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Con quale coraggio?

Per chi amasse leggere
accompagnato dalla musica,
ho scritto sulle note di
Space Song - Beach House.

~•~

Is it over
or is it all
i can see?

~•~

La strada che avrebbe portato gli studenti al castello quell'anno era diversa. Era sempre lo sentiero dritto e illuminato con la sola differenza che si incontrava un Auror di guardia per ogni 200 metri. Inoltre, il sentiero era stato ricoperto da una cupola trasparente, costruita con vari incantesimi di protezione.

Dopo la guerra magica, molti mangiamorte erano finiti dritti ad Azkaban, ma altrettanti erano riusciti a fuggire e nascondersi chissà dove, e la loro caccia era ancora in corso.

Per quanto ne sapevano, sarebbero potuti anche essere vicini al perimetro del castello, aspettando il momento giusto per poter far breccia nella tranquillità riacquistata della scuola, di conseguenza, si sa: meglio prevenire che curare. 

Per nulla al mondo la nuova preside avrebbe messo in pericolo i propri studenti un'altra volta, per cui, aveva preso tutti i provvedimenti necessari a sventare quella possibile minaccia che teneva ancora segreta.

Il golden trio sedeva sopra una delle tante carrozze che venivano trainate dai Thestral e che trasportavano gli studenti lungo il sentiero insieme a Ginny Weasley, che si era unita a loro appena scesa dal treno. 

L'aria era avvolta da un silenzio tranquillo, che mano a mano veniva spezzato dall'avanzare delle voci dei ragazzi, le quali si confondevano con il fruscio degli alberi. Erano, infatti, immersi in una delle loro solite discussioni.

«Non riesco proprio a capire in quale modo la sua presenza sia richiesta qui... » borbottò Hermione, dando voce ai propri pensieri. Si rigirava nervosamente un riccio tra le dita, incastrandolo tra indice e medio.

L'incontro con Draco Malfoy l'aveva fatta scattare.

Appena Ronald l'aveva trascinata via, gli ingranaggi nella testa della ragazza avevano iniziato a girare freneticamente, alla ricerca di una risposta che non riusciva a fabbricarein nessuno modo. 
Semplicemente, era incapace di spiegarsi come mai la Mcgranitt avesse permesso il ritorno di quella sottospecie di mangiamorte fallito a scuola.

«Concordo». Annuì il rosso. «Ha una gran bella faccia tosta a farsi vedere dopo tutto quello che ha fatto».

Harry si aggiustò gli occhiali sul naso, sospirando.

«Che ne pensi, Harry?». Gli chiese Ron.

«Non saprei... la professoressa Mcgranitt deve aver in mente qualcosa, altrimenti non lo avrebbe fatto tornare». Rifletté. «Ovviamente non ne comprendo le ragioni e non mi fido assolutamente di lui».

Hermione, Ron e Ginny lo fissavano, aspettando che concludesse il discorso lasciato a mezz'aria.

«Tuttavia, Malfoy mi è sembrato strano... ». 

Hermione distolse lo sguardo, perdendosi con gli occhi tra gli alberi che le sfrecciavano accanto, ripensando all'incontro sconveniente di pochi minuti prima.

«Che intendi dire?». Questa volta fu Ginny a parlare, con approvazione del fratello, non riuscendo a capire dove l'amico volesse andare a parare. 

Evidentemente Ron, troppo preso da Hermione, non si era minimamente accorto del comportamento strano del principe delle serpi. 

Draco Malfoy non gli aveva rivolto nessuna frase offensiva, non aveva scoccato ai tre nessuno sguardo altezzoso o arrogante, come era suo solito fare. Gli occhi erano spenti, vuoti di quella sua solita boriosità.
Troppo accecato dalla rabbia che provava nei confronti di quell'idiota platinato senza il minimo briciolo di spina dorsale, non aveva fatto caso a quel dettaglio importante.

E non si era infastidito tanto per la sua presenza, al contrario della brillante strega, quanto per lo sguardo che lui aveva rivolto alla sua Hermione.
Ma il fatto era, che lei non era la sua Hermione e per questo si malediceva ogni giorno di più.

La verità era che Ronald aveva avuto paura. 

La morte del fratello lo aveva sconvolto e il sentimento che si prova quando si ha paura di perdere qualcuno, a volte, supera l'amore che si prova per quel qualcuno stesso. 

«Intendo, Ginny, che aveva un'espressione completamente diversa, nuova. Non possedeva la sua aria altezzosa, non aveva nemmeno quel suo solito ghigno arrogante... » Harry lasciò la frase in sospeso e rivolse lo sguardo verso il sentiero, pensieroso. «Non una frase sprezzante, non un'occhiataccia, niente di-».

