La storia che si ripete
Per chiunque amasse leggere
accompagnato dalla musica
ho scritto sulle note di
"Everybody wants to rule
the world - Lorde"
There's a room where
the light won't find you
Holding hands while
the walls come
tumbling down
When they do
I'll be right behind you
~•~
Il buio calava sulla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Una notte particolarmente fredda era quella del 30 Dicembre. La neve aveva iniziato a infrangersi sul tetto della struttura, attaccandosi morbosamente alle vetrate delle torri.
Cadeva sulla scuola inesorabilmente, come se volesse lanciare a tutti una specie di avvertimento.
Le due di notte erano scattate da qualche minuto ed una finestra della torre Grifondoro sembrava essere stranamente ancora illuminata. In realtà, la luce era stata accesa precisamente in quell'istante. Una studentessa con i capelli in disordine e gli occhi ancora semi-chiusi si era svegliata di soprassalto in seguito a dei colpi sordi che la sua porta aveva subito.
Stropicciandosi le palpebre si alzò dal letto, abbandonando contro voglia la sua camera, prima di stirarsi il pigiama con le mani, in preda ad una confusione momentanea.
Hermione Granger aprì uno spiraglio della porta mentre si grattava la guancia. I suoi occhi si allargarono leggermente quando davanti a sé si palesò la figura di Ronald Weasley, vestito – e non con il pigiama - con la bacchetta stretta nella mano destra, il respiro affannoso e la fronte sudata.
«Ron?» Domandò con la voce impastata, mentre il pensiero che si trattasse solo di un sogno si faceva largo nella sua testa. «Sei matto? Ma lo sai che ore sono?»
Ron sembrava sfiancato, come se avesse corso, la bocca che fremeva mentre la sentiva pronunciare la domanda.
La ragazza contrasse la fronte. Un dubbio si era insinuato nel suo macchinario di pensieri. «Che succede?»
«Hermione, non c'è tempo.» Respirò affannosamente, poggiando una mano contro lo stipite della porta.
Lei lo guardò con espressione interrogativa, mentre il cuore sembrava aumentare il ritmo dei battiti. La gola si faceva secca. Scosse la testa. «Tempo? Di che stai parlando? Ma hai corso?»
«Sì, ma non è questa la cosa importante. Loro stanno arrivando.» Si rincorsero le parole e la colpirono in volto. «La Resistenza, Hermione, i Mangiamorte. Arrivano, non c'è più tempo.»
~•~
Tre minuti e dieci secondi dopo stava seguendo Ron fuori dalla Sala Comune di Grifondoro, il sangue congelato dal timore e dalla tempra che aveva imposto nella sua testa. La bacchetta era stretta nella sua mano e i suoi occhi erano vigili nell'oscurità.
Camminarono velocemente per i corridoi del castello, mentre la scuola sembrava addormentata, seppellita nella notte e illuminata solo dalla luce pallida e lattiginosa delle infinite stelle. Hermione si infilò una felpa grigia alla quale aveva applicato un incantesimo riscaldante, mentre i suoi piedi continuavano ad avanzare passi frettolosi.
«Harry dov'è?» Domandò a bassa voce.
«In Presidenza, stiamo andando lì anche noi.» Rispose Ron, mentre svoltavano il corridoio.
I loro passi risuonavano nell'ambiente, un inquietante ticchettio fastidioso che sembrava scandire il tempo in maniera sempre più veloce e frenetica. Scorreva davanti a loro come i granelli nella clessidra e Hermione si sentiva a mano a mano più soffocata dalla quantità della sabbia immaginaria.
Non parlava. A malapena si ricordava di respirare, tanto era presa dai suoi pensieri e dalle domande che si accatastavano l'una sull'altra. Ogni poco contava i passi, poi perdeva il filo. Non sapeva a quale dare importanza per prima, non sapeva quale delle sue tante ipotesi poteva risultare plausibile.
Diciannove, venti, o forse erano ventidue passi?
I pensieri nella sua testa continuavano ad ammassarsi l'uno sull'altro e perse il conto di nuovo. Alla fine del garbuglio di frasi, nella sua testa ormai buia, si illuminarono cinque lettere, unite a comporre un nome. Dov'era Draco? Si domandò di nuovo quanti passi avesse fatto. Un respiro strozzato rantolò fuori. Il suono venne inghiottito nel buio, risucchiato dalle mura spesse. Era in uno stato mentale di caos e doveva riacquisire il controllo.
