Capitolo 25 - Emily
Emily
Lui è qui.
Ho quasi paura di respirare, di sbattere persino le palpebre, temo possa sparire e rendermi conto che sia un sogno.
Poso una mano sul cuore, perché è qui che lo sento in ogni momento, è qui che continua a vivere questo sentimento che non si arrende, potente come la vita.
Ripenso un attimo alla disperazione provata fino a poc'anzi, ed ora un barlume di luce fioca, di speranza, riesco ad intravederla nel verde dei sui occhi.
Flashback
Entro in casa, il tragitto dal ristorante fino a qui è stato pieno di lacrime, Francesco cercava di darmi conforto, ho parlato con lui di Alex, quindi sa cosa provo.
Sono nel panico più totale, mi manca il respiro e le lacrime scorrono sul mio viso senza tregua, le tempie pulsano come se avessi un maledetto martello pneumatico a trapanarmi il cervello.
Mi manca ossigeno, non faccio altro che andare avanti e indietro in questo piccolo salotto da quando siamo tornati da quel maledetto ristorante e sembra che i muri mi si stringano addosso.
Apro il balcone ed esco fuori con indosso solo questa dannata camicetta, ma non sento freddo, non sento nulla, so solo che non c'è ossigeno.
Poggio le mani tremanti sul ferro ghiacciato e stringo più che posso, voglio scaricare questa rabbia per una situazione surreale, voglio scrollarmi di dosso questo dolore devastante.
L'ho perso, forse non è mai stato mio, forse ho immaginato tutto.
"Mi senti, mi hai rovinato la vita maledetto figlio di puttana."
Urlo ad un tratto con quanto fiato ho in gola e spero che quello psicopatico mi abbia sentita.
Mi accascio per terra iniziando a piangere in un modo disperato, la testa mi scoppia più di prima e arrivano i singhiozzi.
Francesco accorre sentendomi urlare e mi trova rannicchiata sul pavimento di questo minuscolo balcone.
"Stai bene?"
Chiede accovacciandosi su di me.
"Non ce la faccio."
Sussurro senza forze, perché il punto è proprio questo, non ne ho più per riaffrontare tutto, per combattere, per vivere senza di lui.
Il mio telefono squilla per l'ennesima volta, rientro in casa e lo afferro da sopra il tavolo senza vedere chi sia, a causa di un impeto di disperazione riesco fuori e lo lancio con forza facendomi male alla spalla.
"Emily che hai fatto?"
Fra mi guarda sbigottito per poi fissare la strada sotto di noi distante metri e metri, lì dove giace il cadavere del mio telefono sfracellato.
Rientriamo e mi siedo sul divano, prendo il piccolo cuscino quadrato di velluto blu e lo stringo fra le braccia,come se potesse farmi da scudo.
Cerco di riequilibrare il respiro e questo oceano in tempesta che ho dentro l'anima.
Passano circa due ore e devo dire che mi sono calmata, forse perché ho finito le lacrime, forse per via di Fra che ormai è diventato un amico e cerca di farmi pensare positivo.
Suona il citofono, subito mi allerto, non so perché, di sicuro se fosse Ernesto non busserrebbe alla porta e poi, ci sono due agenti in borghese con la sua foto.
Da quando ho avvisato la polizia delle minacce di morte nei confronti di Alex, hanno fatto altre indagini e credono sia più pericoloso di quanto io pensi, ma nessuno mi dice il perché.
"Sono le ragazze, le ho chiamate pensando ti servisse un po' di sostegno e due chiacchiere fra donne."
Spiega Francesco facendomi l'occhiolino, io lo ringrazio abbozzando un sorriso.
Vado in bagno per capire in che condizioni io sia e direi che il termine "pietosa" non rende l'idea a pieno.
Sembra che io abbia fatto il botox alle labbra per quanto siano stile canotto, per non parlare degli occhi, gonfi e rossi, il naso da Clown devo dire che è la ciliegina sulla torta.
Sciacquo il viso con abbondante acqua fredda, questo contatto con la pelle arrossata mi dà sollievo all'istante, mi asciugo tamponandomi con la morbida spugna dell'asciugamano.
Mi ripeto che l'ho allontanato solo per il suo bene e ho fatto la cosa giusta, non devo pentirmene.
Torno in salotto e le ragazze corrono ad abbracciarmi, sento il loro affetto e sostegno in ogni momento, se non ci fossero nella mia vita, sarei persa.
Ad un tratto il suono del campanello ci allarma, vedo Francesco impugnare la pistola che tiene sempre dietro la schiena.
Siamo tutti in ansia, restiamo bloccati quasi senza respirare, lui guarda dallo spioncino e i suoi muscoli si rilassano.
Apre la porta quasi ridacchiando e scuotendo la testa.
"È tutto ok."
Dice a gran voce per rassicurarci e poi fa un passo di lato lasciando entrare l'ultima persona che mi sarei mai aspettata.
Fine flashback
Senza degnarmi di uno sguardo mantiene le distanze e mi oltrepassa per entrare in camera, le gambe quasi non mi reggono e devo fare uno sforzo ad ogni passo.
