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Capitolo 1

Skyler pov's

«Sky, devi svegliarti. Oggi devi andare a fare il giro introduttivo dell'università e poi devi andare dalla signora Patterson.» urla Zake, dall'altra stanza. Non rispondo, voglio solo dormire. Perché è così difficile svegliarsi alla mattina?

«Mmm...» mugolo.

«Sky, non arrivi in tempo e Caroline ti aspetta sotto casa!» ribatte. Silenzio, ecco cosa esce dalla mia bocca. Il mio letto è così caldo che mi fa sentire male solo il pensiero di lasciarlo. Siamo a settembre ma nel mio quartiere sembra già novembre. Non voglio uscire da qui, solo per estreme urgenze come il bagno o il cibo.

«Okay, signorina. Se entro tre minuti non sei vestita ti porto io all'università in pigiama.» mi rimprovera facendo ingresso nella camera. Zake non va mai sfidato, riesce ad ottenere qualunque cosa-essendo testardo come un mulo- ma è più forte di me e faccio fatica a muovermi. Mi alzo dal letto toccando con i piedi il freddo e vecchio pavimento di legno.

«Arrivo.» dico sbadigliando. «Scegli per me i vestiti, io vado in bagno.»

Lo lascio solo in camera mia e lo sento imprecare. Mi ha svegliato e ora ne paga le conseguenze. Prendo il bagnoschiuma e il balsamo e li appoggio sul pavimento del box doccia. Apro l'acqua e la faccio scorrere piano aspettando che diventi calda. Mi tolgo la maglietta a maniche lunghe e i pantaloni a vita bassa della tuta, rimanendo solo in intimo. Appena tolgo anche quello vado subito dentro la doccia e inizio a lavarmi.

L'acqua è talmente leggera e dolce quando si scontra con la mia pelle, rimarrei così per ore. Il bagno è una di quelle cose che amo di più dopo dormire e andare al lavoro. Lavoro in un piccolo fast-food ogni giorno dopo scuola e la cosa bella è che posso mangiucchiare tutto quello che voglio e avere degli sconti quando vado lì con le mie amiche.

Esco dalla doccia e per tutta la stanza si sente odore di bagno schiuma alla rosa. Cerco di specchiarmi ma il vetro del bagno è tutto appannato. Con una mano lo pulisco e riesco, finalmente, a vedere il mio riflesso. I capelli neri sono bagnati e le goccioline continuano a cadere sulla mia carnagione bianca cadaverica, è paurosa ma quanto sposto il mio sguardo sui miei occhi cambio idea. Le mie iridi sono di un blu chiaro all'esterno e più scuro verso l'interno. Per me, averli di quel colore, è un onore perché mi ricordano la nonna. Lei è morta quando ero molto piccola però avevamo un rapporto speciale. Così mi avevano raccontato.

Mi metto l'accappatoio ed esco dal bagno sgocciolando un po' ovunque. Se mio fratello vedesse che casino ho combinato sul parquet mi ammazzerebbe direttamente, ma so come gestirlo. Entro in camera mia e vedo i vestiti che ha scelto Zake, rimango sorpresa della sua scelta: una maglietta rossa da basket con il numero sei in bianco; dei jeans chiari abbastanza stretti e le converse con la bandiera Americana.

Per la prima volta mio fratello riesce a coordinare dei vestiti tutti insieme. Li indosso ed esco da camera mia. La porta della mia stanza è davanti al soggiorno, un divano a tre posti che mi dà le spalle, un divano a due posti attaccato alla parete sinistra e la scatoletta, che gli esseri umani chiamano televisione anche se sembra tutto tranne che quello. Dietro alla scatola c'è un muretto che divide il soggiorno dalla minuscola cucina. Mi dirigo verso quest'ultima dove trovo mio fratello che cerca di farsi un caffè. Gli do un colpetto con il bacino per farlo spostare e prendo io il comando della macchinetta da caffè. Gli do la tazza con il liquido dentro e lui per ringraziarmi mi dà un una spettinata di capelli.

«Eddaaai! Per una volta che mi stanno in ordine!» lo rimprovero, fingendomi arrabbiata.