«Non mi sembra nella posizione adatta per comportarsi come ha sempre fatto». Lo interruppe Hermione, una nota di ironia pungente nella voce.

«Lo so, ma non sembra lo stesso Malfoy di sempre. Sembrava estremamente distante, quasi stesse soffrendo alla sola vista del castello». Ribatté.

«Anche lo scorso anno sembrava diverso e poi guarda cos'è successo». Borbottò di nuovo Hermione, tra sé e sé.

«È una cosa strana, non saprei davvero... possibile che la guerra abbia cambiato pure lui? Possibile che sia... dispiaciuto?». Domandò infine, con un'ipotesi impensabile. 

Ron scosse la testa, pronto a negare l'assurdità che era appena uscita dalla bocca del prescelto. 

«Impossibile, Harry, uno come Malfoy non sa neanche cos'è il dispiacere». Commentò aspramente, sperando di porre fine all'argomento "Draco Malfoy".

La sua voce aleggiò, finché le sue parole non furono spazzate via dal leggero venticello che aveva preso a tirare. Ron stava cominciando a pensare di avercela fatta, ma la la riccia lo fece ricredere.

«Possibile che nasconda qualcosa?». Continuò Hermione, per niente intenzionata a terminare la conversazione lì. E quando si metteva in testa una cosa, era difficile farle cambiare idea. 

«Ci ho pensato anche io, Herm, ma non ho la più pallida idea di che cosa si tratti». Le rispose Harry scuotendo la testa.

«Insomma, non sarebbe una novità, considerando la quantità di Mangiamorte in fuga e l'improvvisa scomparsa di suo padre». Aggiunse Ron.

«Lucius Malfoy è scomparso?». Domandò Ginny d'un tratto.

«Ne parlava papà la scorsa settimana, Gin». Le ricordò il fratello. «Credo fosse stato confinato in una baita a nord di sua proprietà, ma gli auror che gli hanno fatto visita l'ultima volta, hanno trovato la casa deserta e nessuna traccia da seguire». 

Hermione trattenne il respiro per qualche secondo.

«Papà dice che deve aver organizzato la sua fuga da molto tempo».

«E Narcissa Malfoy?». Chiese Hermione.

«Lei e Draco sono stati interrogati lo stesso giorno della scomparsa, ma sembravano non sapere nulla». Intervenne Harry.

«Tu come fai a saperlo?». Chiese Ginny.

«L'altro giorno, quando siamo andati al ministero per concordare il programma speciale degli studi, abbiamo origliato senza volere una conversazione interessante». Spiegò, con una scrollata di spalle.

«Senza volere?». Hermione alzò un sopracciglio con scetticismo.

«Dai, Hermione». Sbuffò il giovane Weasley, dandole una leggera gomitata sul fianco.

Lei alzò gli occhi al cielo, pronta a ribattere, ma il battibecco cessò nell'immediato istante nel quale i giovani si resero conto che le carrozze si erano fermate. 

I loro occhi volarono sull'immagine del castello con le finestre illuminate che si stagliava davanti proprio davanti a loro. I tetti delle torri appunta appena tinti del pallore lunare, sembrava esattamente come era quando l'avevano vista per la prima volta. 

I quattro si lanciarono degli sguardi d'intesa. Erano tornati a casa.

~•~

Hermione e Ginny avevano fatto la loro entrata nella sala grande sussurrandosi parole tra loro, a braccetto. 

I quattro ragazzi si erano separati all'ingresso, trascinando i loro bauli nel dormitorio rosso oro e poi nelle loro nuove stanze, le quali li avrebbero ospitati per la restante durata dell'anno scolastico.

Hermione, che aveva ricevuto una lettera dalla Mcgranitt per la nomina di caposcuola, aveva ottenuto una stanza privata che sarebbe potuta benissimo chiamarsi "appartamento", in quanto possedeva un piccolo soggiorno munito di cucina, due divani e un bagno abbastanza grande.

Ginny, dopo aver abbandonato il proprio baule nella propria "noiosissima solita stanza", come lei l'aveva definita, aveva fatto irruzione nella stanza di Hermione che, a detta sua, era una vera e propria reggia.

Ron, che fu il primo a notarle, iniziò a sbracciarsi sorridente verso le due ragazze.

«Fammi capire, non ti ha detto proprio niente di niente?». Chiese nuovamente Ginny, sgranando gli occhi più del dovuto, ancora incredula per le rivelazioni dell'amica. «Ma proprio niente?»

