di cosa profuma la neve (1/2)
La neve era troppo
leggera per restare,
il terreno troppo caldo
per tenerla.
~•~
(Leggere nota autrice)
~•~
Il mantello nero che stava svolazzando per il corridoio del settimo piano sembrava non riuscire a tenere il passo della ragazza che lo stava indossando. Il cappuccio colorato internamente di rosso era coperto dalla neve e poggiato sulle sue esili spalle, mentre ripeteva i movimenti del mantello ad ogni suo passo traballante.
La gonna grigia a pieghe della sua uniforme, la cui lunghezza arrivava solitamente appena sotto le ginocchia, ora era sollevata di dieci centimetri più in su rispetto alla sua zona comfort e ondeggiava dall'alto in basso, prendendo i ritmi di quella corsa degna di un bolide impazzito.
Mentre una mano si dimenava per abbassarla il più possibile, l'altra era impegnata a stringere la tracolla della sua borsa marrone che, per sua fortuna, era sigillata, altrimenti ci sarebbe stata, di lì a poco, un'ulteriore nevicata, stavolta fatta di libri e pergamene varie.
La massa scura e informe di ricci era coperta da delicati fiocchi bianchissimi, che la ragazza si affrettava a togliere scuotendo la testa di tanto in tanto, con mancato successo. Durante la notte era caduta una buona dose di neve, nonostante fosse solo la prima metà di Novembre. Essa era stata, in un certo senso, la terribile causa della sua maratona improvvisata per tutti i corridoi del castello.
Hermione si era lasciata convincere da Ginny ad uscire in giardino con lei in seguito alla colazione delle nove. O meglio, dopo le infinite lamentele esasperate e i continui rifiuti dell'amica, la rossa non aveva più accettato un "no" come risposta e aveva finito per trascinarla fuori con sé per un braccio.
Avevano fatto una passeggiata in cortile, parlando del più e del meno. Hermione dovette ammettere che quella ventata di tranquillità che la investiva quando passava il tempo con la sua migliore amica, le era proprio mancata e le aveva permesso di distaccarsi da ciò che avrebbe dovuto fare un'ora dopo soltanto.
Tranquillità che, ovviamente, venne subito minata da una chioma rossa e una scura. Ron ed Harry erano comparsi improvvisamente da dietro la fontana di marmo e avevano scatenato contro le due povere ragazze una pioggia di palle di neve.
«Adesso me la pagate!» Aveva sbraitato Ginny, toccandosi i capelli ormai zuppi e congelati.
«Sei lenta come una lumaca sorellina.» Aveva riso Ron, lanciando un'altra palla che era finita proprio sul fianco di Ginny.
Ginny aveva lanciato uno sguardo di intesa a Hermione, che con un incantesimo silenzioso aveva eretto una barriera protettiva sulla rossa. Ginny si era lanciata all'inseguimento di Ron e Harry, scatenando contro di loro una vera tempesta di neve tramite l'uso della sua fedele bacchetta.
I quattro Grifondoro avevano riso e avevano ripreso a correre sotto il cielo ricoperto da nuvole color panna, che continuavano a far piovere numerosi e candidi fiocchi di neve. I sorrisi sinceri sui loro volti, avevano ricordato a tutti cosa volesse dire essere spensierati come lo erano un tempo, in quella parte di passato dove i pericoli da affrontare non erano altro che coraggiose avventure.
Una sensazione magica, di quella magia che non proviene dalla punta di una bacchetta, ma dal cuore.
Hermione si era fermata per qualche istante ad osservare il cielo, estraniandosi dal gruppo. Tese una mano davanti a lei e catturò un fiocco di neve col palmo. Prima che si sciogliesse a contatto con il suo palmo, si ricordò di quando da piccola correva su e giù per il giardino di casa con la bocca spalancata, con il glorioso intento di mangiarli. Sorrise al ricordo e tirò su col naso, arrossato per il freddo. Non era il momento di essere tristi.