«Ape Frizzola.» Disse Ron senza emozione nella voce, riportandola con i piedi per terra.
I due Gargoyles si mossero, permettendo loro il passaggio. I due giovani balzarono sulle scale, salendo al piano superiore. Entrarono nella stanza senza bussare, e svariate figure che stavano in piedi a parlottare si rivelarono a loro.
«Dobbiamo attuare il piano di evacuazione, Minerva.» Stava dicendo il professor Lumacorno, mentre gesticolava con ancora con la sua vestaglia da notte indosso.
«Dawlish.» Lo richiamò la Mcgranitt, come se non si fosse ancora accorta dei due nuovi arrivati. «Vada a prendere le passaporte e segua il protocollo che abbiamo preparato all'inizio dell'anno. Con lei verranno la signorina Luna Lovegood e il signor Neville Paciock che al momento si trovano in infermeria ad avvertire Poppy Pomfrey.»
Il tono grave della donna risuonò nel silenzio della presidenza. Hermione scorse i capelli arruffati di Harry vicino alla scrivania.
«Professoressa, che succede?» Parlò a quel punto la giovane strega, facendosi avanti. Si sorprese per quanto la sua voce riuscisse a risultare ferma.
«Signorina Granger, come credo che le abbia già anticipato il signor Weasley, la gravità della situazione è preoccupante. Abbiamo allertato le autorità che si stanno dirigendo segretamente qui a scuola. Purtroppo la Resistenza di Mangiamorte ha preso di mira la scuola e siamo certi che di qui a un'ora tenteranno un attacco. Faremo evacuare tutti gli studenti tramite un piano già concordato nei minimi dettagli, voi del settimo anno compresi e-»
«Io non me ne andrò.» La voce di Harry sferzò l'aria come una folata di vento prepotente. «Rimango qui.»
«Potter, ne abbiamo già parlato.» Lo ammonì Dawlish, stringendo la pergamena tra le dita. Aveva gli occhi scavati, come se non avesse dormito affatto. «Verrete evacuati. Non si discute su questo punto.»
«Noi rimarremo.» Intervenne Ron.
«Weasley ma insomma-»
«Sono d'accordo con loro.» La voce di Hermione zittì il brusio degli auror in sottofondo. «Dopotutto siete voi che avete insistito affinché portassimo a termine un programma di addestramento.»
«Signorina Granger, per favore, almeno lei.» La pregò la Mcgranitt, non riuscendo del tutto a biasimarla. «Si trattava di una contromisura estrema a cui speriamo di non dover ricorrere, abbiate un po' di buonsenso.»
Ma Hermione, come Harry e Ron, non voleva sentir ragioni. Rimanevano uno di fianco all'altro, impuntati. Non le importava se da lei si aspettassero un minimo di ragionevolezza, Hermione non era della loro stessa idea.
«La Resistenza verrà smantellata stanotte stessa. Abbiamo ricostruito questa scuola con le nostre mani e non abbiamo nessuna intenzione di vederla bruciare di nuovo.» Era la voce Harry e non sembrava ammettere repliche.
«È anche la nostra guerra.» Aggiunse Hermione, vedendo le rughe che si formavano sul viso contratto di Dawlish.
«Non se ne parla. Non vi permetterò di rischiare la vostra vita per-» Ma un rumore assordante spezzò la voce della Preside.
Tutti quanti accorsero verso le finestre. Davanti ai loro occhi un'esplosione divampava nella Foresta Proibita, proprio in quello che Hermione decretò essere il confine dove la barriera protettiva cessava di esistere. Un fascio di luce magica si stava ammassando contro un confine immaginario, invisibile, che la stava respingendo. Gli ex-Mangiamorte stavano tentando di abbattere le protezioni della scuola.
«Dawlish vada immediatamente!» Esclamò la Mcgranitt, la voce di una calma fredda, voltandosi verso l'auror con tutte le vesti. Il tempo delle congetture si era appena esaurito.
«Signorina Granger, svegli immediatamente i suoi compagni del settimo anno e si faccia aiutare ad evacuare il proprio dormitorio. Voi-» Si rivolse poi agli auror. «Raggiungete il signor Fadford e avvisatelo di sgombrare il dormitorio dei Corvonero, così come per il signor Smith e il signor Malfoy. Chiarisco che tutti gli studenti dovranno essere portati nella Sala Grande per essere smistati in piccoli gruppetti.»
