Il borbottio dei fantasmi del passato
Ho scritto sulle note di
My blood - Ellie Goulding,
in caso voleste leggere
ascoltando la musica.
~•~
And I'm caught in the crossfire
of my own thoughts
The color of my blood is all
I
see on the rocks.
~•~
Borbottio.
Un sottofondo sfocato, incerto, indistinto, muto ma, al contempo, rumoroso.
Un borbottio agitato come un mare in tempesta, schiuma di ricordi frammentati che si mescolano tra loro come nuvole scure e portatrici di quella pioggia che casca giù dagli occhi.
Un rumore strascicato che si stanzia dentro l'incudine, che percorre le sinapsi, che si radica dentro la testa. Quel rumore che richiama tutti gli episodi occultati nel fiore della memoria, perché troppo dolorosi da rivivere, così vividi e affilati.
Un insieme di suoni costanti, fusione di emozioni corrose che si agitano nel petto, scolpite nel tempo a ritmo di battiti irregolari.
I borbottii sono gli strascichi delle guerre che le persone si portano dentro. La pulce nell'orecchio che ti ripete frasi, ti riporta alla mente volti e che ti schiaccia i piedi al suolo, impedendoti di volartene semplicemente via.
Hermione Granger avanzava a testa alta per la stazione di King Cross, le orecchie intasate dal borbottio incessante che le risuonava dentro. Lo sguardo duro e fiero di una combattente che era sopravvissuta a qualcosa più grande di lei.
I passi leggiadri, la posizione perfettamente composta e una calma maniacale, da invidiare. Camminava fluidamente, cercando di ignorare il brusio sottostante, tipico dell'ambiente londinese.
Una figura silenziosa, una ragazza che di rumore ne aveva fin troppo dentro.
Si trascinava dietro il suo solito, grosso e pesante baule senza battere ciglio. Lo aveva posizionato sopra un carrello di ferro battuto, le cui ruote stridevano fastidiosamente per la fatica. Ci aveva messo dentro l'impossibile, applicando vari incantesimi di estensione per farci entrare tutto quello che le passava per la testa.
Grattastinchi avanzava arrancando al suo fianco, zampettando a destra e a sinistra, cercando di stare al passo con la propria padrona. Hermione aveva provato a dissuaderlo per farlo entrare nella sua solita gabbietta, ma il micio rosso si era divincolato, rifiutandosi categoricamente di metterci piede. Così, alla fine, lei ci aveva rinunciato e lo aveva lasciato a piedi.
Il vento di settembre soffiava prepotentemente sulla Londra babbana, portandosi via gli ultimi rimasugli di un'estate confusa e piena di mancanze che non potevano essere colmate.
Il cielo era dipinto a chiazze da delle nuvole grigiastre, portatrici di quella solita pioggia londinese, che costituiva una certezza per tutti i suoi abitanti, insieme all'umidità che si attaccava morbosamente addosso ai loro abiti estivi come fosse una seconda pelle.
I capelli di Hermione danzavano insieme al suo soffio irruente, che li sfiorava in una carezza rude, tentando invano di portarli con sé.
La ragazza non ci faceva nemmeno tanto caso. Li lasciava giocare con la spinta d'aria frizzante, spostandoli distrattamente con la mano di tanto in tanto, vietando ai ricci ribelli di ostruirle la visuale.
Osservava i dintorni con occhio attento e curioso, vedendo i fantasmi del proprio passato strisciarle accanto. Li guardava passare, sentendo gli occhi asciutti pizzicarle di malinconia. Sembrava quasi che le facessero "ciao" con la mano, una crudele burla giocata dalla sua immaginazione.
Non aveva più nessuna lacrima da versare, nessun angolo della bocca da rivolgere verso il basso. Nessun segno. Niente di niente. Solo una piccola e impercettibile scintilla vuota della pupilla spenta, che portava il peso di una consapevolezza disastrosa.
Ed è proprio a causa di questa consapevolezza bastarda che Hermione Granger si era svegliata tutti i giorni nel cuore della notte in preda al panico, emettendo grida che squarciavano il buio di casa Weasley.
