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infrangere le regole

il proibito
ha quel fascino
che la ragione
non può spiegare

~•~

Hermione raggiunse Justin, affiancandolo nella sua camminata lungo il corridoio, lasciandosi indietro la scia di pensieri che la costringeva a vedere costantemente la faccia di Draco.

«Ti ha dato fastidio?» Le domandò incuriosito il corvonero appena lei gli fu di fianco.

Hermione mise su un'espressione interrogativa, non sapendo bene come interpretare quella domanda.

«Come?»

Lui scrollò le spalle. «Conosciamo tutti Malfoy, ma mi chiedevo se oggi avesse esagerato.»

Rimase silenziosa, come se quella sua frase l'avesse punta in qualche modo. Lei aveva sempre detestato Draco, ma ora, ogni volta che qualcuno parlava di lui mettendolo in cattiva luce le dava quasi fastidio.

«Volevo solo sapere come stessi...». Aggiunse in fretta, scrollando le spalle quasi volesse giustificarsi, dal momento in cui sembrò notare l'espressione confusa che vagava sul volto di lei. «E se lui ti stesse dando fastidio.»

«Ti ringrazio per la tua premura, Justin, ma sono solo divergenze tra caposcuola, sto bene.» Tagliò corto, guardando per aria. «Ad ogni modo so difendermi...»

«Non lo metto in dubbio.»Alzò le mani, in segno di resa, continuando a camminare verso la fine del corridoio, proprio dove si posava il suo sguardo.

Hermione fissò le colonne di traverso, l'aria totalmente assorta. Vide due uccellini posati sulla panca di legno che, zampettando avanti e indietro, cinguettavano una soave melodia che si disperdeva nell'aria fredda, ormai quasi invernale che la inghiottiva senza ritegno.

«Posso farti una domanda?» Disse poi, strappando entrambi da quell'aura di silenzio imbarazzante che si era creata.

Con un cenno di capo lui la invitò ad andare avanti.

Hermione emise un sospiro prolungato, già consapevole di star facendo una domanda la cui risposta era evidente, ma la sua curiosità era tremendamente invadente. «Tra te e Malfoy non c'è molta simpatia, dico bene?»

Justin la fissò, prima di gettare lievemente la testa all'indietro ed esplodere in una risata cristallina e leggera... Era elegante persino quando rideva. I morbidi boccoli scuri, cui era solito tenere raccolti in una sorta di crocchia, erano sciolti e disordinati sulla nuca. Si animarono insieme alla sua risata, creando un netto contrasto con la sua chiostra di denti bianchi.

Era un'eleganza morbida e fluida, rispetto a quella tutta spigoli e linee di Draco, con una leggera cadenza boriosa che lo faceva sembrare quasi altezzoso, e un po' lo era, senza mettere in soggezione le altre persone.

Il Serpeverde, invece, metteva in soggezione eccome. Il suo fisico snello ma robusto da cercatore, insieme alla sua pelle marmorea, faceva sì che fosse avvolto da un'aura quasi statuaria. Di quelle alle quali non ti puoi ribellare, ma puoi solo soccombere davanti al loro magnetismo. Facilmente definibile come: la stessa eleganza sibilante di un serpente.

«È così evidente?» Rise lui, spingendo la domanda retorica fuori, con curioso divertimento, forse nel semplice tentativo di sdrammatizzare.

«Beh... direi che un po' lo è.» Si portò una ciocca di riccioli scuri dietro l'orecchio, sorridendo anche lei, seguendolo a ruota sulla rampa delle scale.

«In realtà non siamo mai andati molto d'accordo... » Iniziò grattandosi lievemente la fronte. «Io e Malfoy ci conosciamo da prima di Hogwarts, le nostre famiglie spesso partecipavano agli stessi eventi sfarzosi che i ricchi organizzavano, ma non siamo mai stati in buoni rapporti. C'è sempre stata un'antipatia reciproca che si è accentuata con il crescere. Diciamo che tra noi sorta poi una certa rivalità accademica, che ci ha seguito anche sul campo di quiddicth, nonostante ammetto che la sua ambizione superi di gran lunga la mia.» Rise.

Hermione lo fissò, pensierosa. Aveva sempre saputo che Justin provenisse da una famiglia benestante, ma non avrebbe mai immaginato che prendesse parte al giro di conoscenza che comprendeva anche la casata dei Malfoy.

«Inoltre, c'è un'altra cosa che credo lo spinga a detestarmi ancora di più.» Aggiunse sovrappensiero. «Ci tengo a specificare che non ne ho la certezza, è solo un pensiero che spesso mi stuzzica la mente.»