«No, Gin, te l'ho detto. Ho provato a parlargli più e più volte ma niente». Sospirò Hermione sconsolata.

Ed era la pura e semplice verità.

Lei aveva provato più e più volte a parlare con Ron, ma lui l'aveva respinta, rifiutandosi categoricamente di parlare di quel che era successo tra di loro, quasi come se fosse un argomento proibito o, addirittura, inesistente.

Ginny ed Hermione avevano la strana sensazione di essersi viste poco durante l'estate. Ed era una sensazione totalmente insolita, dato che avevano vissuto nella stessa casa durante quasi tutto il periodo di vacanza. Ma vuoi per una cosa, vuoi per un'altra, non avevano avuto molte occasioni per passare un po' di tempo tra ragazze.

Hermione, inoltre, essendo a conoscenza di tutti i pensieri che passavano per la testa della rossa, non se l'era sentita di affrontare l'argomento "tuo fratello mi ha baciato e ora non mi parla", perciò aveva deciso di lasciar perdere, concentrandosi maggiormente sul benessere altrui.

La sua decisione era rimasta invariata fino a quando Ginevra non aveva iniziato a blaterare qualcosa sul fatto che Ron, nell'ultimo periodo, stava diventando strano. Hermione le aveva chiesto cosa intendesse per "strano" e lei le aveva spiegato che si irrigidiva e cambiava argomento ogni volta che il suo nome spuntava fuori.

«Quell'idiota». Ringhiò Ginny scuotendo la testa. «No sul serio, si può essere più stupidi?».

Hermione rise scuotendo la testa. L'amica tendeva ad essere sempre troppo dura e critica nei confronti del fratello. Era anche vero che Ron faceva la sua parte per farsi rimproverare.

Poi, scrollò le spalle. «Non farne un dramma, Gin, io ci ho fatto l'abitudine e credo sia meglio così».

Lei la guardò in tralice, lo sguardo sospettoso.

«Se lo dici tu». Scrollò le spalle a sua volta, lasciando cadere per aria l'argomento, per poi trascinanarla verso il tavolo della loro casa.

Presero posto davanti a Ron ed Harry.

«Finalmente siete arrivate eh! Che fame, non vedo l'ora che inizi il banchetto!» esclamò Ronald, provocando una risata generale. Certe cose non cambiano davvero mai!
Era bello ogni tanto, far finta che nulla fosse accaduto e ridere di gusto insieme ai propri amici.

«Credo che questo-». Iniziò Ron, battendo la forchetta sul tavolo. «Sia la cosa che mi sia mancata di più di questo posto».

«Ah si? E io che mi illudevo che fossero le lezioni di pozioni di Lumacorno». Commentò sarcasticamente Hermione, mordendosi l'interno della guancia.

Seamus e Dean si lasciarono scappare una risatina irrisoria, mentre Ron scoccava loro occhiate offese.

Le loro risate e il caloroso brusio della sala grande fu interrotto dalla voce della preside, che iniziò a parlare appena ebbe raggiunto l'altare posto davanti al tavolo degli insegnanti.

«Miei cari studenti, vi do il mio ufficiale benvenuto ad Hogwarts». Annunciò, osservando i numerosi volti che popolavano le tavole delle quattro case, con una strana luce negli occhi.

«So che gli ultimi eventi accaduti vi hanno scosso, la guerra magica è stato un buco nero che ha risucchiato tutti noi. Amici, parenti, insegnanti e studenti. Abbiamo subito delle gravi perdite e nulla potrà mai colmare il vuoto che esse ci hanno provocato. Ma sono qui per dirvi che Hogwarts si è rialzata, e noi ci rialzeremo con lei. Risorgeremo dalle ceneri, come una gloriosa fenice, affronteremo il dolore a testa alta, combattendo sempre per la libertà e per la giustizia. Lo sconforto e la nostalgia sono dei sentimenti che non vanno repressi, anzi, è necessario buttare fuori ciò che ci opprime dentro. Sappiate, infatti, che corpo docenti è a vostra disposizione e per qualsiasi cosa, non esitate a chiedere». La voce sicura e chiara alla pronuncia di quelle parole, copriva il tumulto interiore che si accendeva anche dentro la professoressa Mcgranitt. Aveva perso tanti studenti, tanti figli, come piaceva definirli a lei nella propria mente, ma doveva essere forte, doveva andare avanti anche per tutti coloro che la stavano ascoltando in quel momento, provando una gioia immensa per il ritorno al castello magico.