«Di cosa profuma la neve, mamma?» Aveva chiesto Hermione a sua madre quando era piccola, già curiosa delle cose che non poteva sapere.
La madre l'aveva guardata, gli occhi leggermente aperti per la sorpresa.
«Si tratta di un profumo che in realtà è più una sensazione, come il presagio della nevicata che sta per arrivare. È un odore freddo che ti cattura completamente, un qualcosa che ti fa innamorare. La neve ha un profumo diverso per ogni persona, tesoro mio. Per me, la neve, profuma delle tue risate di bambina. Quando sarai grande, sono sicura che troverai una risposta alla tua domanda, sono sicura che troverai la tua persona che profuma come la neve».
Hermione aveva raccolto una manciata dal manto bianco con la sua dolce manina di bambina e se l'era portata davanti al volto. Aveva stretto gli occhi in modo buffo, come se si stesse concentrando e aveva provato a sentire il famoso profumo che aveva la neve, ma non aveva sentito nulla.
«Ma mamma, io non sento nulla!» Aveva detto contrariata, continuando a fissare l'agglomerato di fiocchi di neve che custodiva nel palmo roseo.
Sua mamma aveva riso della tenerezza della figlia e le aveva carezzato la chioma leonina.
«Tranquilla tesoro, quando sarai grande capirai.»
Adesso Hermione si poneva la stessa identica domanda: di cosa profumava la neve per lei?
Si guardò intorno, le narici ben aperte a catturare il profumo della neve, la sua essenza. I fiocchi cadevano su di sé imperterriti e lei aprì le braccia, abbandonandosi a quella magnifica sensazione, mentre cercava una risposta alla domanda che le frullava per la testa.
Di cosa sarebbe mai dovuta profumare la neve? Si chinò ad osservare il bianco manto freddo che aveva attecchito contro le mattonelle in pietra del cortile. Ne prese una manciata con le mani, mentre i fiocchi si scioglievano contro le sue punte delle dita, arrossate per il freddo come la punta del suo naso. Scrutò minuziosamente la montagnetta bianca che aveva appena sottratto da terra, la guardò come si guardano tutte quelle cose talmente pure che sembrano celare mille segreti dentro di loro.
Purtroppo, come tutte le magie, anche quella finì insieme al rintoccare delle dieci e mezza, orario nel quale Hermione sarebbe già dovuta essere davanti all'entrata della stanza delle necessità. Questo significava che era ufficialmente in ritardo ed eccoci arrivati al perché della sua corsa forsennata per i corridoi del castello.
Svoltò l'angolo bruscamente, preparandosi mentalmente una lunga serie di scuse da rifilare alla preside e, suo malgrado, anche a Malfoy.
La ronda della sera precedente non era andata come si era aspettata. Lui non le aveva rivolto quasi la parola. Si era solo limitato a seguirla per i corridoi con la bacchetta alla mano. Il suo volto non aveva tradito alcuna emozione, anzi, le era sembrato addirittura tranquillo, forse pensieroso. Si domandò se la sera di ritorno dalla presidenza non fosse stata un po' troppo brusca.
Una volta davanti all'arazzo di Barnaba il babbeo bastonato dai troll, si rese conto, per sua fortuna, che la preside non era ancora arrivata... ma, forse, non era così tanto fortunata come credeva, considerando lo sguardo truce che le stava riservando il biondo Serpeverde dal primo momento nel quale l'aveva vista comparire da dietro l'angolo.
«Finalmente!»
Draco si staccò dalla colonna contro la quale era poggiato con le braccia conserte, sbuffando, mentre marciava intimidatorio verso di lei.
«Mi hai fatto aspettare. Io odio aspettare.» Borbottò una volta arrivato vicino a lei, le sopracciglia aggrottate. Hermione alzò gli occhi al cielo.
«Sono in ritardo di soli dieci minuti, calmati.» Controbatté Hermione, non intenzionata né a discutere, né a scusarsi di nuovo con lui. Ultimamente stava capitando un po' troppe volte e si era ripromessa che avrebbe tentato di tenere a freno la sua buona indole. «E poi la Mcgranitt non è ancora arrivata.»
