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Capitolo 32 - Jackie Mano Rossa

La primavera è bella, si, quando non si hanno allergie durante questa stagione però. Con tutti gli effetti dell'allergia più il ciclo o più precisamente come lo chiamo io "Jackie Mano Rossa", si, come quello nominato nel film di Peter Pan, che alla fine è Wendy, che tra parentesi ha deciso di farmi visita nel momento peggiore questo mese si, mi è toccato andare a lavorare.

«Pensavi che mi avresti evitata anche oggi?» quasi non mi cadono i bicchieri dalle mani non appena mi ritrovo India davanti, seduta su uno sgabello del bancone.

«Che ci fai qui?» le chiedo dopo essermi ripresa mentalmente dallo spavento.

«Devo trovare la scusa che sono venuta a bere qualcosa o devo essere sincera?» mi chiede con la sua solita faccia da schiaffi.

«Che vuoi Indy?» le chiedo senza giri di parole.

«Parlare del fatto che sei uscita con Giggy e non mi hai raccontato niente!» strilla ed io mi guardo in torno per assicurarmi che nessuno l'abbia ascoltata.

«Abbassa la voce.» la rimprovero con sguardo serio, per quanto seria possa sembrare in questo momento, sono sicura di avere l'aspetto di Nemo versione pesce palla.

«Perché dovrei? Mica sanno chi è Giggy.» risponde con fare ovvio ed io alzo gli occhi al cielo.

«Ma Giggy si.» le ricordo e lei annuisce.

«Non cambiare discorso, oggi ci sono poche persone, fingi di servirmi e parla.»

«Che vuoi sapere?» chiedo, tirando su col naso.

«Cazzo, hai un aspetto di merda, sembra che tu abbia pianto per tutta la giornata.» ovviamente si riferisce al fatto che ho gli occhi gonfi, lucidi e rossi, il naso altrettanto rosso, sono più pallida del solito e ogni tanto mi porto le mani alla pancia per i crampi di Jackie, «Comunque voglio sapere tutto, ovviamente.»
Perciò sapendo che è l'unico modo per farla smettere di parlare e far cessare così il mio mal di testa, le racconto tutto ciò che è successo due giorni fa con il ragazzone.

«Questo è tutto, soddisfatta?» le chiedo, sperando in un si come risposta.

«Si, Giggy ci sa fare.» dice con un sorrisetto, poi il suo sguardo diventa severo, «Questa cosa che devo estrarti le parole di bocca tendendoti agguati deve finire.» dice puntandomi il dito contro.

«Lo so, mi dispiace, sono stata pessima con te in questi giorni.» rispondo colpevole come un ladro beccato a rubare in una banca.

«Il primo passo è riconoscerlo.» risponde la mia migliore amica, facendomi ridere.

«Ora che ci penso non è che tu mi abbia raccontato granché su te e Gabe.» ovviamente questo cambiamento di discorso non le piace per niente, perciò si alza velocemente dallo sgabello.

«Oh guarda chi si sta avvicinando, il tuo Giggy, devo proprio andare, si è fatto tardi.» dice indicando un punto dietro di me, non mi volto neanche per accertarmi che sia vero.

«Corri corri, tanto ti becco in camera stasera.» lei mi saluta da lontano con la mano e con un sorrisetto da stronza.

Io sto già pensando ad un modo per vendicarmi, se rientro e la trovo che dorme le butto una secchiata d'acqua addosso per costringerla a parlarmi di lei e Gabe.

«Che ti è successo?» mi chiede un vocione dietro di me, non c'è bisogno neanche di voltarmi per capire che è Kaden.

«Buonasera anche a te, ragazzone.» mi volto a guardarlo in modo sarcastico.

«Perché hai pianto?» mi chiede, ignorando completamente il mio saluto.

«Ma perché pensate tutti che abbia pianto? Accidenti!» borbottò infastidita, «È allergia, sono allergica al polline.» Kaden mi squadra per bene, so che ho un aspetto orribile, in più questi tacchi mi stanno massacrando tanto quanto i dolori mestruali e il mal di testa dovuto all'allergia.

«Non sembri star bene.» mi fa notare, come se già non lo sapessi.

