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Capitolo 31 - Io Tarzan, tu Jane

«Cosa ci fai qui?» chiedo non appena apro la porta e mi trovo davanti il ragazzone, bello come sempre vorrei aggiungere.

 
Non che mi lamenti di averlo qui, comunque.

 
«Ieri ti avevo detto che volevo uscire con te.» dice sorprendendomi e non poco.

 
«Si ma non mi hai detto "domani".» ribatto ironica.


«Vuoi uscire con me o no?» mi chiede con la poca pazienza di sempre.


«Ma non mi sono preparata.» indico la tuta grigia che indosso, lui la guarda come se non capisse cos'ha che non va.

 
Ovviamente non ha niente che non va, ma non credo sia adatta per la nostra prima uscita insieme.


«Se lo fai per piacerti di più, fai pure, posso aspettare, se invece lo fai per piacere a me non disturbarti, non potresti piacermi più di così.» risponde serio ed io lo guardo come se fosse un cucciolo di panda, potrei avere gli occhi lucidi ma non lo ammetterei mai.


«Sai essere davvero tenero senza neanche impegnarti quando vuoi, lo sai?» gli parlo come se stessi parlando ad un bambino e lui mi guarda stranito.


«Tenero?» chiede poi ed io ridacchio.


«Che c'è? È poco virile per un ragazzone come te?» lo prendo in giro, perché è troppo tempo che non lo faccio.

 
«Nessuno mi ha mai definito tenero.»

 
«Forse perché fai sempre lo stronzo con tutti.» gli rispondo ovvia e sul suo volto si apre un sorrisetto, «Comunque dammi il tempo di cambiarmi, tanto mi sono già truccata perché dovevo lavorare, deduco che il mio capo mi stia dando la giornata libera.»


«Pensavo fosse scontato.»


Perciò prendo un paio di jeans stretti e a vita alta, una piccola cinta, un top con le spalline nero, blazer bianco, scarpe comode nere, corro in bagno e dopo appena cinque minuti sono pronta.

 
«Fatto ragazzone, possiamo andare.» dico non appena esco dal bagno.


Dopo un'occhiata di apprezzamento che mi lusinga, io e Kaden finalmente andiamo in macchina verso una meta che ancora non conosco.


«Mi piace.» dice rompendo il silenzio che si era creato, io mi volto a guardarlo.

 
«Cosa?»


«Che mi chiami ragazzone, significa che stai cercando davvero di andare avanti.» dice ed io sorrido.


«La verità è che ti piace e basta.» lo prendo in giro, lui alza gli occhi al cielo.

 
«Non allargarti troppo.»

 
«Non essere scortese, potrei anche mollarti e farti andare all'appuntamento da solo.» gli dico con un sorrisetto di sfida.

 
«Continuerai ad infastidirmi fino allo sfinimento, vero?» mi chiede, non si rassegnerà mai.


«Sempre.» dico ed è una promessa che ho intenzione di mantenere.

«Hai fame?» mi chiede poi.

«Perché?»

«Perché se hai fame adesso andiamo prima a mangiare, preferirei portartici dopo però perché nel posto in cui stiamo per andare credo che sia meglio per te andarci a stomaco vuoto.» ciò che dice mi mette un po' d'ansia in realtà.

«Va bene, mangiamo dopo.» gli dico, anche perché non è che ho poi così tanta fame, «Non mi starai portando a scalare il Kilimangiaro...»

«No, miss simpatia.» mi risponde sarcastico.

«Qualche arrampicata?» tiro ad indovinare ma la sua faccia da furbone mi fa capire che ha capito tutt'altro.

«Parker...»

«Non intendo quello che pensi tu, deficiente! Non farò nessuna arrampicata con te.» chissà perché per il resto del tragitto Kaden non dice una parola, quasi credo di averlo offeso ma conoscendolo non è che si offenda tanto facilmente, anche se mai dire mai.

Il posto in cui mi porta per fortuna non è sperduto chissà dove e non ci sono montagne da scalare, il che mi tranquillizza, non riesco a correre senza rischiare di cadere, figuriamoci se posso riuscire a scalare una montagna, anche se credo che qui non ce ne siano.