«Non mi interessa.»
«Sei peggio dei bambini...» Aggiunse in un sibilo, dando voce ai suoi pensieri, sicura che lui non l'avesse sentita.
Lui roteò gli occhi verso l'alto e la squadrò, ovviamente l'aveva sentita. Dopo poco, infatti, scoppiò in una risatina provocatoria.
«Qui quella che è peggio dei bambini sei proprio tu... sei andata a fare a palle di neve con le matricole, Granger?» La stuzzicò.
«Sì, una specie.»
Hermione si sfilò dalle spalle il mantello ormai completamente zuppo, dato che le aveva appena ricordato che era effettivamente ricoperta di neve.
Draco, non avendo ottenuto la reazione desiderata, continuò a sghignazzare liberamente, sperando di innescare in lei chissà quali reazioni furiose. Il fatto è che si divertiva da matti a minare di proposito il suo autocontrollo e, infatti, il fatto di avere anche solo il minimo potere sulle sue sensazioni lo mandava totalmente in tilt.
«Ora che mi ci fai pensare è vero, Potter e Weasley-»
«Malfoy, ti dispiacerebbe smetterla?» Lo riprese di nuovo, interrompendolo e cercando di essere il garbata, mentre alzava gli occhi nella sua direzione. L'impresa più ardua che avesse mai compiuto era tentare di mettere a freno la sua lingua biforcuta.
Lui alzò le mani, arrendevole, e si avvicinò a lei, nessun ghigno gli distorceva più le labbra.
La fissò, incapace di mettere freno ai suoi pensieri in quel momento. Le guance arrossate per il freddo, gli occhi color nocciola e le lentiggini che le riempivano il viso. I ricci umidi ricoperti di neve che le bagnavano le spalle.
Più la guardava e più era costretto ad arrendersi all'evidenza della sua bellezza pura. Si piegò sul suo viso e come se non avesse più il controllo del suo corpo, protese la mano destra verso i suoi capelli.
«Che... che fai?» Balbettò la Grifondoro, incapace di arretrare, ammaliata da quegli occhi freddi che nascondevano un mare di pensieri reconditi.
«Aspetta.»
Draco fece passare le dita tra i capelli della ragazza, acchiappando con i pallidi polpastrelli la neve che le era rimasta incastrata in quella sorta di cespuglio.
La neve si sciolse nella presa delle sue dita, bagnando del tutto le fibre morbide scure e incendiando il cuore di Draco.
Si rigirò una delle ciocche tra le mani.
«Hai i capelli tutti bagnati.» Dichiarò con la sua solita voce strascicata. Sospirò piano, senza interrompere il contatto con i suoi occhi.
Hermione trattenne il fiato. Avrebbe voluto spingerlo via, domandargli cosa stesse facendo, cosa le stesse facendo... ma non lo fece.
Rimase imbambolata a fissare di traverso la sua mano perlacea, macchiata dalla ciocca marrone che si era attorcigliato intorno all'indice.
«Lo so.»
Continuò per qualche altro istante, che ad entrambi sembrò infinito, a rigirarsi tra le dita la sua ciocca, in un movimento che sgretolò pezzo per pezzo le certezze di Hermione.
Fu li che lo sentì. E la consapevolezza fu come un tornado che le partiva dallo stomaco e che le faceva tremolare le gambe. Respirò lentamente, cercando di concentrarsi per poter smentire quelle sensazioni bugiarde che si scatenavano dentro di sé, ma più si concentrava e più lo sentiva... il profumo della neve.
Aveva ragione sua madre, era più una sensazione, una di quelle cose che ti si lega addosso, come una sorta di tatuaggio indelebile che non puoi cancellare. La sensazione alla quale non ti puoi ribellare, alla quale vuoi tentare di sottrarti un tutti i modi possibili ma, ovunque sarai, essa sarà abbastanza veloce da raggiungerti.
