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Gita ad Hogsmeade (2/2)

bad things happen
to the people you love
and you find yourself praying
up to heaven above
but honestly i've never
had much sympathy
'cause those bad things
i alway saw them coming for me.

~•~

Gli otto ragazzi avevano ottenuto il permesso di Madama Rosmerta per alloggiare presso il pub di sua proprietà, i Tre Manici di Scopa. Il pub, infatti, poteva contare quattro camere doppie situate due piani sopra al bancone del bar.

Hermione si sistemò in camera con Ellen, la ragazza dei Tassorosso, e Yasmine Vince. Era situata di fianco alla stanza che dividevano Pansy e Daphne e davanti si trovava un'altra porta del corridoio, una stanza doppia dove era stato aggiunto un letto, dato che gli studenti erano tre.

La caposcuola aveva organizzato il programma secondo delle tappe solide ed obbligatorie. Il sabato si sarebbero recati a Diagon Alley servendosi della metropolvere, usufruibile grazie al camino del pub. Hermione non aveva voluto sentire ragioni sul mezzo di trasporto, nonostante Yasmine avesse tirato su un polverone di polemiche continue, in cui Pansy le diede man forte. Le aveva liquidate entrambe con un gesto noncurante della mano, mostrando una pergamena firmata dalla preside della scuola, che li autorizzava ad utilizzare solo quel mezzo di trasporto, aggiungendo che la materializzazione fosse considerata rischiosa, non ci fossero passaporte funzionanti e rimarcando la certezza che non avrebbero di certo messo in funzione l'Hogwarts Express solo per portare 8 studenti alla loro destinazione.

Dopo aver sistemato i bagagli, gli otto ragazzi si radunarono al piano terra, dove li aspettava il camino.

Hermione, dopo aver parlato con Madama Rosmerta, si avvicinò al gruppo e non poté che sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d'onda del chiacchiericcio che si era formato.

«Non mi dirai anche adesso che manca ancora tanto per trovare l'accompagnatore!» Fu l'esclamazione di Daphne Greengrass verso l'amica dai lunghi capelli castani.

Pansy alzò gli occhi al cielo sbuffando. «D'accordo!»

«Per te è facile-» Cominciò Daphne, il tono sarcastico. Hermione aspettò che terminasse la frase prima di rivelarsi al gruppo ed interromperle, ma fu uno sbaglio. Un imperdonabile sbaglio.

Perché a volte la curiosità uccide. La stessa curiosità che spinge le falene verso la luce era quella che accendeva Hermione e, come loro, stava per essere bruciata da essa.

La curiosità è una forma di insubordinazione.

«Sappiamo tutti che Draco ti inviterà.»

Hermione sentì la frase e, come una piccola falena toccò la luce che le bruciò il petto.

Si aggrappò alla colonna di pietra che l'aveva nascosta per il breve lasso di tempo che era risultato sufficiente affinché quella sensazione che aveva provato solo qualche giorno prima la invadesse dalla testa ai piedi.

Ma Hermione sapeva che la colpa era solo sua per averlo costantemente respinto, per aver guardato sempre i suoi occhi senza riuscire a leggere ciò che lui aveva scritto dentro.

E cos'altro avrebbe potuto fare?

Si sa perfettamente che non c'è scampo alcuno contro i sentimenti traditori. Con loro, non esiste guerra alla pari. Si parte sempre svantaggiati perché, in ogni qualsiasi modo si prova ad agire, ci sarà sempre dell'amaro che il nostro cuore dovrà ingoiare.

Ed Hermione non poteva far altro che respingerlo, per la troppa paura di ciò che sarebbe potuto accadere se avesse davvero colto il significato dei suoi occhi. Perciò, quel bruciore nello stomaco che provava quando qualcun'altra era vicino a lui le andava bene, le doveva andare bene.

L'unica cosa che le rimaneva erano le briciole di un errore indelebile, di un segreto sbiadito che avrebbero conosciuto solo lei, lui e il suo cuore.

«Hermione, va tutto bene?» Neville apparve alle sue spalle con un tempismo che avrebbe potuto spaccare le lancette, posandole una mano sulla schiena.

«Neville, io-» respirò a fondo prima di auto-convincersi e di annuire. «Sì, tutto bene.»

Lui non parve convinto, ma decise comunque di darle un briciolo di fiducia in più, lasciando cadere l'argomento prima che effettivamente fosse nato.

