Capitolo 11 - Non ne usciamo vivi
Primo giorno di lavoro di coppia, io e Kaden abbiamo deciso di "lavorare" prima dell'apertura del Mayko, quindi si, praticamente sono le quattro del pomeriggio e siamo chiusi da soli nel locale. Kaden non fa altro che lanciarmi occhiate omicide da quando sono arrivata, però a questo ormai ci sono un po' abituata. Il lavoro datoci dal professor Gibson sta procedendo bene, odio ammetterlo ma Kaden è davvero intelligente come dicono.
«Ragazzone, smettila di parlare che così mi stordisci.» lo prendo in giro nel bel mezzo dello "studio", però diciamocelo, parlare di appunti, leggerli e organizzarli per più di mezz'ora senza pausa, è una noia mortale, soprattutto se si è in compagnia.
«Come prima cosa smettila di chiamarmi ragazzone, poi non siamo qui per parlare.»
«Ti diverti mai tu?» gli chiedo curiosa guardandolo attentamente, ora che ho indossato gli occhiali da vista che mi servono assolutamente quando passo ore sui libri, lo vedo decisamente meglio, ha una piccola cicatrice vicino al sopracciglio, non si nota tanto, solo a distanza ravvicinata e onestamente gli sta pure bene, non pensavo che le cicatrici potrebbero star bene addosso a qualcuno.
Parlando dei miei occhi invece, dovrei portare sempre gli occhiali da vista, in mancanza di essi dovrei usare le lentine, ma io odio le lentine, mi mettono un'ansia assurda e non le ho mai usate proprio per questo, perciò mi toccano gli occhiali che però non metto più tanto spesso ultimamente e la mia vista ne risente.
Sono più cieca di una talpa. La miopia è una vera merda.
«Certo.» mi risponde senza neanche guardarmi, cosa che mi infastidisce e non poco.
«Chissà perché non ti credo per niente.» ribatto, tamburellando la penna sul bancone, cosa che lo fa voltare verso di me.
«Mi stai dando del bugiardo?» mi chiede, lo sguardo serio tanto quanto la voce.
«Bugiardo non lo so, permaloso sicuramente.» rispondo divertita, perché è vero, Kaden è la persona più permalosa che "conosca" al momento.
«Bugiardo e permaloso, cos'altro?» mi chiede ed io potrei fare una lista.
«Brontolone.» decido di rispondere, sapendo che lo infastidirà e non poco.
«Tu sei insopportabile, se dare il tormento alle persone per te significa fare amicizia, fatti dire che sbagli completamente approccio.» mi risponde facendo il saccente come sempre, finalmente però ha abbandonato la penna sul quaderno e si è voltato verso di me, ho la sua completa attenzione e la cosa mi preoccupa.
Molto probabilmente da qui non ne usciamo vivi.
«Beh, io almeno faccio qualcosa per stringere amicizia, ragazzone so tutto io.» gli rispondo sarcastica, alzando gli occhi al cielo subito dopo.
«Parker, prima di provare a stringere amiciza con qualcuno, dovresti chiedere se questa persona è interessata a stringere amicizia con te.
«Ora illuminami, capisco e accetto il fatto di non poter stare simpatica a tutti, ciò che non capisco però è cosa ho fatto per starti così tanto antipatica, non mi conosci neanche e mi tratti come se ti avessi ammazzato il cane.» ora, molto probabilmente sarei capace di uccidere una persona vista la poca pazienza che mi ritrovo, ma mai e dico mai, potrei far del male ad un cane o animale qualsiasi.
Si, tengo più agli animali che alle persone.
«Io non ti tratto come se mi avessi ammazzato il cane, ti tratto come tratto tutti gli altri.» mi dice, io lo guardo un po' stupita e un po' sollevata, però forse non sa che ha un modo di trattare le persone davvero strano.
«Ovvero di merda.» ribatto.
«No, mi sembra di essere stato sempre educato nei tuoi confronti.»
«Quindi non vuoi stringere amicizia con me.» ammetto finalmente ad alta voce, si, ci sto rimanendo male.
«Siamo tornati all'asilo?» mi chiede confuso, «Cosa devo aspettarmi? Un bigliettino con su scritto "Diventiamo amici del cuore? Si o no?"»
Devo dire che a ironia e sarcasmo stiamo messi bene entrambi.
«Sei uno stronzo.» gli dico schietta come sempre.
«La lista si allunga.» mi rimprovera lui, facendo segno con le dita che a "insulti" siamo a quota quattro.
«Rispondi alla domanda, ragazzone.» gli dico, perché sono davvero curiosa di sapere la risposta anche se potrei rimanerci male.
«Non ho detto che non voglio esserti "amico"» la parola amico gli esce fuori quasi come un conato di vomito e la cosa mi fa ridere.
«Benissimo allora, proveremo a diventarlo.» colgo subito la palla al volo.