Quell'ombra di sentimento puro le fece congelare le sinapsi, che per un attimo smise di pensare. Fu come se qualcuno le avesse staccato la sua spina.
Draco le aggiustò la ciocca dietro l'orecchio, sfiorandole involontariamente la guancia con il pollice ghiacciato. Una scarica di brividi le scesero lungo tutta la spina dorsale e la sentì ancora, ancora e ancora. La verità che si faceva spazio nel suo cuore a forza di sgomitare, che facendola sentire impotente come un guerriero senza la propria spada. Il profumo freddo che segna l'arrivo di quel qualcosa.
«Smettila.» Riuscì a soffiare contro il suo mento spigoloso. Tentò di ritrarsi, senza successo.
Nello stesso istante nel quale quella parola bisbigliata si concretizzò, a Draco sembrò piombare addosso la realtà. Una scossa lo colpì dritto nel petto e fu lui a ritrarsi. Liberò la propria mano dalla presa di quei rampicanti color cioccolata e fece tre passi indietro, voltando la testa di lato, in modo che lei non potesse vederlo. Strinse il pugno, come a voler cancellare il contatto che aveva avuto con la pelle di lei.
Hermione ne sentì subito la mancanza, uno scambio troppo intimo per essere stato loro.
«No, smettila tu.»
Nonostante il bassissimo tono di voce del biondo, la giovane strega riuscì a captare la risposta. Smettila tu. Avrebbe dovuto smettere di fare che cosa?
Corrugò la fronte, ma prima che potesse ribattere qualsiasi cosa, dalla parte opposta del corridoio apparve la preside, al cui fianco si trovavano due uomini in divisa da auror. Si scoccarono un'occhiata strana a vicenda, ricomponendosi in fretta.
Scrutando i nuovi arrivati, i due ragazzi ne scorsero una quarta avvolta in un cappotto beige che camminava proprio dietro le tre figure. Era il capo degli auror che si trovavano nella scuola di magia: John Dawlish.
I dubbi di Hermione sul suo conto si erano piano piano dissolti e, anche se avevano affondato le loro radici in profondità, lei era riuscita ad ignorarli e a provare a fidarsi di lui. Durante le ronde era stato super disponibile, sopratutto le volte in cui il suo compagno non si era presentato.
C'era comunque qualcosa che la bloccava, qualcosa che la tratteneva dal fidarsi completamente di lui anche solo in piccolo... forse nel modo in cui parlava, il modo in cui si muoveva, o semplicemente, nel suo sguardo... Insomma, c'era qualcosa che non le tornava.
«Buongiorno ragazzi, scusate il ritardo. Abbiamo avuto un contrattempo.»
Draco ed Hermione si scambiarono un'occhiata fugace. Ricambiarono il saluto, scrutando con distacco gli uomini vestiti di scuro.
«Signorina Granger, che cosa le è successo?»
Hermione sgranò gli occhi per la sorpresa e inchiodò i suoi occhi color nocciola sulla punta dei suoi mocassini neri in pelle, imbarazzata. Draco l'aveva distratta a tal punto da farle dimenticare di essere zuppa dalla testa ai piedi.
«Niente professoressa, adesso sistemo tutto...» Si affrettò a rispondere la riccia, agitando la bacchetta in aria per sistemarsi i vestiti e i capelli con un incantesimo non verbale, dandosi mentalmente della stupida per non averlo fatto prima.
La Mcgranitt non sembrò voler infierire. Chiuse gli occhi, i lineamenti tirati intrisi di sana e pura concentrazione. Si mosse avanti e indietro per il corridoio per tre volte. Dopo qualche istante, una porta comparve nel bel mezzo della parete del corridoio.
Hermione guardò Draco di traverso e lo vide avvolto nella sua solita espressione impassibile, come se nulla lo toccasse effettivamente. Stavano per entrare nella stanza delle necessità, di nuovo. Stanza tramite la quale lui aveva fatto entrare i Mangiamorte ad Hogwarts. Si era sempre soffermata sulle sue brutte azioni, sui suoi sguardi sprezzanti e le cattiverie che cacciava fuori da quella sua boccaccia... ma non si era mai domandata il perché di quelle azioni.