Così dicendo, si appoggiò con la schiena alla ringhiera ornata, aspettando che le scale smettessero di muoversi, guardandola con quella che ad Hermione sembrò ovvietà, mentre tentava di misurare la sua reazione. Lei capì subito che non era stato un commento casuale, anzi, glielo aveva detto intenzionalmente e lei non riuscì a decidere se fosse effettivamente qualcosa che avrebbe voluto sapere o meno.

«Ovvero?» Chiese, questa volta dubbiosa.

Lui si avvicinò a lei, mentre teneva gli occhi fissi nei suoi. Arricciò il naso, lasciando che la mente fluttuasse tra i pensieri che teneva nascosti dietro il suo sguardo sicuro e ammaliante.

Dopo qualche minuto rise di nuovo e si passò una mano tra i riccioli scuri, scuotendo la testa.

«Lo innervosisco perché sto sempre vicino ad una persona che penso interessi a lui.»

Hermione lo fissò, l'espressione corrucciata. La sua curiosità, ovviamente, non poteva far altro che spuntare fuori nei momenti che risultavano meno opportuni, quasi volesse prendersi gioco di lei.

Infatti, la sua voglia di sapere iniziò a picchiettarle insistentemente contro la testa, facendole pulsare le tempie. Nonostante il suo tentativo di opporsi, la sua forza di volontà sapeva già di perdere in partenza.

Non le sarebbe dovuto importare nulla dei pensieri reconditi del tenebroso Serpeverde, dei suoi comportamenti strani e delle sue frasi mirate, le quali si celavano costantemente tra le righe dei suoi toni ironici e volutamente pungenti.

Ma, sfortunatamente per lei, qualcosa dentro di sé si era smosso e lei era inguaribilmente curiosa di ogni cosa che non doveva o non poteva sapere.

Si arrese alla sua brama di conoscenza e spostandosi i capelli di lato pose la domanda: «Chi?». Il suo filo teso di voce avvolse Justin in una morsa.

Il moro schioccò la lingua contro il palato, come se stesse aspettando proprio quel genere di domanda sfuggire dalle sue labbra, la risposta già pronta a sgusciare fuori.

«Te, Hermione». Le disse con cadenza melliflua. Piegò un angolo della bocca verso l'alto e si accigliò sul volto dai lineamenti dolci di lei, studiandone l'espressione bloccata. «Lo innervosisco perché sto sempre intorno a te.» Ripeté, come per assicurarsi che avesse sentito.

Lei deglutì e inspirò a pieni polmoni, per riassumere il controllo di sé stessa, dato che quella rivelazione l'aveva pressoché sconvolta.

~•~

Erano ormai le nove di sera passate quando la figura di Draco emerse dalle ombre della biblioteca. Hermione lo osservava dal suo tavolino, il volto illuminato dalla luce fioca che emetteva la lampada poggiata sul tavolo. Lo fissava dalla penombra, mentre le parole di Justin non facevano che attecchire nella sua testa, confondendola con il loro eco rimbombante.

Hermione, dopo la dichiarazione inaspettata che le aveva fatto Justin, si era affrettata a smentire le strane idee che si era fatto il corvonero, desiderosa di chiudere l'argomento al più presto possibile e Justin sembrava averla voluta accontentare. Avevano studiato insieme fino all'ora di cena, poi lui aveva deciso di fare tappa in sala grande per poi andare direttamente alla torre corvonero, mentre Hermione era rimasta in biblioteca, dato che un macigno sullo stomaco le impediva di percepire il men che briciolo stimolo della fame.

«Granger.» La richiamò Malfoy appena le fu davanti.

«Malfoy.» Lo salutò riluttante, mentre sopprimeva uno sbadiglio contro il palmo della mano. Secondo l'orologio, che segnala le ventuno e diciassette, lui era in ritardo, ma decise comunque di non farglielo notare.

«Da quanto aspetti?» Le domandò, come se volesse in qualche modo rompere il ghiaccio.

«Sono stata qui tutto il pomeriggio.» Scrollò le spalle.

Lui la fissò, per nulla sorpreso. «Non hai cenato?»

Lei scosse la testa in risposta, gli occhi bassi sul libro.

«Non dovresti saltare i pasti.» Asserì con tono deciso. Hermione faticò a capire se la stesse prendendo in giro o fosse serio.

«Non vedo come la questione ti riguardi.» Gli rispose tagliando corto. Se pensava di potersi comportare come un bambino tutte le volte che gli pareva e poi tornare a fare finta di niente si sbagliava di grosso.

Draco si accigliò, naturalmente aveva già capito il perché del comportamento della strega, ma decise di non proseguire quella che sembrava stare per trasformarsi in una discussione.

Si sedette al tavolo, tirando fuori un paio di libri e qualche pergamena.

«Hai qualche idea?» Le domandò, alzando lo sguardo, trovando gli occhi color nocciola di Hermione già incrociati con i suoi. «Presumo di sì.» Aggiunse, capendolo dalla sua espressione.

