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Capitolo 3 - 𝔼lle

Torniamo verso casa, eppure, nonostante la breve distanza, il tragitto sembra durare un'eternità. Continuo a lanciare delle occhiate fugaci alle braccia di Aries, cercando di non attirare la sua attenzione, ma il cambiamento di colore nelle sue vene mi affascina profondamente.

È tutto così surreale. Non ho mai avuto l'opportunità di osservare un dio così tanto da vicino, di scrutarne i suoi poteri; ma soprattutto non avrei mai pensato che il primo dio sarebbe stato Aries, il pericoloso dio tiranno, distruttore della sua stessa città Natale. Mamma mi ha sempre raccontato storie terribili su di lui e all'inizio le credevo. Quella sera, quando l'abbiamo visto per la prima volta, temevo il peggio per me e Frisso, eppure ci ha accolti in casa, ha perdonato il mio furto e ha accettato di aiutarci.

«Ha incenerito le abitazioni, ha bruciato i suoi abitanti! Tra quella gente c'era mio padre. Lui voleva solo proteggermi, rivoleva sua figlia... invece è stato ridotto in un cumulo di cenere. Gli dèi sono furiosi con lui, per questo Aries è stato esiliato dall'Olimpo. Ha abusato del suo potere, non ha saputo domare le sue fiamme.»
«E adesso dov'è, mamma?»

«Nessuno sa dove sia stato esiliato. Ma non ti preoccupare, mia adorata Elle, mamma sa come trovarlo.»
«Come?»

«Nelle più remote foreste della nostra Terra, c'è uno specchio magico. Si chiama il Seleneion e permette di mostrare le anime delle persone.»

«Veramente è magico, mamma? Ma se è nel bosco come facciamo a trovarlo?»
«Non ti preoccupare figlia mia, lo troveremo»

Ho sempre dato credito alle parole di mia madre, ma ora non ne sono più tanto sicura. Forse è il fascino divino di Aries a incantarmi, una presenza che nessun uomo comune potrebbe mai eguagliare. È alto, più di mio fratello, con un viso squadrato e lineamenti spigolosi. Il suo fisico è quello di un atleta, anzi, qualcosa di ancora più perfetto.

Le spalle larghe e il petto possente danno un senso di forza innata, mentre le sue braccia, scolpite come nel marmo, incatenano il mio sguardo. Riesco a scorgere che una di esse è decorata da forme morbide e tondeggianti, tracciate da un inchiostro grigiastro. Quelle linee sinuose mi ricordano il fumo che si alza dai falò, danzando nell'aria con un'eleganza ipnotica.

Davanti alla soglia di casa Aries risulta imponente. «Prego.» appena mi invita ad entrare, la sua voce roca fa vibrare ogni singola cellula della mia pelle. Il braccio teso verso l'interno della casa passa a fianco alla mia testa. Le sue vene sfumano di un rosso sbiadito e devo resistere alla tentazione di toccarlo.

Varco la porta, lasciando che il mio sguardo abbracci ancora una volta l'intera casetta. È piccola, persino più della stanza più angusta del castello, eppure emana un calore accogliente che la fa sembrare viva. Lo stile rustico domina l'ambiente, evidente nei mobili di legno, consumati in punti precisi dall'uso e dal tempo.

A destra, un tavolo è circondato da tre sedie e una panca fissata al muro. Di fronte, una piccola stufa arde con un fuoco palpitante che, stranamente, non emana calore. Appena distante, la stretta scala a chiocciola conduce alla camera da letto di Aries , affiancata alla cassettiera che custodiva la collana. Mi sale un senso di vergogna se ripenso al gesto vile fatto la sera precedente.

Varco la porta e anche lui segue i miei passi. Ma subito dopo lo schiocco della porta, restiamo in piedi, perdendoci nei nostri occhi un momento più lungo. Anche questa volta non riesco a trattenere la dilatazione delle pupille. Adesso i suoi occhi sono di color giallo ocra, a tratti mi ricordano le vaste dune nel deserto, le iridi sempre strette. Posso giurare di averli visti cambiare di colore la sera precedente; erano rossi come il sangue.

«Accomodati.» Aries è a un passo da me. Resto fissa nelle sue iridi ancora per un secondo, prima di voltarmi. Siedo nella stessa sedia, tenendo il busto retto, le gambe accavallate e le mani poste una sopra l'altra, sul ginocchio sovrapposto. «Elle» le lettere del mio nome scivolano lente sulla sua lingua, danzando nei miei sensi uditivi. «Sai mica cosa deve fare Frisso a valle?» chiede, restando in piedi. La domanda è come un pizzicotto di avvertimento e prima di rispondere, la mente sguazza nelle vecchie frasi archiviate di mia madre.

