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Capitolo 20 - Alex

Alex

Sono passati otto giorni, di lei nessuna notizia, so solo che sta bene grazie a ciò che dicono le ragazze.
Continuano entrambe a ripetermi che non sanno dove si trova, sostengono che lei non vuole dirlo nemmeno a loro.

Ma io non ci credo.

Mi sembra di vivere in una situazione surreale, ma questo continuo vuoto che scava nel mio petto, mi ricorda che è tutto vero.
Quelle sue parole martellano di continuo nella mia testa, cerco di ripercorrere gli ultimi giorni insieme, ogni parola, ogni sguardo.
Magari mi è sfuggito qualcosa che possa dare una spiegazione logica al suo comportamento, ma niente, non trovo nulla.
Non puoi fare l'amore dicendomi "ti amo" guardandomi negli occhi e due giorni dopo, esattamente due, renderti conto che si trattava di un fuoco di paglia.
Tutto questo è ridicolo, lei è vera, ciò che ci lega è autentico, ciò che abbiamo vissuto per arrivare qui è reale, non può svanire nel nulla come fumo.

Ho provato a chiamarla decine di volte, il telefono è spesso spento, quando finalmente squilla semplicemente non risponde.
Le avrò mandato cento messaggi, ho persino pensato di inviarle una mail all'indirizzo di lavoro per quanto io sia disperato.
Sono andato a casa di Daniele, mi sono appostato davanti il suo ufficio, mi manca solo contattare  Paolo.

Spero non sia con lui.

Ancora non posso credere che mi abbia lasciato, non riesco ad accettare che sia vero ciò che mi ha scritto in quella maledetta lettera, non fin quando non me lo dirà guardandomi negli occhi.
Da quel giorno non ho rimesso piede in quella casa che ci ha ospitati per circa due mesi, ho temuto il dolore che mi avrebbe accecato nel rivivere in ogni angolo un frammento di noi.
A dirla tutta, ho anche la speranza che torni a casa dalle ragazze, per questo sono rimasto da mio fratello.

Mi sembra di soffocare in questa stanza, mi alzo dal letto, irrequieto cerco nel primo cassetto del comodino il pacco di sigarette che tengo di scorta per i momenti difficili da digerire.

Credo sia assolutamente una di quelle situazioni.

A piedi scalzi esco sul balcone, l'aria del mattino è parecchio pungente, ormai è autunno, il sole appena sorto mi riscalda a mala pena.
Inspiro e soffio via il fumo, osservo la sigaretta che stringo fra le dita consumarsi, mi sento come questa.

Mi sembra di impazzire.
Perché mi sta facendo questo?

Prendo una decisione, è l'ultimo tentativo che io possa fare, poi dovrò arrendermi, almeno fino a quando non deciderà lei di venir fuori dal suo nascondiglio.
Irrompo nella stanza di Claudio nonostante l'ora, la sua sveglia suonerà fra circa mezz'ora, ma io non posso aspettare un minuto di più.
É da oltre una settimana che sto vivendo in bilico, sono l'avanzo di un uomo, dormo poco, mangio appena, sono sempre nervoso.

"Cla, svegliati."
Cerco di avere un po' di tatto per quanto mi sia possibile.

"Che succede?"
È mezzo addormentato.

"Dove abitano i genitori di Emily?"
Vado dritto al punto.

"Alex, che vuoi fare?"
Ora ho tutta la sua attenzione.

"Ho bisogno dell'indirizzo esatto, sono sicuro che sia lì.
Devo provare."
Probabilmente trapelerà la mia disperazione fra le occhiaie, ma non me ne importa niente.

Velocemente faccio una doccia calda per calmarmi un po', fremo all'idea di partire, ma al contempo ho paura di trovarla.
Mi asciugo e frettolosamente infilo un jeans, una felpa leggera e il giubbotto di pelle pronto.
La mattinata a lavoro mi è sembrata eterna, con la testa immaginavo una conversazione fra lei e me.

Cosa le dirò?

Nel primo pomeriggio, dopo circa un'ora e mezzo di viaggio, eccomi davanti una piccola villetta bianca, il porticato in legno scuro e i pilastri fatti in pietre.
Tolgo il casco e lo poso sulla sella, fisso la casa davanti a me e sono più nervoso che mai, ma allo stesso tempo determinato.
Suono il campanello e attendo, l'ansia contrae lo stomaco e deglutisco l'amaro che ho in bocca.
La porta davanti a me si apre e due occhi verdi incontrano i miei, dapprima sorpresi, poi colpevoli.

L'ho trovata.

La prima reazione istintiva che ha il mio corpo è quella di stringerla a me, sentirla mia, assaporare le sue labbra e inspirare il suo profumo.
Non devo cedere.
Devo ammettere che ci riesco a mala pena, devo fare uno sforzo immane.
La seconda reazione è quella di urlarle contro tutto il dolore che mi ha procurato, voltarmi e andare via.
Ma a cosa mi servirebbe l'orgoglio?

