Capitolo 7 - 𝔸ries
Il primo raggio di sole squarcia l'oscurità opprimente, portando un barlume di luce in questa notte straziante. Notti insonni ne ho vissute molte, eccome, ma mai arcane come questa.
Da quando Elle è scomparsa da queste mura peccaminose, l'aria ha iniziato a fischiare irruenta attraverso gli spifferi delle vecchie finestre in legno.
Sono ancora seduto sulla trapunta, ormai asciutta degli umori di Elle. Sono rimasto immobile così a lungo che le ossa della colonna vertebrale, premute contro la testata del letto, iniziano a protestare per la troppa pressione, nonostante il rivestimento imbottito al centro.
Ho osservato ogni singolo dettaglio di questa stanza. Le pareti, rivestite di carta da parati sbiadita con motivi damascati, portano i segni di anni di umidità, evidenti dalle macchie scure che si arrampicano come ombre lungo gli angoli. Sopra il letto, una testata in legno massiccio, intarsiata a mano.
Sul pavimento scricchiolante, le assi di legno grezzo sono segnate da graffi e tacchi consumati. Un tappeto logoro, dai colori ormai sbiaditi, è steso accanto al letto, come a proteggere i piedi dal freddo pungente che sembra provenire dal terreno stesso.
L'unica fonte di luce è una lampada a olio, posata su un piccolo comodino traballante, che diffonde un bagliore caldo e tremolante. L'aria è impregnata di un odore misto di legno antico, cera d'api e un vago sentore di muffa. Da una finestra con vetri imperfetti e un telaio in legno malandato, filtra un soffio d'aria gelida, facendo fremere le tende di lino grezzo, lise ai bordi.
Infine, lo specchio di fronte al letto, incorniciato da legno scuro intagliato con motivi floreali ormai consunti dal tempo, riflette la mia anima piegata dagli sbagli commessi. Le mezzelune sotto i miei occhi sembrano più profonde questa mattina, scure come lividi appena formati. Non ricordo di averle mai viste così viola, neppure dopo le notti trascorse a combattere battaglie sotto cieli senza stelle.
Le mie battaglie. È questo che si prova a perdere la propria essenza di vita? Tutto quello che mi rende Aries erano le mie vittorie. Mai persa una.
Se chiudo gli occhi, posso ancora rievocare il clamore assordante del popolo che mi incitava. Le loro voci si mescolavano in un coro che risuonava nel mio petto come un tamburo di guerra. L'adrenalina del potere scorreva ardente nelle mie vene, un torrente di fuoco che alimentava ogni fibra del mio essere.
La mia mente trovava appagamento nei loro sguardi adoranti, nella loro devozione incondizionata. Mi applaudivano, mi veneravano, desideravano ardentemente che sfiorassi le loro mani preziose, quasi fosse un gesto sacro. Mi sentivo il loro Dio, perfino più importante dello stesso Zeus.
Era quello il mio regno, il campo di battaglia. Ogni sguardo rivolto a me, ogni grido di approvazione, alimentava la mia fiamma. E ora? Ora, senza di esse, cosa sono?
Trovo ancora una volta i miei occhi riflessi nello specchio. Il mio sguardo si posa sui sottili solchi che segnano il mio viso, un paradosso per un immortale. È come se il tempo, pur non avendo presa sul mio corpo, si fosse insinuato nella mia anima, lasciando cicatrici invisibili.
Mi scappa un sorriso amaro mentre il volto di Irya riaffiora nella mia mente. Ricordo il modo in cui mi guardava, come se fossi un miracolo, un dono che non avrebbe mai osato richiedere. I suoi occhi limpidi come l'acqua degli oceani, mi risucchiavano ogni volta che mi ci tuffavo dentro.
