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XLII. Una differenza di opinioni

La sala che il flamine aveva messo loro a disposizione per la votazione era troppo grande per un numero così ristretto di persone; e tuttavia c'era un tale nervosismo nell'aria, che Mess era contenta che non fossero stipati sugli stretti spazi dell'aeronave.
Si trattava di un ampio salone dal soffitto a cupola, costruito proprio sotto una delle torri che raffinavano il calore dei geyser sotterranei per poi inviarlo all'alternatore; il rumore era costante e fastidioso, seppure attutito dalle pareti di pietra decorate da affreschi semplici, probabilmente opera di qualche fedele. Rappresentavano scene campestri e varie raffigurazioni di Flora – o Cerere, la ragazza non avrebbe saputo distinguerle.
La tensione tra Smokey e Lyon era palpabile: i due erano seduti alle opposte estremità del tavolo ovale che campeggiava nel salone ed evitavano anche solo di guardarsi. Smokey, in particolar modo, sembrava essere rimasta profondamente offesa dalla discussione di qualche ora prima e tamburellava con impazienza le dita sulla levigata superficie in noce del tavolo, l'occhio buono stretto in un'espressione di sfida.
Il fatto che Ventadour avesse insistito perché alla votazione si aggiungesse Jean-Marie Picard, il suo secondo in comando, non aveva aiutato a distendere gli animi. I due francesi stavano confabulando tra di loro a bassa voce e Mess si chiese, con una punta di preoccupazione, cosa esattamente Ventadour avesse rivelato di quel luogo:
"Ha giurato che nulla di tutto ciò arriverà mai alle orecchie dell'Imperatore e Smokey garantisce per lui, ma possiamo davvero fidarci? E se riuscissimo a liberarci di Raymard solo per lasciar cadere Baltia nelle mani dell'esercito francese?"

A gravare ancor di più sull'umore del consiglio era l'assenza di Old Tom che, come Lyon aveva dichiarato senza mezzi termini, non faceva più parte dell'equipaggio dell'Argon e perciò non aveva diritto a votare. L'unico che pareva non far caso alla cupa atmosfera era Sin, troppo emozionato dall'essere per la prima volta interpellato su qualcosa. Blackraven avrebbe voluto estromettere anche lui dalla votazione, ritenendolo troppo giovane per una questione di quella portata, ma Mess aveva protestato:
«Se non è troppo giovane per rischiare la vita per te, non lo è neanche per sedersi a questo tavolo.» 
Lui aveva infine capitolato, ma la ragazza era rimasta turbata dallo sguardo duro che le aveva rivolto, come se negandogli il proprio appoggio gli avesse arrecato un'offesa imperdonabile.
Tra lo sconcerto generale, il reverendo Lloyd si era rifiutato di votare: forse perché gli interessava poco di vivere o morire, forse perché era ancora perseguitato dal ricordo dei suoi giorni come giudice onnipotente o forse – più probabilmente – era talmente disgustato da quei pagani da non voler neanche mettere piede a Baltia.

«Beh, che altro stiamo aspettando? Che Raymard e i suoi degni compari vengano a bussare alla porta?» sbraitò mastro Bell, incapace di sopportare ancora a lungo l'imbarazzante silenzio. 

«Hai ragione. Forza, sedetevi e facciamola finita con questa storia» mormorò Lyon.

Mess obbedì, sfregando i palmi sudati sulla lana morbida dei pantaloni.
"Non sono pronta."
Era notte inoltrata, ormai, e il suo corpo risentiva della lunga giornata tra le rovine di Kiev e delle scoperte che si erano susseguite. La sua mente ancora si smarriva nel tentativo di conciliare tutto ciò che aveva sempre creduto di sapere sul Crollo con le parole del flamine floreale:
"Come posso dare un giudizio su qualcosa che non riesco ancora a comprendere, tanto meno ad accettare?"
Per l'ennesima volta in quelle ultime ore, si lasciò scorrere tra le dita le piume metalliche delle sue ali.
"Se il Crollo non fosse mai avvenuto, non avrei mai provato la gioia di volare. Cloud Eden non esisterebbe. La mia intera vita non esisterebbe. Chi sarebbe stata l'altra Messalina? Una ragazza diversa, certamente, forse anche... Migliore di quel che sono io oggi?"