«Ci spariamo una burrobirra prima di andare?» Sentirono proporre Zaccharias indicando il bancone.

Hermione fece la sua apparizione con Neville al suo fianco, la marea di ricci scossi con vigore. «No, siamo già in ritardo.»

Pansy le lanciò un'occhiata annoiata, mentre il Tassorosso scrollava le spalle senza infierire, senza nemmeno fare caso al tono stranamente tagliente che gli era stato rivolto.

«Come funziona questo affare?» Domandò Yasmine, puntando l'unghia laccata verso il loro mezzo di trasporto.

Hermione si schiaffò una mano in fronte, sperando che stesse scherzando. Provvedé immediatamente a fornire una spiegazione dettagliata e chiara affinché nessuno si perdesse, era di vitale importanza che arrivassero tutti e otto a Diagon Alley interi. Parlò con chiarezza, cercando di ignorare con tutta la sua forza di volontà il nodo che la stringeva sulla bocca dello stomaco. Parlava, sperando che nessuno dei suoi compagni notasse la sua espressione assente.

«Neville, aiutami.» Disse ad un certo punto, spingendolo dentro il camino. «Facciamo velocemente una dimostrazione pratica per chi non ha – non so come – mai viaggiato per camino.»

«Fai del sarcasmo, Granger?» Pansy aveva un sopracciglio alzato, quasi sorpresa.

Hermione la ignorò, astenendosi dallo sbuffare, aspettando che Neville fosse completamente entrato all'interno del camino.

«Per prima cosa occorre ovviamente entrare nel camino, poi-» si interruppe per lasciare che il moro prendesse una manciata di polvere dalla ciotola che gli stava porgendo. «-poi si prende una manciata di polvere.»

Si assicurò che tutti la stessero ascoltando prima di continuare. «Dovete parlare a voce alta e dire la vostra destinazione in maniera chiara. A quel punto, gettate la polvere dentro il camino.»

«E poi?» Chiese la Corvonero.

«Neville, procedi pure.» Lo esortò Hermione, incrociando le braccia al petto.

«Diagon Alley!» Scandì bene, gettando la polvere nel camino, venendo subito dopo inghiottito dalle fiamme.

«Chi è il prossimo?» Domandò voltandosi verso i propri compagni, con uno sguardo quasi inquietante, notando con segreto divertimento l'espressione di Yasmine Vince, che era un misto tra il disgusto e il puro terrore.

~•~

Diagon Alley era affollata, esattamente come Hermione aveva previsto. Lei attraversò il sistema di camini comunicanti per ultima, per accertarsi che tutti partissero e arrivassero alla destinazione corretta.

«Sono piena di polvere!» Sbuffò Yasmine, che sembrava sull'orlo di una crisi di nervi.

Hermione alzò gli occhi al cielo, prima di agitare la bacchetta e di ripulirle i vestiti con un incantesimo non verbale. Prima avrebbe smesso di lamentarsi, prima avrebbero iniziato le loro commissioni.

Tirò fuori dalla sua borsa quattro pergamene, con su scritto il programma che ciascuna coppia avrebbe dovuto seguire.

«Yasmin e Parkinson, voi vi occuperete delle decorazioni sceniche. Dovete presentare questo documento-» Porse alle ragazze il foglio contenente il sigillo magico. «Loro vi consegneranno tutto il necessario che è già stato ordinato in precedenza.»

Le due annuirono e si dileguarono prima che Hermione potesse aggiungere altro.

Zaccharias ed Eloise dovevano invece recarsi presso la band che era stata scelta per suonare al ballo e presentare loro la vasta lista di canzoni scelte. Inoltre avrebbero dovuto prendere dei fuochi d'artificio che avrebbero dovuto concludere la serata.

«Io so già cosa devo fare.» Disse Neville, afferrando la pergamena che Hermione gli stava porgendo.

«Ottimo.» Sorrise. «Tu Daphne andrai con Neville a prendere le decorazioni floreali, ho pensato che ci volesse anche un tocco femminile per scegliere le ghirlande.»

La Serpeverde sembrò pensarci un po' su, prima di annuire, un'espressione stranamente soddisfatta. «Hai pensato bene.» Disse, prima di afferrare Neville per la manica della felpa e trascinarlo in mezzo alla folla.

«Siamo rimasti noi.» Esordì Justin, una mano poggiata sulla spalla di Hermione.