«Infatti sto di merda, grazie per avermelo ricordato.»

«Perché sei venuta allora?» mi chiede ed io lo guardo confusa.

«Forse perché devo lavorare?» gli chiedo ovvia, lui mi guarda e sembra voglia rimproverarmi come se fossi una bambina.

«Avresti potuto chiamare e dirmi che stavi male.»

«Nel contratto d'assunzione c'era scritto "venire a lavoro anche in punto di morte".» rispondo tirando su col naso ancora una volta, maledizione, mi prude da morire.

«Non è vero.»

«No ma comunque non volevo crearti casini.» faccio spallucce, so che avrebbe dovuto trovare una sostituta e non mi andava di farglielo fare all'ultimo minuto.

«Andiamo, vieni nel mio ufficio e stenditi sul divano, sembra che tu stia per svenire da un momento all'altro.» sussulto e non poco quando mi prende per mano davanti a tutti gli altri impiegati, compresa Marilyn che ci guarda come se fossimo le gemelle di Shining.

Non appena entriamo nel suo ufficio e lui si chiude la porta dietro, mi volto a guardarlo con le braccia incrociate al petto e lo sguardo severo.

«Sai cos'hai appena fatto?» quasi strillo non appena si volta a guardarmi, sembra confuso.

«Ti ho portata nel mio ufficio prima che ti spiaccicassi al suolo?» tira ad indovinare ed io lo guardo male.

«Hai appena dato qualcosa di cui parlare a tutti i tuoi dipendenti, che tra parentesi sono i miei colleghi.»

Già mi immagino i mille pensieri che si faranno, i loro sussurri alle mie spalle, la cosa diventerà sicuramente imbarazzante ed io odio l'imbarazzo.

«E come avrei fatto a fare ciò che stai dicendo?» mi chiede, come se davvero non ci arrivasse da solo.

E pensare che lo ritenevo intelligente.

Okay, è Jackie a parlare per me, divento intrattabile durante il periodo mestruale.

«Mi hai presa per mano davanti a tutti.» gli faccio notare e lui mi guarda come se davvero non ci vedesse nulla di male.

«Infatti, ti ho presa per mano, non ti ho mica baciata.» mi fa notare invece lui, adesso sembra infastidito tanto quanto lo ero prima io.

«Certo, niente di che dal momento che prendi per mano tutte le tue dipendenti vero?» gli chiedo sarcastica e lui nega con la testa.

«No, non prendo per mano nessuna dipendente a parte te a quanto pare, dove vuoi andare a parare?» mi chiede, stufo dei miei giri di parole.

Kaden è uno che arriva dritto al punto sempre, senza ma e senza se.

«Ora tutti penseranno che stiamo insieme o peggio, che scopiamo e basta.» ed ecco che strillo ancora.

Non mi va di passare per una che si scopa e basta, anche se non ci sarebbe niente di male, però non sono quel tipo di ragazza.

«Hai una fervida immaginazione.» afferma ed io lo fulmino ancora una volta con lo sguardo.

«Hale!»

«Parker, noi due usciamo insieme, pensi che nasconderò questa cosa? Mi pare di averti già detto in passato che ciò che facciamo, ciò che siamo, non lo nasconderò mai a nessuno.» mi dice avvicinandosi a me e facendomi rimanere per qualche secondo senza parole.

So che la pensa in questo modo, solo non credevo facesse sul serio con me, anche se ci speravo e non posso negarlo.

«Io...»

«Se poi sei tu quella che vuole nascondere la cosa, allora è un altro paio di maniche.» dice offeso e accigliato.

«Non voglio nasconderlo.» ammetto ad alta voce e lui mi guarda leggermente meno infastidito adesso.

«E allora perché hai appena dato di matto?» mi chiede ed io non so come spiegarglielo.

«Perché parleranno, diranno cose su cose.» inizio a dire e lui mi interrompe.

«E tu lasciali parlare, non deve importarti ciò che hanno da dire.»

«Non voglio passare per una qualsiasi o per un'arrivista.» non voglio che pensino che stia con lui solo per soldi o per il lavoro, non voglio che pensino male e basta.

So che dovrei fregarmene del giudizio delle persone, però non ci riesco, devo lavorarci su.