«Perché ti sei fissata con questa cosa dell'essermi amica? Perché non fai come gli altri e lasci semplicemente perdere?» mi chiede serio facendomi stringere il cuore solo per un istante, possibile che nessuno cerchi di conoscerlo veramente?
Davvero si limitano a fermarsi alle apparenze? Al ragazzo ricco, presuntuoso e scorbutico come lo descrivono?
«Perché gli altri ti trovano stronzo.» decido di essere sincera, anche se molto probabilmente lo sa già, infatti non sembra rimanerci male.
«E tu?» mi chiede e il suo sguardo mi fa tremare il cuore.
«Anche io.» faccio spallucce e noto un cenno di sorriso sul suo volto che mi fa quasi emozionare, «Ma credo anche che tu abbia difficoltà a stringere amicizia, socializzare o anche solo provare a fidarti di qualcuno proprio come me.» ovviamente sono sincera, non riuscirei mai a mentire.
«Questo vuol dire che smetterai di darmi il tormento?» mi chiede quasi speranzoso, mi dispiace quasi contraddirlo.
«Ragazzone, io non smetto mai di dare il tormento.» gli faccio l'occhiolino e sicuramente sembrerò una fulminata nel farlo, «Comunque questo vuol dire che dobbiamo imparare a conoscerci meglio, perciò prima che inizi il mio turno di lavoro parliamo un po', il progetto lo continuamo domani.»
So che non vuole assolutamente smettere di studiare, scrivere e far ciò che stavamo facendo, però con mia grande sorpresa annuisce con la testa e chiude tutto.
«Inizio io.» gli dico e lui mi guarda come per dire "se devi proprio", «Mi chiamo Lily Cherie Parker, si, ho un secondo nome strano non prendermi in giro per questo, ho vent'anni e due fratelli gemelli.» continuo e mi blocco perché di solito quando dico che ho due fratelli gemelli tutti rimangno stupiti, «Hai capito? Due fratelli gemelli.» ripeto e lui rimane impassibile.
«Ho capito, cosa dovrei fare?» mi guarda come se fossi scema.
«No niente, è che di solito tutti reagiscono in maniera eccessiva...» finalmente ho a che fare con qualcuno che lo trova normale.
Cioè tutti trovano normali due gemelli ma strani tre.
«Io ho un fratellastro e una sorella, tanti ex fratellastri ed ex sorellastre, quindi?» mi chiede non capendo davvero cosa voglio dire.
«Bene, dicevo, ho due gemelli, Josh e Cara, una migliore amica di nome India, i miei genitori stanno girando il mondo e hanno iniziato a farlo dopo che ce ne siamo andati di casa per venire al college.» riprendo il discorso prima che decida di interrompermi e mandarmi a fanculo, «Mi piace leggere, guardare film o serie tv, qualche volta anche dei documentari, mi piace la storia, mi piace il Natale, il gelato anche in inverno, ascoltare musica con gli auricolari, la notte e tante altre cose che scoprirai con il tempo.» si spera, vorrei aggiungere ma non lo faccio, «Ora tocca a te, come si chiamano i tuoi fratelli?»
«Willow l'hai conosciuta, ha ventidue anni, Konnell è il più grande, ne ha ventisei.» mi dice dopo qualche secondo di silenzio, mi sento sollevata dal fatto che non abbia deciso di fare scena muta.
«Vivi con i tuoi?» gli chiedo curiosa.
«No, ho un appartamento mio.» risponde e accidenti, lo vorrei anche io un'appartamento e l'indipendenza assoluta, spero di riuscire a prenderne uno entro l'anno prossimo, così da poter lasciare il dormitorio.
«Cosa ti piace oltre lavorare, lavorare e ah si, lavorare?» gli chiedo sarcastica.
«Studiare.» risponde come se non lo sapessi già.
«Ma dai, non l'avrei proprio detto.»
«Mi piace lo sport.» fa spallucce e sembra un bambino, decisamente cresciuto però, «Mi piace leggere, la musica, viaggiare.»
«Nient'altro?» gli chiedo con un cipiglio confuso stampato in faccia.
«Lo scoprirai più avanti o forse no.» risponde con un sorrisetto falso, che in realtà mi fa ridacchiare.
«Sei proprio simpatico eh?» gli chiedo sempre ironica.
«E' una delle mie doti naturali.» ribatte lui.
«Visto che so essere una buona compagnia?»
«Non ti allargare, Parker.» mi intima lui, facendomi sorridere.
«E' ora che io mi vada a cambiare ragazzone, stai per tornare ad essere il mio capo fino alle undici di stasera.» rispondo per poi ridere.
«Vai Parker, non sia mai e decida di licenziarti.» ribatte e questa volta forse e dico, forse, sta scherzando con me.
Dopo aver raccolto le mie cose dal bancone e dopo avergli fatto un cenno col capo, mi dirigo verso lo spogliatoio decisamente orgogliosa di me e di come sono andate le cose oggi.
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