Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Vita mortale

Era il 1999, erano passati vari anni dalla fine della seconda guerra definita mondiale, ed altrettanti anni erano passati da quando io ero caduto sulla terra.
Il mondo in questo periodo era più sereno e tranquillo; nuove invenzioni, nuove scoperte e nuovi passatempi. L'uomo è sempre stato così, si stufa subito di ciò che possiede, e vuole sempre curiosare su ciò che ancora non sa, uno dei grandissimi valori che più amavo dell'uomo.
Non sopportavo e non sopporto, invece, quella stupidissiama ossessione che occlude la mente mortale riempendola di un ego infinito e quell'ossessione del mio, il quale è migliore e del tuo che deve essere eliminato.
Quella pazzia che porta la stessa specie a uccidersi a vicenda.

Quanta ignoranaza regnava e regna tutt'oggi.

Mi hanno sempre insegnato che il divino è perfetto, mentre il mortale é peccatore. Quanto erano in torto.
Tutti sbagliano persino noi arcangeli, persino il divino, con una sola differenza l'uomo prova piacere ad errare, mentre il divino si accorge di trovarsi nel buio, e prova quella sensazione di non appartenenza che lo fa riemergere nella luce. Mio fratello Michele fu il primo ad insegnarmelo, prima lui era un demone, ma da subito si accorse che quello non era il suo posto, che il bene lo chiamava con tono così seducente che nessun mostro, diavolo, o che so io potè impedirgli di varcare le porte del paradiso e difendere all'infinito il destino dell'uomo ed essere al servizio del creatore.

La mia solitudine in quegli anni era estrema, non parlavo quasi con nessuno. Anna mi aveva proposto di iscrivermi in una scuola, per svagarmi, per togliermi dalla mente il pensiero di casa, io però non ero pronto ad una vita mortale, e non per egoismo o magari orgoglio, bensì per l'amarezza che quel gesto mi avrebbe provocato.

Speravo sempre in un ritorno di Michele.

In quegli anni, la mia "famiglia" era diminuita; Jonathan era andato a vivere con la sua anima, Mattia e Angelo andavano a scuola quindi non li vedevo quasi mai, mentre Anna e il suo compagno andavano in cerca di nuovi angeli da curare o proteggere. Io invece non avevo nessun passatempo, nessuna emozione. L'oceano era il mio unico punto fisso, quell'infinita distesa di acqua che proseguiva all'infinito, mi ricordava il mio cuore: freddo, vuoto, anche se profondissimo.
Le mie ali si annerivano sempre più spesso, e di volare non ne volevano proprio sapere.

L'odore di salsedine era forte, in quell'altura pareva che il mondo dell'uomo non avesse afflitto il suo desiderio di possesso. Lì sembrava tutto ancestrale: l'erba che si lasciava pettinare dal vento, gli scogli graffiati dalle onde non si lamentavano, gli piaceva, e quella sensazione di trovarsi a casa.
Passavo tutta la mattinata in quell'enorme, e altissima scogliera, ad osservare l'alba e le onde del mare, a cercare di mantenere stabili i sentimenti, a cercare di non far nascere la rabbia. Da quella sarebbe nato l'odio e da quest'ultimo la vendetta che è forse il male più grande di questo universo.
Oramai come ho scritto svariati righi sopra, convivevo con la solitudine, la consideravo una sorella che non avevo mai avuto, e le mie giornate scorrevano come vecchi quadri appesi in museo di arte moderna, che stonavano l'ambiente rendendolo ridicolo.
Era proprio questo che un arcangelo o qualunque altro essere divino avrebbe dovuto evitare: farsi divorare dal rimorso e convivere con la solitudine.

Aspettammo che Angelo e Mattia si diplomarono, poi malgrado le loro lamentele decidemmo di trasferirci, stavolta andavamo a Roma.

"Cris, quest'anno anche tu dovrai iscriverti al liceo.."
L'aereo era partito da qualche ora, non era molto affollato. Io stavo leggendo un giornale che portava la data del 07-11-2007.
"Anna ne abbiamo già parlato..io non riesco a.." Lei, seduta accanto a me, aveva un volto preoccupato e mi zittì senza nemmeno aprire bocca, il suo sguardo era davvero triste, a causa mia.
"E va bene"
Un sorriso le si disegnò nel suo viso perfetto e avvolse anche me.
"Cerca di non farti espellere con quel caratteraccio da demone che ti ritrovi"
Scoppiammo a ridere, io in modo un po' tirato, lei sempre calorosamente accarezzandomi il viso.
"Stavolta sento di poter trovare la mia anima"
Una testa sbucò da dietro il mio sedile. Era Mattia.
"Che sia la volta buona almeno ti togli dai piedi Matt" Si intromise Giosuè con fare divertito. Angelo, Anna e perfino io sorridemmo divertiti, mentre lui restò serio col volto da finto affranto.
"Ridete pure, poi vedremo".

