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4. Giorgio Arcòs

Ogni volta che Giorgio e tutta Archinuè ci pensavano, credevano fosse un dettaglio abbastanza ironico quello di considerare, al pari livello di una prigione, una scuola con una storia da carcere comunale alle spalle.

L'istituto superiore che frequentava Giorgio Arcòs all'età di sedici anni, infatti, era stato messo in piedi nel lontanissimo 1760 ed era stata una struttura nata come galera fino a poco dopo gli orrori della Seconda Guerra Mondiale: avvenimento storico che aveva visto anche quel luogo come ambientazione di certi cupi eventi.

Successivamente, nel 1951, i delinquenti, suoi ospiti, vennero trasferiti in una nuova sede di reclusione per via della repentina chiusura e ristrutturazione del vecchio complesso per un nuovo progetto che voleva essere il simbolo del dopoguerra: nel 1961, dieci anni dopo, venne riaperto ed inaugurato come istituto superiore tecnico commerciale G. Garibaldi. Tutta un'altra cosa, insomma.

Tuttavia, nonostante le svariate modifiche interne ed esterne, ogni studente, quando entrava all'interno dell'edificio si sentiva spesso soppresso - oltre che dall'ambiente grigio e freddo e dalle pareti cadenti, anche da parte dei bidelli, ma, soprattutto, dei severi docenti.

Questi ultimi erano solitamente vecchi, racchi, in menopausa e prossimi alla pensione: in sostanza, formatori stile vecchio stampo a cui quasi era passata pure la voglia di campare e che domavano le bravate adolescenziali dei propri allievi attraverso note, bacchettate e punizioni dietro la lavagna - quando andava bene e non dovevano buttare gli studenti fuori o mandarli direttamente dal preside; ed era proprio una professoressa di quel genere la Signora Prila, la prima ad insegnare quel giorno nella classe di Giorgio.

La signora Prila appariva come una donna molto bassa e vestita come una stracciona. Il suo volto era pieno di rughe e cercava di nascondere l'accenno di calvizia dei suoi pochi capelli biondi tenendoli affermati con una pinza. Aveva appena sessantadue anni e veniva da Enna, il cuore della vera Sicilia. Aveva iniziato a insegnare matematica e fisica proprio negli anni del secondo conflitto e forse era stata quell'esperienza a renderla quasi insopportabile anche agli occhi degli altri colleghi, ma, nonostante ciò, gli alunni le scovavano tutte per prenderla in giro in qualche modo e rendere le sue lezioni una barzelletta. 

«Oggi, impareremo le equazioni logaritmiche» disse lei, mettendosi di fianco alla lavagna con il gesso in mano.

In poco tempo iniziò la lezione e, mentre molti in classe si stavano annoiando a morte o prendevano appunti, Giorgio si stava passando il tempo a schernire silenziosamente la donna.

Si dava il caso che, forse per l'età e per la mancanza di parole, la professoressa si imbambolava spesso nelle spiegazioni con un termine o un'espressione a caso.

Quel giorno l'espressione frequente era "Diciamo così" e Giorgio non aveva perso tempo ad annotare quante volte essa venisse ripetuta;

A un certo punto, però, venne interrotto dal richiamo della Prila.

«Signorino Arcòs, che sta facendo, così chino sui libri?» aveva chiesto lei.

«Nulla di importante, prof: solo che fin'ora lei ha detto 32 volte "Diciamo così"» rispose il ragazzo, sghignazzando.

L'insegnante si avvicinò con passo fermo ed autoritario al banco del giovane e, una volta di fronte a lui, gli prese gli appunti da sotto al naso scrutandoli.

«Mh... Interessante, proprio un bel passatempo, Arcòs» dichiarò la sessantenne, infine.

Giorgio sentiva che la bomba stava quasi scoppiando in tutta la sua esasperazione, ma era proprio questo a farlo divertire.

«Ora, vada fuori, bamboccione!» esclamò alla fine quella, guardandolo negli occhi e provocando la risata sadica di tutta la classe - compresa quella di Giorgio che si affrettava allo stesso tempo ad uscire dalla stanza.