«Scusa. Ti voglio bene.» si giustifica. «Oggi io e Sean andiamo a fare visita alla mamma quindi se non ci vedi è per quello.» mi avvisa. Annuisco anche se in verità non ho ascolta metà discorso. Non ho più sentito niente sentendo la parola oggi.

Qualche anno fa mia madre è riuscita a trovare un uomo che la rendesse felice così si sono trasferiti tutti e due a Brooklyn, lasciando me e i miei due fratelli nella nostra vecchia casa nel Bronx. Mi piace casa nostra solo che mentre lei sta a riposarsi senza fare niente con tutte le comodità che vuole noi dobbiamo lavorare per pagare le bollette. Qualche mese fa mi hanno assunto per fare la cameriera così ho iniziato ad accumulare un po' di soldi: una parte andavano per aiutare i miei due fratelli mentre l'altra era per la mia retta all'università di New York. Per me è stato una fortuna che mi hanno accettata, sono l'unica della mia famiglia ad essere riuscita ad entrare all'università con una borsa di studio.

Vedo mio fratello entrare nella sua stanza. Condivide la camera con Sean. Un piccolo studio, dove posso fare i compiti o leggere dei libri, la divide dalla mia. Quella stanza è una sorta di mini-biblioteca. E a destra della stanza dei miei fratelli, davanti al soggiorno e alla sala da pranzo c'è la camera degli ospiti. Prima ci stava mia mamma ma dopo che si è trasferita la usano Caroline o Max, le mie migliore amiche. Anche loro come me frequentano l'università solo che abbiamo scelto indirizzi diversi.

Caroline ha scelto moda, vuole diventare una stilista e devo ammettere che ha del talento; Max invece ha scelto medicina, lei crede che non ce l'ha farà mai perché non ama molto studiare ma è sempre stata amante dell'anatomia del corpo umano; io invece ho scelto l'unico corso che, sicuro al cento per cento è pieno di ragazzi pompati con gli ormoni a mille solo al pensiero di una ragazza in bikini: Educazione fisica.

Amo l'attività fisica solo quando si tratta di competizione. Sin da piccola mi avevano sfidato e ora ho l'opportunità di mostrare il mio meglio. Avrei voluto scegliere anche letteratura inglese ma, per mia madre, era troppo sconta. Tutte le ragazze che amano leggere lo sceglierebbero. Mi piace leggere molti generi di libri, ma i miei preferiti rimangono quelli romantici. Io non lo sono, per niente ma in qualche modo mi affascino.

Amo tenermi attiva, infatti in garage c'è un piccolo sacco da box con cui mi alleno, o vado lì o in palestra. Mi piace combattere e a volte lo faccio anche contro i miei fratelli senza fargli del male. Alle superiori mi avevano obbligata a fare dei corsi per il dopo scuola così ho scelto lacrosse per i primi due anni, il terzo calcio, il quarto basket e l'ultimo mi hanno obbligato a fare parte del gruppo delle cheerleader: dicevano che ero un buon soggetto per la squadra. Non mi piaceva come sport scolastico ma mi impegnavo al massimo lo stesso. Nel tempo libero lavoravo in biblioteca, così coltivavo anche quella passione, ecco perché alla fine la mia scelta è ricaduta tra quei due indirizzi. Alla fine lo sport ha avuto la meglio su di me.

Mi risveglio dai miei pensieri e prendo la giacca di pelle e lo zaino arancione vuoto. Ci ho messo dentro solo una felpa, l'astuccio e un quaderno. Per il giorno delle visite preferisco non portarmi troppe cose.

Esco da casa e scendo e vado incontro a Caroline che mi sta aspettando con le braccia conserte. I capelli rossi le escono da sotto la cuffia rosa mentre la sciarpa viola le copre un pezzo del viso. Indossa un giubbotto di pelle nera, simile alla mia, con sotto dei leggins abbinati alla giacca. Sotto di essa sbuca i lembi della maglietta bianca che ha indosso e come scarpe indossa dei tronchetti. È molto alta per essere una ragazza di diciotto anni e mi supera senza problemi facendomi passare per una ragazzina del liceo. Non ci vuole molto per superarmi essendo molto bassa, però lei imbroglia.

«Sky, finalmente! Tuo fratello mi ha detto che dormivi ancora e mi sono preoccupata. Ho la macchina ma sai che non vado molto veloce. Questo rottame cade a pezzi, tra poco... Comunque in mezz'ora dovremmo arrivare a scuola.» mi avvisa, scoprendosi la bocca coperta dalla sciarpa.