Hermione si dovette mordere la lingua. Desiderava così ardentemente sapere dove fosse Draco che il petto le stava esplodendo. E tutto era dovuto ad un timore oscuro che nascondeva da qualche parte nel petto. Il timore di essersi fidata della persona sbagliata.
«Potter, Weasley, andate con Dawlish e attivate il sistema delle passaporte.» La preside di Hogwarts si passò una mano sulla fronte, le palpebre abbassate mentre si concedeva un brevissimo momento di sconforto.
«Per qualsiasi cosa mandatemi un Patronus. Avete venti minuti, non un secondo di più.» Li congedò.
Le orecchie di Hermione erano come delle trincee isolanti. Nessun suono le arrivava più, i piedi si muovevano meccanicamente a ritroso. Si separò da Ron e Harry al bivio delle scale con uno sguardo che voleva intendere molto di più di quanto potessero fare le parole.
Arrancava i passi sui gradini, la testa che vorticava e la vista che si appannava piano piano. Continuò a salire, una corsa disperata contro il tempo. Iniziò a contare i passi, gli scalini che superava, respirando piano per quanto i suoi polmoni lo permettessero. La mano spalmata sul corrimano in pietra che la aiutava ad accorciare la distanza con il dormitorio.
Si sentiva furiosa con sé stessa per essere stata così sciocca dall'ovvia concretezza del pericolo. Così furiosa per essere stata così debole da non volerlo ammettere.
Attraversò il quadro come una furia. Doveva ragionare, essere logica.
Mosse la bacchetta in un movimento fluido mentre le sue labbra pronunciavano "Expecto Patronum". La figura familiare della sua lontra le si palesò davanti, facendo una capriola.
«Vai da Ginny Weasley e riferisci il seguente messaggio: Ginny, la Resistenza sta arrivando, non c'è tempo, sveglia tutti quanti, dobbiamo evacuare il dormitorio.» Hermione respirò affannosamente. «Vai e porta il messaggio!»
Vide la lontra galleggiare in direzione delle scale che portavano al dormitorio delle ragazze.
Hermione salì solo la prima rampa, facendo irruzione in tutte le stanze del corridoio. Ripeteva meccanicamente la stessa frase, lo stesso processo, la bacchetta illuminata dall'incantesimo di luce. Diceva di non preoccuparsi, di mantenere la calma e che tutto sarebbe andato bene. Ripeteva all'infinito, finché tutte le parole persero di significato, mentre cercava di convincere anche se stessa.
Le ragazzine del primo anno la fissavano con tanto d'occhi e una di loro si mise anche a piangere. Hermione strinse i denti e le trascinò al piano inferiore, nella Sala Comune.
«Hermione!» Esclamò Ginny, correndo verso di lei, seguita dalle altre ragazze di Grifondoro.
«Ginny.» Hermione aveva gli occhi arrossati. «Ginny, vai a svegliare Dean e Seamus, digli di radunare i ragazzi.» La Weasley annuì ed Hermione la vide correre su per le scale del dormitorio dei ragazzi. Poi si rivolse a Calì Patil. «Appena arriva Seamus, portatele tutte in Sala Grande.»
Calì annuì, raggruppando in un angolo tutte le ragazzine terrorizzate del primo e del secondo anno.
Hermione salì nuovamente le scale, passando in rassegna a tutte le porte delle studentesse del terzo e del quarto anno.
Cormac, Dean e Seamus arrivarono in Sala Comune circa tre minuti dopo, il respiro affannato, le bacchette alla mano e i vestiti stropicciati. Sotto la direzione di Hermione, tirarono giù dal letto tutti i componenti della casa di Godric Grifondoro e, dopo soli quindici minuti, avevano svuotato l'intero dormitorio.
Ginny fissò Hermione con sguardo preoccupato, mentre la vedeva aprire l'ultima fila di studenti che la seguivano a piccoli passi, in silenzio. Ginny attraversò per ultima il quadro della Signora Grassa, scossa. Faticava ancora a credere che la storia si stesse ripetendo di nuovo.
~•~
«Blaise!»
Draco stava scuotendo il corpo del ragazzo addormentato da dieci secondi. Il suo cuore martellava nel petto nello stesso modo in cui aveva fatto nella notte dell'omicidio di Albus Silente.
«Blaise svegliati!» Ripeté più forte.