«Non ti fidare, Elle. Lui è come Medusa, ti incanta e poi ti pietrifica.»

Ha ragione. Sto permettendo al fascino di Aries di insinuarsi nella mia mente, di avvolgerla e sopraffarla. «Perché?» balbetto patetica a bassa voce, quasi in un sussurro. Nonostante cerchi di imitare Frisso, di essere fredda e distaccata, la sua presenza esercita su di me un effetto inaspettato, che sfugge oltre il mio controllo.

Tento di rimanere lucida, ricordando il motivo per cui sono qui, ma tutto si infrange contro la sua aura, lasciandomi nel limbo tra la volontà di resistere e il desiderio di abbandonarmi a questa sensazione.

«Non ti preoccupare mamma, chi potrebbe mai amare un mostro del genere.»

«Scorte» deglutisco rumorosamente «per il viaggio di ritorno.»

Annuisce, ma non dice una parola. Mi volta le spalle, camminando verso la cassettiera. Fruga all'interno del cassetto più in alto, ma lo scaglia affrettato subito dopo averlo perquisito interamente. Poi, con un gesto meccanico, apre subito quello sotto e continua la sua ricerca. Questa volta però estrae qualcosa che non riesco a vedere.

«Cos'è?» chiedo sfrontata. Balzo in piedi, correggendo il mio tono con le mie azioni. Saltello due volte e subito lo raggiungo. Sbatto il mio copro sulla sua schiena, con le mani che posano sulla sua spalla destra, mi spingo in alto con le punte dei piedi, per oltrepassarla e vedere cosa ha in mano. È veramente dura. Quello che trovo è solo una spessa cintura in cuoio nero, usurata in certi punti.

Aries volta la testa il più possibile, osservandomi dall'alto. «È solo la cintura che usavo nelle battaglie.» Me la mostra senza problemi, spazzando via ogni dubbio pervenuto. «Perché?» chiedo impicciona, seguendo alla lettera le regole di mia madre.

Si muove, lasciando scivolare le mie mani lungo il suo corpo. Senza rendermene conto, il mio sguardo segue la silhouette delle sue forme, tracciandone il percorso, prima passando sugli addominali scolpiti e poi sui suoi fianchi, appena più stretti rispetto alle spalle larghe.

Non riesco a concentrarmi su ciò che sta dicendo; le sue parole si perdono come un sussurro lontano. Ciò che mi rimane è la sensazione della stoffa sotto le mie mani, intrisa della memoria della sua forma, un'impressione così vivida che sembra ancora reale. Il mio cuore pulsa all'impazzata, rendendo difficile la conversazione. Non riesco a credere di star cadendo nell'incantesimo seduttivo di Aries, dopo tutte le prove che ho fatto a castello.

Più di una decina di uomini ha goduto della mia disposizione diurna per sette giorni consecutivi. Hanno provato tutte le tecniche di avance possibili per stregarmi con le loro parole, le loro azioni e il loro fascino, ma nessuno di essi mi ha mai incatenato la mente come Aries ci è riuscito in questi miseri due giorni. Mia madre mi ha avvertita, quindi sono pronta a sottomettere qualsiasi emozione.

Ma tutta la confusione che sta macinando nel mio subconscio, viene subito risucchiata da un gesto semplice, quasi banale, ma irresistibilmente attraente compiuto da lui. Aries afferra i lembi esterni della sua maglia di lino color sabbia e inizia a sollevarla sopra la nuca.

Il movimento, forse più rapido di quanto avessi immaginato, rivela gradualmente la sua pelle leggermente ambrata. Il disegno indelebile si svela in tutta la sua estensione; non solo avvolge il suo braccio, ma si propaga lungo un pettorale, continuando a risalire fin sopra l'inizio del collo, spaziando nella varie sfumature del grigio. Ogni linea sembra fondersi perfettamente con la sua figura, come se fosse nata con lui, naturale e ipnotico.

Indossa la cintura nera, sistemandola sopra una spalla e facendola passare di traverso sul petto. «Elle» mi chiama Aries, con la voce bassa «stai bene?» domanda, avvicinandosi di un passo.