«Infatti.» Annuì lei, iniziando a sfogliare velocemente le pagine.

«La professoressa Babling ha volutamente assegnato una ricerca sul mito senza dare troppe indicazioni, ciò significa che se vogliamo prendere un buon voto non dobbiamo essere banali.» Iniziò a spiegare con ovvietà, «La maggior parte delle persone che seguono il nostro corso faranno una ricerca incentrata sull'antichità dell'alfabeto, esponendo le differenze tra l'alfabeto che studiamo noi e gli altri, oppure sulla fonazione delle lettere runiche, ma nessuno si focalizzerà realmente sul mito, in quanto la ricerca è più complicata e l'esposizione deve essere maggiormente curata in ogni dettaglio.»

Lui annuì, capendo la sua idea. «Pensi che sia meglio fare una ricerca sulla storia antica della runa bianca di Odino, così da poterla collegare al meglio con il mito e potergli dare un senso. Sono d'accordo, mi sembra un'ottima idea.»

Hermione lo fissò, decisamente sorpresa. «Credevo fossi indietro con questa materia.»

Lui scrollò le spalle. «Mi sono impegnato.»

Lei annuì, decisa a non mostrarsi troppo colpita dal suo comportamento. Pensò che la serata era decisamente partita diversamente all'idea che si era fatta la mattina stessa, ma d'altronde, stare al passo con gli sbalzi d'umore di Draco Malfoy sarebbe stato deleterio per chiunque.

Lavorarono per quattro ore senza sosta, avanzando conversazioni solo riguardanti argomenti pertinenti nella loro ricerca, che venivano interrotte da vari silenzi di riflessione. Hermione si era sbagliata, lavorare con Malfoy non era affatto male come pensava: la assecondava nelle sue idee, dava suggerimenti brillanti ed era disposto perfino a darle ragione in alcuni casi sporadici. Aveva sempre saputo quanto lui fosse brillante in ambito scolastico, ma non credeva che pur di prendere un voto eccellente fosse disposto a mettere da parte il suo orgoglio.

Quando Hermione alzò lo sguardo, l'orologio già segnava le una. Si stiracchiò, stropicciandosi gli occhi. La luce flebile della biblioteca illuminava il volto spigoloso di Draco, ancora concentrato nella stesura della conclusione del saggio.

«Finito.» Disse posando la piuma nel calamaio, per poi spostare i capelli che gli pungevano le palpebre.

«Bene, ottimo lavoro.» Annuì lei. «E per quanto mi riguarda, non credo proprio che ti serva un tutor, mi sembri piuttosto in pari.»

Lui socchiuse gli occhi. «Dubitavi delle mie capacità, Granger?»

Hermione alzò gli occhi al cielo ironicamente, «Come potrei mai.» Poi iniziò a riporre tutto il suo materiale nella borsa, e Draco fece lo stesso.

«E pensare che volevi lavorare con Fadford.» Le disse poi di punto in bianco, riferendosi alla loro conversazione di qualche giorno prima.

«Ma sei una cosa incredibile!» Lo riprese, esasperata.

«L'ho sempre saputo.»

Lei sbuffò in risposta. Incredibile come riuscisse a passare dall'essere scontroso, all'essere un terribile sarcastico pieno di sé.

«Non ho mai detto di voler lavorare con Fadford.» Borbottò poi. «Non mi mette proprio a mio agio.»

«Non dirmi che ti sei presa una cotta per quello, Granger.»

«Non viaggiare con la fantasia, Malfoy, hai completamente parafrasato male ciò che intendevo.»

Lui alzò le mani in segno di resa, «lo spero.»

«Come mai lo odi così tanto?» Domandò, iniziando a sentirsi nervosa, sentendo le parole di Justin riaffiorarle alla memoria.

«Non c'è un vero motivo.» Scrollò le spalle lui, rimanendo vago come sempre. «È un idiota.»

Lei lo fissò contrariata, scuotendo le testa e pensando che fosse irrecuperabile.

Una volta preso tutto, si avviarono per le scale in religioso silenzio. Il castello era avvolto dalla quiete notturna, i due giovani erano gli unici ancora in piedi.

Draco la guardò di soppiatto, sentendo gli ingranaggi del suo cervello girare. «Sei stanca?» Il timbro di voce roco era il chiaro segno che fosse stanco anche lui.

«Un po', anche se non credo riuscirò a dormire.»Ammise mantenendo lo sguardo fisso davanti a sé, non capendo cosa l'avesse spinta a fare quella mezza confessione, «tu?» gli domandò di rimando senza pensarci troppo.

«Un po'.» Ripeté lui facendole da eco, poggiando la parte finale della schiena contro il corrimano.