Osservò un'ultima volta le espressioni facciali dei propri studenti, cogliendone ogni sfumatura tipica, prima di accendere i candelabri situati sui tavoli con un colpo di bacchetta.

«Ora diamo il via alla cerimonia di smistamento!». Esclamò poi, un sorriso velato di malinconia.

La cerimonia di smistamento si svolse come tutti gli anni: i monologhi curiosamente buffi del cappello parlante, gli studenti del primo anno che sedevano nervosamente sullo sgabello, sentendo tutti gli occhi puntati addosso, i boati che si alzavano da ogni tavolo ogni volta che uno studente veniva smistato in una delle quattro case e i sospiri di meraviglia esalati alla vista del soffitto magico illuminato.

Hermione ricordò la prima volta che lo aveva visto, quando aveva immediatamente riconosciuto l'incantesimo del quale aveva letto nel libro: "storia di Hogwarts".

Una volta che fu giunto a termine quell'iconico momento e tutti i nuovi studenti ebbero preso posto, la preside alzò entrambe le mani, facendo comparire su tutti i tavoli le solite prelibatezze di cui gli studenti di Hogwarts potevano godere e si puntò la bacchetta alla gola per ampliare il volume della propria voce.

«Prima di dare inizio al banchetto, avrei bisogno che prestaste attenzione alle mie parole, sarò breve, promesso». Si interruppe qualche secondo, giusto il tempo di far cessare del tutto i mormorii e le risate che aleggiavano tra i tavoli delle quattro case di Hogwarts. 

«Vorrei spendere due parole sui due caposcuola di quest'anno e sul ruolo che essi ricoprono, in caso i nuovi arrivati non lo sapessero. I caposcuola sono due studenti del settimo anno, un ragazzo e una ragazza, che ricoprono la carica studentesca più alta di tutte. Hanno potere decisionale persino sui prefetti. Sono due persone che vengono scelte dal corpo docenti e mi auguro fortemente che possano diventare delle figure di riferimento per tutti voi...».

Hermione si sentiva la testa pesante e aveva smesso di ascoltare lo sproloquio della Mcgranitt sulle figure dei caposcuola e sulla loro importanza, tanto ormai conosceva quel discorso alla perfezione.

«Harry!». Bisbigliò Ginny, colpendo la mano del moro. «Non ti ci mettere anche tu».

Harry sbuffò silenziosamente, mimando un "va bene" con le labbra e posando il pezzo di pane sul piatto.

Ginny poi si girò verso l'amica, posando la mano destra sul suo braccio, come a volerle infondere sicurezza. «Sei pronta a scoprire con chi lavorerai?».

«Non proprio». Sospirò, prendendosi la testa tra le mani, mentre riportava l'attenzione sulle parole della Mcgranitt.

Non aveva idea di chi l'avrebbe affiancata durante tutto l'anno, sperava solo che fosse una persona responsabile e che non le avrebbe dato troppi problemi.

Si portò due dita sulle tempie iniziando a massaggiarle lentamente, disegnando dei piccoli cerchi concentrici sulla sua pelle diafana.

«... Concludo il mio discorso dicendo che il corpo docenti ha deciso che la carica di caposcuola di quest'anno verrà ricoperta da: Hermione Jean Granger dei Grifondoro... ». Si fermò un attimo, lanciando uno sguardo colmo di fiducia verso Hermione, che ricambiò con un sorriso timido, mentre dal tavolo dei Grifondoro si alzavano grida orgogliose.

Harry e Ron le sorrisero subito, insieme a Neville, che le diede una leggera pacca sulla spalla per complimentarsi.

«... e da Draco Lucius Malfoy dei Serpeverde... ». Disse spostando lo sguardo verso il tavolo verde argento.

Ginny allentò la presa sul braccio, la bocca semiaperta. Hermione rimase impassibile, quasi non avesse sentito.

La voce della preside fu coperta dalla confusione che si alzò nella sala grande, subito dopo che ella ebbe indicato i nomi dei caposcuola. Gli studenti si guardavano tra loro con sguardo confuso e incredulo, borbottando indignati.

Il tavolo dei Serpeverde taceva, soprattutto il centro, dove sedeva lo studente più criticato del momento: Draco Malfoy.

Draco se ne stava a capo basso, trincerato dietro la sua barriera imperscrutabile. Sembrava una statua di marmo, impossibile da scalfire.