«Si, scusa davvero. Ieri ho fatto tardi dalla palestra e non avevo sonno quindi...»

«Si, si. Dobbiamo andare. Max ci sta aspettando da più di venti minuti!» Si gira verso la sua Ford nera. Apro la portiera e mi metto nei sedili posteriori.

«Dovresti smetterla di metterti sempre dietro, per una volta puoi prendere anche il posto di Max.» dice Carol, mentre mette in moto l'auto.

«Ma io mi metto davanti, solo che quando so che c'è Max non lo faccio. Lo sai che preferisco i posti dietro, sono più comodi e ho tutto lo spazio per me.» spiego, allacciandomi la cintura. Sbuffa e mette in moto la sua auto.

Arriviamo davanti a casa di Max, dove la mia amica ci sta già aspettando. Ha una maglietta verde a maniche corte e dei pantaloncini lunghi fino al ginocchio. Io sto letteralmente morendo di freddo mentre lei è mezza nuda!

«Quanto tempo vi ci vuole per venirmi a prendere? Non abito dall'altra parte della città, solo due isolati da voi!» ci sgrida. Mi affaccio verso di lei e gli scompiglio i capelli biondi.

«Scusa, colpevole.» ammetto, imbarazzata.

«Sei sempre la solita ma ti perdono. Da domani ti devi dare una mossa, io sono sveglia dalle sei!» Max è la classica mattiniera calorosa, così la chiama Caroline.

Siamo un gruppo strano di amiche: Caroline ha i capelli rossi, gli occhi verdi e la pelle chiarissima, freddolosa e scansafatiche; Max ha i capelli biondi, gli occhi marroni e la pelle abbronzata, ha sempre caldo ed è iperattiva ed infine io, Skyler, capelli neri, occhi blu e pelle bianca come il latte, soffro il freddo e sono abbastanza sportiva. Abbiamo tutte e tre qualcosa che ci unisce.

Il campus è abbastanza bello e ricco di zone verdi dove passare il tempo. Come prima tappa ci siamo fermate in segreteria per l'assegnazione delle camera. Avrei voluto stare con le mie due amiche ma non è stato possibile per due motivi: il primo perché le camere sono composte da due persone e noi siamo in tre, il secondo perché non si può scegliere con chi stare. La cosa positiva è che siamo tutte sullo stesso piano, abbiamo circa due camere che ci dividono. Mi hanno messo in stanza con una ragazza di Manhattan, non mi hanno voluto dire il nome anche se sto impazzando di curiosità.

La cosa buffa, se si può dire così, è che tutte e tre siamo compagne con delle ragazze di questo quartiere e di sicuro ci chiameranno "le ragazze del Bronx". Quando abitavo ancora nella mia vecchia casa il mio soprannome a scuola era "brooklinese" grazie a mio padre: un fallito imprenditore che per avere un tetto su cui vivere ha dovuto vendere macchina e casa e trasferirsi nella via più brutta e povera di Brooklyn per poi abbandonarci, così mi piace pensare. Non che mi dispiaccia vivere in quella zona, solo che mi piacerebbe stare nella casa in cui vive ora mia madre: due piani per due persone, beh due persone non è vero, ci sono anche tutti i domestici o come li chiama Zake "servetti di mamma". Ma ora sono contenta, nonostante vivo in uno dei quartieri più terrificanti del Bronx.

Finalmente, finito il giro, le ragazze mi accompagnano al fast-food per lavorare. Le saluto con un abbraccio e vado nel ripostiglio per mettermi la divisa e il cappellino. Oggi mi tocca stare dietro la cassa, prendendo ordinazioni, e se gli altri sono occupati, anche servire i clienti.

Dopo circa cinque ore di lavoro posso finalmente dire che allo scattare delle sei posso andare a casa. O meglio posso andare ad aspettare l'autobus per poi andare a casa. Non ho ancora preso la patente anche se so guidare la macchina. Mi manca ancora un paio di esami e poi devo mettere da parte i soldi per comprarne una. Mi tolgo il cappellino e lo butto sotto al bancone quando sento la porta del negozio che si chiude.