«Sì sì, sto bene!» rispondo con un tono involontariamente più acuto del previsto. «Fa solo.. molto caldo qua dentro.» Sventolo la mano vicino al viso, sicuramente arrossato, per crearmi un po' di fresco. Ho il cuore il subbuglio, seguito da una sensazione di eccitazione, che mi disgusta. Il mio corpo insiste, pulsando dal desiderio, ma la mia mente, per una piccola parte razionale, si ripudia.

«Vuoi dell'acqua fresca?» chiede. La sua pelle brilla dal lieve velo di sudore, che spicca da sotto la luce del sole. «Sarebbe l'ideale.» Roteo sul tacco, dando le spalle e inizio a cercare negli armadietti di legno, come se fosse casa mia. Li apro uno per uno, impacciata, inspirando con il naso ed espirando con la bocca. Sto tremando così tanto, che non riesco a far presa sulle maniglie.

«Cosa stai cercando?»
«La brocca d'acqua fresca!»

Resto chinata di fronte all'ultimo mobiletto aperto, quando la sua ombra oscura la luce filtrante dalla finestra, mi pietrifica. La sua presenza dietro le spalle pesa come un macigno. Scatto in piedi, strisciando lievemente il mio sedere contro il suo corpo. L'imbarazzo mi sale alle stelle, anche se al primo contatto, Aries fa un passo indietro, per evitare il continuo sfregamento. Devo mantenere la calma, sto solo peggiorando la situazione, oltre a ridicolizzarmi con questo comportamento goffo e sbadato.

Mi ricompongo. Strofino le mani sulla gonna del vestito, sistemando le pieghe. Faccio un respiro profondo, frattanto che le parole di mia madre tornano a dominare.

«Sto cercando l'acqua fresca» ripeto con più garbo. Lui, però, non ha alcuna alterazione al mio cambiamento, alza solo un sopracciglio. «Come scusa?».
Mi sento una sciocca appena pronuncia quella domanda «L'acqua.» Intreccio le dita tra di loro per scaricare il disagio.

«L'acqua fresca la troviamo al ruscello, oltre il confine con la foresta.» Indica fuori dalla finestra, quindi seguo la traiettoria immaginaria fin quando i miei occhi si scontrano nella fitta parete di alberi. L'idea di sorseggiare dell'acqua fresca mi attanaglia la gola secca da giorni, ma l'idea di avventurarmi in un bosco da sola, seppur giorno, mi spaventa al tal punto dal non voler soddisfare il mio bisogno primario.

«Non so se è una buona idea. Aspetterò mio fratello prima di addentrarmi.» Continuo a tenere gli occhi fissi sugli innumerevoli alberi verdeggianti, che si estendono in una vastità a me ignota. Balzo lievemente, appena Aries scoppia in una risata. Non riesco ad aspettare e gli chiedo subito cosa ci trovi di divertente, tenendo le sopracciglia così aggrottate che mi pizzicano sotto la pelle.

«Pensavi davvero che ti avrei lasciata andare da sola?» La retoricità della domanda è una getta d'acqua gelida, paralizzante. Il suo sguardo mi penetra fin nell'anima, che sembra già appartenere a lui, senza che io me ne sia accorta.

Sono anche stupita da quanto il dio tiranno fuori controllo, è più galantuomo di quanto mi aspettassi. Mi rassicura che quel bosco lo conosce passo per passo, che non ci sia animale che non sappia combattere e che non ci sia acqua più limpida e fresca in tutta la collina.

«O se preferisci, vado a colmare una brocca di porcellana» si corregge, studiando la mia espressione dubbiosa nell'accettare la sua proposta silenziosa. Viaggio per qualche istante in pensieri contrastanti. Una parte di me vorrebbe scoprire cosa si cela al di là della prima cintura d'alberi di un bosco, ma dall'altra parte, sono preoccupata all'idea di addentrarmi in una foresta, insieme a lui. Devo ancora scoprire se la paura deriva dalla consapevolezza che Aries è un dio fuori controllo o se deriva dalla possibilità che la mia anima possa essere completamente catturata.

«È un gesto lodevole, Aries. Ma penso che una passeggiata sia meglio di stare seduta in casa.» Sorrido dolcemente. Recupero la mantella sulla piegata sulla panchina e poi usciamo entrambi. Mi affaccio verso la valle, per accertarmi che Frisso non sia di ritorno. Non voglio che mi veda passeggiare con lui, anche se potrei giustificarmi il voler estrarre delle informazioni. Però quali informazioni?

«Elle» sussulto alla pronuncia del mio nome «sei sovrappensiero?»
«Sì» rispondo involontariamente, ma me ne pento subito. La domanda si pone autonomamente.

