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XX. I rimpianti di Smokey

«Kaluaduipa, eh? Cos'è, un mostro?»

«In un certo senso. Kaluaduipa letteralmente vuol dire "isola nera"; si trova a poche miglia di distanza da Calcutta, ma nessuna barca vi si ferma mai. Nel fitto della boscaglia, in un sito noto solo ai fedeli, sorge l'unico tempio di Kalì risparmiato dal Crollo. Quanto sapete delle divinità indù?»

«Non molto, lo ammetto»

«Secondo gli scritti brahminici Kalì è la forma più oscura che Devi, la grande Dea indù, può assumere: essa rappresenta la forza distruttrice dell'universo, le pulsioni più violente e arcane delle creature viventi. In questo senso è parte di un tutto e venerata insieme al suo sposo, Shiva. Alcune sette che deviano dalla versione ortodossa del culto, però, la considerano la dea suprema a cui sacrificare esseri umani.»

Le ali di Ventadour, munite di lunghe piume d'acciaio simili a quelle di Messalina, fremettero mentre l'uomo si voltava verso di lei in modo da guardarla più facilmente in faccia:
«E voi come fate a sapere tutte queste cose?»

«All'epoca fu affidato a me l'incarico di indagare sulle sparizioni; fu così che venni a sapere, tramite confessioni estorte a forza da genitori terrorizzati, di Kaluaduipa e delle leggende che circolavano su di essa. Dato che i bambini sembravano sparire nel nulla, la miglior pista da seguire era quella religiosa e per mesi studiai i Brāhmaņa alla ricerca di informazioni su Kalì e sui suoi seguaci, i thogi... Sono diffusi anche nelle vostre colonie, se non sbaglio.»

«Sì, certo, i temibili strangolatori delle jungle. Credevo che fossero solo selvaggi rivoltosi che si oppongono al dominio straniero delle Indie»

«Nella maggior parte dei casi è così. Come vi dicevo prima, però, su Kaluaduipa il culto di Kalì è particolarmente radicato perché il tempio rimase in piedi durante il Crollo e questo ha rafforzato la loro fede. Credono che, se sacrificheranno alla dea abbastanza fanciulli, lei risponderà alle loro preghiere, scacciando gli invasori e donando ai suoi fedeli l'immortalità. E ora è ricominciato: una mia vecchia amica mi ha mandato a chiamare perché qualcuno ha ripreso a rapire bambini!»

A quella notizia il viso di Ventadour si fece, se possibile, ancora più fosco e adirato:
«Miserabili cani!» ringhiò, serrando d'istinto le dita attorno al calcio della pistola che portava alla cintura. Le piume delle ali si arruffarono con uno scatto secco, rendendolo simile a un gatto in procinto di attaccare.
«C'è però una cosa non capisco: se già sapevate queste cose, perché siete ancora qui? Perché la Brigata Alata non ha preso d'assalto l'isola e stanato quegli sciagurati?»

«Perché nessuno sa con esattezza come arrivarci. Attorno ad essa ci sono correnti molto forti che portano le navi a schiantarsi contro gli scogli sommersi che la circondano e venti altrettanto potenti che rendono pericoloso arrivarci in volo. E se pure qualcuno riuscisse a guadagnare la riva, dovrebbe vedersela con la jungla che ricopre tutta l'isola e con i suoi temibili abitanti... Umani e non.»

«Ma pure bisognerà tentare! Altrimenti i rapimenti non si fermeranno mai!»

«Ed è quello che facemmo, infatti» replicò Smokey, con aria grave e voce incerta, serrando forte le mani in grembo per impedire al francese di notare il tremore che le pervadeva. «Tentammo. E fallimmo. Un'intera squadra di soldati pronti a tutto... I miei compagni, i miei fratelli... Morti, tutti morti! Solo io tornai indietro e raccontai la verità di ciò che accadde a Kaluaduipa, ma nessuno volle ascoltarmi...»

Incapace di rimanere ferma più a lungo, la donna balzò in piedi e iniziò a camminare nervosamente lungo la battigia, mentre le onde dell'Oceano le bagnavano i piedi e i calzoni.

«Perché?» domandò Ventadour, seguendola e afferrandola per un braccio, costringendola a guardarlo negli occhi. «È per questo che ve ne siete andata, non è vero?»