Mi alzo alla svelta e guardo i due ragazzi che sono appena entrati. Sono tutti e due altissimi. Il moro ha i capelli riccissimi e gli occhi su un azzurro tendente al verde, dalla maglietta si riescono a vedere un po' i muscoli. Indossa una maglietta aderente verde scura con sopra la giacca di pelle nera, i jeans scuri e delle sneakers scure ai piedi. Sul sopracciglio destro si vede spuntare un piccolo piercing. Si nota molto poco per colpa delle sue folte sopracciglia e del colore nero che ha scelto nell'accessorio.

L'altro ragazzo ha la pelle scura, con i dread in testa e gli occhi talmente scuri che ti perforano la vista. Indossa una giacca lunga, in stile agente segreto con dei pantaloni neri e gli anfibi. Mostro un sorriso finto e sforzato, aspettando che scelgano cosa mangiare.

«Buona sera. Vorremo due birre e due cheeseburger, uno senza cipolle.» mi dice il ragazzo di colore.

<<Okay, ve lo porto subito. Sono quindici dollari e quarantacinque centesimi.» rispondo. Alzo lo sguardo e con gli occhi incrocio quelli del ragazzo riccioluto. Abbasso la testa istintivamente. Ma che mi prende?

«Kill, ho già pagato per te quindi tocca a te. Io scelgo il posto.» lo avvisa il ragazzo di prima. Il riccioluto sbuffa sonoramente e tira fuori dai pantaloni il portafoglio dandomi una banconota da venti. Preparo lo scontrino e glielo porgo insieme al resto. Continua a fissarmi, e io mi sento bruciare sotto di lui. Perché fa così?

Torno in cucina e dico al cuoco di preparare i due panini. Prendo le bibite che hanno ordinato e gli vado incontro. Mentre sono lì riesco a percepire una piccola parte della loro conversazione.

«...Cosa credi di fare con lei? Non puoi obbligarla a non frequentarsi con quel ragazzo, anche se è tua sorella. Comunque parlando di ragazze hai visto quella tipa della...» si blocca il ragazzo con i dread, vedendomi arrivare. Stavano per parlare di me!

«Ecco a voi le birre. Tra poco sono pronti i panini.» li avverto. I due ragazzi si limitano ad annuire continuando a fissarmi, con un sorriso sulle labbra. Torno indietro e faccio finta di leggere una rivista, mentre continuo ad ascoltare quello che stanno dicendo.

«Lei. Ho visto come la guardavi. Ti piace?» chiede al riccioluto.

«Beh, ammetto che un pensierino ce l'ho farei. Dopo gli chiedo il numero così la chiamo.» Il ragazzo inizia a giocare con il suo piercing e per la prima volta in tutta la mia vita non li vedo in maniera negativa. Non mi sono mai piaciuti ma su di lui hanno un altro aspetto. Gli danno l'aria da cattivo ragazzo anche se a prima vista non si direbbe.

Ridacchio, crede veramente che sono una ragazza così facile? È solo un illuso. Dalla porta del locale entra Jeremy, il fratello maggiore di Max, non che uno dei miei migliori amici. Viene verso di me con un sorriso che mette in mostra i suoi bellissimi denti bianchi. Ha i capelli spettinati che gli danno l'aria da bad boy, ma in realtà è un ragazzo d'oro e bravissimo.

«Ciao bambolina.» mi saluta.

«Ciao rompi palle. Che ci fai qui?» domando. Lui viene dietro il bancone e mi afferra per i fianchi dandomi un bacio sulla guancia.

«Ti sono venuto a prendere. Ero venuto a casa tua ma Zake mi ha detto che eri qui e sono venuto a prenderti.» spiega abbassando la voce. «Perché quei due ci stanno fissando?»

Mi giro e becco i due ragazzi di prima che ci stanno guardando attentamente. Quando notano che li abbiamo visti si girano di colpo. Jeremy ride sottovoce e io mi unisco a lui.

«Lascia stare. Comunque va bene per il passaggio, consegno gli ultimi panini, mi cambio e andiamo. Sono stanchissima!»

«Okay, vado fuori a preparare la moto, intanto.» mi avvisa. Annuisco e vado a prendere i due panini. Li porto ai due ragazzi che non alzano più lo sguardo.