Intenta a baloccarsi su quelle domande, quasi non udì Bart e Joey dichiarare la loro intenzione di restare e combattere.

«Anche la Victoire e i suoi trentotto cannoni restano» disse Ventadour dopo essersi scambiato un ultimo cenno d'assenso con Picard.

«Liberi di farvi ammazzare come più vi pare e piace, mezzeseghe» ringhiò mastro Bell. «Ma due navi contro una flotta di quanti – dieci, quindici vascelli? L'Argon c'è già passata e sappiamo come è andata a finire. È un suicidio!»

Lyon arricciò le labbra in un sorriso.
«È anche la mia opinione. È una battaglia che non possiamo vincere e che io personalmente non voglio combattere... Signori, è del Crollo che stiamo parlando! Una calamità di tali proporzioni è stata pianificata ed eseguita dagli stessi uomini che ora dovremmo proteggere!»

«È accaduto quasi un secolo fa, Lyon» lo interruppe Smokey. «È vero, i Floriani hanno quasi sterminato la razza umana. Ma sai che c'è? Siamo sopravvissuti, alla fine. Siamo vivi, qui e ora, ad affrontare un pericolo vicino, reale! E se Raymard ottiene quella macchina, il Crollo diventerà solo un disastro tra tanti!»

«Prendo nota della tua volontà di restare» la rimbeccò Blackraven, senza degnarla di un'occhiata. «Wes?»

Lo scozzese non ebbe neanche un istante di esitazione:
«Sono con voi, capitano.»

«Bene, dunque siamo a cinque voti per rimanere e tre per andarcene. Trix?»

La macchinista si morse il labbro inferiore più volte, i grandi occhi scuri sgranati e ansiosi: seduta a gambe incrociate su una sedia in bilico sulle gambe posteriori, era il ritratto dell'indecisione.
«Oh, al diavolo!» sbottò infine. «Se dipendesse solo da me, me ne andrei. Ma in realtà io faccio funzionare le macchine, è quello il mio lavoro: perciò alla fine andrò dove va l'Argon. Se l'aeronave rimane qui a Baltia, combatterò.»

«Va bene, nessuno ti chiederà qualcosa di più. Messalina, tu che dici?»

Mess sussultò e il bordo affilato di una delle piume le tracciò una sottile linea rossa sui polpastrelli. Ritirò in fretta le ali dietro la schiena, osservando la goccia di sangue formarsi e cadere sul tavolo di noce, quasi sperando di trovare in quel tenue dolore la cosa giusta da dire.
"L'onore e la morale mi spingono ad andarmene, il timore di Raymard e di quel che potrebbe fare mi impongono di restare. A chi devo prestare ascolto?"
I suoi pensieri volarono, chissà perché, al consiglio che Sylvia Bouyer le aveva dato in quella che sembrava un'altra vita.
"Onore è una parola troppo abusata."
Il sangue aveva iniziato a rapprendersi sul tavolo, lasciando un alone scuro sul legno. Le vennero in mente la dubbia moralità di suo padre, la battaglia navale sull'Egeo e le farneticazioni di James York.
"Non si credevano forse uomini onorevoli?"

Ripensò all'urlo disarticolato di Lyon mentre l'albero dell'Argon si spezzava e al disgusto che l'aveva pervasa quando Raymard le aveva messo le mani addosso.
"Se me ne andassi, potrei vivere nell'incertezza di un mondo schiavo di Raymard? Potrei sacrificare tutto il dolore, la paura, gli stenti sofferti nelle ultime settimane, solo per rendere onore e giustizia a persone morte molto prima che io nascessi?"
Con un gesto secco della mano lavò via la macchia di sangue.
"La risposta è no."
«Voto per restare.»
Incrociò le iridi verdi e incredule di Lyon dall'altra parte del tavolo e la gola le si strinse in una morsa soffocante.
"Se c'è qualcosa, anche piccola, anche insignificante, che posso fare per fermare tutto questo, allora al diavolo l'onore e la morale!"
Avrebbe voluto pronunciare quelle parole, fargli capire, spiegargli perché questa volta non poteva stare dalla sua parte; ma lui era già passato oltre.