Hermione si sentiva tranquilla, anche se percepiva la stranezza di quel breve dialogo così privo della solita tensione. Quella sera era decisamente meno scontroso del solito, forse avrebbe potuto anche abituarsi a questa stramba versione di lui.

Nonostante ciò, era ancora piuttosto arrabbiata con lui dopo la reazione esagerata che aveva avuto la mattina a colazione. Hermione non riusciva a capire come mai sembrava non voler mai dimostrare che lui fosse cambiato, come se si arrendesse in partenza.

Quando arrivarono al piano dei Grifondoro, le scale cambiarono direzione, pronte a restituire Hermione al suo dormitorio. La giovano mosse un misero paio di passi verso il quadro, prima che Draco la afferrasse per il polso.

«Non ancora, vieni con me.»

Lei si immobilizzò, sentendo subito la familiare sensazione impossessarsi dei suoi sensi. La mano del serpeverde era di nuovo attorcigliata attorno al suo polso, per la seconda volta in pochissimi giorni. Aveva ripensato a ciò che le aveva provocato il loro inaspettato contatto, ma niente era paragonabile al riviverlo.

Si voltò, un movimento meccanico e lui lasciò subito la presa.

«Dove?»

Lui non le rispose, fece un cenno con la testa e cambiando rampa e continuando a scendere. Hermione era incerta, ma decise lo stesso di seguirlo, andando contro ogni sua logica.

Una volta sceso l'ultimo gradino, si rese immediatamente conto di dove erano. Sentì Draco pronunciare un "lumos" mentre cominciava a camminare verso una direzione a lei momentaneamente sconosciuta.

«Perché mi hai portato nei sotterranei?» Bisbigliò contrariata, mentre affiancava il suo sventurato compagno. Draco era decisamente più alto di lei, e per non perdere il passo doveva sempre sforzarsi. Quando scorse una breve scanalatura nel muro di pietra nel mezzo al corridoio parlò di nuovo, «Sappi che io lì non ci metto piede.» Impuntandosi nell'indicare l'entrata del dormitorio della casa verde argento.

Draco emise una risatina gutturale e la incitò a camminare. «Tranquilla Granger, non ho nessuna intenzione di portarti lì.» Le rispose illuminandosi il viso con la bacchetta, che mise in risalto il suo sorriso sghembo.

Lei portò le braccia al petto, bisbigliando tra i denti un rigido "bene", proseguendo dietro di lui.

Quando si rese conto che si stavano dirigendo nella parte di sotterranei dove nessuno studente, nemmeno i caposcuola, era abilitato ad andare, iniziò a borbottare tra sé e sé, maledicendosi per averlo seguito.

«Per favore, potresti cucirti la bocca? C'è gente che dorme.» La esortò, leggermente infastidito.

Hermione stava per ribattere, testarda com'era, ma fu preceduta dal rumore di una porta che veniva aperta proprio davanti a loro. Draco le afferrò prontamente il polso e la trascinò con sé dietro una rientranza della parete di pietra.

In un istante si ritrovarono stretti l'uno contro l'altra. Non erano mai stati così vicini prima d'ora.

Draco la guardò di soppiatto, posandosi l'indice sulle labbra marmoree, intimandogli di non fare men che il minimo rumore. Lei annuì, non del tutto convinta.

Quello spazio così stretto le metteva ansia, per non parlare della vicinanza con lui, che le faceva mancare il respiro e accartocciare le ossa.

Il suo naso sfiorava delicatamente la camicia di Draco, solleticandole la punta mentre respirava in silenzio l'odore sprigionato dalla stoffa bianca. Sapeva di menta piperita, come la sua tisana preferita, e di inchiostro. Un profumo buono, fresco. Sapeva di lui e la cosa che il suo odore le piacesse la spaventava a morte.

Si impose di non muoversi, anche se, in quel momento, la cosa che più avrebbe voluto al mondo era scappare di lì e mettere quanta più distanza possibile dal suo compagno che, quella sera, sembrava essere più strano del solito.

Si accorse che lui si stava sporgendo dalla colonna, non appena non percepì più il contatto con la sua camicia.

«Pss!» Soffiò Draco, verso la porta che si era aperta.

Hermione sgranò gli occhi, ma è impazzito? Gli diede uno strattone sulla spalla, a cui lui prontamente non diede peso.

«Wilia.» Bisbigliò di nuovo, sporgendosi maggiormente.

Hermione stava per intromettersi, ma fu bloccata da dei passi leggeri che sembravano dirigersi verso di loro, i quali le fecero morire le parole che aveva sulla punta della lingua. Si appiattì maggiormente contro il muro, aspettando e sperando di diventare invisibile.

«Padroncino Malfoy! Cosa può fare per voi Wilia?» Domandò una voce bassa e dolce.