Roma era una città bellissima e perfetta.
Il clima molto più caldo di quello canadese, e anche la gente era molto più calda.
Roma poi era la patria della religione cristiana, era piena si storia, piena di guerre e amore che si fondeva con la fede.
Affittammo una villa fuori paese, da dove si vedeva tutta la città era qualcosa di pazzasco: gli edifici che si susseguivano in labirinti perfetti, il colosseo che spiccava tra di essi, e la sera tutte quelle luci immerse nel buio da sembrare un cielo stellato.
Mi piaceva Roma, mi piaceva davvero.

La nostra nuova casa era articolata in tre differenti piani: piano terra cucina, stanza da letto e bagno; primo piano stanza d'accoglienza e palestra; secondo piano, la nostra camera e la biblioteca. Bellissima.

Il primo anno ci servì per ambientarci un po' in quella nuova città, poi Anna ci iscrisse a scuola. Era un liceo classico, una scuola pubblica di quelle vecchie ma che portano dentro un sacco di emozioni, e lo si poteva notare dai banchi pieni di disegni e firme apportate con pennarelli indelebili. Da quei cartelloni mezzi mangiati dalla muffa che in basso a destra avevano ancora le firme di chi gli aveva dato vita.
Comunque sia, Anna ci iscrisse tutti e tre lì, per Mattia e Angelo sarebbe stato il loro ottavo diploma, mentre per me il primo.

Ero molto agitato.

La mattina del giudizio arrivò in un batter d'occhio.
I raggi del sole filtravano violenti tra le imposte, e il calore che portavano mi inebriava le membra.
Quella notte come le precedenti non sognai nulla, solo un assoluto vuoto.
"Ragazzi!! Veloci non vorrete fare in ritardo il primo giorno di scuola!"
Anna srtillava parole che alle sette del mattino sono incomprensibili persino ad un arcangelo.
Sbadigliai profondamente, e mi sedetti nel letto. Altro sbadiglio.
Ordinai il letto e mi diressi al bagno.
Lo specchio rifletteva un volto a me ignoto; i capelli corti, gli occhi vuoti e spenti, la pelle così chiara da somigliare alla neve.
Mi sciacquai il viso e andai a vestirmi; felpa grigia, jeans e una collana col crocifisso tanto per essere certo di avere un pezzettino della mia vecchia vita ancora con me.
"Cris!"
Stavo per uscire dalla stanza quando Mattia mi bloccò.
"Che c'è ?" Domandai, lui mi osservò con occhio critico, mettendosi una mano nel mento e corrugando gli occhi come chi sta cercando di pensare; poi si diresse verso uno dei suoi cassetti e ne tirò fuori un cappello dei new york yankees.
"Tieni, questo ti aiuterà" fece l'occhiolino, poi continuò "sai con la luce del sole. Questo è un cappello speciale, riduce la tua luce ad un minimo luccichio"
"Grazie mille" lo afferrai e gli sorrisi.