«Tocca a te, Sin. Cosa decidi?»

Il ragazzino sbatté più volte le palpebre, perplesso:
«La maggioranza è decisa a rimanere. Mi sembra che qualsiasi cosa io dica non potrà fare la differenza!»

«Abituatici» biascicò mastro Bell. «Imparerai presto che questa è una sensazione ricorrente nella vita adulta!»

«La tua opinione è comunque importante e non abbandoneremo questa sala prima di averla udita. Su, non aver timore» lo incoraggiò Lyon.

Sin fece saettare gli occhi su Mess; fu solo un istante, eppure la ragazza comprese e sentì un moto d'affetto per il giovane mozzo scaldarle il petto.
«Se Mess rimane, allora rimango anch'io» spiegò Sin. «Le devo la vita.»

Lyon non lasciò trasparire alcuna emozione:
«Molto bene, allora è deciso. Vado a comunicare al flamine la nostra intenzione di rimanere.»

Si alzò con movimenti rigidi, quasi meccanici, e abbandonò la stanza come se questa stesse andando a fuoco.
A quella vista qualcosa si ruppe nell'animo di Mess; qualcosa che a sua insaputa aveva tenuto a bada lo smarrimento e il timore che si erano insinuati sotto la sua pelle insieme al vapore dei geyser di Baltia.
Prima che potesse versare una lacrima aveva scavalcato il tavolo con un battito d'ali ed era scivolata in picchiata attraverso la porta del salone un attimo prima che si chiudesse alle spalle di Blackraven.
«Lyon!» esclamò, tornando in posizione eretta ma rimanendo sospesa a mezz'aria grazie al costante movimento delle protesi.
L'eco della sua voce rimbalzò contro il soffitto a botte del corridoio e s'infranse contro le spalle tese dell'uomo, che non accennò a fermarsi.

«Lyon! Aspetta!» lo chiamò ancora, sbuffando quando capì che la stava ignorando con la testardaggine di un mulo.
Roteò di nuovo su sé stessa, si avvolse le ali attorno al corpo e sfrecciò come una freccia sibilante lungo la galleria che conduceva al cortile interno del palazzo.
Sbatté l'estremità di un'ala contro una finestrella aperta, frantumandola, ma quasi non si rese conto del dolore mentre atterrava con una capriola di fronte a Lyon, soffiandosi via dal viso i riccioli che erano sfuggiti alla crocchia severa con cui li aveva raccolti alla base della nuca.
«Devi ascoltarmi!»

La mascella di Blackraven si contrasse fino a far scricchiolare i denti.
«Cos'è, un ammutinamento?» sbottò, i denti scoperti in una risata senza allegria. «Anche tu ti metti a darmi ordini, adesso?»

«Va bene, sei arrabbiato» sussurrò Mess, in un tono che sperava suonasse conciliante e pacato alle sue orecchie. In realtà l'agitazione e la stanchezza stavano avendo la meglio su di lei, tanto che le sue spalle presero a tremare. «Sei arrabbiato perché Old Tom ti ha tradito e lì dentro non hai ottenuto ciò che speravi. Lo capisco, davvero.»