Lei guarda in basso cercando di evitarmi, forse  non riesce a leggere la delusione sul mio volto, ma questa reazione mi dice che ci riesce fin troppo bene.
Restiamo per pochi attimi in silenzio, in realtà c'è molto da dire, vorrei esprimere il turbinio di sentimenti che mi stanno divorando, al contempo ho quasi timore di poter dire qualcosa di sbagliato.

"Alex, perché sei qui?"
Il suo tono è incerto.

"Te ne sei andata senza una spiegazione, perché ora ti meravigli di trovarmi qui?"
Sono contrito dal suo tono.
Resta in silenzio dopo la mia domanda.

"Alex, ti ho lasciato un biglietto, non ho nulla da dirti."
Cerca di chiudere la porta.
La blocco con la mano.

"Quello che c'è stato fra noi merita due banali righe su uno stupido pezzo di carta?"
Dico con disprezzo, di certo non mi aspettavo questo comportamento.

Chi è la ragazza che ho di fronte?

"Mi dispiace, è meglio così, è stato bello fra noi ma...la scintilla si è spenta, abbiamo affrettato i tempi e non ha funzionato."
La sua espressione sofferente mi destabilizza, non coincide con le sue parole taglienti come lame. Mi avrebbero già distrutto se non leggessi esattamente l'opposto nei suoi occhi.

" Non ti credo. "
Il mio tono risoluto fa alzare la sua testa di scatto, cattura subito i miei occhi e vi leggo sorpresa.
Poi subito si riprende.

" Senti, ho da fare, non ho più nulla da dirti."
Dice abbassando lo sguardo.

"Emily perché mi fai questo?"
Vorrei fosse sincera, continua a non guardarmi, ma noto come stringe forte le mani.
"Emily, sono venuto fin qui, ti ho cercato mille volte, mi sto rendendo ridicolo, non mi interessa."
Poso un dito sotto il suo mento per costringerla a guardarmi.
"È successo qualcosa, l'affronteremo insieme."
Cerco di trasmetterle coraggio, fiducia, ma la battaglia che vedo davanti a me, decide di combatterla sola.
Prende un luogo respiro e mi annienta.
"Alex, volevo chiuderla con una lettera per evitare liti, sei il fratello del mio amico e vicino. Non fare castelli in aria, semplicemente non è così forte ciò che ci ha tenuto insieme per questi mesi."

Resto immobile, nessun muscolo riesce a muoversi, la voragine nel mio petto brucia come le fiamme dell'inferno.
Mi riprendo e in me scatta un interruttore, spengo tutti i sentimenti, tutto ciò che eravamo, tutto ciò che avrei voluto.

" Bene, non siamo niente d'ora in avanti, sei stata solo una parentesi insignificante nella mia vita, come lo sono stato io nella tua."
La fisso spregevole.
"Potevi avere le palle per dirmi che volevi solo divertirti."

Faccio un passo indietro, poi un altro e un altro, continuo a scrutare il suo volto in cerca di un minimo segno che mi faccia desistere dal crederle, ma non vedo nulla della mia rossa.
Mi volto e vado via.

Salgo sulla mia moto, infilo il casco e do gas, non sento nulla, nessun dolore, nessun sentimento.
Continuo a guidare per un paio d'ore girovagando per tutto il paese, mi aspettavo di visitarlo con lei, non così.
L'aria frizzante di metà novembre punzecchia i miei occhi, la giacca non riesce a proteggermi dal freddo, soprattutto quello che sento nel cuore.
Ad un tratto mi fermo e scendo dalla moto, sento venir meno le difese erette, vengo sovrastato da un macigno chiamato dolore che mi schiaccia.
Inspiro ed espiro profondamente, l'aria sembra non essere abbastanza, apro la bocca cercando di avere più ossigeno possibile.
Porto una mano fra i capelli tirandoli leggermente per la rabbia, la mia mano scende al collo, come se volessi liberarmi da una presa invisibile, ma non serve a nulla.
Mi sorreggo alla ringhiera davanti a me stringendo entrambe le mani con forza fino a farle diventare bianche dallo sforzo.
Gli occhi mi si riempiono di lacrime, guardo in alto per scacciare queste maledette lacrime traditrici, il cielo è pieno di nuvoloni neri carichi d'acqua.
La prima goccia, la seconda, altre dieci, inizia a piovere nella notte nera, nera come la mia anima.
Le lacrime si confondono con la pioggia che continua a bagnarmi, non riesco a fare un passo, non posso allontanarmi da qui, da lei, da noi.

"Cazzo."
Urlo tirando un calcio a questa ringhiera.
Tiro un sospiro profondo, risalgo sulla moto per tornare a Roma.

Non c'è più nulla qui per me.

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