«Già.» Annuì stirando le labbra. «Ci occuperemo degli ingredienti della pozione fumogena che sta perfezionando il professor Lumacorno.»

«Ottimo.»

Hermione iniziò a muovere due passi avanti, cercando di seguire la corrente della persone che l'avrebbe sicuramente trasportata con sé. Justin la seguì istantaneamente, cercando di non perderla di vista, usando come appiglio visivo i suoi capelli voluminosi.

«Senti, Hermione... » Gridò per sovrastare il baccano della folla.

Lei si voltò verso di lui, senza smettere di camminare. «Si?»

«Mi chiedevo se tu avesse già un accompagnatore per il ballo di Natale.»

Hermione aprì leggermente di più le palpebre, sentendo il vento freddo investirle le iridi. «Ehm... no, non ce l'ho.»

Sul volto di Justin comparve una sfumatura che a Hermione sembrò proprio sollievo. Le pagliuzze color nocciola degli occhi del Corvonero contenevano anche piccoli spicchi luminosi di speranza. Lei si rese conto troppo tardi del perché di quella domanda.

«Ti va di andarci insieme?»

Il vento si portò via con il suo soffio la frase di Justin, mentre Hermione si era come immobilizzata.

La folla di persone che popolava Diagon Alley continuava frenetica a muoversi intorno a lei, sfiorandole di tanto in tanto la spalla, ma lei rimaneva sempre ferma, come se non se ne accorgesse minimamente.

Justin le aveva appena chiesto di essere la sua accompagnatrice per il ballo di Natale e l'unica cosa che lei riusciva a pensare era la frase che aveva sentito dire a Daphne Greengrass solo una misera mezz'ora prima, quando alludeva al fatto che la serpe con i tratti da angelo avrebbe inevitabilmente chiesto a Pansy Parkinson di accompagnarlo al ballo, come se già fossero una coppia consolidata.

Mentre sembrava trovare la punta delle proprie scarpe molto interessante, rifletteva su quale altro accompagnatore avrebbe potuto trovare, a quale scusa avrebbe potuto inventare. Si domandò se volesse davvero andare al ballo con lui. Si domandò cosa ne avrebbero pensato i suoi amici, dato che era considerato solo il borioso ed egocentrico capitano della squadra dei Corvonero.

E, infine, si domandò cosa ne avrebbe pensato lui.

Era sicura che l'avrebbe guardata con quei soliti occhi silenziosi e glaciali, i suoi occhi di serpente, ostentando un'indifferenza che lei sapeva non appartenergli.

Forse fu proprio quell'ultima immagine che la spinse a dire: «Sì.»

~•~

Il lago nero era stranamente silenzioso quel pomeriggio. Il sabato era solitamente popolato da tanti studenti che uscivano per bearsi un po' dell'aria fresca, ma aveva iniziato a nevicare e tutti avevano finito per rintanarsi dentro le mura accoglienti del castello.

Tutti tranne uno. Un giovane fatto della stessa sostanza della neve.

Draco era seduto sulla sua coperta verde protetta da un incantesimo impermeabile. Lasciava che i fiocchi freddi si impigliassero tra i suoi capelli, sciogliendosi e riempiendoli di acqua.

Stava aspettando che Blaise lo raggiungesse per potersi recare al San Mungo. Dato che era sabato e data la vitale importanza della lettera che avevano ricevuto quella mattina stessa, la preside aveva accettato di firmare ad entrambi l'autorizzazione. I due giovani sarebbero stati scortati da Dawlish in persona.

Appena li vide arrivare con la coda dell'occhio, fece sparire il suo diario, trasfigurandolo nel solito sassolino verde e nascondendolo alla vista con un incantesimo protettivo.

«Malfoy, andiamo.» Lo richiamò l'auror, avvolto nel suo solito cappotto marrone, scelta stilistica azzardata visto il meteo.

Draco sospirò, evitando di mostrare quanto la sua presenza lo alterasse. Fece un cenno con la testa verso Blaise, raccogliendo la coperta da terra. La tasfigurò in un fazzoletto e se lo mise nella tasca dei pantaloni scuri.

Dawlish li accompagnò in silenzio oltre i confini della barriera protettiva, identificando con semplicità il confine oltre il quale la materializzazione fosse concessa. Si fermò nel punto concordato e si voltò verso i due studenti.

«Prego.»