~*~

Erano passate due ore di lezione da quel momento ed era appena iniziata la ricreazione. Mentre Giorgio era ancora piantato alla porta, la professoressa Prila uscì dall'aula e lo raggiunse, riferendogli «Per sta volta te la sei cavata andando alla porta con una strigliata e una nota. Sei fortunato che non voglio neanche vedere i tuoi genitori, giovanotto, ma la prossima volta ti ritroverai dritto dal preside. E datti da fare nello studio» per poi allontanarsi ignorando ogni possibile risposta da parte di Giorgio, come una gallina vanitosa.

Lui, dal canto suo, non riusciva più a trattenersi dalle risate per quell'episodio.

«Hey, Arcòs, bella bravata hai combinato e siamo solo all'inizio!» esultò Marco, un altro suo compagno, mentre lo raggiungeva con altri cinque.

«Modestamente!» si vantava quello, con un sorriso da prendere a schiaffi.

«Dato che ne vai tanto fiero, sta volta i compiti per casa che ci ha dato la Prila te li fai tu, piuttosto che chiedere che te li facciano gli altri, d'altronde la professoressa ti ha detto di darti da fare nello studio» lo attaccò Pietro detto Eremita - perché era orginario da un paesotto in provincia di Trapani, ma si era trasferito ad Archinuè isolandosi da quasi tutta la sua famiglia.

«Visto che ti brucia tanto, Eremita, perché non me li fai tu i compiti che ha assegnato oggi quella smorfiosa?» controbattè Giorgio, con aria da sapientone.

L'Eremita si zittì con una faccia contrariata e serrando i pugni; forse aveva anche voglia di prendere a parole e a pugni Arcòs.

«Oh dai, calma, ragazzi!» si intromise un altro del gruppo che vedeva gli animi un po' troppo bollenti.

«Calmo sono. Un attimo solo che prendo il quaderno degli esercizi. Aspettatemi» annunciò tranquillo Giorgio, rientrando in classe e dirigendosi verso la sua postazione.

In un batter d'occhio l'adolescente uscì con il materiale in mano.

Si rivolse di nuovo all'eredità - che era rimasto lì dove era stato lasciato, insieme agli altri - dandogli con la forza i quaderni praticamente in braccio «Tieni, domani mattina me li riporti con gli esercizi fatti. Grazie, sei molto gentile!».

«Arcòs, dai, non esagerare... » cercò di fargli cambiare idea Marco, preoccupato dagli avvenimenti.

«No, tranquillo, Marco. Va bene, Arcòs, avrai quel che vuoi, domani» annunciò l'Eremita.

~*~

Quel pomeriggio, a casa, Giorgio era intento a fare lo scemo (come quasi sempre), mentre sua sorella studiava e i suoi genitori si spaccavano la schiena a lavorare.

Vedendo la situazione, suo padre, irritato, lo rimproverò «Non dovresti studiare? Ti mando a scuola per un motivo... Mi sa che oltre a toglierti il motore qualche giorno di questi dovrò prendere seri provvedimenti con te!».

Giorgio lo ignorò bellamente, cambiando stanza.

~*~

L'indomani mattina, la prima persona che Giorgio vide nel cortile della scuola fu l'Eremita che gli consegnò il quaderno con gli esercizi scolastici svolti.

«Spero sarai soddisfatto, ora non dovrai più preoccuparti di certe cose»
lo schernì Giorgio.

«Già» rispose Pietro l'Eremita con un tono da sfida, mentre se ne andava altrove.

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Spazio autrice:
Ciao a tutti! Chiedo scusa per il ritardo delle ultime settimane ma è stato un periodo stressante e impegnativo per cui non ho avuto molto tempo ed ispirazione...

Comunque, ora, eccomi tornata!

Vi è piaciuto il capitolo? Che ne pensate? Vi invito a scrivere le vostre opinioni qui tra i commenti.

Intanto, vi state chiedendo quanto fosse strano L'Eremita alla fine del capitolo, vero? Chissà perché...

Lo scoprirete nel prossimo capitolo che pubblicherò (se tutto va bene) domani (domenica 21 febbraio 2021) in tarda serata.

A presto!

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