Dopo la fine della guerra e la caduta del lato oscuro, la ragazza aveva alloggiato alla tana per qualche mese, aiutando quella famiglia distrutta a risollevarsi in piedi.
Molly aveva praticamente costretto sia lei che Harry ad accettare quel temporaneo trasferimento. Li aveva accolti sotto la sua ala di madre senza sentire neanche l'ombra di una scusa per declinare la sua offerta. La casa le sarebbe sembrava meno vuota e il dolore dovuto alla mancanza di Fred, che trafiggeva ognuno di loro sarebbe stato più facile da sopportare.
Hermione si era data da fare ogni giorno scandito dal sorgere del sole, mettendo da parte ogni briciola di cuore sanguinante per aiutare quella famiglia distrutta, costretta a vedere l'ombra del gemello caduto in ogni angolo della casa.
Aveva assorbito il dolore altrui come una spugna, distraendo così la sua mente dai i suoi problemi opprimenti.
Dopo la morte di Fred si erano tutti chiusi in un'aurea di silenzio disperato, fatto di grida mute, parole trattenute e lacrime che si ostinavano a rimanere strette alle pupille.
Ognuno di loro costituiva un pilastro portante nella vita dell'altro, ma adesso che lui non c'era più, l'equilibrio precedente era andato in frantumi e si erano dovuti arrangiare per trovarne uno nuovo.
Un mese prima dell'inizio della scuola, in piena estate, aveva iniziato a sentire il bisogno di ritrovare sé stessa e di fare i conti con i suoi sentimenti, desiderosi di uscire finalmente dalla scatola nella quale erano stati rinchiusi a forza.
Si era perciò rintanata dentro la sua vecchia casa, vuota apparentemente, ma piena di ricordi e malinconia impressi nelle mura solide.
Aveva vissuto giorni in balia del passato, cercando di mettere un po' di ordine in tutto quell'apparente caos che si portava dentro. Pettinando piano piano il gomitolo di pensieri da districare.
Le foto vecchie che tappezzavano pareti e ricoprivano i mobili in legno scuro, ritraevano i suoi genitori senza di lei, rimarcando quella verità che avrebbe tanto voluto dimenticare.
Era la stessa che si divertiva a scavarle l'anima giorno dopo giorno, minuto dopo minuto. La stessa che aveva percepito nell'aria della stazione, dal primo momento in cui ci aveva messo piede.
La stessa con cui aveva dovuto fare i conti da quando la guerra era finita.
La guerra era davvero finita, Voldemort era caduto insieme alla sua armata nera e Albus Silente era morto, lasciando un incolmabile senso di vuoto a tutta Hogwarts, costretta a sentire gli echi delle sue sagge parole risuonare nei ricordi di ognuno dei suoi studenti.
La scuola era stata ricostruita con il sudore e il sangue dei coraggiosi combattenti caduti in battaglia, che avevano costretto i sopravvissuti ad andare avanti e a rinascere dalle proprie ceneri bruciate.
E per Hermione, quella, non era altro che benzina che veniva gettata sul fuoco dei suoi incubi.
I teli insanguinati e sporchi di polvere della sala grande la tormentavano. I visi pallidi dei caduti, le mani inermi di Remus e Tonks che si sfioravano, lasciando ai vivi la terrificante presa di coscienza che il piccolo Teddy non avrebbe mai conosciuto i propri genitori, ma sarebbe stato costretto a incontrarli dentro i ricordi altrui. Il corpo senza vita Fred Weasley bagnato dalle lacrime di George, Lavanda Brown brutalmente assassinata da Fenrir Greyback, le urla dei combattente squarciati dalla stanchezza e dallo schiacciante peso della morte che gravava sulle loro teste. Tutto incorniciato da Hogwarts che cadeva in rovina.
La seconda guerra magica le aveva procurato un segno indelebile sulla pelle, senza contare l'incisione che le aveva inflitto quella sadica di Bellatrix Lestrange sull'avambraccio.
Le capitava di sognare anche lei di tanto in tanto. I suoi occhi sporgenti, i capelli sporchi e in disordine, l'inquietante risata acuta a denti scoperti e il coltello che stringeva nella mano destra mentre le incideva sulla pelle viva la scritta: "sanguemarcio".