Smokey annuì e imprecò quando avvertì le prime lacrime scivolare oltre il bordo dell'occhio sano:
«La situazione precipitò quando fu rapita la figlia di un alto funzionario locale che aveva grandi interessi nella Compagnia delle Indie. All'improvviso la mia indagine aveva la priorità su tutto e doveva essere conclusa al più presto. Non c'era più tempo per organizzare un piano, perciò trovai una guida disposta a rischiare la vita per un compenso adeguato e guidai gli uomini nella missione sull'isola: grazie alle conoscenze dell'indiano potemmo volare fin là – ma non trovammo solo indigeni ad aspettarci.
Mentre procedevamo nella jungla, dove le nostre ali erano inservibili, fummo attaccati da uomini bianchi votati a Kalì, al pari dei thogi. Io e pochi altri fummo catturati, invece che uccisi sul posto, e portati all'interno del tempio: lì, con il viso dipinto alla maniera di un sacerdote indiano e pronto a sacrificarci, c'era James Harvey, governatore del Bengala

La spiaggia e l'Oceano erano scomparsi: davanti a lei c'erano nuovamente le pareti del tempio macchiate di sangue e il ghigno folle di Harvey.

«Io... Io lo credevo mio amico» mormorò. «Quando la ragazzina venne rapita, fu lui a premere affinché non affidassero il caso a un altro ufficiale, lui che mi mise a disposizione il suo patrimonio per reclutare la guida... E quando, stordita dalle botte ricevute e dalla droga che mi avevano fatto ingerire, lo vidi in piedi dietro a quell'altare, non volli credere ai miei sensi. Uno a uno, i miei compagni furono trascinati sotto la statua della dea e Harvey in persona li fece a pezzi, strappando loro il cuore e buttandolo nelle fiamme che bruciavano sotto l'altare. Mi fece guardare mentre li mutilava, mentre loro gridavano il mio nome, mentre...»

Non sapeva quando fosse successo, ma a un tratto durante il suo monologo delirante Ventadour l'aveva presa tra le braccia e ora la teneva stretta; aveva anche intrecciato le loro ali per impedirle di farsi male con le lame, visto che Smokey non riusciva a smettere di tremare e le protesi si agitavano a scatti. La donna avvertì sotto le dita la consistenza ruvida della sua giacca da capitano e sospirò: a poco a poco, mentre il francese le sussurrava parole rassicuranti all'orecchio, l'eco delle urla dei suoi commilitoni svanì e lei si ricompose, liberandosi da quell'abbraccio.
Stropicciando con gesti bruschi l'orbita vuota sotto la benda, che aveva preso a pizzicarle, e badando a mettere qualche passo di distanza tra lei e l'uomo, riprese il suo racconto.

«Harvey era pazzo. Aveva preso sul serio la follia di Kalì e credeva di essere il suo prescelto o qualcosa di simile. Era un uomo così gentile, quieto, pacifico! Aveva agito come mediatore in numerose dispute di una certa rilevanza, qui a Calcutta. Nessuno avrebbe mai immaginato... Comunque sia, era ovvio che intendesse fare di me l'ultima vittima. Dopo aver massacrato così crudelmente gli uomini, i thogi portarono dentro la stanza la ragazzina rapita e la legarono all'altare: non piangeva, non gridava, stava immota e pallida come un agnellino il giorno di Pasqua! Dovevano averle dato la stessa bevanda che mi fecero inghiottire a forza perché sembrava del tutto ignara di ciò che accadeva attorno a lei e questo è il mio unico conforto: non penso abbia provato dolore, quando il coltello di Harvey le squarciò la gola.»

Nel rammentare quella scena – il collo della bambina torto in maniera innaturale, gli occhi opachi e privi di vita, lo scricchiolio della gabbia toracica che si rompeva mentre Harvey tentava di afferrarle il cuore – sentì un fiotto di bile misto a furia serrarle la gola.

«Come riusciste a fuggire?» domandò Ventadour.