A primo impatto sembra una palestra e inutile dire che guardo un po' storto il ragazzone, non è che mi sta mandando un messaggio sottointeso? Qualcosa tipo "fai palestra che stai ingrassando?", no, il ragazzone non è il tipo, sono io che mi faccio troppi film.

Quando però entriamo e noto che infondo alla grande palestra c'è un muro fatto apposta per chi vuole imparare ad arrampicarsi quasi non muoio soffocata dalle mie stesse risate.

«Credo proprio che dovrai arrampicarti con me.» dice facendomi ridere ancora di più.

«Tu sei pazzo!» rido con le lacrime agli occhi.

«Inizialmente avevo pensato di portarti a un ristorante, come normalmente si fa al primo appuntamento, ma tu non hai niente di normale e volevo fare qualcosa di diverso, di originale, come lo sei tu.» non so se sentirmi lusingata o offesa, decido però di prendere la cosa come complimento.

«Dovrei prenderti a calci per avermi detto che non sono normale, però sono troppo felice, grazie ragazzone, è fantastico.» gli dico prima di abbracciarlo con un sorriso enorme, lui ricambia l'abbraccio in modo un po' impacciato dato che l'ho preso alla sprovvista.

«A saperlo sarei venuta in tuta, non credo sia il massimo farlo in jeans e se si strappassero?» gli chiedo tutto ad un tratto nel panico, non vorrei rimanere a chiappe al vento su un muro altissimo.

«Se si strappassero fingerò di essere caduto per poter vedere il tuo culo dal basso.» quando queste parole lasciano la sua bocca io quasi non ci credo, infatti lo guardo come se fosse un clone e non il vero Kaden Hale.

«Non ti facevo così...» faccio per dire ma lui m'interrompe.

«Astuto?» chiede con un sorrisetto.

«Sfacciato, così sfacciato.»

«Io sto accettando il fatto che sei fastidiosa la metà del tempo, accetterai la mia sfacciataggine.» dice e non ha tutti i torti.

Ben presto quello che credo sia l'istruttore si avvicina a noi e ci spiega tutto ciò che dobbiamo sapere, mette la protezione prima a Kaden e poi dopo che mi sono tolta il blazer, lo mette anche a me.

«L'unica cosa che non mi convince e il lanciarmi per scendere, perciò farò a modo mio.» dico al ragazzone.

«Cioè?»

«Come quando salgo le scale e poi le riscendo, facile.» così come lo salgo il percorso, posso scenderlo senza dovermi lanciare.

Chissà perché dopo essermi arrampicata su la metà della metà del muro, capisco che non è stato equo per Kaden scegliere l'arrampicata, perché diamine, lui sa farlo, io rischio di scivolare e rimanere appesa a testa in giù come una gallina.

«Vuoi una mano?» mi chiede vedendomi un po' in difficoltà, non che ci voglia tanto per mettermi in difficoltà comunque.

«Sono capace di arrampicarmi su un muro finto, grazie tante.» il mio orgoglio batte decisamente la preoccupazione per la mia salute fisica.

«Sei scivolata cinque volte.» mi fa notare ed io borbotto un "ma sentilo, questo maleducato".

«Ed è davvero poco galante da parte tua farmelo notare.» quando vedo che sta per avvicinarsi a me, strillo «Resta dalla tua parte del muro ragazzone, non farti picchiare.»

Quando finalmente alla fine riesco a salire in cima e guardo in basso il cuore mi arriva in gola, è davvero alto ed io ho il fiatone.

«Poi mi chiedono perché non ho pensato di arruolarmi, sembro una che può affrontare allenamenti duri e addirittura la guerra?» borbotto tra me e me, il ragazzone però mi sente chiaro e forte.

«Ti chiedono questo?» sembra davvero sorpreso, appeso così al muro e con questa espressione mi sembra Tarzan, mi aspetto che da un momento all'altro dica "io Tarzan, tu Jane", cadrei stecchita a terra per le risate.

«No ma non è questo il punto.» rispondo facendolo ridere, una vera risata.

«Hai mai pensato di recitare in un film drammatico?» mi chiede ed io nego con la testa.