Draco e Blaise afferrarono rispettivamente la spalla destra e quella sinistra dell'auror con una certa riluttanza, attendendo di sentire quella familiare sensazione si carne strappata.

Dawlish estrasse la bacchetta dal mantello. «Tenetevi stretti.» Bisbigliò, sentendo le due prese sulle sue spalle farsi più forti. Agitò la bacchetta in aria, facendoli scomparire in un attimo, come inghiottiti dal vento.

Draco sentì i suoi muscoli che si stiravano e si accorciavano. Come se tutti gli atomi che lo componessero si stessero disgregando e lui non fosse più fatto di materia compatta. Come se la forza di attrazione che lo teneva ancorato al terreno venisse meno. Si concentrava sulla pressione che il suo palmo esercitava sulla spalla di Dawlish, anche se non riusciva bene a capire dove finisse il suo corpo e dove iniziasse quello dell'auror.

Dopo una manciata di secondi interminabili, furono scaraventati esattamente davanti all'entrata del San Mungo, con il fiatone e una gran voglia di vomitare.

«Ho delle commissioni da fare, ci vediamo tra tre ore esatte.» Li avvisò l'auror dai capelli castani. «E ricordatevi che qualsiasi cosa farete, io lo saprò.»

Draco lo fissava con le palpebre assottigliate mentre Blaise si interrogava su quali problemi irrisolti lo affliggessero, senza preoccuparsi di mascherare il suo sopracciglio destro spinto verso l'alto, con tanto di ghigno sarcastico.

«Ma che problemi ha quel tipo?» Chiese infatti, quando l'auro se ne fu andato, mentre si avvicinavano alle scale della struttura.

Draco scrollò le spalle. «Che vuoi che ne sappia. Crede che io sia una specie di alleato della resistenza dei Mangiamorte.»

Varcarono l'entrata, raggiungendo le scale che li avrebbero portati al secondo piano con grandi falcate. Draco respirò quell'odore di magia bianca che aleggiava sempre negli ospedali, la purezza della speranza intrisa anche nelle pareti. Speranze che sarebbero state infrante, senza alcuna ombra di dubbio.

La porta della stanza di Theo era socchiusa. Da dentro provenivano dei sottili borbottii sarcastici e la voce stranamente flebile che poteva appartenere solo ad una persona.

Draco aprì la porta senza fare troppi complimenti,m decretando che avesse aspettato quel momento fin troppo.

Sia lui che Blaise rimasero impalati sulla porta alla vista del loro amico sveglio. I riccioli erano ordinati sulla testa, mentre gli occhi furbi saettarono sulle loro figure alte.

«Chi si rivede, i miei cazzoni preferiti.» Sorrise lui nella loro direzione, strizzando un occhio.

«Sei sempre il solito.» Rise Draco, mentre si affrettava a raggiungere il suo letto con passi frettolosi.

Sentiva le lacrime pizzicare gli angoli degli occhi fragili. Theo era vivo, il suo migliore amico era vivo e lo stava abbracciando in quel preciso istante. Hannah Nott sorrise davanti a quella riunione così intima e si adoperò per trovargli delle sedie.

«Malfoy, quelle sono-» Indicò gli occhi di Draco con una faccia di finto terrore. «Sono per caso lacrime?»

Draco gli dette un buffetto sulla spalla. «Finiscila deficiente.»

«Ne sono onorato.» Fu la risposta soddisfatta di Nott, mentre accoglieva l'abbraccio anche di Zabini.

«Non esserlo, questo bianco mi acceca.» Rispose Draco, ricomponendosi.

«Bene ragazzi, direi che a manifestazioni d'affetto siamo apposto per altri vent'anni.»

Hannah rise scuotendo la testa, mentre faceva levitare due poltroncine di velluto di fianco al letto di Theo. «Vi lascio soli, avrete tanti di cui parlare.»

Draco e Blaise annuirono, un sorriso a sbocciare naturale sulle loro labbra sempre abituate a contorcersi in un ghigno.

«Ci hai fatto preoccupare.» Disse Blaise, accomodandosi su una delle due poltroncine.

«Mi sono preoccupato anche io.» Alzò le sopracciglia il diretto interessato. «Quando quei pazzi hanno fatto irruzione in casa mia Hannah fortunatamente non c'era.»

Draco e Blaise rimasero in silenzio, non volendolo frastornare con troppe domande. Da un lato, nonostante la tragicità degli eventi, veniva ad entrambi da ridere nel notare che Theo non era cambiato affatto, raccontava le cose con la stessa drammaticità e sarcasmo di sempre.