Non ho mai avuto occasione di scambiare parole con Irya, ma la sua voce me la immagino soave, melodiosa, paragonabile a quelle delle Dee più mirabili. Anzi, lei sarebbe stata meglio, anche se i nostri destini, non si sarebbero mai potuti intrecciare. O almeno, questo è quello che si sussurra nell'Olimpo.
Se solo avessi avuto l'audacia di interloquire con lei, in questo momento saremmo potuti essere ad Helion... o forse, re Bisalte avrebbe comunque trafitto il cuore della mia amata? I danni sarebbero potuti essere più distruttivi. Sì, è così. Lei sarebbe stata mia, avrei raso al suolo non solo il mio borgo, ma anche la stessa Terra.
Poggio i piedi per terra, tenendo i gomiti poggiati sull'orlo delle ginocchia. Sento le vene pulsare di una rabbia passata, appena mi affiora un pensiero insolito. Tutti i semidei e dei che ho conosciuto cantavano sempre lo stesso ritornello, più di tutti Erython, che per quanto io lo detestassi, non potevo negare le suo forti abilità in campo di guerra. Diceva che non avrei mai potuto avere una storia d'amore con una mortale, con Irya. Mi ripetevano incessantemente la profezia di una fanciulla destinata a dominare la nostra Madre Terra, una creatura nata per equilibrare ciò che è fuori controllo.
Dicevano che io e lei saremmo potuti essere una coppia indomabile, lo yin e lo yang. Lei, la creazione. Io, la distruzione. Un'unione inevitabile, scritta nelle stelle, eppure così lontana dalla mia realtà.
«Aries, devi smetterla di pensare a Irya. È una comune mortale, non ha niente di interessante da toccare o da vedere, come tutte le altre.»
«Mmh.»
«Dai Aries, lo so che anche tu vorresti affondare il tuo membro, in una bella e giovane dea. Che ne dici di Aphrodite? Si comporta come un'ingenua, ma è tutta una finzione. Tutti qui sappiamo che si è portata a letto mezzo Olimpo e non solo, voci sussurrano che lei ami scopare con i mortali e dopo che ne è rimasta delusa, venga nei nostri letti per farsela aprire ancora di più. τι πόρνη*»
«Tsk.»
Mi sale l'epinefrina solo al ricordo delle sue parole viscide verso il genere umano, verso le donne mortali e soprattutto verso Irya. Il sangue si incendia, sprigionandosi incontrollato nelle mie viscere. Sale lento, bruciando la mia pelle, decorata dalla ramificazione ormai rossastra.
Dannazione, sta succedendo di nuovo. Serro i pugni, spegnendo le fiamme infanti nel palmo. «Controllati.» Mi ripeto in mente, tenendo gli occhi chiusi.
È un dolore straziante. Quello di non riuscire a controllare il tuo elemento, perfino quando le tue emozioni sono così scipite. È un'umiliazione sottile, corrosiva. Sono in grado di comandare tutto ciò che mi circonda, ma non ciò che mi appartiene. È come una crepa nella mia perfezione, percorre una voragine, sempre più a fondo, laddove la mia anima è labile. Provo a sopprimere il pensiero atroce, ma non fa che fomentare la mia condanna.
Non c'è nulla di più devastante che sentire la propria potenza bruciarti da dentro e al contempo il confine limite inciso dalle tue emozioni.
Sotto le mie suole, il calore si è già espanso, delimitando un'area aranciata, pronta a diventare cenere. Spingo in avanti il corpo, scivolando giù dal giaciglio. Le ginocchia tonfano sul tappeto e un impatto sordo che rimbomba nella stanza. In un istante, una linea di fuoco si propaga, disegnando un cerchio perfetto attorno al mio corpo prostrato. «Controllati.» sospiro sollevando il capo verso il soffitto.
Il cuore martella incessante nel petto, le orecchie occluse sembrano immerse sott'acqua. Sospiro ancora una volta, questa volta più lentamente, cercando di fermare il tremito che si sta impossessando delle mie mani. Spiego le mani avanti, rivelando la mia intera ramificazione di color amaranto e rivolgo i palmi all'esterno, allargando e tenendo le dita intirizzite.