Il rossore dell'incisione si era attenuato, ma il dolore della cicatrice che portava inflitta nel proprio cuore no. E non era la sola a portare quel peso.
Tutti coloro che avevano preso parte alla guerra lo sentivano. Scavava nelle loro ferite rimarginate, portandole a sanguinare di nuovo, in un cruento ciclo che non permetteva di guarire. Batteva un chiodo fisso nelle loro menti, ricordandogli che quello non era stato solo un incubo.
Lo sbuffo del treno alla sua sinistra la fece sobbalzare, facendo scomparire momentaneamente dalla sua testa quei brutti pensieri che le rannuvolavano gli occhi.
Si affrettò a raggiungere il passaggio che l'avrebbe portata direttamente all'Hogwarts Express, facendo lo slalom tra la gente comune. Quando gli fu davanti, acchiappò Grattastinchi e lo posizionò sopra il baule. Prese un grande respiro, lasciando che l'aria fluisse dentro i polmoni e spinse il carrello, camminando velocemente contro il muro.
Lo attraversò senza difficoltà, come aveva sempre fatto. Sentì un singulto di emozione scuoterla nel momento in cui fu dall'altra parte e i suoi occhi incontrarono il cartello che indicava il binario nove e tre quarti.
Venne immediatamente investita dal baccano che affollava i dintorni. Il treno che dipingeva il cielo col vapore candido che sbuffava di tanto in tanto, come se fosse impaziente di partire.
E questo non era un borbottio, questo era il rumore gioioso che affollava il binario magico ogni primo settembre.
Si guardò intorno, estasiata: tutto sembrava esattamente uguale a come lo aveva lasciato l'ultima volta.
Ragazzini urlanti che abbracciavano i loro amici appena ritrovati, animali domestici che scappavano dalle gabbie e i rispettivi padroni che li inseguivano a perdifiato, gufi che sorvolavano le loro teste, esibendo i loro magnifici piumaggi chiaro-scuri, genitori che stringevano gelosamente al petto i propri figli, una miriade di raccomandazioni a uscire dalle loro bocche, fratelli e sorelle maggiori già diplomati che lanciavano consigli e trucchetti al volo, i ragazzi del primo anno che stringevano il proprio biglietto tra le mani, eccitati, ma allo stesso tempo intimoriti dal dover passare così tanto tempo lontano dalla propria casa e dai propri genitori.
Hermione osservava tutto questo con lo stomaco in subbuglio e il cuore che scalpitava impaziente, ritrovando la sé stessa bambina nelle loro espressioni.
Sospirò, stava per tornare a casa, finalmente.
Si guardò ancora un po' intorno, lasciandosi riempire gli occhi dalla gioia dei ragazzini, pensando di non poterne avere mai abbastanza di quella strana ventata di normalità.
Curiosò tra i volti familiari e quelli nuovi.
Vide Neville, intento a caricare sul treno rosso scarlatto chissà quale strana pianta da portarsi dietro e si ritrovò a pensare che era cambiato davvero moltissimo. Dean e Seamus, sorridenti e pronti a ricominciare un nuovo ultimo anno, Luna, che leggeva distrattamente il Cavillo, borbottando ogni tanto qualcosa, mentre Ginny la trascinava su per le scalette, pronta a cercare un vagone libero dove poter passare il viaggio.
Hermione si appuntò mentalmente di doverla cercare più tardi mentre comprava il proprio biglietto dorato.
Avvicinandosi maggiormente al treno, notò immediatamente che molti volti erano vacanti.
Lavanda Brown e Colin Canon non erano tra loro. Le loro giovani vite erano state strappate dall'amarezza della guerra. Hermione chiuse gli occhi per un attimo, facendo riaffiorare involontariamente il ricordo delle loro lapidi marmoree sulle quali era inciso il loro nome in una calligrafia superficiale e piena di ghirigori. Ricordò le famiglie dei suoi due compagni di scuola, stretti l'uno tra le braccia dell'altro, ancora incapaci di accettare che la guerra avesse strappato via due vite così giovani.