«No, no, no che non capisci!» urlò Lyon, strappandole un verso di sorpresa. Nelle iridi verdi colme di sofferenza, la ragazza riconobbe l'ombra dell'uomo che si era scontrato con Sylvia Bouyer a bordo dell'Argon – così avvinto da un complesso intreccio di sentimenti da non riuscire neanche a dar loro voce in maniera coerente.
«Il tradimento fa male» ringhiò dopo un po', distogliendo lo sguardo. «Non importa quanti ne subisci, ogni volta è come la prima. Ma a questo ci sono abituato, posso sopportarlo.
È l'idea di proteggere i Floriani che mi fa rivoltare le viscere e mi provoca la nausea! E poi tu dici di capirmi, ma come accidenti puoi capire ciò che si prova ad aiutare gli artefici della propria miseria? Sai chi ha pagato il prezzo più alto, a causa delle loro folli scelte? Io. Io, il corsaro senza le ali! Possibile che non ci arrivi? Senza il Crollo, nessuno porterebbe le protesi. Senza il Crollo, io non avrei dovuto convivere con il ricordo dell'ascia che mi ha portato via un pezzo del corpo!»

«Se è questo che pensi, allora Smokey ha ragione e la rabbia ti ha davvero sconvolto il cervello» replicò Mess, freddamente. «Perché il Lyon che conosco io sarebbe inorridito davanti alla possibilità che milioni di innocenti siano morti. Sarebbe stato lacerato dalla stessa domanda con cui io mi sono dovuta confrontare poco fa — se salvare il mondo aiutando una setta di fanatici o restare fedele ai miei principi e condannarlo. Ma di certo quel Lyon non avrebbe attribuito la sua condizione presente a una cosa accaduta quasi cento anni fa!»

«Facile parlare, per te: guardati, Messalina, guarda le tue belle ali! Guarda come sono forti e come ti sostengono in volo! Riesci a immaginare cosa significhi rimanere confinato al suolo dopo aver assaggiato il cielo?»

«Sì, ci riesco. Stavo per diventare una senza-ali anch'io...»

«Non è la stessa cosa!»

«Vero, ma il punto è che perdere le ali sarebbe stato orribile, spaventoso, una prospettiva che ancora oggi mi fa tremare i polsi. Non riesco a immaginare un modo più crudele per mutilare un uccellino. Se mi avessero tagliato le ali avrei dovuto adattarmi a camminare invece di volare e a convivere con il dolore fisico e i ricordi – e non so cosa mi avrebbe fatto più male, tra i due. Non so cosa fa più male a te, ma il solo pensiero è straziante. Non poterti aiutare mi riempie di amarezza e frustrazione!»
Con un gesto stizzito, Mess tirò via le lacrime che le offuscavano la vista.
«Non ho provato ciò che hai dovuto subire tu, ma ci sono andata abbastanza vicino da sapere che ci vuole una grande forza di volontà e molto coraggio per sopravvivere.»
Mess deglutì a fondo, cercando di trasmettergli con lo sguardo ciò che non riusciva a dirgli a parole:
"Dovresti sapere quanto ti ammiro per questo. Più di quanto abbia mai ammirato un uomo in vita mia."
«Tuttavia... So anche che perdere le ali non mi avrebbe sottratto la mia identità, così come non hanno portato via la tua. Se il Crollo non fosse avvenuto non sarebbe cambiato nulla!»

«Non è vero!»

«Sì, invece: tu saresti ancora il bastardo del Re!» strillò lei, resa impietosa dall'esasperazione. «Saresti ancora un corsaro. Saresti ancora un uomo che fa cose sbagliate per le motivazioni giuste.
Tu sei ancora Blackraven, anche senza le tue ali di ossidiana, e se ti rifiuti di accettarlo la colpa non è dei Floriani, è la tua! Non sono le nostre perdite a definirci, ma ciò che decidiamo di farne. Tu hai deciso di rincorrere il tuo vecchio destino e di non guardare mai indietro, forse per il gusto per il pericolo o forse per sfuggire a ciò che ancora ti arreca dolore: va bene, è una tua scelta, ma non puoi pretendere che sia l'unica possibile! E soprattutto, non puoi incolpare gli altri del dolore e del risentimento a cui ti aggrapparti così ostinatamente!»