Urla strazianti e sofferenti lacerano il silenzio nel mio cranio, strillando senza tregua. Crescono, si amplificano, fino a sommergermi in un assordante strazio. Mi perseguitano. Sono loro, la gente di Helion. Una goccia di sudore scivola lenta lungo la mia tempia, solo per dissolversi nel nulla, consumata dal calore incandescente della mia carne. Vedo nelle loro iridi le fiamme che sciolgono la loro carne, le loro ossa. Bambini, donne, uomini, famiglie intere... Arse.
Non ce la faccio.
Un urlo lacerante si forma nelle profondità della mia gola, scivola lungo le corde vocali e si libera, violento, tra queste mura. Perdo ogni briciolo di controllo. Le fiamme esplodono dalla mia pelle, avvolgendo e consumando ogni oggetto presente nella stanza, accompagnate da un boato che scuote l'aria, unito al suono tagliente dei vetri che si frantumano per la pressione esplosa.
E poi, silenzio. Pace.
Le emozioni iniziano a dissolversi, lasciando un vuoto dentro. Un vuoto che, inspiegabilmente, mi appaga.
Mi rimetto in piedi. «γαμώ!» impreco. Le fiamme hanno ridotto in cenere ogni arredo in questa stanza. Mi piego, sfiorando le ceneri grigio scuro. Le studio al tatto e alla vista; è molto più chiara ed è anche molto più morbida e fine rispetto alle ceneri di Helion. Non ha un aroma acre, ma ricorda l'odore delle braci,con una nota terrosa e affumicata.
Le osservo ancora ma, all'improvviso, i nervi delle orecchie vibrano pungenti. Dall'altra parte della porta, sento delle voci confuse in un mormorio. Mi alzo lentamente, con passi felpati, e mi avvicino alla porta, ormai ridotta in un cumulo di polvere. Rimango immobile sull'uscio, trattenendo il respiro. Le parole mi sfuggono, un bisbiglio incomprensibile che si perde nell'aria, ma quella voce... Quella voce sgradevole la riconoscerei ovunque.
Un brivido mi percorre la schiena, insinuandosi come un serpente tra le ossa. L'aria attorno sembra divenire più gelida. Appena mi sporgo, il mio sguardo indugia su Frisso, sulle sue mani che stringono Elle con una forza che tradisce rabbia o disperazione. Le sue iridi strette sembrano voler scavare dentro di lei, come se volessero soffocarle l'anima o peggio, prosciugarla.
Stringo i pugni per contenere la corrente adrenalinica di nuovo in circolo, appena scruto il volto pallido di Elle come alabastro. Le labbra serrate in una linea sottile, gli occhi fissi su un punto lontano, come se volesse fuggire senza muoversi. Eppure, nel tremore appena accennato delle sue spalle, intravedo il peso della paura.
Il mio corpo, stimolato da spasmi involontari, mi obbliga a muovermi, ma le gambe non rispondono, restano incollate al suolo, comandate dalla mia mente; uno strano sentore inebria i miei sensi. Tengo gli occhi così ancorati su di loro, che ogni peculiarità intorno diventa sempre più sfocata, avvolto da una nube nera. Frisso muove le labbra, lasciando la sua voce scavi nelle piaghe della ragione di Elle. Non riesco a percepire quello che pronuncia, la sua voce è troppo infima , ma riesco a captare qualche frammento di parola.
«είσαι απλά μια πόρνη*» oltraggia ringhiando.
Gli occhi di Elle si aggrappano ad ogni oggetto intorno a lei. Scivolano dagli angoli ammuffiti dei muri alle luci ormai consumate, tremolanti come fiammelle sul punto di spegnersi. I suoi occhi lucidi brillano di lacrime trattenute a stento, mentre il suo labbro inferiore trema, tradendo una fragilità che cerca di nascondere.