Un brivido le corse giù per la schiena. Scosse la testa, stava diventando tremendamente succube della sua mente ferita.
Sospirò, cercando con lo sguardo le chiome dei suoi migliori amici, che avrebbero dovuto essere li a momenti.
Al contrario di Hermione, loro due avevano concordato con la Mcgranitt un percorso di studi alternativo, che prevedeva la frequentazione della metà delle ore di lezione normali, in modo tale che le restanti potessero essere dedicate all'addestramento che li avrebbe fatti diventare auror del ministero.
Quando si sentì picchiettare lievemente sulla spalla si voltò di scatto, con un movimento eccessivamente brusco e inaspettato, scrupolosa sul non abbassare mai la guardia.
Ma quando si voltò, i suoi occhi incontrarono due volti più che familiari. Harry Potter e Ronald Weasley erano lì davanti a lei e le sorridevano calorosamente.
Un sorriso le si aprì sul volto mentre si accingeva a stringere tra le braccia i suoi migliori amici. I due la strinsero a loro volta, i visi sommersi nei ricci morbidi dell'amica.
«Hermione, hai deciso di soffocarci già il primo giorno?» Rise Ron, mentre cercava di liberarsi dalla presa salda della ragazza.
Harry ridacchiò a sua volta, guardando Hermione incrociare le braccia al petto, pensando a quanto fosse familiare quella scena.
«Sei sempre il solito...» Sbuffò alzando gli occhi al cielo.
Ron le fece una smorfia e lei rise.
I due non avevano più riparlato del bacio che si erano scambiati dopo aver distrutto l'horcrux nella camera dei segreti.
Il fatto era che, nel momento esatto in cui le loro labbra si erano sfiorate, Hermione aveva vissuto il suo sogno di adolescente. Quella fiamma che le aveva corroso il petto per anni, si era improvvisamente spenta. Era sempre stata innamorata di Ron, ma dopo il bacio... le sembrava che fosse servito solo a suggellare e chiudere un capitolo finito della propria vita.
Non aveva vissuto quella scossa elettrica di cui aveva sempre letto nei suoi adorati libri. Nessuna ombra di quella scintilla che avrebbe dovuto unirli.
Semplicemente, il suo treno era passato da un pezzo e Ron era sempre stato troppo insicuro per decidersi a prenderlo.
Hermione aveva provato a parlare con lui dell'argomento che, a parer suo, andava affrontato, ma lui aveva sviato ogni volta la questione, distruggendo ogni speranza di chiarimento dell'amica.
Il comportamento di Ronald non aveva fatto altro che incrementare i punti interrogativi nella sua testa e se c'era una cosa che la ragazza detestasse più di ogni altra, era il non sapere.
Tuttavia, col passare del tempo, questi interrogativi erano finiti in un angolino remoto della sua mente, come se avesse semplicemente voluto accantonarli.
Ma non erano mai svaniti, non erano stati cancellati. Loro erano sempre li, che premevano contro la scatola cranica della ragazza, pronti a venir fuori all'improvviso.
«Hai il tuo biglietto, Herm?» Le domandò Ron, sporgendosi verso di lei. Osservò curiosamente la ricrescita della barba sul mento.
Poi annuì, sfilandolo dalla tasca posteriore. «Voi?»
Loro la imitarono, mostrandole il loro lasciapassare.
«Che hai deciso di fare con la casa?» Le domandò Harry all'improvviso, mentre si avvicinavano alle scalette affollate del treno. «La venderai?»
«In realtà, non ho ancora deciso.» Ammise con una smorfia.
Il moro si aggiustò gli occhiali sul naso e annuì. «Sì, lo immaginavo.»
Hermione non aggiunse nulla, lanciando un'occhiata eloquente verso il ragazzo sopravvissuto, mentre trascinavano su per le scalette tentennanti il proprio baule.
«Riflettici con calma, solo tu sai cos'è meglio per te.» Le suggerì troppo saggiamente Ron, mentre l'altro annuiva in segno di assenso.