«Ora potete girarvi.» dico divertita. Alzano la testa e guardano prima me e poi tra di loro. Li lascio lì sentendo ancora i loro occhi sulla mia schiena. Mi tolgo il grembiule e mi rimetto la giacca. Saluto Terry, il cuoco ed esco.

Arriviamo a casa dopo quaranta minuti per colpa del traffico. Jeremy andava ad una velocità media. Tra i nostri amici lui è il primo che ha preso la patente ma preferisce usare la moto al posto della macchina. Lo saluto con un bacio sulla guancia e poi mi dirigo in casa.

Dal disordine che c'è mi sembra mi capire che mio fratello Sean sia già arrivato a casa. Lui ha ventinove anni ed è il maggiore mentre Zake ne ha ventiquattro. Molti dei miei amici si lamentano di avere un fratello maggiore ma io posso distinguermi dalla massa e dire che per me, Zake e Sean, sono i migliori fratelli al mondo. Il maggiore si comporta da padre mentre il minore da mamma versione maschile.

«Buona sera, piccola. Sono quasi le sette. Traffico?» mi domanda Sean, in cucina.

«Si, ci bloccavamo ogni dieci minuti.» rispondo appoggiando lo zaino per terra e appendendo la giacca.

«Ci? Tu e chi?» si ferma, voltandosi verso di me, con aria interrogativa.

«Jeremy. È venuto a prendermi al lavoro.» spiego.

«Ah, bravo ragazzo e di buona famiglia. Ha sempre avuto un non so che con te.»

«Siamo solo amici. E in più sai cosa ne penso dell'essere innamorata di una persona. Sono arrivata alla bellezza di diciotto anni senza essermi presa una cotta o avere avuto il ragazzo.»

«Si, so come la pensi ma sei grande adesso per provare a cercare qualcuno. Caroline e Max si troveranno il fidanzato prima o poi, potreste fare come quelle della televisione e fare le uscite a sei o come si chiamano.»

«Passo, grazie. Mi reputo svizzera ancora un po', almeno per gli anni del college. Voglio studiare, laurearmi e trovare un lavoro. All'amore ci penserò in futuro.» dico andando in camera mia.

«Di questo passo diventerai zitella! E io non diventerò mai zio!» mi urla. Sbuffo e mi butto sul letto. Io non diventerò una zitella solo perché non voglio stare, al momento, con nessuno. Quando mio fratello aveva la mia età portava a casa moltissime ragazze solo per una sera. Zake invece aveva avuto una sola ragazza e la sua relazione era durata circa tre anni, fino a che lei non l'ha tradito ed è rimasta incinta di uno spacciatore. D'allora mio fratello sembra avere preso una piccola cotta per la mia amica Caroline, che ovviamente ricambia ma non possono stare assieme. Il problema? È abbastanza semplice: il padre di Caroline è un pastore e non vuole che la figlia si frequenti con un ragazzo che ha come genitori un alcolizzato e una poco di buono che abbandona i suoi figli quando la figlia più piccola è nel periodo della pubertà, non che il più difficile.

Si, mia madre mi ha abbandonato quando avevo dodici anni per andare con Jack, il suo attuale compagno. Il fine settimana veniva a stare da noi per vedermi fino che, all'età di quindici anni, mi sono ribellata e gli ho detto che non doveva più venire qui solo per fare un piacere a me, così una volta ogni tanto passo tutto il giorno con lei. Di mio padre non ho più notizie. Sembra scomparso nel nulla e sinceramente non me fraga niente.

«La cena è pronta!»

Esco da camera mia e vado a sedermi al mio solito posto. Ai lati ci sono i miei fratelli, mentre io sto capotavola.

«Pronta per domani?» mi chiede Zake.

Scuoto la testa. «No. Mi mancherete ragazzi, troppo. E la cosa brutta è che condividerò la stanza con una ragazza di Manhattan!»

«Una viziatella figlia di papà. Eccitante.» scherza Sean.

«Proprio. Come minimo metterà il divisorio perché ha paura di stare con una del Bronx.»

«Non tutte sono male. Chiariamoci io parlo non del carattere ma dell'aspetto fisico, solo una botta e via, ma tu sei una femmina quindi non puoi fare nemmeno quello.» mi prende per in giro Zake. Rido per la sua orribile battuta.