«Il maggiore O'Brien, il mio superiore, venne a prenderci: non so quanto tempo fosse passato dalla nostra partenza, ma evidentemente fu abbastanza da farlo preoccupare per la sorte dei suoi uomini... Grand'uomo, il maggiore O'Brien, severo ma giusto: non lasciava mai indietro nessuno. I thogi lo sentirono arrivare e fuggirono tutti, compreso Harvey; nel tempio rimasi solo io, in compagnia di un mucchio di cadaveri.
Quando fui in grado di raccontare ciò che era avvenuto, però, nessuno mi credette: i più magnanimi dissero che ero ancora sconvolta dalla strage, ma la maggior parte ritenne che cercassi di salvare il mio onore e il mio grado inventando una storia inverosimile. Harvey, maledetto bastardo, si finse il più preoccupato di tutti per la mia sanità mentale. Alla fine mi fu proposto di rimanere nella Brigata, con una retrocessione e una reprimenda, ma senza ripercussioni legali; considerato il fatto che il padre della bambina voleva la mia testa su un piatto d'argento, fu l'offerta migliore che potessero farmi.»

«Ma voi non accettaste...»

Smokey sbuffò, scuotendo la testa come per scacciare una mosca fastidiosa:
«Mi sentivo amareggiata, umiliata e sì, anche sconvolta... Ma più di tutto ero furiosa. Non ero riuscita a trascinare Harvey davanti a un tribunale e a farlo processare e quei vecchi palloni gonfiati dell'alto comando della Brigata pensavano di sistemarmi così? Ponendo fine alla mia carriera e continuando a tenermi al guinzaglio? No, grazie. Diedi le dimissioni quel giorno stesso.
La sera, mentre ero in cerca di un passaggio per andarmene da Calcutta, incontrai Lyon. Le nostre strade si erano già incrociate un paio di volte in precedenza, quando ancora non era noto come Blackraven; mi pagò da bere, ascoltò la mia storia e infine mi offrii di lavorare per lui. Il resto, come si dice, è storia!»

Un sorriso spontaneo le affiorò sul viso al pensiero di Lyon, l'unico che le avesse teso davvero una mano nel momento del bisogno. Nonostante professasse di amarla, anche Paulina aveva esitato a difenderla quando aveva capito che la sua carriera poteva uscirne compromessa. E Smokey non era mai riuscita a perdonarglielo.

Ventadour la stava osservando con un nuovo rispetto nello sguardo:
«Voi siete consapevole del fatto che non vi libererete facilmente di me, vero?» ridacchiò, anche se la sua espressione era mortalmente seria. «Almeno finché non incastreremo Harvey e lo porteremo davanti alla giustizia!»

«Arrivate tardi: Harvey è stato assassinato tre anni fa. Credetemi, quando ho scoperto cosa stava succedendo a Calcutta anch'io ho pensato che ci fosse lui dietro tutto questo, ma non può essere così. Ho visitato la sua tomba proprio stamattina!»

«Eppure i due uomini che vi hanno attaccato erano di razza bianca!»

«Dite davvero?» esclamò la donna, sorpresa. «È successo tutto così in fretta, non vi avevo fatto caso... Ma ora che ci penso, sì, certo, come ho fatto a non rendermene conto prima?»
Era così eccitata che sbatté velocemente le ali, quasi alzandosi in volo.
«Forse, dopotutto, non è morto. Magari ha solo inscenato la sua morte e si è ritirato a Kaluaduipa, progettando un ritorno in grande stile...»

Ventadour si strinse nelle spalle con bonaria esasperazione; Smokey non aveva bisogno di guardarlo in faccia per sapere che l'uomo non era convinto delle sue parole.

«Di certo non potete credere che il vostro defunto amico avesse l'esclusiva su ogni genere di nefandezze: di pazzi e assassini è pieno il mondo! Troveremo chi ha deciso di commettere i suoi stessi crimini, ve lo prometto, ma lo faremo insieme!»

Lei lo guardò con aria scettica:
«E il vostro ambasciatore?»

«Oh, potrà benissimo fare a meno di me, credetemi!»

«Io non ho bisogno di voi o del vostro aiuto, Ventadour»

«No, certo che no» replicò lui, sorridendo. «Ma lo avrete lo stesso, che vi piaccia o meno!»

Mi dispiace che la seconda parte dei ricordi di Smokey si sia fatta attendere così a lungo, spero solo che ne sia valsa la pena! 😝

Da questo punto in poi, non so perché, la storia prende una piega molto più dark 🤔 boh, questi capitoli mi sono usciti così e ovviamente i personaggi fanno sempre un po' quello che si pare 😂😂😂

Enjoy ❤️

  Crilu

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