Zabini si voltò di scatto, un fruscio di coperte, tirando su la testa e colpendo la fronte di Draco in uno schiocco. Si portò la mano sulla fronte con un sibilo di dolore, l'altro fece lo stesso e si allontanò di scatto.
«Ma sei impazzito?!» Digrignò tra i denti, accendendo la lampada sul comodino. «Giuro su dio che se è uno scherzo ti uccido stavolta.»
Draco aveva gli occhi chiusi e aveva preso a massaggiarsi anche lui la fronte con movimenti circolari. Gli occhi erano rossi e scavati, sembrava che non avesse dormito affatto. Blaise lo guardò, l'espressione sconcertata, pronto a strozzarlo per aver interrotto il suo sonno restauratore.
«Draco, che succede?» Chiese in un secondo momento, la voce che si faceva allarmata.
«Vestiti e alzati, loro arrivano.» Dichiarò al buio della stanza.
La lampada sul comodino di Blaise gettava spicchi di luce debole sul suo volto e Blaise poteva scorgerne i lineamenti del volto tirati. Era abbastanza facile comprendere che fosse accaduto qualcosa.
«Loro?» Gli occhi del moro che si spalancavano appena. «Ma di che diamine parli?» Borbottò, la voce roca a causa del sonno da cui era appena stato strappato.
«Loro, Blaise. La fottuta Resistenza.» Draco allargò gli occhi, l'allarme che batteva nella sua testa. «E Ophelia non è nel suo letto.»
«Che cosa?» La voce di Blaise era diventata un sussurro freddo, raggelante. «Tu dici che-»
«Non lo so. Lei però non c'è, se n'è andata non so da quanto, e la Resistenza sta attaccando le barriere della scuola. Dobbiamo evacuare i più piccoli. Ora.» Decretò con la voce dura. «Non abbiamo il tempo materiale per metabolizzare. Ti aspetto in sala comune, hai un minuto.»
Lo lasciò solo senza dire altro, smettendo di occludere non appena attraversò l'entrata della camera del dormitorio. Blaise vide solo il frusciare del suo mantello scomparire dietro la porta, mentre faceva di tutto per non mettersi a gridare. Si sforzava di tenere le spalle rigide, immobili.
Spense la lampada del suo comodino, la luce provocava uno strano, nuovo tipo di dolore. I suoi occhi fendevano il buio del sua stanza.
Ophelia se n'era andata. La sua Ophelia li aveva lasciati.
Si alzò dal letto in uno scatto, raccogliendo i vestiti piegati sulla sedia, infilandoseli addosso alla rinfusa. Gettò la veste notturna sul letto senza piegarla e, dopo aver svegliato Goyle – che, non si sa come, non aveva sentito niente - si diresse in Sala Comune, il cuore sigillato dentro una coltre di ghiaccio.
Draco lo afferrò per la manica, scuotendolo quando non rispose alle sue ripetute esortazioni.
«Blaise ci sei?»
Ma Blaise aveva di nuovo gli occhi assenti. Non ascoltava. Non sentiva.
«Blaise!» Draco gli poggiò entrambe le mani sopra le spalle. «La troveremo, te lo prometto. Ma adesso ho bisogno che tu sia reattivo.»
Zabini sbatté le palpebre qualche volta, i pugni stretti e le spalle rigide. Il fiato incastrato in gola sembrava star creando una nuvola tossica nei suoi polmoni, come se volesse soffocarlo. Il suo cervello supplicava per un po' di tregua.
«Hai capito?»
Cercò di fare mente locale. Ripeteva le informazioni nella sua testa, scomponeva le frasi in parole, che si frammentavano a loro volta in lettere. Pensiero logico, analitico, freddo. Era una specie di Occlusione mentale ed emotiva, che lo portava ad escludere tutto ciò che potesse trarre la sua mente in inganno in modo da lasciare il potere al cuore.
Blaise respirò, il nodo alla gola si dissolse.
«Ci sono.» Decretò, stringendo la bacchetta nella mano.
«Ho bisogno che porti i ragazzini nella Sala Grande, io voglio assicurarmi che li tirino fuori di qui tutti quanti.» Gli disse Draco, richiamando Daphne Greengrass con una mano sventolata. «Daphne porta via il primo gruppo, Blaise verrà insieme a te.»