La riccia si sporse oltre la spalla di Draco, stando bene attenta a non toccarlo per non prendere la scossa. Vide una piccola elfa dagli occhi scuri che era intenta a fare un ampio inchino davanti a loro.

Hermione arricciò il naso, padroncino Malfoy?

«Salve Wilia.» La salutò Draco cortesemente, stando attento a non esporsi troppo. «Ho bisogno di un favore.» Mormorò facendo cenno alla piccola elfa di avvicinarsi a lui. «Sapresti dirmi se c'è ancora qualcuno nelle cucine?».

Prima che potesse piegarsi sul piccolo essere in attesa di una risposta, Hermione gli pizzicò il fianco con la propria bacchetta, come fosse una sorta di avvertimento.

Lui le scoccò un'occhiata truce di rimando. Wilia sembrò non farci caso.

«No signore, Wilia è l'ultima. Wilia non può far entrare nessuno, ordini della preside.» Spiegò gesticolando con le piccole manine rosee. Draco tirò un sospiro di sollievo e uscì dal loro nascondiglio.

«Wilia, avrei bisogno che tu mi lasciassi entrare insieme nelle cucine insieme a questa signorina.» Le spiegò Draco, senza abbandonare il suo tono gentile. Si scostò leggermente indicando Hermione dietro di lui che, intanto, non si era mossa di un millimetro, intenta a pensare.

Entrare nelle cucine del castello era vietato anche a loro che erano caposcuola, sopratutto di notte. Non le andava proprio di infrangere le regole. Non le andava proprio di fare qualcosa di proibito proprio con lui.

Che diamine aveva in mente quella dannata serpe?

«Siamo caposcuola, abbiamo un permesso dalla preside Mcgranitt.» Mentì spudoratamente, assumendo un tono piuttosto autoritario. «Però non devi assolutamente dirlo a nessuno, è una cosa segretissima.» Continuò, cercando di essere convincente.

E per sua fortuna, Draco Malfoy, era bravissimo nel mentire.

«Se lo dice la preside, Wilia è d'accordo. Wilia non dirà nulla sir, Wilia starà muta come un pesce! Padroncino Malfoy, Madame, seguitemi.» Disse gentilmente l'elfa, scortandoli all'interno delle cucine di Hogwarts.

Draco sorrise compiaciuto, facendo cenno alla Grifondoro di andare con lui.

Hermione lo guardava con aria preoccupata e curiosa, ma decise di non tormentarlo con nessuna domanda. Aveva capito che domandargli le cose era totalmente inutile, dal momento che lui non voleva dare mai nessuna risposta.

Così, nel buio dei sotterranei di Hogwarts lei fece una cosa che mai si sarebbe aspettata di fare, qualcosa che lei aveva proibito a sé stessa, si fidò di lui e istintivamente lo seguì.

Wilia li guidò attraverso il corridoio, facendoli entrare all'interno delle cucine deserte della scuola, senza però mostrargli come aprire la porta. L'entrata nella cucine era segreta e, come tutte le entrate, era condotta tramite un quadro, che in questo caso raffigurava una cesta di frutta. Era conosciuta solo dagli elfi domestici che lavoravano nelle cucine e dai professori. Agli studenti era severamente proibito recarsi lì ed Hermione ne era ben cosciente. Ma, nonostante questo, si fece trascinare da Draco in quella brutta situazione, più comunemente chiamata "infrangere le regole".

«Padroncino Malfoy, ora Wilia deve sbrigare alcune faccende nella stanza accanto...Avete bisogno di qualche cosa prima che Wilia vada via?» Domandò l'elfa, tentando di assumere un'aria solenne, mentre teneva le mani dietro la schiena, chinando la testa in segno di rispetto.

«Wilia, potresti prepararmi una tisana alla menta piperita? Ne ho davvero bisogno.» Sospirò Draco, sedendosi distrattamente su una delle panche di legno d'abete, poggiando poi le mani sul rispettivo tavolo.

«Certo padrone! La sua preferita sin da bambino, Wilia se lo ricorda bene! Wilia gliela prepara immediatamente!». Sdrucciolò in fretta tutte quelle esclamazioni per poi voltarsi verso Hermione, con estremo entusiasmo.

Hermione sgranò gli occhi, perdendo completamente la fiducia nelle sue capacità uditive. Era la sua tisana preferita?

«Lei desidera qualche cosa, Madame?».

Hermione, che nel frattempo era rimasta a dir poco allibita da quella rivelazione, riuscì a biascicare solo qualche frase sconnessa. «Anche io gradirei la stessa cosa...» Soffiò con leggerezza, ancora frastornata da tali informazioni. «È anche la mia preferita...» Borbottò con tono bassissimo, dando voce ai propri pensieri.

Draco la guardò da sottecchi. Ovviamente l'aveva sentita.