«Volevano che io mi unissi a loro e alla loro missione suicida. Io mi sono rifiutato e questo è stato il risultato... e credetemi se vi dico che non mi sorprenderei di sapere che mio padre ne è al corrente.»

«Dici che lui fosse-» Non riuscì a terminare la frase Blaise.

«No, non credo che la vecchia carogna fosse tra di loro, ma sapete che casa mia è protetta a dovere e per entrare senza essere invitati a farlo si presume che uno conosca i sistemi di sicurezza.» Rispose Theo, con ovvietà.

«Tuo padre ancora non si trova.» Lo avvertì Blaise. «Da quando è fuggito da Azkaban prima del tuo incidente non si sa dove sia finito.»

«Non credo che lo troveranno presto.» Sospirò, prima di rivolgersi verso il biondo. «Draco, tu non sarai-»

«Coinvolto? Assolutamente no.» Ribatté fermamente in modo brusco. «Non io.»

Theo sgranò gli occhi voltandosi verso Blaise, che ricambiò il suo sguardo con un cipiglio confuso. La tensione all'interno della stanza d'ospedale si poteva tagliare con un coltello da quanto fosse densa.

«Draco?» Lo richiamò Blaise, non capendo dove volesse andare a parare. «Chi?» Chiese, coinciso e

lapidario come sempre, con una pretesa di risposta.

Dalle labbra del giovane Malfoy uscì un sospiro trattenuto per metà, mentre valutava se fosse il caso di parlare o meno. Una ruga solcava la sua fronte pallida, leggermente coperta dai capelli nevosi.

«Chi?» Insistette Theo. «E perché Ophelia non è qui con voi?»

L'espressione che nacque sul volto appuntito di Draco diede l'indizio fatale a Blaise, permettendogli di unire tutti i puntini. L'ultimo tassello mancante affinché anche lui sapesse.

Quella verità gli cadde addosso come una bacinella di acqua ghiacciata. Una verità a cui Blaise non aveva intenzione di credere.

«No.» Scosse la testa, gli occhi sgranati dal desiderio che tutto ciò non fosse reale. «Non è vero.»

Draco annuì impercettibilmente, la sensazione della bile che risaliva lungo la sua gola secca.

«Draco, dimmi che stai scherzando cazzo!» Non c'era più traccia dell'autocontrollo di Blaise, il suo tono era diventato duro, letale come quello di un serpente. Si alzò dalla poltrona, spingendola indietro con le mani, sentendola stridere contro il pavimento.

«Vorrei potertelo dire.»

«Perché cazzo non me lo hai detto prima.»

Draco deglutì, alzando finalmente la testa per incontrare gli occhi del suo fedele amico. «Inizialmente era solo un sospetto, ma ne ho avuto la conferma solo lo scorso mese, quando io e lei abbiamo discusso.»

«Avresti dovuto dirmelo!» Gridò Blaise, l'indice puntato verso la testa di Draco.

«Io non sto capendo.» Alzò una mano Theo, più confuso che mai, impedendo a Blaise di iniziare nuovamente a sbraitare. «E poi fate piano, non vorrete farvi cacciare.»

Blaise si voltò nella sua direzione con uno scatto. «Non è Draco quello coinvolto nella resistenza, ma Ophelia.» Spiegò. «E non lo sapevo nemmeno io.»

Theo sgranò gli occhi, la bocca dischiusa dall'incredulità del suono che le sue orecchie avevano captato e che il suo cervello aveva tradotto in una frase inconcepibile da accettare. Scosse la testa con sicurezza un paio di volte.

«Non è possibile, lei non lo avrebbe mai fatto, non dopo quello che mi è-» Iniziò il riccio a borbottare. Si passò una mano tra i capelli che persero il loro ordine. «No, lei non lo avrebbe mai fatto e-»

«Lei non lo sa, Theo.» Confessò Draco, interrompendo il suo sproloquio. «Non sa cosa ti è successo, noi... noi non glielo abbiamo detto.»

«Cosa?! E perché?»

«Non lo avrebbe gestito, soprattutto con la probabilità che suo padre fosse uno dei mandanti della spedizione che ti ha costretto in questo letto.» Ribatté Blaise. «Lo stesso che probabilmente ha convinto lei a fare ciò che ha fatto, o mi sbaglio?.»