«Sicuro che-»
«Blaise vai.» Ribadì con tono lapidario, mentre con gli occhi fissava i ragazzini del primo anno ammucchiati alla parete, in attesa di essere scortati fuori. «E qualsiasi cosa succeda, promettimi che non verrai a cercarmi.»
«Cosa significa?» Domandò di getto, la lampadina che si accendeva nella sua testa.
«Significa che ti devi fidare di me.» Tagliò corto, fissandolo negli occhi. «Adesso vai, non abbiamo tempo.»
Blaise annuì, capendo che non era il momento di mettersi a questionare e nemmeno per preoccuparsi. Respirò profondamente, ritrovando la propria fermezza e poi raggiunse Daphne, istruendo i suoi compagni di casa con voce limpida. Lo avrebbero seguito in silenzio, in fila indiana e non si sarebbero allontanati. Sarebbe andato tutto bene.
Anche Draco stava forzando sé stesso a credere in quella mera speranza a cui continuava ad aggrapparsi. Sarebbe andato tutto bene.
«Draco.» La voce di una ragazzina lo fece voltare.
«Megan?»
«Dov'è mia sorella?» Domandò con un filo di voce tremolante. «Non ho visto nemmeno Finch.»
Draco sentì il sangue che si congelava. Per un momento si domandò stupidamente se i dissennatori avessero deciso di fare irruzione nella loro sala comune.
«Lei sta bene, non preoccuparti.» Rispose, cercando di convincere anche sé stesso mentre lo diceva. «Cercherò io stesso Finch, tu aspetta qui.»
Si diresse a passo svelto verso i dormitori dei ragazzi del secondo anno a passi svelti, con il cuore che minacciava di uscire dal petto. Allontanò Hermione dai suoi pensieri, doveva essere lucido, almeno questa volta.
~•~
Le passaporte erano state recuperate da Dawlish che le aveva trasportate con la massima attenzione nella Sala Grande, dove erano stati radunati tutti i ragazzi più piccoli. Harry e Ron cercavano di mantenere l'ordine e di infondere un po' di coraggio ai loro compagni più piccoli.
Gli auror aspettavano pazientemente che la preside facesse la sua entrata, in modo da poter attivare le passaporte che erano collegate ai rifugi messi a disposizione dal Ministero per eventuali emergenze.
Gli studenti del quinto e del sesto anno sarebbero andati a turno insieme ai ragazzi più piccoli. Minerva Mcgranitt era stata abbastanza intelligente e scrupolosa da introdurre le esercitazioni con le passaporte all'interno del programma scolastico degli studenti dal quinto anno in su, in modo che fossero perfettamente capaci di gestire l'oggetto magico in un momento di bisogno. Sembrava che Minerva avesse davvero pensato a tutto.
«Signorina Granger le sarei grata se iniziasse a formare i gruppetti degli studenti, distribuendo equamente i ragazzi del quinto e del sesto anno tra di loro.» Esordì la preside, entrando nella Sala Grande strascicando le vesti.
Hermione, che era appena arrivata, annuì vigorosamente, dirigendosi verso la massa di studenti tremolanti da smaltire. Cercava di pensare lucidamente, contava le teste dei ragazzini con gli occhi, li distribuiva facendo calcoli matematici alla velocità della luce. Faceva di tutto pur di tenere lontani i suoi pensieri dall'immagine di Draco Malfoy.
Ancora non aveva dato segni di vita e non si era fatto vedere nemmeno di sbieco. Era riuscita ad intercettare Blaise Zabini che scortava il primo gruppo di Serpeverde con una serietà austera insieme ad una pallida Daphne Greengrass. Il suo sesto senso le bisbigliò all'orecchio che ci fosse qualcosa che non andasse, ma lei lo scacciò. Non aveva tempo di pensarci adesso. Si ripeté nella testa che sarebbe andato tutto bene, che Draco stava bene e che anche lei sarebbe stata bene.
Zabini le rivolse una strana occhiata, mentre si affrettava ad uscire dalla Sala Grande, probabilmente per andare a traslocare un'altra unità di ragazzini.
La caposcuola di Grifondoro formò i gruppi, dispensando sorrisi dolci a tutti quegli occhi acquosi che la guardavano spaventati. Cercò di tranquillizzare i più agitati, regalando loro parole di conforto, che probabilmente sarebbero servite solo in apparenza. Hermione sperava che se fosse riuscita a calmarli almeno un po', sarebbe stato molto più facile il trasferimento.
Gli auror presenti nel castello vennero separati, in modo che potessero guidare un gruppo ciascuno. Alcuni di loro sarebbero rimasti nei rifugi per sicurezza, mentre gli altri sarebbero tornati grazie alla materializzazione. Poppy Pomfrey aveva già pronte delle fiale di reintegrazione magica.
Era tutto organizzato nei minimi dettagli e questo a Hermione infondeva sicurezza ma faceva al contempo paura. Si rese conto in quel momento, mentre vedeva scomparire le teste dei suoi compagni di scuola in un vortice confuso, mentre si attaccavano con forza alla passaporta, che la possibilità di un attacco era sempre stata fin troppo reale e che lei non se ne era mai voluta accorgere. I suoi occhi erano stati coperti da delle bende durante tutto quel tempo, il suo cervello aveva agito affinché il suo cuore potesse guarire. E allora, come mai adesso i punti sulle sue ferite erano saltati? Come mai adesso sanguinava di nuovo?
Hermione ignorò l'immaginaria contrazione del suo diaframma e si voltò a cercare Harry e Ron con gli occhi. Li raggiunse con passi frettolosi ma non tremanti. Nella sua testa lei li stava contando.
«Il dormitorio è stato completamente evacuato?» Domandò loro.
«I ragazzi del sesto anno sono ancora quasi tutti qui.» Le rispose Harry con lo sguardo invalicabile da dietro gli occhiali. «Hanno preferito dare la precedenza a quelli del quinto perché loro vogliono rimanere.»
«Loro non rimarranno.» Aggiunse Ron. «La Mcgranitt non lo permetterà.»
«Vuole impedire anche a noi di rimanere.»
La voce di Harry non li raggiunse affatto, perché venne coperta da un boato strano. Un rumore fragoroso stava interrompendo la quiete del castello e le grida degli studenti più giovani non tardarono nel farsi sentire.
Harry, Ron ed Hermione fecero scattare la testa verso la finestra e si accalcarono sul vetro leggermente appannato giusto in tempo per vedere la barriera che proteggeva sgretolarsi in piccoli pezzi argentati e fluttuanti verso il basso.
Avevano resistito trentacinque minuti. Il tempo necessario affinché gli studenti più piccoli potessero essere messi in salvo.
La preside evocò due Patronus che avevano il compito di informare il Ministero della Magia e gli auror che dovevano tornare alla scuola che la barriera protettiva e quella anti-materializzazione erano appena cadute. I due gatti soriani luminescenti schizzarono sopra la testa di Ron Weasley, tuffandosi attraverso le finestre, per poi scomparire dalla loro visuale.
«Professoressa, dovremmo evocare una nuova barriera protettiva che ci permetta di guadagnare tempo, almeno finché gli auror del Ministero della Magia non arriveranno qui a scuola.» Disse Hermione spezzando la quiete.
«Potrebbe essere un'ottima idea, signorina Granger.» Acconsentì il professor Lumacorno annuendo con vigore. «Minerva, che ne pensi? Dobbiamo agire velocemente.»
La Mcgranitt aveva lo sguardo grave. La piega dura della bocca era tirata e due profondi solchi scuri rigavano la parte inferiore dei suoi occhi.
«Potremmo provare, ma con vitale attenzione. La metà degli auror presenti adesso vadano insieme agli studenti del settimo anno e al professor Lumacorno nel cortile interno. Horace dai tu le istruzioni. Io rimarrò qui, ad assicurarmi che il piano di evacuazione proceda senza intoppi. Abbiamo bisogno del maggior aiuto possibile per ristabilire una protezione temporanea e guadagnare tempo.» Decretò.
~•~
Draco Malfoy sgattaiolò fuori dal cortile della scuola in silenzio, un incantesimo di disillusione puntato su sé stesso. Era sparito non appena tutto il dormitorio di Serpeverde era stato evacuato e nessuno sembrava essersene accorto.
Si fermò appena in tempo dietro una colonna e prese a contare i suoi stessi respiri.
Uno, due, tre, quattro....
Sentiva i passi degli altri studenti che si avvicinavano, le voci confuse che arrivavano alle sue orecchie sempre più forti, sempre più vicine.
Si mosse per allontanarsi maggiormente dalla struttura ma si bloccò dopo due miseri passi, i piedi congelati non per il freddo.
«Professore, ci dica l'ordine delle formule e noi eseguiremo.»
Sentì quella voce raggiungerlo e colpirlo come un treno in pieno volto. Venne attraversato da una scarica elettrica di portata maggiore rispetto a quella che era in grado di sopportare. Gli faceva male il petto e non fu abbastanza coraggioso da evitare di volarsi.
I suoi piedi si mossero prima che potesse controllarli, sembrava disperato. Si avvicinò con passo cauto, ma urgente, alla figura di lei illuminata dalla luna. Scansò Neville Paciock per un pelo e le si sistemò dietro con movimenti lenti e calibrati.
Respirò piano vicino ai suoi capelli, mentre la sentiva pronunciare meccanicamente le formule istruite dal professor Lumacorno. La sentiva respirare, poteva percepire la tensione del suo corpo, le spalle rigide.
Dovette forzare sé stesso fino a sentire del male fisico per non toccarla.
Provò l'impulso dilaniante di posarle entrambe le mani sulle spalle, di stringere tra le dita i ricci indisciplinati e di abbracciarla forte. Stringerla contro il suo petto solo per sentire tutti i pezzi che tornavano al loro posto. Avrebbe voluto dirle di non preoccuparsi, che sarebbe andato tutto bene, che loro sarebbero stati bene, ma avrebbe mentito perfino a sé stesso.
Si morse la lingua, nel tentativo di controllarsi, di forzarsi ad andarsene di lì. Rimase qualche altro secondo impalato, dietro la schiena di Hermione Granger, a bearsi la sua vicinanza in segreto.
Poi strinse la presa sulla bacchetta e si allontanò, furtivo, di nuovo in direzione del Platano Picchiatore, lasciando dietro di sé solo gli echi dei suoi battiti muti agli orecchi di tutti e il suo cuore, che era rimasto aggrovigliato in un mare mosso di riccioli scuri.
Camminò svelto, le scarpe che affondavano nel manto innevato. Lanciò un incantesimo repellente sulla sua figura, nella speranza che non cominciasse di nuovo a nevicare e uno silenziatore, in modo che il rumore dei suoi passi non potesse essere intercettato.
Draco avanzò nella notte, sperando che a Blaise non venisse la malsana idea di andare a cercarlo.
C'era un motivo se non aveva parlato fino a quel momento con nessuno, c'era un motivo se aveva tenuto tutto dentro, custodendo i suoi segreti più intimi in una scatola remota della testa. Se aveva tenuto anche il suo migliore amico all'oscuro.
Scese le scale ripide, stando attento a non scivolare sulla pietra ghiacciata. La capanna di Hagrid era a qualche metro da lui e ci gettò uno sguardo di sbieco, rendendosi conto che il guardiacaccia che aveva tanto odiato da bambino adesso non era in casa.
Scosse la testa, allontanando l'immagine di Hermione che continuava a ripresentarsi, muovendo altri passi avanti fino ad oltrepassare il confine con la foresta proibita. Le sue spalle si tesero e le sue braccia si irrigidirono. Ormai non mancava molto.
Sorpassò la prima fila di alberi, venendo abbracciato immediatamente dall'oscurità. Gli alberi alti della foresta si opponevano con la loro fitta trama di rami al passaggio della luce lunare, ne risultava un percorso maggiormente buio.
Draco evitò per i primi duecento metri di evocare un Lumos per rimanere nascosto, ma man mano che si allontanava dal castello e che si addentrava nella foresta proibita, i suoi occhi erano sempre più affaticati e riusciva a vedere sempre meno.
Interruppe la sua avanzata non appena delle voci arrivarono al suo orecchio teso. Ne riconobbe alcune, che erano rimaste vivide nei suoi incubi. Sbirciò oltre l'albero e individuò il gruppetto di figure che camminavano nel silenzio della foresta, interrotto solo da alcune frasi svolazzanti che si lanciavano l'un l'altro.
Rimosse l'incantesimo di disillusione da sé stesso e si rivelò utilizzando un Lumos.
In pochi secondi la sua figura slanciata venne inchiodata da tante paia di occhi che scrutavano il suo volto con malignità.
Uno di loro si fece avanti. Draco osservò i suoi stivali di pelle affondare nella neve fresca che stava continuando a cadere e respirò quando sentiva il rumore dei passi attutito.
«Ce ne hai messo di tempo, ragazzo.» Era Dolohov e lo fissava con le mani lungo i fianchi.