«No, la recitazione non fa per me.»

«E cosa fa per te?» mi chiede interessato per davvero, non credo che mi abbia mai fatto tante domande in un giorno solo.

«Ragazzone, dici che io non sono normale quando quello che sta cercando di intrattenere una conversazione su un muro di non so quanti metri di altezza sei tu.» gli faccio notare indicando giù con il dito.

«Cosa fa per te, Parker?» mi chiede ancora, ignorando ciò che ho detto.

«Ascoltare le persone, cercare di capirle e aiutarle.» mi decido a rispondergli.

E' una cosa che fa parte del mio carattere, se vedo una persona triste, faccio di tutto per farle tornare su il morale, se qualcuno ha dei problemi cerco sempre di aiutare a risolverli, se qualcuno ha bisogno di parlare, io sono pronta ad ascoltare. Non so il perché, onestamente, sono solo troppo empatica, credo.

«Ecco perché hai scelto psicologia.» ragiona ad alta voce ed io annuisco.

«Esatto.» affermo, «Invece cosa fa per te?» gli chiedo curiosa.

«Mi piace gestire i miei locali, credo che questo faccia per me.» dice senza pensarci su due volte.

«Mi fa piacere che tu sia felice del tuo lavoro.»

Sono poche le persone che amano ciò che fanno, la maggior parte si accontenta per andare avanti, cosa che è altrettanto da ammirare.

«E' una delle poche cose di cui sono fiero, sapere di aver creato tutto da solo, ovvio c'è stato l'aiuto economico ed essenziale dei miei nonni però mi sono guadagnato anche quello, li ho sempre aiutati a gestire il loro ristorante di famiglia, ho lavorato per loro da adolescente e ho dedicato tutto me stesso a loro perché erano le persone più importanti della mia vita, ecco perché hanno rimasto tutto a me, compreso il ristorante.» mi racconta ancora aggrappato al muro, potrebbe sembrare scomodo ma ora come ora non mi importa molto.

«Quindi oltre ai locali hai anche un ristorante.» penso ad alta voce.

«Si, al momento lo sto ristrutturando tutto e cambierò anche il nome, è una tradizione di famiglia, la persona che lo eredita li cambia il nome, gli unici ad averlo fatto però siamo stati mio nonno ed io, suo padre e il padre di suo padre erano legati al vecchio nome.» quando parla del suo lavoro gli si legge negli occhi che ama ciò che fa e capisco che ha amato molto anche i suoi nonni.

«Sai già come lo chiamerai?» chiedo, perché sono curiosa.

«No, ancora no.»

«Credo che sarà un nome che significhi qualcosa per te.» ragiono ad alta voce e lui mi guarda leggermente incuriosito.

«Lo dici per il Mayko e il Willow?» mi chiede ed io annuisco.

«Si, l'ho trovato davvero dolce.» dico e sembra quasi imbarazzato, il che lo rende adorabile.

«L'altro locale si chiama Ginger, era il nome di mia nonna.»

«Te l'ho detto, sai essere dolce quando vuoi.» faccio spallucce, poi torno a guardare giù e mi si attorcigliano le budella, «Ora possiamo scendere? Non soffro di vertigini ma potrei iniziare a soffrirci da ora.» Kaden annuisce ridendo sotto ai baffi.

Scendo tutto il percorso con lentezza disarmante mentre Kaden si lancia proprio come aveva fatto vedere l'istruttore, io però con il cavolo che rischio la sorte.

Quando finalmente rimetto piede a terra sono decisamente sollevata e il ragazzone ride della mia espressione facciale, poi ci togliamo –finalmente- le protezioni e salutiamo l'istruttore per andare via, possibilmente a mangiare qualcosa.

«Andiamo a mangiare?» mi chiede una volta in macchina.

Potrei pensare che mi abbia letto nel pensiero ma la verità è che ha l'udito che gli funziona bene ed ha sentito la mia pancia brontolare, mi imbarazzerei se mi trovassi con un'altra persona, ma Kaden sa quanto amo mangiare.

«Si ma niente ristorante ragazzone, l'unico nella quale mi dovrai portare appena sarà finito, è il tuo.» gli dico e lui mi guarda come se fossi una strana creatura mitologica, poi però annuisce.