Quando insieme alla lettera per Hogwarts, che aveva scaturito in lui una certa dose di stupore, gli era arrivata in allegato anche la lettera per la nomina di caposcuola, era rimasto sconcertato. Sapeva che sua madre aveva preso innumerevoli appuntamenti con la propria preside per convincerla a farlo tornare, ma mai si sarebbe aspettato una cosa del genere. Era una nomina fuori dal mondo.

Al suo fianco, c'era Blaise, lo sguardo affilato che rivolgeva a chiunque incontrasse la sua traiettoria. Dalla parte opposta, Ophelia, che non esitava a borbottare insulti gratuiti a destra e a sinistra, mostrando il proprio dito medio come se fosse la coppa del mondo di quidditch.

Pansy e Daphne cercavano di tenere in piedi una conversazione con Draco, volendo sovrastare in tutti i modi le frasi che arrivavano da ogni lato.

La Mcgranitt ha scelto un mangiamorte come caposcuola? 

Povera Granger, non vorrei essere in lei... 

Draco Malfoy? Seriamente?

Quell'idiota senza midollo dovrebbe essere una figura di riferimento?

Dovrebbe fare un favore a tutti e sparire.

Con quale coraggio si è presentato qui?

E l'ultima domanda era più che lecita. Con quale coraggio aveva potuto compiere un simile gesto, non avendo mai posseduto nient'altro che briciole di codardia?

La preside guardava i suoi studenti con decisione, lo sguardo prestante di una persona che sapeva quel che faceva. Sapeva benissimo che al momento dell'annuncio, lo shock sarebbe stato la prima reazione, perciò rimase immobile, aspettando che i propri studenti assimilassero tale notizia.

Hermione non riusciva a credere alle sue orecchie. 

Sbatté più volte le palpebre per riprendersi. La sua mente stava correndo velocemente come al solito e, come al solito, lei stava perdendo il passo, rimanendo indietro.

Continuavano a  rimbombarle nelle orecchie parole come "Granger" insieme a "Malfoy" seguite da "i caposcuola di quest'anno".

Devo aver sentito male. Sì, sicuramente ho sentito male. 

Continuava a ripetersi quelle due frasi all'infinito, come una sorta di auto-convinzione.
Perché Malfoy? Perché tra tutte le persone capaci che avrebbero potuto ricoprire quella dannata e stupida carica, la Mcgranitt aveva scelto proprio lui?

La ragazza serrò gli occhi. No, non poteva essere così. Non doveva essere così.
Oltre agli occhi, aveva serrato anche le orecchie, perché nemmeno si accorse che i suoi amici le stavano parlando.

«Silenzio per favore!». Gridò la preside ed inevitabilmente tutte le teste degli studenti si voltarono verso di lei, abbandonando chiacchiere e spostando gli occhi dal tavolo dei serpeverde. Il silenzio aveva riconquistato la sala.

Al sentire la voce della preside, Hermione aveva alzato finalmente la testa dal tavolo di legno lucido e aveva puntato i suoi occhi proprio in quelli della strega anziana. 

«Bene, signorina Granger e signor Malfoy, siete pregati di venire in presidenza dopo la vostra cena, avrei bisogno di scambiare due parole con voi due in merito a questioni pratiche. E ora, che inizi il banchetto!» Disse sorridente, come se nulla fosse successo.

Iniziarono tutti a mangiare, dimenticandosi momentaneamente della comunicazione precedentemente fatta dalla preside, che aveva creato tanto scompiglio.

Ron non si azzardò a toccare il pollo e Harry fissava Hermione in maniera preoccupata. Lei, non dava alcun segno di vita.

Si sentiva tremendamente osservata. E, a dirla tutta, lo era veramente. 

Dal tavolo dei Serpeverde, due occhi limpidi e glaciali le stavano trapassando la schiena da ormai cinque minuti. Hermione se li sentiva bruciare addosso.

Alzò la testa, ignorando gli sguardi preoccupati dei suoi amici e si voltò verso il tavolo delle serpi. Scoprì, con non poco disappunto, che il loro principe la stava osservando con uno sguardo intenso, indecifrabile.

Gli lanciò un'occhiata carica di astio, sperando che lui capisse quanto lo odiava. 

E lo odiava ancora di più per la sua compostezza, quella sua capacità di rimare talmente impassibile, da sembrare quasi annoiato, davanti ad una situazione del genere. Quegli occhi impenetrabili, vitrei, coperti da una patina opaca, catastroficamente vuota.

Nonostante tutti parlassero di lui, lo considerassero un traditore. Nonostante lui sapesse benissimo di non essere voluto, continuava a fissare un punto indefinito in modo assente, come se nulla fosse. Come se nemmeno si parlasse di lui.