«A cosa pensi?» la sua voce bassa, mi culla, trasmettendomi strana sensazione di sicurezza, che non ho mai provato, né con mia madre, né con mio fratello. «Non sono mai andata in un bosco» invento nell'immediato.

Si ferma d'improvviso. «Sei sicura che vuoi addentrarti?» Annuisco, tenendo lo sguardo puntato tra gli innumerevoli tronchi degli alberi. La mano calda di Aries si posa su una mia spalla, che guardo istintivamente. Scorro lungo le vene rosate del braccio teso, fino ad incrociare i suoi occhi osservatori, in attesa di una risposta. L'aria è più calda oggi, me ne accorgo dal bruciore sul mio viso, ma spero che la pelle non si arrossisca.

Poggia anche l'altra mano sulla mia spalla opposta, un gesto che mi trasmette una pace interiore inaspettata. Si piega sulle ginocchia fino a portare i nostri sguardi alla stessa altezza. «Elle, se vuoi andare via, non esitare a dirmelo, d'accordo?» Annuisco di nuovo, senza riuscire a dire nulla; le parole sembrano intrappolate nella gola. Il suo tono di voce, profondo e rassicurante, altera ogni mio stato d'animo, confondendo i miei pensieri e creando nel mio cervello un caos senza senso. Ma lui non si accorge di niente, o almeno, questo è quello che penso ed è anche quello che spero. Riprendiamo a camminare, Aries tiene la schiena dritta e le spalle larghe, l'espressione grave e fissa sul punto di accesso per il bosco.

Il silenzio tra noi è in netto contrasto con ciò che sta urlando all'interno del mio corpo. Non mi hanno mai permesso di lasciare il castello, senza la vigilanza di una guardia del corpo o di mio fratello, come in questo caso. Oggi è la prima volta che mi lascia in compagnia di qualcuno, per di più con un uomo e senza fare obiezioni.

«Quanti anni hai, Elle?» Aries spezza il fruscio delle foglie, creato dal vento.
«Ne ho compiuti venti qualche mese fa. Tu?» Prima che mi risponda, tiro uno sguardo al suo viso. Secondo me ha poco più di venticinque anni, anche se è impossibile, sapendo che sono due decenni che lui è in esilio. Dunque, se le sue battaglie sono cominciate alla indicativa età dei diciotto anni lui dovrebbe avere... quarant'anni! No, è impossibile, non ha nemmeno una ruga. Controllo meglio il suo volto, cercando disperata un segno che confermi l'età presunta.

«Cosa c'è» mi sorride.
«Quanti anni hai?»
«Te l'ho appena detto. Noi Dèi non abbiamo età.»

Rimango sorpresa da quella risposta. Che significa che non hanno età? Non possono essere nati con questi corpi, no? Le domande si affollano nella mia mente, vorticando senza sosta. Eppure, prima che riesca a sceglierne una abbastanza interessante da porre, ci troviamo già davanti all'entrata del bosco.

Non faccio in tempo a compiere il passo, che Aries mi blocca. «Entro prima io» e subito esegue quello che ha appena detto. Lo guardo mentre scruta lentamente ogni centimetro di quel bosco e poi mi fa cenno di entrare. Oltrepasso la piccola striscia di erba incurata, poco più alta rispetto al resto del distesa, come se delimitasse un confine. Questa sciocchezza fa pulsare il mio cuore all'istante. Appena immersa negli alberi, l'atmosfera si oscura. Le chiome degli alberi si intrecciano fra loro, ostruendo il passaggio dei raggi solari. L'aria non è più calda e leggera, ma umida e densa. La mantella, che sotto il sole mi faceva sudare, ora avvolge il mio corpo in un calore piacevole, scaldandolo ad una temperatura tiepida.

Aries, invece, se ne sta davanti a me, ancora a torso nudo, con indosso solo la cintura nera. La sua pelle si asciuga dal leggero velo di sudore. Le ombre su di lui, si oscurano di più sotto questo scenario, marcando maggiormente i suoi rigidi muscoli dorsali. Non appena si volta verso me, distolgo lo sguardo, fingendo di essere interessata al paesaggio circostante, piuttosto che a lui.