Non si aspettò nessuna quale reazione da parte sua, ormai aveva capito che i sentimenti e le emozioni di Draco Malfoy erano custodite dietro la sua barriera invalicabile che le proteggeva, sempre che ne avesse di emozioni.
La preside invitò entrambi ad entrare e i due caposcuola fecero immediatamente come gli era stato richiesto. Draco la lasciò attraversare la porta per prima, prendendosi ancora qualche istante per metabolizzare il tutto.
Hermione guardò l'enorme stanza nella quale aveva appena messo piede. Le pareti erano coperte da specchi, mentre il soffitto, non estremamente alto, era costituito dalla classica navata architettonica che era seminata per tutta la scuola. L'unico particolare che la colpì, fu il suo colore: era completamente nero.
Il pavimento era in legno scuro al contrario delle mattonelle in pietra sulle quali camminavano tutti gli studenti della scuola. C'era un rialzo del terreno, proprio al centro della stanza, delimitato da una linea bianca continua. Ai quattro lati della pianta rettangolare si trovavano quattro fiaccole di fuoco ardente di colore verde, come se fossero state messe lì apposta per recintarla.
La Grifondoro non seppe spiegarsi il motivo, ma aveva un brutto, bruttissimo presentimento. Draco l'affiancò quasi subito e la seguì a ruota, mettendosi ad osservare minuziosamente la stanza.
«Come già sapete, questa è la stanza delle necessità. È sconosciuta alla maggior parte degli studenti, o almeno spero che sia così. Ad ogni modo, abbiamo creato questa sorta di spazio per il vostro allenamento personale.» Disse Dawlish.
La Mcgranitt continuò al suo posto. «Come già vi ho accennato ieri sera, con il passare del tempo ci siamo resi conto che la sicurezza di Hogwarts potrebbe essere nuovamente minata da una minaccia che grava, mio malgrado, sulle teste di tutto il mondo magico. Dopo la seconda guerra magica ho deciso di arginare il problema del tempo mancante e agire d'astuzia, anticipando quella che potrebbe essere una minaccia. Abbiamo, inoltre, deciso di ampliare i benefici di questa stanza ad una cerchia ristretta di studenti fidati, i quali hanno combattuto abilmente e in modo fedele a fianco della scuola durante la seconda guerra magica. In tale gruppo, signorina Granger, rientrano chiaramente anche il signor Potter e il signor Weasley. Ritengo sia corretto che lei lo sappia.»
Hermione boccheggiò. Minaccia che grava... Combattuto in modo fedele... Seconda guerra magica.
Si ripeté quelle parole fino a quando non persero del loro significato natio. I suoi dubbi si erano appena concretizzati, la minaccia che aveva sperato fosse fittizia, era reale. I suoi presentimenti erano reali, lo erano sempre stati.
«Non voglio allarmarvi, voglio solo che siate consci della possibilità futura e che siate pronti ad ogni evenienza.»
Hermione rilasciò un sospiro, quelle parole le rimbombavano nella testa.
Gli occhi di Draco erano fissi su di lei. Le sue perle trasparenti scrutavano i suoi lineamenti contratti in un espressione che non poteva essere definita a parole. Sapeva che non avrebbe detto niente, doveva sbollire. Durante il corso di quei due mesi, aveva imparato a conoscerla meglio di quanto avesse mai fatto in sei anni di scuola, durante i quali non faceva altro che sputarle cattiverie gratuite addosso. Così, a braccia conserte, prese lui l'iniziativa al suo posto e si fece avanti.
«Cosa dovremo fare quindi?»
«Grazie per avermelo chiesto, Signor Malfoy.» Annuì, invitando entrambi a seguirla con un cenno sbrigativo della mano.
Gli diede le spalle, attraversando la stanza a grandi passi, portandosi dietro lo strascico del mantello verde smeraldo. Draco la seguì, sfiorando le nocche bianche della mano destra della Grifondoro. Gesto che sembrò involontario agli occhi degli altri, ma che non lo era affatto. Lui l'aveva fatto di proposito.