Hermione aveva bisogno di allontanarsi un attimo, di prendere le distanze da lui. Inoltre, non avrebbe di certo non avrebbe smantellato i suoi ideali sugli elfi domestici proprio adesso, a causa sua.

«Wilia, potrei aiutarti nel preparare le tisane?» Le chiese gentilmente, un sorriso a incresparle le labbra.

«Madame non si deve assolutamente preoccupare, Wilia preparerà tutto da sola!» Esclamò l'elfa gesticolando furiosamente, imbarazzata da quella strana richiesta. Non le era mai capitato di imbattersi in qualcuno che si offrisse volontariamente di aiutarla.

«Insisto, davvero! Mi piacerebbe darti una mano». Continuò Hermione, quasi pregandola.

Wilia la guardò con una strana luce negli occhi e iniziò a piagnucolare rumorosamente.«Lei è davvero gentile Madame, nessuno è stato mai così gentile con Wilia...Ma Wilia non può accettare!». Prese a scuotere la testa, sfregandosi le mani sulle orecchie, per poi iniziare a tirarle, quasi come fosse disperata.

Hermione stava per risponderle quando Draco la anticipò. «Wilia, fa silenzio! Se lei vuole aiutarti, lasciaglielo fare.» Il tono era fermo e lo sguardo perso oltre le sue mani, come se fosse lì ma allo stesso tempo fosse da un'altra parte. Era tornato di nuovo silenzioso.

Wilia si immobilizzò ed eseguì subito i suoi ordini. «Va bene padrone. Madame, seguitemi.» Hermione fissò Draco di sbieco, ma decise di seguire l'elfa, senza dirgli nulla.

Una volta giunte nella stanza adiacente, Wilia fece levitare in aria un pentolino che si trovava sopra la mensola tramite uno schiocco di dita, lo riempì d'acqua e lo mise sul fuoco a bollire.

«Wilia, posso farti una domanda?» Le domandò Hermione interrompendo il silenzio, poggiando delicatamente la schiena contro la credenza.

«Certo che può, Madame.» Rispose subito l'elfa in modo educato, annuendo energicamente, mentre faceva levitare delle erbe dallo scaffale più alto della credenza alla sua mano. Pose il piccolo sacchetto sul piano di legno e rivolse alla ragazza tutta la sua attenzione.

«Perché hai chiamato Draco con l'appellativo di "padroncino Malfoy"? L'elfo domestico della famiglia Malfoy sapevo essere Dobby.»

Wilia si agitò leggermente e scosse la testa. «Wilia è stata la prima elfa della famiglia Malfoy, Wilia ha badato al padroncino Malfoy quando era bambino.» Gesticolò verso Hermione.

«Ti va di parlarmi di lui mentre aspettiamo che la tisana sia pronta?» Le chiese dolcemente Hermione, mentre prendeva le erbe dal piano e le immergeva con cura dentro il pentolino, che nel frattempo aveva iniziato a bollire.

Wilia rimase decisamente sorpresa da quel gesto. Per lei era veramente insolito trovare una strega come quella ragazza, la quale preferiva aiutare gli elfi piuttosto che commissionare loro tutto il lavoro.

«Il padroncino Malfoy era un bambino molto solo e Wilia gli teneva molta compagnia. Contrariamente a quanto sembri, lui non ha mai trattato male Wilia, anzi, era sempre molto gentile.» Continuò, fissandola di sbieco, da dietro le sue iridi verdi smeraldo.

Hermione a quelle parole sgranò leggermente gli occhi. L'elfa le aveva detto tutto il contrario rispetto a quello che si aspettava di sentire.

Ovviamente era a conoscenza del fatto che tali creature non potessero dire cattiverie sui loro padroni e che altrimenti si sarebbero dovute punire da sole, ma nessuno li obbligava comunque a parlarne così bene. Era come se Wilia, guardando dentro l'anima tenebrosa di Draco, ci vedesse degli speranzosi spiragli di luce e li volesse condividere con lei.

L'elfa vedeva del buono in lui.

Dopo questa breve riflessione, le fece un sorriso leggermente forzato, incitandola a continuare il proprio racconto. Non avrebbe dovuto. Non avrebbe proprio dovuto interessarsi alla sua storia così tanto, ma la curiosità di conoscerla riuscì a sopraffare la sua parte razionale.

«I signori Malfoy erano sempre via e spesso partecipavano a degli incontri speciali con delle famiglie ricche e purosangue. Il padroncino Malfoy odiava andare in quei posti, diceva che lo annoiavano a morte. Wilia, in tali occasioni, badava al padroncino Malfoy, gli preparava da mangiare, lo divertiva con qualche magia. Wilia è stata amica del padroncino Malfoy anche quando...» Si bloccò per un attimo,iniziando a boccheggiare non appena si rese conto di quello che stesse per dire.