L'ira avanza impetuosa, scaraventando ogni briciolo di controllo. Raccolgo un respiro profondo. Non posso intervenire. Non ancora. Se Frisso ed Elle si rivelassero tra di loro inganni di cui non sono a conoscenza, basterebbe arrivare in cima al monte Asterion per ridurli in cenere.
Osservo così tanto intensamente le fauci di Frisso sputare veleno, che il suo subconscio sente il peso del mio sguardo. Le parole scorrono sempre più lente, fino a fermarsi, nel frattempo, raddrizza il busto, chino su Elle. Nello stesso istante in cui i suoi occhi slanciano nella mia direzione, tiro indietro le spalle nascondendomi dietro al muro.
I suoi passi rimbombano sordi contro il tappeto del corridoio. Non capisco nemmeno perché io mi stia nascondendo. Sono un cazzo di Dio. Frisso è un semplice mortale, goffo e imperito nel combattere. Qualsiasi mossa abbia in mente non sarà mai all'altezza dei miei livelli
Svolto l'angolo con calma calcolata, anticipando i suoi movimenti. Ma prima che possa raggiungermi, me lo ritrovo davanti. Quel bel faccino, così sicuro e insolente. "Davanti a me." Devo abbassare lo sguardo per incrociare i suoi occhi, e per un istante la differenza tra di noi sembra abissale.
«Frisso» dico prima che lui possa alterare qualsiasi parola. Le sue labbra restano schiuse, ma immobili. «Il sole è sorto, dobbiamo riprendere il viaggio verso il monte Asterion.» Solo allora mi accorgo della tensione nel mio corpo. Senza nemmeno volerlo, i miei occhi si sono stretti in una fessura e il mio torace si è piegato leggermente in avanti, come se volessi schiacciarlo con il peso della mia riconosciuta potenza divina.
Il suo pomo d'adamo si muove rumoroso appena deglutisce davanti all'impotenza. La mia anima si nutre di quella resa. È appagata dalla debolezza che traspare nelle sue pupille, prima strette, ora dilatate, nelle rughe del volto che si distendono in un tacito segno di sottomissione.
«Sì, Aries. Vi sono venuto a chiamare, ma mi avete preceduto.» Non accenna alcuna espressione. «Partiamo subito.» Si limita a voltarsi e procedere verso la sua stanza, sfilando a fianco ad Elle, che nel frattempo si è avvicinata di due passi, forse per il desiderio di sapere.
Teniamo le pupille conficcate l'una nell'altro, anche se entrambi sappiamo chi dei due è il predatore e chi è la evanescente preda.
«Allora... » Elle tronca l'ostilità crescente «prendo le nostre cose, Frisso?» I suoi occhi verdognoli si posano sul volto del fratello, un'espressione neutra che cela a fatica il peso dell'angoscia. Appena Frisso fa schizzare le iridi sulle sue, Elle abbassa lo sguardo all'istante, incapace di sostenerlo. Mugugna un consenso appena udibile, poi si volta bruscamente, brancando il braccio della sorella con una stretta che sembra più una catena che un gesto fraterno. La trascina con sé senza una parola.
Rimango immobile ancora qualche istante, con le mani talmente strette contro lo stipite della porta, da averla inclinata.Volto l'angolo dello stipite e mi ritrovo davanti ai residui di polvere, che nel frattempo sono disseminati. Mi avvicino al letto carbonizzato, che, nonostante le fiamme, si erge ancora in piedi, un residuo di resistenza nel caos. Ha fatto da difesa alle mie poche cose, preservando, almeno in parte, dal disastro che si è consumato attorno.