Quel gesto sembrò risvegliarla dalla sua sorta di trance, dato che si ritrasse di scatto, scoccandogli un'occhiata indecifrabile. E non lo aveva certo fatto per compatirla, no, era una cosa che Draco non concepiva, il compatimento, ed era convinto che lei fosse della sua stessa idea.
Camminò staticamente attraversando la stanza, arrivando ad affiancare la Mcgranitt.
«Va bene, ci dica in cosa consiste.» La voce distante di Hermione.
«Abbiamo sperimentato un particolare tipo incantesimo già in uso dal ministero, il quale ci permette di evocare una specie di allenamento simulato che svolgerete all'interno di un luogo predefinito che viene scelto casualmente ogni talvolta che si utilizza. L'allenamento consiste nell'affrontare una sorta di scontro contro avversari creati dalla simulazione.» Spiegò la preside, assicurandosi che entrambi la stessero seguendo.
«Oggi vi faremo solo vedere come funziona, sembrate abbastanza scossi e questa.» Indicò i dintorni della stanza e i suoi occhi scuri si posarono per un attimo sulla figura minuta di Hermione, che continuava a riflettere a capo basso. «È una cosa che va fatta a mente lucida.»
Ad ogni frase corrisponde una reazione, infatti, la testa di Hermione schizzò verso l'alto e i suoi occhi si puntarono in quelli della strega più anziana.
Pensava che non fosse in grado di affrontare e gestire le su emozioni? Si sbagliava alla grande, lo aveva fatto per mesi interi, ormai era un'esperta in questo.
«Facciamolo ora.» Disse in un tono che non ammetteva repliche, lasciando prevalere il coraggio da Grifondoro.
«Signorina Granger, non mi sembra il caso». S'intromise Dawlish, facendo qualche passo nella loro direzione.
Lei si voltò verso l'uomo, gli occhi fiammeggianti.
«Mi scusi, ma abbiamo già rimandato troppe volte, non le pare?»
Poi si voltò di nuovo verso la sua preside. «Io ho la mente lucida.» Disse, «sempre.» Scandì bene le parole, parlando forte e chiaro. Hermione Granger era così, anche quando il mondo sembrava crollarle addosso, lei riusciva sempre a risorgere dalle sue ceneri, proprio come una meravigliosa fenice.
«Anche io la penso così.» Aggiunse Draco, andando per qualche strano motivo in suo soccorso. La preside lo fissò di traverso, decisamente sbalordita da tale comportamento. Una coalizione involontaria e decisamente bizzarra. Fu la prima volta in cui la Mcgranitt fosse veramente convinta di aver fatto la scelta giusta nel conferire a Malfoy la carica di caposcuola.
«Va bene.» Sospirò la preside.
«Ma Minerva-» Ritentò l'auror.
«Niente "ma", John. Sono grandi e possono prendere le loro stesse decisioni da soli.» Concluse e con il solito gesto rapido della mano, dichiarò chiusa quella sorta di discussione.
Diede le spalle a tutti, marciando di nuovo verso la piattaforma con un sorriso nascosto ad incresparle le labbra. Aveva ottenuto la reazione sperata. Sapeva benissimo quale sarebbe stata la risposta della sua studentessa modello se avesse insinuato che la sua mente non fosse lucida al momento e lo aveva usato discretamente a suo vantaggio. Hermione in quel momento non aveva bisogno di essere compatita, ma di essere spronata e lei lo sapeva, ormai aveva imparato a conoscerla.
«Salite sopra la piattaforma e posizionatevi precisamente al centro, spalla contro spalla.»
Draco ed Hermione si mossero contemporaneamente, seguendo le indicazioni dettate dalla voce nitida della Mcgranitt. Una volta al centro, i loro occhi si sintonizzarono su quella che sembrò essere la stessa lunghezza d'onda. Si voltarono all'unisono: la schiena rilassata di lui si poggiò con delicatezza fino ad incontrare i nervi tesi delle spalle esili di lei.