Erano le sette e mezza quando arrivammo a scuola.
La confusione era tremenda, mi sembrava di trovarmi in uno di quei gironi infernali citati da Aligheri nella sua divina commedia.
Appena scesi dall'automobile centinaia di adolescenti vivevano quella mattinata: chi con noia, chi con allegria.
Io con i miei due fratelli ci incamminammo verso l'entrata.
In quel cortile c'era un bombardamento di emozioni: ragazzi che baciavano ragazze, chi fumava rassegnato al compito di latino e quelli che non aspettavano il momento della campana.
Osservai a lungo tutti quei ragazzi, erano pieni di sentimenti, pieni di vita.
"Ehi Cris..sbrigati" Mattia mi richiamò, io ero rimasto scioccato di fronte a tutta quella spensieratezza. Come facevano quei ragazzi a vivere così tranquilli dopo quello che l'umanità aveva passato, dopo le guerre e le rivolte. Forse era una delle capacità dell'uomo quella di dimenticare, ma allora perchè studiare la storia, se alla fine tutto si dimenticava.
Decisi che ci avrei pensato dopo.
Nessuno badava molto a noi, mi sentii più tranquillo. Entrammo, un odore di fumo mi occluse la gola; tossii svariate volte.
L'ambiente era molto semplice: un piccolo atrio con la bidelleria a destra e una stanza chiusa da enormi portoni a sinistra, in fondo si trovava la segreteria.
Ci dirigemmo lì, per firmare delle scartoffie e prendere qualche cartaccia.
Una volta usciti, Mattia mi si avvicinó e mi diede una pacca sulla spalla:"okay fratello tu sei nell'aula in fondo, nella seconda c..buona fortuna"
Mi sorrise e salì su per le scale che erano accostate alla segreteria.
Un suono stridulo mi fece saltare in aria.
Mi voltai verso la porta principale una massa annoiata di asolescenti iniziò ad ammassarsi all'interno dell'istituto.
Un bidello mi notò e mi chiamò a se, ci mettemmo in disparte a guardare quel gregge che andava distribuendosi nelle varie aule. Passarono svariati minuti prima che l'intero atrio fu vuoto.
"Sei nuovo tu?" L'uomo aveva una voce profonda da uomo maturo. Era abbastanza magro e portava uno straccio come fosse un bastone preziosissimo.
"Si.." Risposi abbassando gli occhi. Poi continuai "Mi hanno assegnato la classe..seconda C.."
Il bidello inarcò le sopracciglia.
"È laggiù"
Con l'indice indicò una classe in fondo al corridoio parallelo alla bidelleria.
"Grazie"
Feci un mezzo sorriso all'uomo e mi diressi verso l'aula indicatami dall'uomo.
Ad ogni passo una parola mi saliva in mente, per cercare di costruire un discorso logico, qualcosa che avrei potuto dire una volta entrato in classe, nella mia nuova classe.
Passo dopo passo, parola dopo parola, mi ritrovai di fronte una porta contrassegnata con la lettera "C".
Inspirai profondamente e bussai.
Dall'interno una voce femminile mi incitò ad avanzare.
Entrai.
Il cuore pompava a mille.
-emozioni, emozioni, stupidissime sensazioni-
La stanza era piccola e piena di volti annoiati, quando entrai però tutti si voltarono dalla mia parte. Credo che il bianco candido della mia pelle dovette diventare rosso, perchè le guance non le sentivo più.
Andai alla cattedra, consegnai i fogli alla prof. Una donna esile e giovane, capelli ricci biondi e occhi scuri.
"Ragazzi date il benvenuto a Cristoforo Bianchi"
Sentii tutti i loro occhi puntati su di me, e varie voci commentare il mio aspetto, il mio cognome e molto altro. Mi concentrai ed alzai lo sguardo, era più tranquillo adesso. L'aula era molto spoglia, vicino la cattedra c'erano due lavagne e qualche cartina geografica.
In fondo all'aula vidi un banco vuoto, non esitai ad andare a sedermi lì.
Mentre passavo tra i banchi gli occhi delle ragazze non mi lasciavano mai, e quelli dei ragazzi, che mentre parlottavano sputavano gomme e lanciavano palline di carta con delle cerbottane costruite con delle penne.

Che stupidaggine.

La sedia era fredda. Poco dopo scoprii che quella professoressa insegnava italiano.
"Allora ragazzi oggi iniziamo l'analisi del testo poetico.."
Non ascoltai quasi nulla.
Osservai i volti dei miei compagni; eravamo dieci maschi e dodici ragazze, per un totale di ventidue anime, non tutte mortali. C'erano, infatti, due demoni, che non sembravano affatto benigni come Angelo, quando mi notarono sorrisero felinemente, avevano entrambi capelli corvini e occhi di ghiaccio.