Raccolgo la piccola sacca e la posiziono in spalle e mi affretto ad uscire da questa stanza, prima che qualcuna possa vederne le macerie. Scendo le scale a passi secchi, tonfando su ogni scalino. Appena sono davanti alla porta d'uscita, li vedo. I due fratelli sono fermi sull'uscio, immersi in una conversazione, di nuovo.
Sono tentato di afferrare i riccioli di Frisso, di strattonarli fino a costringerlo a sputare ogni parola che sta sussurrando alla psiche di Elle. Cammino, mantenendo l'ira sotto controllo, confinata entro le pareti delle mie arterie, anche se il cuore pulsa esuberante nel petto. Prima che loro possano accorgersi della mia presenza, ho già tirato un spallata a Frisso, scostandolo dalla porta. Spalanco l'anta, attirando l'attenzione di tutti, ma prima che possa sbattere contro lo stipite, viene placata da uno dei due fratelli. «Aries!» sbaita la voce irritante di Frisso «aspettate.»
Cammino, rigettando la loro richiesta.Il rumore dei loro passi si fa sempre più vicino, un crescendo che cerca di colmare la distanza tra noi.
Sono stato uno sciocco ad accettare la loro richiesta di aiuto. Ho percepito fin da subito la loro fandonia e questi sussurri celati, confermano solo quello che avevo già captato. Mi sono fatto incantare dalle loro parole. Mi stanno ingannando. Esiste davvero un nemico a Tracia? Ma la questione è un'altra... Perché dovermi persuadere con suppliche polpose, atteggiamenti di riconoscenza e accettare di scortarmi sul monte Asterion?
Frisso si affianca, senza dire alcuna parola. Un gesto eroico, quasi da voler sfidare la preminenza. Il suo fetore arriva dritto alle mie narici, diffondendosi nei polmoni. Faccio una smorfia, corrugando le sopracciglia.
«Entro questa notte, saremo sul monte Asterion.» Esordisce.
Lo osservo con la coda dell'occhio. Tiene lo sguardo fisso sulla strada davanti a sé, le spalle sorprendentemente rilassate, e sulle labbra accenna persino un lieve sorriso. Un atteggiamento dissonante, quasi irritante nella sua apparente tranquillità.
«Cosa cercate in cima al monte?» domanda. Insolito. Solo il giorno prima sembrava pronto a trafiggermi con una lama, il suo odio palese come il sole che ci sovrastava.
Volto il capo per poterlo osservare meglio e lui compie il medesimo gesto. Un getto d'aria gelido, colpisce violento il nostro corpo, scostando nubi grigie, sopra il cielo celeste, non appena le nostre iridi strette si scontrano.
«Aries» incide il mio nome, come se fosse una disgrazia solo a nominarlo. «Volevo chiedere una resa al nostro scontro freddo.» Le sopracciglia mi balzano per lo stupore.
«Abbiamo cominciato con il piede sbagliato. Ma cercate di comprendermi: Voi avete raso al suolo un intero borgo. Gente bruciata dalle Vostre fiamme, intere abitazioni dissolte nel Vostro inferno, tutto per un sentimento fuori controllo... Come potete aspettarVi che le persone possano anche solo avvicinarsi a Voi senza un'esigua allerta?» La domanda rimane fluttuante nel vento gelido, appena risvegliato.
Queste parole lacerano la mia anima fin dall'interno. Io sono l'assassino di tutta Helion. Il carnefice del loro passato, il distruttore delle loro vite. Una verità che pesa come una catena di ghisa, mi trascina giù ogni volta che cerco di sollevarmi.
La mia autocommiserazione si conclude appena le sottili gocce di pioggia iniziano a infrangersi sulla mia pelle ardente, evaporando in un istante dopo l'impatto. È la prima estate che Madre Natura ha deciso di contaminare con le intemperie tipiche dell'autunno. Come se anche lei fosse in disaccordo con il corso naturale delle stagioni. Anche se devo riconoscere che tutti questi eventi meteorologici sono cominciati dal mio incontro con i due fratelli.