La loro amica annuì, rilasciando un sospiro pensieroso.
«Qui, Grattastinchi!» Gridò poi, non riuscendo più a vedere il proprio gatto.
Il micio dal pelo rosso e lungo sgattaiolò in tutta fretta nel mezzo a svariate gambe, prima di trovare i familiari scalini e saltarci sopra con un balzo felino. Si accucciò sopra il piede destro di Hermione e prese a leccarsi una zampina con nonchalance.
«Hermione, sbaglio o la tua palla di pelo ha messo su qualche altro chilo?». Le domandò il rosso, l'indice e il pollice a pizzicargli il mento, squadrando Grattastinchi, che lo guardava a sua volta con gli occhi assottigliati.
Hermione sbuffò. «Chiudi il becco, Ronald!» Lo rimbeccò, dandogli un buffetto sulla spalla. «E non chiamarlo palla di pelo, ha un nome.»
«Fa' lo stesso.» Scrollò le spalle, incurante.
Il micio si strusciò dolcemente alla gamba della sua padrona, prima di voltarsi di scatto verso Ron e soffiargli improvvisamente. Quest'ultimo sobbalzò.
«Per la miseria! Rinchiudilo nella sua gabbia, prima che mi stacchi una gamba.» Strillò, facendo un paio di passi indietro.
«Se smettessi di provocarlo, non ce ne sarebbe alcun bisogno.» Ribatté la riccia di rimando, incrociando le braccia al petto.
«State bloccando il passaggio.» Commentò Harry ridacchiando, prima di arpionargli entrambe le braccia per farli spostare. «Andiamo, forza.»
I tre amici si fecero strada tra i corridoi affollati del treno, scansando a fatica orde di studenti urlanti che facevano sosta in ogni vagone. Sembrava quasi che tutti avessero dimenticato, che tutto fosse tornato alla normalità.
Appena riuscirono a trovare uno scompartimento vuoto, a circa metà dell'Hogwarts Express, tirarono un sospiro di sollievo. Senza troppi complimenti, entrarono e si lasciarono sprofondare nelle solite morbide poltrone, sentendo poco dopo il treno che iniziava a muoversi.
Ron scrollò le spalle, come a volersi togliere di dosso tutti i pensieri che rimbombavano come echi nella sua mente, poggiando il mento sul palmo destro, lo sguardo assente puntato fuori dal finestrino, oltre il proprio riflesso.
Hermione notò immediatamente il suo repentino cambio d'umore. Fece salire sulla poltrona Grattastinchi, battendo due volte sopra la sua coscia, dove si appisolò comodamente.
Di soppiatto, si concesse di analizzare il giovane Weasley.
I capelli rossi spettinati gli donavano la stessa aria sbarazzina di sempre, il suo fisico slanciato era rannicchiato su sé stesso, mentre la testa era voltata verso il panorama che si trovava al di fuori del vetro.
Nei suoi occhi nessuna scintilla, solo il rimasuglio del colore spento delle sue iridi.
Era sempre il primo che cercava di tirare su il morale di tutti, ma era sempre il primo che si rifiutava categoricamente di accettare il proprio dolore e di parlarne apertamente.
Ginny lo nominava continuamente, così come George, che aveva il nome del fratello sempre sulla punta della lingua.
Ma Ron no. Non ne voleva sapere di affrontare la realtà. Ogni volta che sentiva parlare di Fred, tornava in quel solito limbo in cui piombava da mesi, dove ogni forma di dolore e tristezza erano catalogate come sentimenti sconosciuti.
E sapeva di non poter continuare così. Era perfettamente a conoscenza del fatto che prima o poi avrebbe dovuto fronteggiare quella consapevolezza amara che gli avrebbe squarciato l'anima in due.
Ma più passava il tempo, più lui si rifiutava di parlarne e più si logorava dentro.
E c'erano comunque alcuni istanti che lo tradivano, delle piccole frazioni di secondo dove la sua maschera si abbassava e si potevano intravedere le porte semiaperte del suo cuore sgretolato.
Gli occhi vitrei persi nel vuoto a navigare tra i fantasmi del passato, più taglienti di una lama di un coltello, alla ricerca di qualcosa di inesistente.