Poi, in uno scatto disperato, iniziò a picchiarsi da sola, in modo disperato. «No! Non devo dirlo! Wilia, cattiva!» Piagnucolava, andando a sbattere contro tutti gli sportelli, creando un immenso baccano.

Iniziò a chiudersi le orecchie dentro gli sportelli della cucina. Gli elfi si auto-punivano spesso, soprattutto quando credevano di aver parlato male del proprio padrone.

Alla Grifondoro si strinse il cuore a vedere quella povera creatura in quelle condizioni. Era sempre stata convinta che gli elfi fossero delle creature meravigliosamente sensibili e leali.

Si inginocchiò immediatamente, in modo da arrivare alla sua altezza. Sentì subito il contatto delle ginocchia con il pavimento e rabbrividì. Si maledì, per un breve istante, per aver indossato l'uniforme per la ronda.

Le prese le mani piccole e lisce tra le sue, obbligandola a fermarsi. «Wilia, ti prego smettila!» La pregò, continuando a stringerle i polsi, impedendole di recarsi dolore fisico.

Wilia la fissò negli occhi ed Hermione la pregò di nuovo. «Per favore.» Soffiò con dolcezza, allentando piano piano la presa. «Non hai detto assolutamente niente di male, anzi, hai dimostrato di essere sempre legata al tuo padrone.» Le spiegò il nome, storcendo il naso alla pronuncia dell'ultima parola.

E l'elfa capì. Capì che lei era una persona dall'anima pura e candida. Glielo leggeva dentro agli occhi, perché è proprio lì dentro che ci vedeva riflesso il suo cuore.

Non disse nulla. Con uno schiocco di dita, rimosse l'erba dal pentolino e versò l'infuso in un paio di tazze fumanti, casualmente una verde e una rossa.

Hermione la ringraziò con un sorriso, che le piegava gli angoli della bocca all'insù. Pose le due tazze fumanti su un vassoio insieme al contenitore dello zucchero e, a passo felpato, si diresse nell'altra stanza, pronta la confronto con Draco.

Lo trovò stravaccato sulla panca, intendo a giocare con la sua bacchetta, tenendola in equilibrio e facendola roteare tra l'indice e il pollice. Era strano vederlo così: scomposto. Era sempre impeccabilmente elegante e composto che vederlo stanco e afflosciato, le fece uno strano effetto.

I capelli erano scompigliati, segno che ci si era passato le mani affusolate nell'intenzione di sistemarli.

Mentre con la mano destra giocava con la sua bacchetta, con la sinistra si reggeva la testa pesante, che sembrava voler sprofondare giù.

Lei si schiarì la gola, come per annunciare la sua presenza.

Girò la testa di scatto, come se fosse stato svegliato da una sorta di trance. Hermione incontrò le sue iridi chiare, due squarci azzurri in un cielo grigio di nuvole.

Perché Draco era così. Si estraniava dal mondo per attimi che gli sembravano infiniti. Vagava all'interno della sua testa, saltando di pensiero in pensiero, con passi misurati. Semplicemente, quando la realtà per lui era rumorosa, si barricava dentro la sua mente. Ma ogni volta si dimenticava che, spesso, il silenzio può essere molto più rumoroso delle parole.

Hermione avanzò verso il tavolo, camminando rigidamente, con la consapevolezza che gli occhi glaciali di Draco la stavano osservando in modo intenso. Posò il vassoio sul tavolo con delicatezza.

«Zucchero?» Gli domandò poi, spezzando il silenzio nel quale erano avvolti.

«No, la bevo amara». Le rispose freddo, mettendosi composto e raddrizzando la schiena, riacquistando la sua solita postura rilassata e diritta. Hermione stirò le labbra in un sorriso, chissà per quale motivo, se lo aspettava.

Lei gli porse la tazza nello stesso momento in cui lui si sporse per prendersela da solo. Le loro dita si sfiorarono. La pelle di Draco era fredda come il ghiaccio ed Hermione si ritrasse istintivamente, come se lui l'avesse appena bruciata. E, in un certo senso, era così.

«Perché siamo qui?» Andò dritta al punto. Sapeva che non lui non necessitava di alcun giro di parole. Gli lasciò il tempo di riflettere, mettendo un cucchiaio di zucchero nella sua tisana, per poi mescolarla in fretta, provocando un leggero tintinnio.

«Hai detto che non saresti riuscita a prendere sonno. Io avevo già in mente di venire qui, ti ho solo esteso l'invito».

«Oh...» Soffiò debolmente sul contenuto della tisana. «Ci vieni spesso?»

«Direi di sì.»

«Non lo sai che è proibito per gli studenti?» Gli domandò, abbandonando la tazza bollente sul tavolo e incrociando le braccia al petto.