«Ho avuto un contrattempo, dovevo liberarmi di alcuni impedimenti.» Rispose Draco, più ghiaccio nella sua voce di quanto ce ne fosse sotto la suola delle sue scarpe. Era di nuovo incolore, vuoto di ogni emozione. Un libro privo di contenuto con le scritte cancellate. SEntiva lo sforzo dell'occlusione che tornava a proteggere i suoi occhi.
«Bene.» Rise l'uomo e Draco provò disgusto, ma riuscì a tenere ferma la linea delle labbra. Non una reazione, niente di niente. «Che tipo di intoppi?»
Draco cercò di rilassare le spalle e di sembrare disinvolto. «Non volevo dare nell'occhio, ho dovuto aiutare.»
«Aiutare per che cosa?» Insistette Dolohov, non del tutto soddisfatto.
Il ragazzo deglutì, lasciando che i suoi occhi freddi oltrepassassero il cranio del Mangiamorte senza pietà o titubanza. «Aiutare. Credi che non lo sappiano cosa state facendo qui? Minerva Mcgranitt non è una stupida.»
«Il fatto che siano pronti a combattere rende le cose più interessanti.» Sghignazzò, il petto che sembrava tremargli. Draco non ci trovava niente di divertente.
Si guardò intorno con lo sguardo circospetto, mentre scrutava le figure grazie al Lumos ancora acceso della sua bacchetta. Vide il capofamiglia degli Spungens e al suo fianco una figura minuta, nascosta da un cappuccio. Sapeva benissimo qual era il volto celato dalla stoffa nera pregiata, per un secondo credette che le sue gambe smettessero di reggere il suo peso.
Distolse lo sguardo con lentezza, come se niente fosse.
«Lucius, vieni a vedere chi è arrivato.» Era la voce di Greyback, che emergeva dalla folla. Era impossibile non riconoscerlo, il suo aspetto era alquanto unico nel suo genere.
Draco sperò che l'aria rimanesse immobile. Era sicuro che se avesse sentito il fetore del lupo mannaro avrebbe vomitato tutta la misera cena che Blaise lo aveva convinto a mandare giù con la forza.
Poi rimbombò nella quiete della foresta il nome di suo padre e Draco rafforzò la sua protezione mentale. Lucidità, aveva bisogno solo di quella.
Lucius Malfoy emerse da dietro delle schiene, come se fosse stato nascosto fino a quel moemnto, avanzando di qualche passo lento, insinuandosi nello sguardo del figlio e interrompendo la sua linea di pensieri.
I capelli erano sempre lunghi, raccolti in una coda, leggermente più bianchi. Sembrava invecchiato parecchio dall'ultima volta che Draco lo aveva visto, come se quel poco tempo vissuto sotto custodia lo avesse sciupato e lo si poteva affermare anche dalle nuove rughe che decoravano il suo volto.
Due solchi profondi e neri scavavano sopra le sue guance. Gli zigomi erano alti, in tirare, a causa dell'eccessiva perdita di peso. I suoi occhi erano velati da una strana patina, tanto da sembrare incolori. Nonostante questo, Draco poteva comunque sentire il suo sguardo giudicante trafiggergli le ossa. Sentiva il suo pensiero gravare sopra la sua testa come una spada di Damocle affilata e pronta a decapitarlo.
I suoi polmoni si dilatarono in quell'istante per poi contrarsi a buttare fuori l'aria. Lucidità, ripeteva dentro di sé.
«Draco.» Lo richiamò con la voce rauca. Draco si concentrò sulla barba che Lucius aveva lasciato crescere sulle guance per non lasciare che il senso di inquietudine lo mangiasse dall'interno. «Bentornato.»
~•~
Nota autrice
Ciao a tutti!
finalmente pubblico il nuovo capitolo :)
Scusate se ci ho messo tanto ma tra il mio compleanno e la sessione che si avvicina ho avuto davvero pochissimo tempo 😭
ad ogni modo....
Che ne pensate?
Ci sono davvero tante cose da dire e non saprei da dove partire.
Spero di avervi trasmetto qualcosa e che il capitolo vi sia piaciuto! Per eventuali domande, dubbi, scrivetemi pure 🩷
Ps: la canzone è scelta apposta e la frase sottolineata ad inizio capitolo è fatto di proposito.
Infatti, quando la barriera cessa e gli studenti/auror/professori devono tirarla di nuovo in piedi, Draco è esattamente dietro Hermione, anche se lei non lo sa :(
Bacinii
W
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