«Per il compleanno ti regalerò un bellissimo libro di battute magari le migliori.» lo canzono.

«Ecco la mia acidella. Pensavo che Jeremy ti avesse dato una dose di dolcezza.»

«Dillo ancora e ti ritrovi la faccia nel purè.» lo avverto.

«Mi minacci sorellina? Beh io ti ci vedo bene con quel ragazzo ed è anche totalmente innamorato di te, che sembra voglia scop...» non lo faccio finire che lo afferro per il collo e lo sbatto nel piatto dove c'è il purè. O meglio, c'era.

«Ragazzi, dai! L'avevo appena comprato.» ci sgrida Sean. Io e Zake per risposta ci guardammo un secondo e poi scoppiamo a ridere. Ha tutto il viso sporco e anche una parte di capelli, scuri come i miei. Ovviamente nessuno ha più toccato quel piatto dopo che la sua testa ci è finita dentro. Mi alzo per sparecchiare ma non arrivo nemmeno in cucina che Zake mi prende e mi mette a testa in giù, tenendomi per le gambe.

«Lasciami!» grido, cercando di divincolarmi.

«Non ci penso nemmeno peste. Ora paghi per avermi sporcato i miei bellissimi capelli e la mia bellissima faccia, però potrei andarci cauto se mi chiedi scusa.»

«Scusa per aver sporcato i tuoi capelli e la tua bellissima faccia... da idiota.»

Sentendo quelle ultime parole mi porta in giardino e apre la canna dell'acqua bagnandomi tutta. Essendo in testa in giù tutta la maglietta si è alza lasciando vedere a tutti il mio reggiseno di pizzo rosso.

«E questo?» chiede mio fratello indicandomelo. Mi mette a terra e mi tolgo dalla faccia i capelli.

«Me l'ha regalato mamma a natale. È comodo.» spiego, leggermente imbarazzata. I miei fratelli sono uno più geloso dell'altro quando si tratta di me.

«Ah. Mmm... va bene.» prima di proseguire il discorso, rimane un po' in silenzio. «Okay, vai a fare la valigia. E dopo porta fuori la spazzatura.» Entro in casa e prendo l'enorme borsa e ci caccio dentro tutti i vestiti, senza metterli in ordine.

Dopo un'ora la mia camera è vuota. Ci sono solo dei pupazzi di quando ero piccola e qualche pigiama che non metto più. Tornerò dai miei fratelli ogni fine settimana quindi non mi preoccupo. Ho ancora la maglietta bagnata ma non mi importa, prendo la spazzatura ed esco di casa. Scendo il vialetto e faccio qualche passo fino ad arrivare ai bidoni della spazzatura. Buttato i due sacchetti mi giro e mi ritrovo davanti l'unica persona che non mi sarei mai aspettata di vedere.

«Ciao Sky. Da quanto tempo non ci vediamo?»

«Wiky, che bello vederti. Pensavo che tuo padre ti avesse messo in un collegio.»

Una ragazza dai capelli neri afro è davanti a me. Le sue curve vengono messe in risalto grazio al top viola e alla minigonna che le mette in mostra il suo sedere enorme. Non è grassa, se l'è fatto rifare per entrare nelle cheerleader.

«Non fare la lecchina con me, perché non attacca. Comunque volevo solo avvisarti che Douglas tornerà molto presto dalla prigione e verrà con noi a scuola.» mi avvisa.

«Non andrai davvero alla New York University?»

«Si, io e Douglas ci siamo scritti. Vedi di fare la brava bambina e non metterti in mezzo a noi. So che sbavavi dietro a lui due anni fa.»

«Ti sbagli, io non ho mai sbavato, non sbavo e non sbaverò dietro a nessuno. Men che meno a quel criminale del tuo ragazzo.»

«Donna avvisata, mezza salvata. Ci si vede domani. Kiss.» Wiky mi saluta e se va sculettando.

Sussurro un insulto, in modo che lei non senta. Non ho paura di affrontarla ma non voglio che torni qui.

Non ci voleva anche questa. Torno a casa di corsa pensando a quello che mi ha detto. Ho scelto una delle scuole più prestigiose per non ritrovarmi nessuno dei miei vecchi compagni di classe, escluse le mie amiche, e invece me li ritrovo tutti. Che sfiga è questa?!

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