«Capisco, Frisso.» Sono le uniche parole che riesco a far uscire dalle mie labbra, anche le corde vocali, tese dalla repulsione di dover elargire ragione alla parole di Frisso.
«Auspico che questa tregua renda i suoi frutti.» Le parole di Frisso sono pronunciate lente e calcolate. Annuisco, subito dopo la pioggia aumenta il suo ritmo, tamburellando sulla sterrato di ciottoli. Mentre proseguiamo, un pensiero acuto si insinua nella mia mente, trafiggendo le meningi.
Volto il capo, trovando lo sguardo di Elle perso nel nulla. I suoi occhi sono fissi sui sassolini bagnati, privi di emozione.I capelli fradici le si appiccicano alle gote, arrossate dal clima pungente. Le braccia pendono lungo i fianchi, inerti, lasciando che le stille di pioggia si infrangono sulla sua gonna, ormai quasi del tutto intrisa d'acqua.
Rallento il passo, deliberatamente, fino a colmare la distanza che ci separa. I miei occhi rimangono fissi su di lei, tanto che il muscolo del collo comincia a dolere per la tensione prolungata. Con la coda dell'occhio, scorgo Frisso. Il suo sguardo si posa prima su di me, scrutandomi con attenzione, poi scatta verso Elle, come a esaminare ogni mossa.
«Elle» scindendo ogni sillaba, imprimendo il suo nome nell'aria. «Va tutto bene?»
Annuisce, senza trasudare espressioni ed emozioni. Non alza nemmeno lo sguardo.
Sospiro, anche se dentro di me sembra aprirsi una crepa profonda, un vuoto che non riesco a comprendere. Perché mai dovrei provare un tale turbamento? Mi schiarisco la voce, cercando di mascherare l'incertezza che mi rode dall'interno.
«Elle, se è per quello che è successo ieri sera, ti chiedo perdono.»
Nessuna risposta. Il suo mutismo grava sulle mie spalle, come un macigno, e ogni secondo che passa sembra lacerare non solo il mio orgoglio, ma anche la mia anima. Questo silenzio mi lascia in balia di interrogativi angoscianti, persino per una mente come la mia.
Sono stato capace di uccidere senza esitazione, di radere al suolo un'intera città, di ridurre Helion in cenere... Eppure, l'idea di aver rovinato il sapere carnale di questa giovane e docile fanciulla, mi pugnala la coscienza e lo spirito.
«Non esistono difese per le mie gesta. Renderò servizio alla regione di Tracia fin quando avrai respiro.»
Il suo capo si solleva, rivelando la linea sottile verde, risucchiata dalla pupilla dilatata. Schiude anche le labbra, lasciando che il suo fiato, liberi una nuvola di condensa. Nel mio cuore si schianta una confessione inimmaginabile, ma nella mia mente urla una voce contrastante, più dolorosa di qualsiasi sfregio fisico.
Intanto che lo scontro paradossale tra tormento e infatuazione prende vigore al mio intero, Elle comincia a parlare. «Aries, non è questo-» prima di continuare la frase, osserva il fratello, che continua a camminare innanzi a noi. Poi torna sui miei occhi. «Ieri sera è stata una delle serate più belle in tutti i miei orrendi vent'anni di vita. Mi sono sentita libera di ridere, di ballare e di appagare, finalmente, un bisogno che non mi è mai stato permesso scoprire... Almeno, fino a ieri sera.»
Le sue parole sussurrate, soffocate da anni di silenzio imposto, si riversano come un fiume in piena. Riesco a percepire il dolore che si diffonde dentro di lei, un'eco di sofferenze taciute troppo a lungo. Il suo profumo, una fragranza eterea e floreale, si mescola al sentore minerale delle pietre bagnate, creando un contrasto che svela una vita intrisa di pena viscerale.