Il mento comodamente poggiato sopra il palmo della mano, a sorreggere la sua testa pesante di brutti pensieri che non si azzardava ad esternare.

«Stai bene?». Le chiese Ginny, facendola voltare. Era preoccupata per lei e si vedeva benissimo.

Ed Hermione avrebbe voluto gridare. Gridare che stava da schifo, che oramai si sentiva fuori posto anche in quel luogo che aveva sempre chiamato casa. Gridare così forte come non aveva mai fatto, fino ad esaurire tutto il fiato e piangere fino a sentirsi gli occhi completamente asciutti, piangere fino a non respirare più.

Ma, dentro di sé, sentiva solo un vuoto lacerante che la investiva con violenza.

Si limitò ad annuire stirando le labbra in quello che avrebbe dovuto prendere la piega di un sorriso, impiegando forse troppo tempo a trovare le parole per formulare una risposta.

«Scusate ragazzi, ma non ho fame. Ci vediamo dopo». Disse, alzandosi frettolosamente dalla panca, sperando che il marasma del banchetto avrebbe coperto la sua assenza.

Ginny le afferrò il braccio, tirandola verso di sé,  avvicinando il volto al suo.

«Vuoi che venga con te?». Bisbigliò contro il suo orecchio, per farsi sentire solo da lei.

«No, tranquilla, Gin. Ho solo bisogno di un attimo per riprendermi».

Così dicendo, le lanciò un'occhiata eloquente per poi darle le spalle.

Abbandonò il baccano del banchetto a passi svelti, senza aver minimamente toccato cibo e senza nemmeno voltarsi indietro, dopo aver liquidato i propri amici. 

A causa delle solite dannate scale, ci impiegò il doppio del tempo necessario per raggiungere il proprio dormitorio, cosa che non fece altro che innervosirla ancora di più, portandola a gridare nel cuscino non appena varcò la soglia della sua nuova camera.

I pensieri ultimamente stavano diventando eccessivamente pesanti, fino a schiacciarla. Le emozioni di Hermione erano come un cielo sempre grigio e in tempesta. 

Al solo pensiero di dover lavorare con Draco Malfoy le veniva la nausea. Gli avrebbe mollato talmente tanti pugni che avrebbe potuto benissimo rifargli quella stupida faccia appuntita e cancellargli finalmente quel maledetto ghigno da idiota che l'aveva sempre contraddistinto, ma sentiva di non averne la forza.

Dopo aver marciato pesantemente verso la cucina, si preparò una tisana in fretta e furia, ringraziandosi mentalmente per averla comprata prima di partire, per poi sorseggiarla sul divano, mentre si ingegnava a trovare una soluzione per far fronte all'istinto omicida che le ribolliva nel sangue. 

Soffiò sopra la tazza fumante, sentendo i suoi sentimenti fare a pugni dentro di sé. Era delusa, arrabbiata, disgustata, triste e altre mille aggiunte negative. Si crogiolò nell'idea che fosse tutto un brutto scherzo, seduta sul divano con le mani poggiate sul grembo, fino alle otto e quarantacinque, quando decise che sarebbe stato meglio avviarsi, se non voleva rischiare di arrivare in ritardo all'appuntamento con la preside e, suo malgrado, anche con Malfoy.

Così facendo, Hermione, si alzò contro voglia dal divanetto in velluto rosso e uscì dalla sua stanza sbattendosi la porta alle spalle, forse un po' troppo forte. 
Il suono sordo da lei provocato riecheggiò per tutte le scale, che scese quasi correndo.

L'unica soluzione che aveva trovato, era quello di ignorarlo. Sì, lo avrebbe ignorato. Avrebbe fatto finta di non vederlo, come se non esistesse, perché era quello che si meritava.

Camminò per i corridoi, sentendo il suono dei suoi mocassini riecheggiare tra le pareti. Rasentò le mattonelle in pietra ruvida, notando che le vie del castello che doveva percorrere erano completamente invase da orde di ragazzi urlanti del primo anno, che si guardavano intorno spaesati e eccitati allo stesso tempo. 

I piccoli studenti, ordinatamente divisi nei gruppi relativi alle case di appartenenza, seguivano come delle pecorelle smarrite il proprio prefetto che, con molta pazienza, li guidava per il castello.

Hermione li superò con fluidità, continuando a camminare fino a che non arrivò proprio davanti all'entrata per la presidenza, che si trovava nella torre più alta del castello.

Si guardò intorno prima di sussurrare ai due Gargoyles di pietra la parola d'ordine: "Sorbetto al limone".