«E cosa vuoi mangiare?»

«Una bella pizza mi andrebbe proprio.» gli rispondo dopo averci pensato su qualche momento.

«La mangiamo fuori?»

In realtà non ho molta voglia di vedere altre persone al momento, perciò penso che potremmo andare a casa sua.

«Sbaglio o c'erano altri cartoni animati da guardare?» gli chiedo, facendo la finta tonta.

«Vuoi che andiamo a casa mia?» mi chiede voltandosi a guardarmi per qualche secondo.

«Io condivido la stanza con altre due persone, non credo sia il massimo come primo appuntamento.» rispondo ovvia, lui se la ride.

«Chi è la sfacciata adesso?» mi chiede ed io gli tiro un pizzicotto sul braccio, che non lo smuove di mezzo millimetro.

«Non credo che "andiamo a casa tua a mangiare la pizza e guardare un cartone animato" sia il massimo della sfacciataggine.»

«Te l'ho detto, non sei normale, sei sfacciata a modo tuo.» mi risponde serio ed io lo guardo un po' storto.

«Se dirai ancora una volta che non sono normale, non uscirò mai più con te.» incrocio le braccia sotto al petto e lui mi guarda ancora.

«Non è un insulto, Parker.»

«Ah no?» gli chiedo, perché non ne sono poi così sicura.

«Credo che la normalità sia sopravvalutata e decisamente noiosa.» le parole che dice mi colpiscono e non poco, perché la penso allo stesso modo.

«Beh in questo caso, grazie.» rispondo con un sorriso, «E per la cronaca guarderemo Mulan.»

Mezz'ora dopo mi trovo a casa del ragazzone, sdraiata sul suo divano con un cartone di pizza –adesso vuoto- sulle gambe, un bicchiere di Coca Cola sul tavolino e Kaden accanto a me, mentre guardiamo Mulan.

«Lei mi piace.» dice il ragazzone indicando la televisione, ovviamente parla di Mulan.

«E' fantastica, una cazzuta, vero?»

«E' forte.» ripete ed io annuisco d'accordo con lui.

«E lui è proprio bello.» aggiungo io, Kaden mi guarda ed io rido, «Tranquillo ragazzone, tu lo sei di più.» gli faccio l'occhiolino facendolo ridere.

«Grazie.»

«Figurati.»

Quando arriva la scena in cui Mulan ritorna a casa da suo padre e rivedo l'abbraccio non posso fare a meno che commuovermi, realizzo che mi manca mio padre, non lo vedo da troppo tempo e ci parlo poco al cellulare.

«Stai piangendo, i cartoni animati ti fanno un brutto effetto.» mi fa notare Kaden ed io nego con la testa.

«No, non è questo.»

«Cosa allora?» mi chiede, io mi asciugo una lacrima.

«E' che mi sono resa conto che mio padre mi manca davvero tanto, stessa cosa per mia madre, non li vedo da troppo tempo e non siamo mai stati così tanto lontani.» gli spiego e lui mi guarda quasi come se fosse intenerito.

Sono un disastro, ho appena pianto al mio primo appuntamento con Kaden, meraviglioso.

«Siete una famiglia molto unita.»

«Si, lo siamo, ci amiamo molto anche se molto spesso non siamo d'accordo su tante cose, se litighiamo e se siamo tutti molto strambi.» gli rispondo.

E' vero, su molte cose io, i miei genitori e i miei fratelli non siamo d'accordo, discutiamo spesso e volentieri per cose stupide, abbiamo tutti dei caratteri un po' eccentrici, però non li cambierei per niente al mondo, ci siamo sempre l'uno per l'altro, cerchiamo sempre un modo per far pace dopo aver discusso e ci divertiamo da morire insieme. Li amo davvero tanto.

«E' così che dovrebbe essere una famiglia.» mi fa notare Kaden, il che considerando le cose che mi ha raccontato sulla sua famiglia, mi fa capire che la sua è completamente diversa.

«Deduco che tu sia cresciuto in modo totalmente diverso.»