Rimango in silenzio, nell'attesa che Elle trovi il coraggio di sputare fuori il suo passato e presente. Una lacrima scivola lungo il viso, anche se con le gocce di pioggia si maschera perfettamente. «So già cosa mi aspetterà quando arriveremo a palazzo» scorre la lingua sulle labbra per inghiottire il liquido in eccesso «mi chiuderanno in una stanza, decideranno loro per la mia vita, come sei in questi anni non l'avessero già fatto.»
Stringe i pugni, tenendo ora lo sguardo ancorato su Frisso. «Sono venuta con mio fratello da Voi, per scappare da Lei, anche se so che mio fratello non sia molto più diverso dalla sua indole.»
«Lei?» domando interrompendo il flusso appena aperto delle sue dighe.
«Sì» risponde, aggravando la voce. «Mia madre.»
Le sue pupille si restringono al pronunciare di quelle parole, rimanendo sempre agganciate alla sagoma di suo fratello.
«Lei è così... così tiranna e crudele con me.»
«Ti ha fatto del male?»
Resta in silenzio. Un silenzio di assenso. I suoi occhi sono rossi per le lacrime versate incessantemente e il suo labbro inferiore gonfio per i continui morsi.
«Elle, che ti ha fatto?» Le cingo il braccio con le dita, restando delicato.
Rimango concentrato sulle sue parole, anche se la mia psiche sta ribaltando ogni mio autocontrollo. Le mani iniziano a tremare per il bisogno crescente di rendere alla madre di Elle la stessa moneta che ha inflitto alla figlia.
«È complicato da spiegare.»
«Mi sforzerò a capire.»
Le sue dita iniziano a intrecciarsi nervosamente, come se cercassero un appiglio contro la ribellione di emozioni che sta lacerando la sua morale.Il suo sguardo si leva per un istante fugace, un lampo che sfiora il mio, prima di ricadere, come temesse di rivelare troppo. Nei suoi occhi intravedo frammenti di fiducia, reliquie spezzate di un'innocenza ormai perduta; esili vestigia di speranza che lottano disperatamente contro il peso schiacciante di anni di dolore e disillusione. È una visione tanto rara quanto straziante, un intricato mosaico di luce e tenebra che mi cattura, impedendomi di distogliere lo sguardo.
«C'è stato un evento, nel suo passato, che ha rovinato la sua vita.» Alza il petto per cercare audacia, più che ossigeno. «Ed ha ragione, ma... Lei è convinta che possa accadere anche a me. Per questo mi tiene segregata al castello, controllata da centinaia di guardie. Tutte donne.»
«Tutte donne? Perché?»
«È complicato.» il suo sguardo vacilla a destra e a sinistra, intanto che le sue mani cominciano a tremare.
Procediamo da un tempo che sfugge a ogni mia capacità di misurazione, come se il fluire dei minuti fosse stato inghiottito dall'eternità di questo cammino. La brama ardente di scoprire il Pozzo di Ygró Fós, un tempo inscalfibile, si affievolisce celere, precipitando nell'abisso dell'incertezza. Al suo posto, si insinua un desiderio più profondo, un anelito insaziabile di conoscenza, che si fa sempre più preponderante, scalzando ogni altro impulso.
«Sono qui Elle, non tradirò mai la tua fiducia.»
«Costringe delle persone a replicare quello che Lei ha vissuto. Mi obbliga a fissare la scena e poi mi rassicura che tutto questo lo fa per il mio bene. Sono solo fandonie.»
«Cosa ti obbliga a guardare?» Incido la c nell'aria, tradendo l'autocontrollo che sta persistendo sulla mia bile già in circolo.
Prende un sospiro profondo, schiudendo le labbra tremanti. «È-»
«Mi sto perdendo qualcosa?» Frisso spunta brusco davanti ai nostri corpi, ostacolando la nostra marcia. Elle sospira per lo spavento e si sente subito in dovere di giustificare le sue azioni.