Dopo averla pronunciata un sorriso le sfiorò la bocca rosea. 

Hermione aveva sempre ritenuto che quella parola d'ordine fosse molto buffa. Insomma, una delle parole d'ordine per poter entrare nell'ufficio del preside di Hogwarts era un dolce babbano!

Si affrettò a salire su un gradino, prima che le scale salissero senza di lei. Con una mano sfiorò la pietra delle pareti della scala a chiocciola, percependo le scanalature solleticarla il palmo.

Salito l'ultimo gradino, avanzò verso la porta chiusa, bussando contro il legno spesso. Aspettò di sentire il permesso di entrare e poi girò il pomello dorato, palesando la sua presenza.

La prima cosa che notò, con ovvio disappunto, era che Malfoy l'aveva anticipata sul tempo. Il Serpeverde era già seduto composto su una delle due poltrone e le dava le spalle.

«Buonasera preside, mi scusi per il ritardo». Disse con le guance tinte di un leggero rosso, mantenendo però la testa alta. 

Anche se, in realtà, lei non era affatto in ritardo, era lui che era arrivato in anticipo. 

«Signorina Granger, non si preoccupi, è perfettamente in orario». La tranquillizzò. «Prego entri, la stavamo appunto aspettando». La invitò la preside con un sorriso di cortesia, facendo cenno alla ragazza di prendere posto sulla poltrona vuota accanto a Malfoy.

Hermione nascose una smorfia e, a passo rigido, andò a sedersi accanto al principe delle serpi. Si ripeté che non aveva nessun motivo di essere agitata, dato che quella in torto non era lei.
Non era lei la traditrice.

Draco si voltò con lentezza verso la ragazza, mantenendo la sua solita espressione rilassata e composta. 

La fissava tranquillamente, senza preoccuparsi di nasconderlo. La studiava con il suo sguardo freddo e inquisitore. I suoi occhi, tanto belli quanto tormentati, erano quasi a contrasto con la sua pelle diafana e talmente bianca da sembrare pura.

Ma per Hermione, Draco Malfoy era tutto tranne che una persona pura. 

La sua sfacciataggine non ha davvero fine, si disse Hermione tra sé e sé roteando gli occhi spazientita, visto che il biondo non accennava a spostare gli occhi da lei.

Hermione si sentiva i suoi occhi addosso. Davanti a quei pozzi celesti si sentiva impotente ed indifesa, anche se, faceva di tutto pur di non darlo a vedere.

La ragazza si voltò con indifferenza, prestando tutta la sua attenzione alla preside, o almeno così credeva lei.

«Come stavo dicendo al signor Malfoy qualche minuto prima del suo arrivo, ho scelto voi due come caposcuola perché credo che siate le persone più adatte a questo compito. Siete entrambi maturi, ed io mi fido di voi. Inoltre, credo che entrambi avrete qualcosa da imparare dall'altro-».

«Mi dica che sta scherzando, la prego». La interruppe Hermione, l'incredulità spezzata nella voce e i buoni propositi lanciati al vento.

Draco rimase in quel suo limbo di indifferenza, tenendo la bocca serrata. Sapeva che quella reazione era più che comprensibile, si sarebbe meritato anche peggio, ma non gli andava per niente di sorbirsi una delle sue prediche petulanti.

«Signorina Granger-».

«No, la prego, professoressa, mi dica che è uno scherzo! Come fa a fidarsi di lui?». Sentiva la rabbia montarle dentro, come un fuoco che le arde nel petto e che scacciò completamente via il piano di ignorarlo.

Quella sensazione di tradimento l'aveva accesa, completamente.

«Non sto scherzando, Signorina Granger, ho i miei motivi per fidarmi del signor Malfoy». Ribatté la Mcgranitt, la voce ferma.

«Ma lui-». Ritentò la riccia.

«Niente "ma", parlerò con lei più tardi di questo argomento». Chiuse l'argomento con un gesto secco della mano.

«Se vuole posso uscire per un momento». 

Entrambe si girarono verso il biondo. Hermione affilò le palpebre e la lingua.

«Non c'è bisogno di questa farsa, sta' zitto, fai un favore a tutti».

«Controllati, Granger». Le intimò lui, sporgendosi verso di lei, nonostante la sua espressione fosse neutra.

«Ma come ti permetti?!».

«Basta! Tutti e due!». Li riprese la preside, prima che quel battibecco degenerasse più del dovuto. «Smettetela di discutere come se foste due bambini, mi aspetto un po' più di maturità da due caposcuola». 