Draco ghignò. «Mi ero dimenticato quasi fossi ligia alle regole, Granger». La prese in giro. «Anche se, se non ricordo male, quando sei con Potter e Weasley questa tua rigidità sparisce.» Continuò con voce melliflua, passandosi la lingua sui denti.

Hermione sbuffò. «Dacci un taglio».

Lui scrollò le spalle, ridendo.

Dopo aver finito le loro tisane, salutarono Wilia e Draco le fece promettere di non dire niente sull'accaduto. Fortunatamente, il suo legame con l'elfa domestica gli permise di convincerla molto facilmente. E Draco era bravo a parlare, riusciva ad ammaliarti con la sua cadenza melliflua con la stessa facilità con la quale si rubano le caramelle ad un bambino. "Un gioco da ragazzi" lo aveva definito lui, sotto lo sguardo contrariato di Hermione.

Uscirono dalle cucine in religioso silenzio, ad accompagnarli solo l'eco del rumore dei loro passi, che riecheggiavano nel buio. Arrivati davanti all'entrata del dormitorio di Serpeverde, Hermione rallentò il passo, aspettando che Draco si dirigesse verso il lungo corridoio e venisse inghiottito dall'oscurità.

Ma lui non lo fece, anzi, tirò dritto verso le scale senza nemmeno un misero cenno e lei fu costretta ad aumentare il passo per raggiungerlo. In quel momento capì. Lui la stava accompagnando, di nuovo.

Decise di non dire nulla, facendosi cullare da quella stramba situazione. Sarebbe stato stupido farglielo notare e lui avrebbe sicuramente reagito male. Inoltre, non le andava proprio di rompere quell'improvviso trattato di pace che avevano instaurato quella sera.

Una volta giunti davanti al quadro della signora Grassa, Hermione si voltò verso di lui, cauta.

Con Draco le sembrava sempre di star camminando su di un campo minato, dovevi stare attento e procedere con cautela, altrimenti saresti saltato in aria al compimento del primo passo falso.

«Ci vediamo domani a rune antiche.» Disse lei.

Draco annuì, voltandosi per tornare verso il suo dormitorio.

«Ah, Malfoy?» lo richiamò, prima che fosse troppo tardi.

Draco girò la testa nella sua direzione, storcendo il naso quando sentì il suo cognome pronunciato da lei. Tese le orecchie e rimase in ascolto.

Hermione racimolò tutto il coraggio necessario per spingere fuori quella parola che le graffiava la mente e le faceva arrovellare il cervello.

«Grazie». Mormorò in un flebile sussurro. Non ci fu bisogno di specificare per cosa lo stesse ringraziando, perché lui capì benissimo, come aveva capito subito la sua inquietudine nel dover attraversare il castello di notte, con la testa piena di paranoie.

Aveva appena ringraziato Draco Malfoy. Lo stesso Malfoy che l'aveva insultata e fatta piangere per tutta la durata dei sei anni scolastici. Lo stesso Malfoy al quale aveva tirato un pugno dritto sul naso. E lo aveva fatto con coraggio. Perché ci vuole più coraggio a ringraziare, a chiedere scusa, che a riversare sull'altro spregevoli insulti.

Rimaneva lì, in piedi, a testa alta. Un briciolo della sua anima fiera e candida era trapelato da quel sussurro e chissà se Draco era riuscito a captarlo.

Si voltò senza aggiungere altro.

«Figurati.» Un sorriso lieve gli aveva tirato su gli angoli della bocca e ringraziò di essersi voltato e l'oscurità, per essere lì ad avvolgerlo.

Hermione emise un lungo sospiro, mentre Draco compiva qualche passo in direzione delle scale. La Grifondoro sussurrò la parola d'ordine al quadro, che la lasciò passare dopo qualche lamentela masticata.

Prima che la porta si chiudesse però, dubitò per la seconda volta in due ore delle sue capacità uditive.

Il suo orecchio captò qualcosa, un mormorio, un flebile sussurro. Due parole che le si incastrarono dentro al petto e che le fecero trattenere il respiro per qualche secondo.

«Buonanotte Hermione.»

~•~
Nota autrice
Buonasera a tutti, aggiornamento a sorpresa per farmi perdonare!
Tra ieri e oggi la lampadina sopra la mia testa si è accesa e ho avuto un po' di sana ispirazione.
Questo capitolo è veramente lungo e mi aveva bloccato inizialmente, per questo ci ho messo tanto a scriverlo.
Questo capitolo è molto importante, perché mostra una sorta di punto di non ritorno da un punto di vista emotivo, sia per Draco che per Hermione.
Ad ogni modo, spero che vi sia piaciuto e fatemi sapere cosa ne pensate!
-W🫶🏻

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