Mess fece una pausa per riprendere fiato e schiarirsi la mente.
"Buon Dio, perché stiamo litigando in questa maniera feroce? Perché non si rende conto di non essere lucido né tantomeno in grado di valutare la situazione con l'obiettività necessaria?"
«Ciò che hanno fatto i Floriani è sbagliato, un orrore emerso da una fede contorta, ma ormai nessuno può tornare indietro. Io non posso cancellare il Crollo né ridarti le tue ali. Però posso difendere l'alternatore e lo farò con tutte le mie misere forze: non perché li approvi, o li difenda, o li ammiri, ma perché tra i due Raymard è il pericolo più grande.»

«Come fai a saperlo con certezza?»

«Chiunque sia sinceramente pentito da un errore commesso in passato ha la mia simpatia – specialmente se sull'altro piatto della bilancia c'è un uomo che invece non vede l'ora di commettere lo stesso, terribile sbaglio.»

Le labbra di Lyon – le stesse che lei aveva baciato e che le avevano sorriso con tenerezza e indulgenza – si aprirono in un ghigno sprezzante.
«Parli per esperienza personale?»

«Lyon...»

«Ah, giusto, quale esperienza? Quali grandi avversità ha dovuto sopportare con coraggio la nostra eroina di nobili natali, la figlia coccolata di un uomo indulgente? Tu non sbagli mai, vero, Messalina? Tu non devi mai fare i conti con i tuoi errori, a differenza di quanto pretendi dagli altri.
Per Dio, la cosa peggiore che ti sia mai capitata è essere stata promessa in sposa a Raymard e il fidanzamento non è durato neanche una notte perché sei scappata

«Come osi rinfacciarmi la mia fuga?» sputò Mess. Tenne a stento a freno l'istinto di puntargli contro le lame acuminate delle sue piume.
«Tu non fai altro che scappare da tutto ciò che non corrisponde all'idea balzana che hai del mondo! In cui tutti sono buoni o cattivi! Ti rendi conto dell'assurdità di questa situazione?»

«Tu e Smokey l'avete resa assurda, insistendo con il vostro progetto per farvi ammazzare. Io me ne sarei andato ore fa!»

«Io non sono tua nemica e, nonostante si accompagni a quel francese, sono sicura che anche Smokey si farebbe ammazzare prima di procurarti qualche guaio. Faresti bene a ricordartelo.
Il nemico è Raymard e se non fossi così accecato dal tuo contorto senso dell'onore, te ne renderesti conto anche tu.»

Con un gesto di congedo, la ragazza raccolse le ali contro le scapole e gli voltò le spalle. Aveva compreso che prolungare quella discussione avrebbe solo allargato la frattura tra di loro.
Le ultime parole di Lyon, però, riuscirono comunque a raggiungerla e ferirla:
«E allora si può sapere chi sei tu, Messalina?»

Sul camminamento che collegava la torre ovest e la torre est splendeva la debole luce della luna calante, che si rifletteva sulla distesa di neve ai piedi di Baltia e illuminava la scura figura di un uomo seduto per terra con la schiena appoggiata ai merli di pietra. Gli unici rumori che intervallavano la quieta notte dell'estremo nord erano lo sporadico richiamo di un lupo nella foresta e il ritmico sfregare di un panno contro il metallo.
Old Tom interruppe la pulizia del moschetto, i sensi allertati da un fruscio alle sue spalle.
Si lasciò sfuggire un sorriso amaro nel constatare che non considerava più Baltia un ambiente sicuro. Quando l'aveva lasciata, trent'anni prima, era l'unico posto che avesse mai chiamato casa; ora avrebbe rinnegato ogni cosa – anche il giuramento a Flora, per cui aveva sacrificato la vita intera – pur di poter rimettere piede sul ponte dell'Argon.
"Dubito che la rivedrò mai più" pensò e una fitta di nostalgia e rimpianto gli lacerò il cuore.