«Via libera.» Annuisco, scuotendo la testa su e giù un paio di volte, quasi per convincermi che tutto andrà bene. Ho il cuore sta pulsando dalla paura; rumori indistinti provenienti dalla foresta mi gelano il sangue, suoni che sembrano sussurri di qualcosa di sconosciuto, mi inquietano. Faccio una piccola corsetta per raggiungere Aries, lontano di qualche passo, ma un verso stridente, di un animale o forse di qualcos'altro, squarcia il silenzio, perforandomi le orecchie. È un suono che paralizza i miei pensieri.

Senza nemmeno rendermene conto, scatto verso l'unica persona che potrebbe proteggermi. Mi aggrappo al suo braccio, le dita che si serrano come artigli, tremando di paura. «Elle?». La sua voce, bassa e carica di preoccupazione, mi richiama alla realtà. In quel momento, la vergogna mi travolge, un'ondata che sale alle stelle appena razionalizzo la mia azione. Mi scosto bruscamente, evitando il suo sguardo, cercando di soffocare la sensazione di vulnerabilità che mi ha sopraffatta.

«Scusa, scusa, scusa.» 

Ripeto più volte con gli occhi bassi «ho sentito un rumore e mi sono spaventata. Scusa è stato involontario.» Mi guarda tenero, come un padre fa con la propria figlia, con un leggero sorriso. Non dice niente e riprende a camminare sul sentiero tracciato dall'usura dei passi. Resto in silenzio a fianco a lui, indietro di mezzo passo. Le narici impregnate dell'odore di corteccia e della resina, si mescola inevitabilmente con quello di Aries. Lui odora di ambra grigia, pepe nero e una sottile essenza di patchouli. Sulle mani è rimasto impresso il suo calore, impossibile da ignorare.

«Siamo arrivati.» Ancora una volta, le sue parole sono il rintocco di una sveglia che mi strappa dai miei pensieri. Non faccio in tempo a pronunciare anche solo un monosillabo, che il panorama di fronte a noi prende il sopravvento, reclamando ogni frammento della mia attenzione, lasciandomi senza fiato.

Davanti a noi, si stende una distesa verde, un manto erboso morbido e rigoglioso, incorniciato dalla maestosa presenza degli alberi della foresta. La luce del sole filtra attraverso le fronde, facendo scintillare il piccolo lago sotto i raggi solari; il suo colore azzurro è così limpido e cristallino da sembrare trasparente. Ogni dettaglio della vegetazione, dalle tenui sfumature verde chiaro ai fili d'erba intrisi di rugiada, brilla con una vivida intensità, quasi come se fosse ricoperto di diamanti L'aria è fresca, pura, e il leggero cinguettii degli uccellini accompagna il lieve mormorio del vento tra le foglie.

«È stupendo» è l'unica cosa che riesco a dire di fronte ad una simile meraviglia della natura. Passo oltre la sterpaglia, simile a quella che avevo notato all'ingresso del bosco, e avanzo verso lo specchio d'acqua, mentre Aries mi segue in silenzio. Sollevo l'abito, pinzandolo con la mano, e mi chino sulle ginocchia accanto alla sponda. Immergo la mano nell'acqua limpida; intanto che la superficie si increspa delicatamente, la sua freschezza crea una scia di brividi lungo il mio braccio. Un lieve mormorio cattura la mia attenzione. Potrebbe essere il ruscello di cui mi ha promesso acqua fresca e pura.

«Dov'è il ruscello?» domando, seguendo il suono dello scroscio.
«È lì, dietro quelle rocce» mi indica un punto più avanti. «Vieni.» mi porge una mano, per alzarmi. La sua forza divina mi solleva senza alcuna fatica. Le nostre mani restano intrecciate per un momento più lungo, ma appena il suo calore si dissolve, anima e corpo si lamentano.

Non mi spiego perché Aries mi ipnotizzi in questo modo. Ogni suo gesto, ogni sua parola è veleno per la mia anima. Un veleno impercettibile, sottile, che si sta insinuando lentamente, ma a cui non riesco a sottrarmi. 

O forse... a cui non voglio sottrarmi.

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HI BITCHIES

Come stai oggi? Se anche sta volta hai concluso il capitolo che ho scritto... GRAZIE!! Davvero trovi così tanto interessanti le mie parole? 🥹

Domanda casuale: secondo voi cosa è successo nella vita passata di Elle? Ma soprattutto, se Frisso li becca... cosa dirà a riguardo? 

Cosa potrebbe farti innamorare di un Ariete, secondo te? E carƏ Ariete, cos'è che ti fa innamorare?

Vi lascio illustrate le vostre VIBES

Vi rispecchiate?

◝(⑅•ᴗ•⑅)◜..°✿

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