«Mia madre è stata quella più presente anche se non completamente, perciò di lei non posso lamentarmi, però ci sono stati litigi con mio padre, il loro divorzio, le innumerevoli fidanzate di mio padre, alcuni fidanzati di mia madre, non esattamente una famiglia come la tua.» il fatto che si stia aprendo in questo modo con me senza che gliel'abbia chiesto o l'abbia forzato a farlo –cosa che non farei mai-, mi fa piacere.

«Pensa al fatto che un giorno ti creerai una famiglia tutta tua e potrai dare ai tuoi figli, a te stesso, ciò che tu non hai avuto.» gli dico, perché credo che gli errori commessi in passato dalla sua famiglia, lui debba prenderli come insegnamento e incitamento a far di meglio per la famiglia che creerà.

Avere un passato di merda non ci giustifica dal commettere cose brutte, essere delle persone cattive o cose del genere, anzi, non possiamo dare la colpa al passato ma dobbiamo fare di tutto per cercare di essere migliori. Prendere il passato come esempio per fare di meglio, per essere migliore.

«Cercherò di fare del mio meglio.»

«Sono sicura che ci riuscirai, poi dipende anche dal tipo di moglie che ti trovi.» rispondo, perché di certo una famiglia non la metterà su da solo.

«In questo momento sono ad un appuntamento con te.» risponde facendomi venire un colpo al cuore.

«E' la proposta meno romantica della storia, perciò no, non accetto ragazzone.» ed ecco che nascondo l'imbarazzo e la sorpresa con il sarcasmo.

«Tu sei pazza.» risponde, come se non lo sapessi già o non me l'avesse mai detto prima.

«Non dirò una frase sdolcinata tipo "si, di te".» ribatto ancora e lui questa volta ride.

«Dov'è finita la tua dolcezza?» mi chiede ironico ed io faccio spallucce.

«Ci mette un po' a venire fuori?»

«Vogliamo darle un aiuto?» mi chiede ed io lo guardo confusa.

«In che senso?»

Il senso lo capisco cinque secondi dopo quando mi ritrovo praticamente spalmata su di lui e con la sua bocca a pochi centimetri dalla mia.

«I tuoi occhi visti da vicino sono ancora più belli.» dico ad alta voce ciò che avrei solo dovuto pensare.

«Bentornata dolcezza.» dice ed io ridacchio nascondendo la faccia sul suo petto.

«Che idiota.»

«Devo avvicinarmi ancora di più per farti dire cose carine?» mi chiede ed io alzo ancora una volta lo sguardo su di lui.

«Mh, non lo so, prova.» e lui ci prova davvero perché mi bacia.

Mi bacia in modo dolce ma sicuro e deciso, mi fa perdere la testa in meno di un secondo e rischio di sciogliermi qui fra le sue braccia in questo istante.

Ad un certo punto ci tocca staccarci perché potrei morire di asfissia a momenti, anche se non sarebbe di certo il modo peggiore di morire.

"Ragazza morta per asfissia dovuta ai baci di un ragazzone"

Già me le vedo le scritte sui giornali.

«Per la cronaca credo ancora che tu sia un idiota.» gli dico divertita, siamo naso contro naso.

«Un'idiota che ti ha tolto il fiato.» dice facendomi arrossire e non poco.

«Mi togli il fiato ogni volta che dici una stronzata, ovvero la metà del tempo.»

«C'è un modo per zittirti?» mi chiede ed io faccio spallucce, poi sono io quella che lo bacia, poi mi stacco e gli dico «Ho trovato il modo per zittire te.»

«Mi piace, non sono uno che parla molto ma potrei prendere in considerazione l'idea di diventare logorroico.» dice facendomi ridere.

«Sapevo che sotto a tutti quei muscoli e lo strato spesso di stronzaggine, tenevi nascosto il senso dell'umorismo.»

Passiamo il resto della serata sul divano, io seduta sulle sue gambe, con le braccia avvolte intorno al suo collo, ci punzecchiamo di tanto in tanto, ci zittiamo l'un l'altra con dei baci.

Non sono delusa da questa serata neanche un po', non avevo aspettative ma se le avessi avute sarebbero state di gran lunga superate, il ragazzone mi ha sorpresa e non poco.  


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