Poi buttò un'occhiata verso la soglia della torre e sgranò gli occhi, sorpreso: avvolta in una coperta di lana bianca che le lasciava scoperti solo i piedi scalzi e il viso incorniciato dai riccioli ribelli, Messalina pareva un fantasma. E come tutti i fantasmi era inquieta e insonne.
«Non riesco a dormire» disse infatti, accovacciandosi di fronte a lui e scrutandolo come aveva fatto il primo giorno, dalla porta della cambusa.

Già allora Tom aveva compreso che quella ragazza era la migliore opportunità di felicità che Blackraven avesse ricevuto in trentatré anni di vita: quel genere di cose lui se l'era sempre sentite nelle ossa, come mastro Bell sentiva l'approssimarsi della tempesta.
Anche ora che lo fissava senza riconoscerlo, Mess nascondeva dietro le labbra serrate una scintilla di genuina curiosità.
"Chissà come ha fatto suo padre a trattenerla a Cloud Eden così a lungo."
Nei tre mesi passati a bordo dell'aeronave il suo viso aveva perso l'incarnato di porcellana e aveva acquistato invece una nuova durezza nei lineamenti, un pizzico di furberia in più nello sguardo sagace. Era sempre stata bella, ma adesso che la sua natura vivace era libera di esprimersi senza freni, il suo fascino era divenuto più prorompente e selvaggio; se mai fosse tornata in patria sarebbe stata circondata in breve tempo da uno stuolo di ammiratori.

«Dannazione!» borbottò l'uomo, sbattendo velocemente le palpebre quando sentì gli occhi inumidirsi. «Sono proprio diventato un vecchio sentimentale!»

Mess si avvolse meglio la coperta attorno alle ali.
«A cosa stavi pensando?»

«Al fatto che sei diventata una rosa piena di spine, Messalina Seymour. Beati coloro che deciderai di proteggere e guai a chi oserà mettersi sulla tua strada!»

Le labbra della ragazza si distesero in un sorriso pallido e sottile come la luna sopra le loro teste.
«Se solo bastassero un paio di spine a fermare Raymard» mormorò, meditabonda.
Poi i suoi lineamenti s'indurirono e quando riportò gli occhi su di lui, le iridi grigie brillavano come l'acciaio.
«A Granada hai usato un mezzo di comunicazione speciale per salvare Lyon. Una cosa di voi Floriani.»

«È vero. Si chiama telegrafo.»

«Ne avete uno anche qui?»

«Certamente. Ogni sede dei Floriani ne ha uno. Vuoi che te lo mostri?»

«Non è necessario. L'importante è che tu invii il mio messaggio a tutti i monaci in Europa.»

«Non vorrai mica avvertire qualche governo di ciò che sta accadendo? In questo caso, il mio giuramento mi impedisce di aiutarti.»

«Niente di così complicato.
Devi solo trovare una persona per me.»

Questo capitolo mi convince a tratti altalenanti.
Innanzitutto mi scuso, perché è lunghissimo 🙈 può darsi che più in là ci rimetta mano e lo allunghi per poi dividerlo in due capitoli diversi.

Per quanto non sia stato piacevole da scrivere, Lyon che sbrocca e dà sfogo a tutti i suoi traumi era una cosa necessaria ahahah
Seriamente, a volte ho l'impressione che come mentalità e ragionamenti sia rimasto fermo ai quindici anni anche se all'anagrafe ne ha più del doppio 🤔😂

Una piccola precisazione riguardo al telegrafo: il primo, sviluppato da Morse nel 1837, aveva bisogno di cavi elettrici per funzionare, quindi è ovvio che come sistema di comunicazione segreto... Beh, non sarebbe stato molto segreto 😂 i Floriani utilizzano il telegrafo senza fili (la tecnologia alla base del telefono e della radio, per intenderci) che risale (nel nostro mondo) almeno al 1896 — quindi circa 30-40 anni dopo l'ambientazione di questa storia. Prendetela come una licenza artistica, assieme ai proto-taser di un paio di capitoli fa 😝

Enjoy ❤️

Crilu

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