Hermione si immobilizzò sul posto. Si sentì colpita nell'orgoglio da quelle parole che la trafissero come schegge, bucandole i polmoni. Pentendosi immediatamente di aver perso il controllo, si mise composta, ignorando lo sguardo si ghiaccio che le aveva lanciato il biondo. Sentiva le guance bruciare e non importava che guardasse la sua immagine riflessa nella vetrina alla sua destra per capire che fosse arrossita.

«Mi scusi». Mormorò sottovoce.

Draco fissò il rossore delle sue guance di nascosto, rimettendosi silenziosamente composto.

La Mcgranitt annuì, addolcendosi. «Signorina Granger, la capisco, so esattamente come si sente, ma avremo modo di parlarne, non si preoccupi».

«Riprendendo il discorso di prima, volevo comunicarvi che in qualità di caposcuola, dovrete compiere delle ronde notturne, nelle quali sarete affiancati da gli stessi Auror che stasera erano disseminati lungo il perimetro del sentiero per arrivare al castello».

Hermione non era del tutto sicura che il comportamento protettivo della preside verso la scuola e gli studenti riguardasse esclusivamente il problema dei mangiamorte ancora in circolazione. Ma se così fosse stato, perché avrebbe dovuto scegliere un ex seguace di Voldemort per la difesa della scuola?

«Le ronde si svolgono a partire dalle nove e mezza e vi occuperanno tutta la settimana, tranne il week end, nel quale potrete concedervi un po' di riposo. Dovrete perlustrare i primi quattro piani e le torri principali del castello, senza contare il piano terra. In caso di malattia, avvisate per tempo l'altro o direttamente me, che provvederò a sostituirvi con uno dei prefetti». Spiegò la preside in modo esauriente.

Hermione accantonò momentaneamente i dubbi che precedentemente l'avevano avvolta, concentrandosi sulle parole della preside, che continuò per una buona mezz'ora il suo monologo, prima di congedarli per la notte.

I due uscirono in silenzio, uno dopo l'altro. 

Hermione, l'ultima ad uscire, chiuse la porta silenziosamente con il cuore che le martellava nel petto. Lo sentiva risuonare ovunque, quel toc toc tumultuoso che scandiva il tempo di quel momento silenzioso.

Draco era in piedi davanti alle scale e le dava le spalle, bloccando il passaggio.

La giovane strega avanzò orgogliosamente. «Io...». E nel momento esatto in cui parlò, lui si voltò, puntando i suoi occhi in quelli di lei. Hermione sentì le parole morirle in bocca, attecchite sulla lingua, ancorate e incapaci di uscire fuori. Deglutì lentamente in silenzio e, racimolando tutto il coraggio che riuscì a trovare, parlò. «Io devo passare». Ripeté con forza, lasciando che la frase rimbalzasse tra le mura del corridoio di pietra.

Aspettò in silenzio, a farle compagnia solo l'eco della frase appena pronunciata. 

Aspettò, sapendo esattamente che quella era la quiete prima della tempesta, la pausa che lui si stava prendendo, la riflessione che lo portava a stringere il manico della lama prima di conficcarla nell'orgoglio della ragazza. 

Aspettò, pronta a reggere il contraccolpo. Aspettò gli istanti passare, pronta al peggio.

Ma nessuna lama fu alzata.

Nessuna frase, nessun'occhiata appuntita, nessun piegamento della bocca. Niente di niente.

Draco si scansò con un movimento lento, senza proferire parola, attendendo il suo passaggio, immobile e granitico come una statua di sale. 

Hermione dischiuse le labbra, incapace di contenere lo sconcerto che le si agitava nel petto.

Avanzò con i piedi di piombo, muovendo passi meccanici in direzione delle scale. 

Non si azzardò a guardarlo nemmeno quando i suoi ricci sfiorarono la spalla di lui. Tenne lo sguardo dritto davanti a sé, rischiando di inciampare per le scale, consapevole di essere osservata in ogni suo movimento.

~•~

Nota autrice:
Ciao! Come avete visto ho avuto vari problemi a pubblicare questo capitolo perché è  dato da un totale di circa 5260 parole, di conseguenza wattpad non riusciva a caricarmelo...

Il ritorno alla scuola di mangia, una notizia sconcertante e il primo scambio di battute tra Draco ed Hermione, la piccola scintilla che accenderà un falò immenso nei prossimi capitoli.

Draco Malfoy caposcuola? Che ne pensate?

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, lasciatemi le vostre impressioni nei commenti, ci tengo!♡

Ci sentiamo domani con il box delle domande su instagtam relative a questo capitolo!

Baci,
B

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