Entro e richiudo la porta, ora siamo soli in questa stanza, ma dal suo comportamento appena avuto ho paura a voltarmi.
Non voglio incontrare i suoi occhi per leggervi disprezzo.
Cerco di regolare il respiro mentre continuo a sostenermi da questa porta chiusa, non so cosa mi dirà e non so come spiegargli che l'ho ferito solo per proteggerlo.
"Chi è quel ragazzo di là?"
La sua voce dura spezza il silenzio ingombrante che ci stava risucchiando.
"Francesco, un agente sotto copertura, finge di essere il mio ragazzo per far uscire allo scoperto Ernesto."
Dico voltandomi, andando a sedermi sul letto, ho bisogno di un appoggio.
"A lavoro invece c'è Federica, finge di essere un assistente."
Lo informo.
Noto la sua smorfia.
"Ascolta Alex, io..."
"No. Dovrai solo rispondere alle mie domande, prima che io esca da quella porta per non farmi rivedere mai più."
Quasi ringhia interrompendomi.
Un colpo al cuore, non sento altro.
"Da quanto stai qui?"
É poggiato al muro lontano da me, ma io lo sento distante anni luce, non due miseri metri.
"Subito dopo la tua visita dai miei sono tornata, il capo della squadra che si occupa del mio caso e di tutti i casi di stalking particolari, ha inscenato tutto questo."
Gesticolo indicando l'appartamento.
"Casi particolari?"
Queste parole hanno attirato la sua attenzione.
"Quel pazzo credono sia pericoloso e ha altre denunce alle spalle."
Spiego rabbrividendo.
Resta a lungo in silenzio, braccia conserte, spalle al muro e occhi fissi sul pavimento.
Vorrei tanto sapere cosa gli passa per la testa, ma ho paura a chiederglielo, ho paura che sia la nostra fine.
"Perché?"
A questa domanda alzo lo sguardo e mi ritrovo i suoi occhi puntati contro, incorniciati da un'espressione dura.
"Non ha avuto alcun valore per te quello che siamo stati, al punto da non meritarmi una cazzo di spiegazione?"
Quest'accusa mi colpisce in pieno viso, dritto allo stomaco, come un pugile sul ring, accuso i colpi, ma non cado.
"Tu non sai proprio niente."
Mi alzo in prenda allo sconcerto che possa pensare questo.
Anche se una piccola parte di me mi ricorda di averglielo fatto credere io, con le mie azioni e le mie parole.
"Un biglietto. Questo valgo?"
Il suo tono è all'improvviso calmo.
"É stato facile per te prendere all'improvviso le tue cose, scrivere che non mi amavi e semplicemente sparire.
Non rispondere alle telefonate e poi sbattermi la porta in faccia quando ti ho trovata."
Posa una mano sul mento e finge di pensarci su, guardando il soffitto.
"Vogliamo sottolineare il fatto che solo due cazzo di giorni prima facevi l amore con me dicendo che mi amavi?"
Ora quasi urla per la rabbia.
I suoi occhi sono fiamme.
"Non hai capito niente, niente di me se per te è stato così facile credere che io ti avrei lasciato, credere che lo avrei fatto in quel modo."
La gola quasi brucia, ma ora ho bisogno anche io di sfogarmi urlandogli la mia delusione.
"Dovevo proteggerti e ho preso una decisione."
"Proteggermi? Io sarei rimasto al tuo fianco ad affrontare tutto questo. Hai deciso tu per me e hai preso la decisione sbagliata."
Si volta verso la finestra mettendo ancor più distanza.
"Non puoi capire."
Quasi sussurro.
Lui non muove un muscolo.
"Cosa ci facevi con la tua ex?"
Chiedo all'improvviso, ho paura della risposta ma ho bisogno di sapere.
Si volta appena, sembra ponderare la risposta che dovrà darmi, resta in silenzio.
Credo voglia torturarmi, poi si volta verso di me e cerca di scrutare ogni mio movimento, prima di uccidermi.
"Siamo tornati insieme."
Deglutisco, sbatto le palpebre piu volte con la speranza di ricacciare le lacrime che si fanno strada nei miei occhi.
"Emily, perché mi hai lasciato? Perché hai deciso di volermi proteggere andando via?"
Chiede ad un tratto.
Io non riesco a respirare, nella mia testa rimbombano ancora le sue parole : 'Siamo tornati insieme'.
Fa un male atroce come se mi avesse aperto la gabbia toracica e avesse strappato il mio cuore a mani nude.
Eccolo, davanti a me, con il trofeo in mano, deride le mie illusioni di risolvere tutto.
Come farò a ricucire i pezzi di me?
Cazzo, l'ho perso davvero stavolta.
Forse è meglio così, sarà al sicuro lontano da me.
Fa un passo verso di me ed io istintivamente ne faccio uno indietro, cerco solo di proteggermi, ma proteggere cosa ormai?
Mi ha annientata.
"Emily, mi ami o no?"
Mi pone questa domanda facendo un altro passo avanti ed io vorrei urlare a gran voce che è tutto per me, ma non esce nulla, le corde vocali non rispondono.
Che senso avrebbe dirgli che lo amo? Ormai non è più mio.
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