

- Asahi...- mormora. Pensa che mi stia arrendendo, ma non è così.

- Suga...- tossisco leggermente.

- Non sforzarti Asahi; stanno arrivando ok? Ti porteranno in salvo- afferma. Sta cercando di mantenere un tono calmo, ma anche nelle mie condizioni riesco a percepire quanto la voce gli stia tremando.

- Se dovessi... Mo...rire oggi... Sarei... Felice- sussurro.

Suga scoppia a piangere e mi abbraccia, stringendomi forte. Vorrei rincuorare il mio migliore amico, ma non ne ho le forze.

Così rimango lì, seduto, immobile, con il sorriso in volto.

Sono felice della mia giornata di ieri. Di tutto quello che ho fatto. Se dovessi morire con quei ricordi, non avrei nulla da ridire.

Però... Voglio rivederlo. Voglio abbracciarlo e stringerlo al petto un'ultima volta; voglio sentire il mio cuore battere per lui, prima che cessi per sempre.

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