Draco annuì, rispondendo silenziosamente alla domanda.

«Quindi lei ha il-»

«Non ancora ufficialmente.» Draco rassicurò l'amico che lo fissava da sotto le coperte, capendo immediatamente che si riferisse al marchio. Si portò le dita sotto il lembo della manica del maglione, toccando la sua pelle calda e marchiata di un inchiostro raccapricciante. «Credo che questo sia collegato alla scomparsa di mio padre.»

«Che intendi?» Fu la nuova domanda di Theo.

«Non so se ricordi, ma l'esito del suo processo ha fatto sì che lui dovesse scontare solo due anni ad Azkaban a cui sarebbero seguiti gli arresti domiciliari e lo stato di vigilanza. Durante un secondo processo, mio padre ebbe un colloquio con un guaritore della mente, per verificare che fosse in grado di rispondere alle domande che il Ministro della magia gli avrebbe posto durante l'udienza.»

«Un guaritore della mente?»

Draco annuì stringendo la mascella. «Sì, è una delle clausole che l'avvocato della mia famiglia è riuscito ad imporre al ministero dopo che mio padre l'ha ricoperto di soldi. Durante quella visita, Lucius si è come volatilizzato. È scomparso.»

«Ho capito.» Annuì Theo. «Ma cosa c'entra con il marchio.»

«Credo che mio padre stia svolgendo delle ricerche a proposito di questo argomento. Credo che la resistenza voglia ricreare il marchio nero anche senza la presenza di Voldemort, per racimolare più seguaci e poterli tenere sotto controllo.» Spiegò, l'aria funerea ad avvolgerlo. «Ho trovato delle pergamene che lui ha lasciato a casa e che possono dimostrarlo.»

«Potresti avere ragione.» Annuì Blaise, valutando l'ipotesi di Draco. «Lo hai detto agli auror?»

«Cosa confabulate voi tre?»

Hannah entrò nella stanza con un vassoio fumante tra le mani. Sopra erano stati poggiati due piatti contenenti pietanze calde e su un tovagliolo adiacente erano state adagiate due pillole che Theo avrebbe dovuto ingerire dopo pranzo.

I tre ragazzi si guardarono con gli occhi che parlavano, sigillando un patto silenzioso. Facevano sempre così quando avevano qualcosa da nascondere: un patto con gli sguardi. Doveva essere qualche strana prerogativa che serviva per far parte di un trio.

«Niente, parlavamo di scuola.» Tagliò corto Theo, aprendo le labbra in un sorriso forzato, mentre la sua testa era connessa altrove, l'immagine raccapricciante di Ophelia incappucciata di nero che riceveva il marchio e che si contorceva dal dolore si animava nei suoi occhi marroni.

«Ah si? E come sta andando ragazzi?» Chiese Hannah con espressione gentile.

«Le lezioni sono interessanti.» Rispose Blaise, le gambe accavallate con eleganza.

«Ricordo che ti piacevano molto le pozioni, è ancora così, Blaise?»

«Assolutamente.» Annuì lui, un sorriso troppo composto per non essere un artificio.

«Bene! Draco, tu invece come va con la Granger?» Domandò con gli angoli della bocca piegati verso l'alto, in direzione del biondo Serpeverde, più assorto che mai.

«Con la Granger?» Quasi strillò Theo, tirandosi a sedere. «Che mi venga un colpo, Malfoy!»

Blaise accennò un risolino che non era stato in grado di trattenere, mentre Theo non sembrava proprio averci provato, a contenere le risate. Non c'era niente da fare, Theodore Nott era in grado di mettere su un teatrino in ogni occasione e anche oggi, dopo essersi risvegliato dal coma da solo sette giorni, ne aveva dato brillantemente prova.

«Ma finitela!» Borbottò Draco, le braccia incrociate e l'espressione classicamente offesa.

~•~
Nota autrice
Vi ho fatto attendere ben dieci giorni, MA il capitolo conta ben 3612 parole e ben due colpi di scena con cui spero di essermi fatta perdonare :)
Finalmente il nostro Theo si è svegliato e non vedo l'ora di divertirmi a scrivere di lui!
E attenzione, per i dubbiosi, Theo è sveglio da 7 giorni perché Hannah ha atteso qualche giorno di accertamenti prima di scrivere la lettere per Draco e Blaise!
vi aspetto nei commenti e su instagram per parlarne se vi va, bacini <3

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