A Ronald Weasley ultimamente capitava spesso di bloccarsi per qualche secondo, come se qualcuno lo stesse mettendo in pausa.
Era come se momentaneamente la realtà iniziasse a correre veloce lasciandolo indietro e, per quanto provasse a rimettersi in pari, lui rimaneva lì, bloccato in quell'istante.
Era come un oggetto difettoso, ogni tanto si fermava. Aveva qualcosa di rotto dentro che non poteva essere aggiustato.
La morte del fratello aveva sbriciolato un tassello fondamentale della sua anima. Uno dei pilastri portanti della sua vita, adesso, non esisteva più.
Ronald era cresciuto, maturato. Era riuscito a smussare quei buffi spigoli del proprio carattere di ragazzino, che in un modo o nell'altro l'avrebbero sempre contraddistinto, scoprendo però delle nuove sfumature da uomo.
Quella terribile perdita gli aveva scavato il viso, prosciugato gli occhi e spezzato il cuore.
«Ginny?» Domandò Harry, riportandola al presente, mentre sistemava il proprio baule nel portabagagli sopra le loro teste.
Hermione strappò le proprie iridi mielate da Ron ad Harry alla svelta e cercò di abbozzare un sorriso.
«Credo sia con Luna e Neville.» Lo rassicurò. «Li ho visti prima mentre salivano.»
«Come credete che sarà?» Domandò dopo un attimo di pausa. «Voglio dire, mi sembra passata una vita dall'ultima volta che ci ho messo piede.»
Hermione sospirò annuendo, poggiando i palmi aperti sopra le cosce. Cercò di trovare le parole giuste, ricordandosi di come quell'antico castello che chiamavano casa fosse stato distrutto dalle fiamme della guerra.
Anche se aveva passato tutto Giugno a dare una mano con la ristrutturazione, c'erano ancora parecchie cose di cui era all'oscuro.
«Non lo so, Harry... ma ho piena fiducia nella Mcgranitt.» Cercò di rassicurarlo. «Avrà sicuramente fatto del suo meglio per far tornare le cose alla normalità, o quanto meno ad uno stato che gli si avvicini.»
«Non credo esista più la normalità.» Commentò Ron distrattamente.
«Stai partendo prevenuto.» Ribatté Hermione.
«Sai anche tu che ho ragione, Herm.» La riprese il rosso. «Niente sarà più come prima.»
Harry le lanciò un'occhiata fugace. La stessa che le rivolgeva ogni volta che si accorgeva che Ron stava attraversando esattamente quel momento della giornata. Hermione annuì.
«Forse preferisco continuare ad illudermi.» Disse non del tutto sicura. «Vado a cercare Ginny.»
Lanciò un ultimo sguardo verso i due amici e uscì dallo scompartimento, ritrovandosi sola, nel bel mezzo del corridoio vuoto.
Mosse qualche passo avanti, osservando ogni centimetro di quel treno che le era sempre stato familiare, ma che ora le sembrava un posto sconosciuto.
I fantasmi del passato la salutavano attraverso i finestrini, oltrepassavano le pareti, le sfioravano le braccia. Se le strinse contro il petto, con la schiacciante consapevolezza che niente sarebbe stato più come prima.
Si accasciò contro la parete munita del finestrino, il cuore stanco e il borbottio ridondante che tornava a travolgerla.
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Ciao a tutti!
Questo è il primo capitolo revisionato di ATBL. Ci sono stata molto tempo sopra e spero che vi piaccia!
Fatemelo sapere nei commenti ♡
In questo primo capitolo, che è più una sorta di prologo della storia, possiamo vedere i nostri tre grifoni alle prese con il ritorno a scuola, dopo una tormentata estate. Tutti e tre hanno vari mostri sulle spalle da dover affrontare, cicatrici sepolte da chili di coraggio che si riapriranno inevitabilmente appena metteranno piede nella scuola.
Ma le nostre serpi? Vi aspetto nel prossimo capitolo per scoprirlo!
Lasciate una stellina se il capitolo vi è piaciuto♡
B
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