«Dato che è come se fosse una sorta di smaterializzazione, fatta però in una realtà surreale, dovrete tenervi per mano finché non atterrerete all'interno della destinazione prestabilita. Una volta lì dovrete combattere fianco a fianco, di conseguenza, può essere inteso anche come un esercizio di affiatamento e ritengo che possa esservi utile.» Sospirò la professoressa, attendendo che i due caparbi studenti eseguissero le proprie istruzioni.
Draco sentì Hermione trattenere il respiro, ma aspettò lo stesso che lei prendesse l'iniziativa. Lei cercò la sua mano con la propria, sfiorandola appena. Lui la imitò e sembrarono rimanere fermi in quell'istante, a cercarsi le mani come dei bambini spaventati dalle sensazioni che avrebbe potuto provocare quel gesto.
La giovane strega mise fine all'insaziabile scossa che provavano le loro mani nel cercarsi con continui sfioramenti. Intrecciò le dite a quelle del suo compagno e lui le strinse a sua volta.
«Ora pronunceremo l'incantesimo. Ricordate: dovete tenere gli occhi chiusi finché non atterrete all'interno della foresta, non potete sentire dolore, tutte le ferite che vi infliggeranno i vostri avversari non sono altro che una finzione. Quando vorrete tornare, non dovete far altro che mettervi nella stessa identica posizione di adesso e fare come se vi stesse materializzando, mentre pronunciate "Levor Simulatio" nello stesso momento.»
«Per sicurezza due auror si smaterializzeranno proprio dopo di voi, raggiungendovi all'interno di quella che è la vostra destinazione. Dato che è la vostra prima volta, sceglieremo noi il luogo della simulazione, si tratta di una foresta, simile alla foresta proibita.» Spiegò Dawlish, infilando le mani nelle tasche del suo cappotto color cammello e avvicinandosi alla piattaforma. «Questa volta saremo noi a farvi smaterializzare, ma poi dovrete imparare a farlo da soli.»
I due caposcuola annuirono e si prepararono mentalmente, stringendo l'uno la mano sinistra dell'altro, tenendo saldamente la bacchetta nell'altra.
La preside e Dawlish si sistemarono agli estremi del rialzo in legno. Alzarono le bacchette verso il soffitto e con un cenno di capo iniziarono a pronunciare l'incantesimo: «Evocandum simulatio.»
Una barriera trasparente iniziò a circondare il rilievo del pavimento, rispettivamente sulla linea bianca che lo delimitava, salendo dal basso verso l'alto. Non appena toccò il soffitto, iniziò a stringersi verso il centro, dove si trovava un cerchio bianco perfettamente corrispondente con il centro del pavimento, dove si trovavano Draco e Hermione.
Quando l'energia della barriera lo colpì, il cerchio si riempì di luce accecante che scatenò in seguito un fascio di luce, altrettanto luminosa da ferire le iridi a chiunque nella stanza.
Essa piovve addosso ai due caposcuola, facendoli scomparire nello stesso istante in cui l'energia colpì le loro teste.
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Nota autrice
Ciao a tutti!
Due aggiornamenti a distanza di pochi giorni... no, non sono impazzita ahahha. Vi dirò di più: il prossimo capitolo è già pronto per essere letto e lo farò uscire venerdì mattina.
Come potete vedere dal titolo, questo sarebbe un capitolo unico che ho deciso di spezzare in due parti, altrimenti diventava troppo pesante e decisamente lungo.
Ringrazio ovviamente la mia beta reader per il lavoro svolto, sempre pronta a venirmi in aiuto!
Vorrei sapere cosa ne pensate, ora che le cose si stanno facendo davvero interessanti e stiamo entrando più nei dettagli della storia, piano piano tutti i pezzi del puzzle vanno al loro posto... o forse no?
Se vi fa piacere, stasera metterò un box domande su instagram dove potremo parlare della storia in generale, fatemi sapere <3.
-W
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