«No, stavamo solo parlando-»
«Di che cosa, Elle. Di che cosa state parlando?» Frisso mostra le fauci, spingendo sua sorella all'angolo della sua coscienza.
Scuote la testa lievemente. «Di cosa sta succedendo a Tracia, del nostro nemico.»
«E che gli hai detto?» Frisso alza le sopracciglia, come se non credesse nelle parole di sua sorella. Il che è corretto. Elle mi sta raccontando tutto ciò che dovrebbe rimanere al mio oscuro.
«Mi ha detto che è un nemico secolare. Che sta annientando la vostra regione, città dopo città,» rispondo, ripetendo fedelmente le parole del nostro primo incontro.
Frisso annuisce, rimanendo fisso con lo sguardo nelle mie iridi, che presto si stringono dalla competizione. Con un gesto inaspettato, le sue labbra si distendono in un sorriso, una curva che, pur nella sua apparente calma, sembra celare qualcosa, oltre le sue palesi afflizioni mentali.
«In ogni caso» dice con un tono che sfiora l'indifferenza «siamo ai piedi del monte» Frisso indica la parete rocciosa che si erge imponente di fronte a noi. Rimango paralizzaoto, ma non per il timore di doverla scalare, ma perché i miei sentimenti sono disastrati.
Una volta scovato quello che la leggenda narra, il Pozzo mi concederà un desiderio che supera ogni limite concesso dalla nostra Madre Terra. Se riporto in vita Irya... cosa ne sarà di Elle?
Il pensiero mi assale, come un'ombra che non riesco a scacciare. Irya. Lei è la mia vita, il mio respiro. È per lei che sono qui, per restituirle il dono che le è stato sottratto, per colpa mia. Non posso tradire la sua memoria.
Eppure, Elle. La sua presenza mi tormenta. Mi ha penetrano in un modo che non avrei mai immaginato. Silenziosamente. Ma no, non è giusto. Non posso tradire Irya... Non posso, eppure l'ho già fatto, questa notte. Osservando Elle provare piacere con le sue mani, pensando che quelle sue esili dita fossero, in realtà, le mie.
«Aries» Frisso interrompre la valanga di contraddizioni, poggiando la sua mano sulla mia spalla «Vi è concesso scalare le rocce in maniera diversa? Elle potrebbe non farcela e-»
Le sue parole raggiungono le mie orecchie, ma il mio cervello fatica a processarle. Rimbombano nei timpani come bolle d'acqua, senza riuscire a penetrare il muro di pensieri che mi paralizza. Scalare la montagna? Sì, sono pronto a restituire vita a Irya, ma sono davvero degno di affrontare tale impresa? S
La domanda mi assale, ma la risposta è: Sì, probabilmente lo sono. Nonostante abbia raso al suolo Helion, la mia anima rimane integra, ferma su principi insormontabili.
Ma la scusa del "non essere degno" dura pochi istanti, quasi una maschera che non riesce a celare la verità. No, non è quello che mi frena.
Elle.
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*είσαι απλά μια πόρνη (eísai aplá mia pórni): sei solo una puttana.
*τι πόρνη (ti pórni): che puttana
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Hi BITCHIES, come state?
Sono stra contenta che siate arrivati fin qua (˶ˆᗜˆ˵)
Spero che la storia vi stia suscitando un certo interesse, anche perché se c'è qualcosa che vi annoia o vorresti cambiare... oh, amo, scrivi tu allora!!
A parte gli scherzi, sono aperta ad ogni genere di commento.
CARI ARIETE, sapete che...
La pietra dell'Ariete è il rubino: si dice che questa pietra, oltre a celebrare la potenza solare (che in primavera torna a farsi sentire), aiuti a controllare energie e passioni, evitandone ogni eccesso.
Cuori, ditemi se vi vedete in questi mood!!
Al prossimo capitolo
◝(⑅•ᴗ•⑅)◜..°✿
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