«Ti basti sapere che non sei una qualsiasi per me e non credo che tu sia un'arrivista.» dice, accarezzandomi la guancia in modo poco da Kaden ma che mi fa comunque tremare il cuore.

«Lo so ma-» cerco di dire, però lui mi zittisce un'altra volta.

«Niente ma Parker, non saranno così stupidi da pensare che sei una che mi porto a letto e basta, conoscendomi pensi che prenderei per mano davanti a tutti una con cui mi trastullo soltanto?» la parola "trastullo" mi avrebbe fatto ridere usata in un altro contesto, però mi limito a negare con la testa perché so che Kaden non lo farebbe, cioè a stento riesce a dimostrare un po' d'affetto in pubblico a sua sorella.

«No, non sei il tipo.» rifletto ad alta voce.

«Lo so io, lo sai tu e lo sanno anche tutti loro, a te importa della loro opinione, a me no.» risponde sincero ed io lo so che è vero, «Se dovessero chiederti qualcosa rispondi la verità, anche se continuo a pensare che siano solo affari nostri.»

«E quale sarebbe la verità?»

«Che mi fai impazzire, Parker.» dice guardandomi dritto negli occhi, il che mi toglie il fiato, «Mi fai perdere il controllo e mi dai pace.» continua a dire, attirandomi a se, «Che ti prenderò sempre per mano davanti a tutti, che ti bacerò, ti abbraccerò davanti a tutti e tutte le volte che vorrò, che non ti nasconderò mai.» è impossibile non emozionarsi con queste parole, se dovesse accorgersene però darò la colpa a Jackie, che mi rende sempre il triplo più sensibile del solito, «Che stiamo uscendo insieme e che per me è una cosa più che seria.» ed ecco che mi emoziono, accidenti, «Stai piangendo?» mi chiede, sembra intenerito, mi accarezza la guancia dolcemente ed io arrossisco.

«È il ciclo.» borbotto tirando subito dopo su col naso.

«Ti fa male qualcosa?» mi chiede poi, non appena vede che mi massaggio delicatamente la pancia, per via di un crampo che mi ha appena colpita.

«A parte tutto dici?» gli chiedo con una smorfia addolorata sul viso.

«Stenditi sul divano.»

«L'hai capito che ho il ciclo, vero?» gli chiedo con il sopracciglio alzato, anche se non credo alludesse a qualcosa di sessuale.

«Non era una proposta indecente, anche se mi lusinga sapere che ci speri.» risponde con un sorriso ed io alzo gli occhi al cielo.

«Fottiti.» gli dico e lui stavolta ride proprio.

«Qualcosa mi da l'impressione che tu mi fotteresti volentieri.»

«Sfacciato e insolente che non sei altro!» gli tiro uno schiaffetto sul petto che non lo smuove di mezzo centimetro.

«Stenditi sul divano Parker.»

Il divano sulla quale mi obbliga a stendermi è enorme, nero e comodo da impazzire, quasi quanto quello che ha a casa sua e che io amo tantissimo.

«Ti stendi un po' accanto a me?» gli chiedo quasi piagnucolando, lui sembra indeciso sul da farsi.

«Dovrei lavorare.»

«Lo so, solo qualche minuto, in più non c'è bisogno che supervisioni tutto di continuo, nei tuoi altri locali mica lo fai.» lui ovviamente non mi da ragione, non lo farebbe neanche sotto tortura, però si stende accanto a me, io praticamente finisco stesa su di lui dato che altrimenti non ci sarebbe entrato, in più i suoi piedi fuoriescono dal divano in modo buffo.

«Mi piace il tuo profumo.» sussurra all'improvviso ed io sorrido con la guancia appicciata al suo petto e gli occhi chiusi.

«A me piace stare così.» decido di ammettere, non mi aspetto una risposta da parte sua ma la risposta arriva e mi sorprende non poco.

«Anche a me.» dice, poi mi da un bacio sulla testa, cosa che trovo dolce da morire.

Restiamo così per quello che sembra un tempo infinito, io stesa su di lui che gli accarezzo il petto, cullata dal battito del suo cuore e lui che mi massaggia delicatamente la pancia, ci rimarrei per sempre così.

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