TOC TOC

"Avanti"
Era la seconda ora, il professore di matematica non se la cavava malaccio, ma nessuno lo seguiva. Io ero assorto nei miei pensieri, soprattutto ero concentrato sulle mie ali.
Quel suono ovattato arrivò alle mie orecchie come un colpo di cannone lanciato contro il silenzio della notte.
"Si, avanti" il professore si sistemò il cravattino e aggiustò gli occhiali sul naso.
Dalla porta entrò una ragazza.
"Mi scusi prof. ma purtroppo ho avuto un imprevisto"
La sua voce era acuta, da bambina; era mingherlina ma molto carina, portava i capelli raccolti in due treccie di color fragola.
A differenza delle altre compagne, vestite con gonne molto corte e maglie attillate lei indossava un semplice paio di jeans strappati e una super felpa blu, una grande borsa le ricadeva nella spalla destra.
Avevo uno strano presentimento riguardo quella ragazza. Dopo svariate prediche il professore la fece accomodare. Si avvicinò al mio banco, mi guardò con sguardo curioso e si sedette accanto a me.
"Piacere io sono Luce"
Le sorrisi distrattamente.
"Cristoforo.."
"Posso chiamarti Cris?"
"Emm certo.." Farfugliai qualcosa, quella ragazza mi dava i nervi, era troppo calma, troppo sicura.
Sperai con tutto me stesso che la campanella della ricreazione suonasse.
Luce vedendo il mio disagio si voltò e iniziò a disegnare.
Le emozioni si erano fermate. Una ragazza del banco accanto mi lanciò un bigliettino.
Lo aprii
-chiamami-
E in basso c'era un numero mezzo sbiadito.
Guardai la ragazza, era davvero bella: occhi azzurri e capelli neri lunghissimi.
Il cuore balzò più veloce.
Spostai lo sguardo alla lavagna. Un dolore profondo mi colpì la schiena e sentii un'altra piuma diventare nera come la pece, sentii la mia parte divina sempre più lontana, sempre più distante e questo mi rattristò. Presi le mie cose e corsi via. Il professore mi guardò sbalordito.
Uscii dalla porta ansimando.
Chiusi gli occhi. Era stato doloroso, il suo cuore era ancora infiammato di uno strano fuoco, i polmoni inghiottivano aria in grandi quantità.
Passai una mano tra i capelli.
"Ehi"
Sobbalzai. Accanto a me c'era Luce che mi osservava da dietro i suoi occhiali enormi.
"Non devi spaventarti delle ragazze, sai sono un po' strane ma sono okay" mi sorrise.
"Se poi ti danno fastidio ignorale, sai ho dell'ottima musica da consigliarti"
Sorrisi distrattamente.
"Io rientro, dico al prof. che hai avuto mal di pancia" mi fece l'occhiolino e rientrò.

Aspettai la fine dell'ora per rientrare.
Era suonata la ricreazione, finalmente l'aula si era svuotata. Andai a sedermi nel mio banco e pregai senza farmi notare, pregai che mi venissero a riprendere,che mi portassero via da questa vita mortale, che mi occludeva le membra.
Un'urlo bloccó i miei pensieri, veniva dal bagno.
Corsi fin lì.
I bagni dei ragazzi erano sporchissimi e non c'era buon odore. Al suo interno due ragazzi massicci stavano picchiando un ragazzino. Erano demoni.
"Lasciatelo!"
"E tu chi sei per decidere la sua sorte"
"Lasciatelo!" Ripetei
Non mi ascoltarono e diedero un nuovo calcio allo stomaco del ragazzo.
Estrassi un piccolo cristallo di ghiaccio che diventò una bellissima lama cristallina.
"Sono l'ottavo arcangelo" lo dissi con troppa rabbia, respirai, chiusi gli occhi e attaccai.
Un colpo al braccio al primo e fu fatta, i due scapparono inorriditi. Doveva trattarsi sicuramente di demoni giovani, perché non erano riusciti a riconoscermi. Rimisi al posto la spada per non farmi notare dal ragazzino.
"Grazie.."
Il ragazzo aveva un occhio tumefatto e camminava mezzo piegato in avanti, gli sorrisi, stavolta calorosamemte.
Lui, così di punto in bianco mi abbracciò. Restai di sasso, arrossendo, non mi aspettavo niente del genere, però, quell'abbraccio mi fece capire una cosa in quel maledetto giorno autunnale. Stavo diventando umano, la paura mi divorava tutto, ma quell'abbraccio aveva acceso in me qualcosa, io ero un arcangelo, e per dio, non avevo quel titolo per farmi rispettare, no quel titolo mi era stato affidato per difendere l'uomo, anche nel suo piccolo; e se dovevo aspettare i miei fratelli, sicuramente non li avrei aspettati seduto in un prato a far nulla.
Avrei difeso tutti coloro che ne avrebbero avuto bisogno.
Ricambiai l'abbraccio e sorridendo mi diressi verso la mia classe dove, davanti la porta, si trovava la ragazza del bigliettino..


Allora ragazzi come vi sembra questo capitolo ?
Commentate se avete qualche consiglio, o se notare errori !!
Se vi é piaciuto il capitolo..stellina in su !!!
A prestooo e un saluto speciale a tutti i miei follower!!

Saiph03 :)

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro