3. Berry e Derry
Aran visse l'ultima notte a Gylville con gli occhi spalancati a fissare il soffitto.
Un misto di emozioni la tenne sveglia per diverse ore.
Era delusa e amareggiata per la discussione con Theresa, era spaventata per la nuova avventura che sarebbe cominciata l'indomani, sentiva ancora la frustrazione dei suoi dubbi riguardo la magia. E poi c'era quella strana visione che l'aveva guidata fino all'Albero delle Anime.
Aver visto le foglie blu dei vecchi Fluyr scomparsi le aveva dato un senso di serenità. Gli Alberi delle Anime erano dei guardiani. Nessuno sapeva la loro origine, e la Commissione del Consiglio dei Maghi aveva decretato che essi non erano frutto di qualche incantesimo.
Le sue incertezze, tuttavia, trovavano conforto in alcune considerazioni che le davano coraggio.
Ray era conosciuto e amato da quasi tutti a Gylville, Umani o maghi che fossero, cosa abbastanza comune con i Petyr, specie con quelli che sviluppavano, tra le loro doti naturali, una fortissima empatia, e quello che era successo alla Festa di Fine Anno con il vecchio Ben era solo servito a confermarle che un mago poteva migliorare la vita di tutti, Umani e maghi che fossero. Vesper non sarebbe durata molto col suo carattere nel mondo degli Umani-a-tutti-gli-effetti se non avesse avuto la magia. Eppure, anche la magia del fuoco, per sua stessa natura violenta e imprevedibile, aveva dei lati positivi. Aiutava i maghi del Fuoco a non arrendersi mai di fronte alle sfide della vita, a lottare sempre, anche se le probabilità erano a sfavore, e avere al proprio fianco il sostegno di un animo incrollabile come quello dei Flamer poteva aiutare chiunque a superare qualsiasi ostacolo.
Tuttavia, era ciò che aveva detto Harry a rincuorarla maggiormente.
La magia dei Fluyr era considerata tra le più potenti, e, se essere ammessi a Crocevia del Mago poteva essere considerato un privilegio, al pari dell'essere selezionati per la ricerca del Giardino dei Divini, entrarci da aspirante mago dell'acqua aggiungeva quel qualcosa in più.
Tutti quei pensieri si rincorsero fino a che l'alba non spuntò timida dalla finestra.
Vesper ci tenne a precisare, mentre si preparavano per partire, che doveva fidarsi di lei e delle sue dritte se voleva sopravvivere nel mondo che stava per affrontare. Gylville era un piccolo villaggio di contadini e allevatori, mentre il Nord del regno e Crocevia del Mago erano completamente un altro mondo. Ray tentò di riportare la fantasia della Flamer a un quadro più realistico, anche se, comunque, confermò che, nel viaggio che avrebbe affrontato per i prossimi cinque anni, avrebbe visto cose che a malapena poteva immaginare.
Harry non li avrebbe accompagnati.
Il viaggio verso la capitale era lungo e faticoso, l'emozione era tanta e, comunque, qualcuno doveva mandare avanti la fattoria. Era il momento dei saluti, e mentre Vesper aveva liquidato la questione con un frugale bacio sulla guancia, per Aran fu diverso.
Harry l'abbracciò per tanto di quel tempo che anche Ray cominciò a spazientirsi. Non ci fu bisogno di dire altro, si erano già detti tutto quello che c'era da dire.
Il primo giorno di viaggio fu il più duro.
Arrivati alla città portuale di Isspwich, attesero l'arrivo della Spirit, la famosa nave che collegava il Sud con la capitale, dono del popolo elementale dell'acqua al Consiglio dei Maghi.
Il potente fiume Iss, che attraversava il regno da Nord a Sud, era così largo e profondo che a malapena si vedeva l'altra sponda. Vesper si trattenne a fatica dal rovinare la sorpresa alla sorella.
La nave emerse dalle acque del fiume con un'esplosione di schiuma. Fu il primo vero impatto con la magia nella vita di Aran. La murata e la carena della nave erano fatte completamente di ghiaccio blu, intagliato geometricamente in pesanti blocchi sapientemente incastrati tra loro. Alcune fascine di legno di betulla, collegate tra loro da spesse giunture di acciaio cromato, ornavano la parti più delicate della struttura, dandole una maggiore resistenza e un design più accattivante.
La Spirit completò le operazioni di attracco e venne calato il ponte. Aran, ammutolita da quello spettacolo, osservava gli altri ragazzi che, come lei, affrontavano per la prima volta quel viaggio, tra i sorrisi e gli abbracci dei genitori.
Senza sapere il perché, in quel momento, le venne da sorridere.
Sentì una mano poggiarsi sulla spalla, un tocco confortevole e familiare.
"Andiamo Ari" le disse sorridendo il fratello.
Quando tutti furono a bordo, la Spirit ebbe un leggero scossone e ripartì. Guadagnato il centro del corso d'acqua, il tritone al comando della Spirit, una creatura dall'aspetto di un umano tutto muscoli e barba ispida, con la pelle a squame nelle sfumature dell'azzurro, attivò una leva e annunciò la ripartenza, e la nave prese velocità. Aran, seduta comodamente sulle poltrone al centro del ponte principale assieme ai fratelli, trattenne il fiato, terrorizzata, convinta che sarebbero stati sommersi da una valanga d'acqua.
La Spirit, invece, sembrava essere protetta da un invisibile campo di energia, che scintillava dappertutto come una cascata di stelle. Aran era col naso all'insù, incredula.
L'acqua scorreva in orizzontale sopra le loro teste, come se stesse accarezzando una parete di vetro, mandando riflessi che scintillavano sulle assi del ponte e sulla superficie liscia del ghiaccio blu. Fu come immergersi in un mondo parallelo.
Ray sorrideva per la meraviglia della sorella, mentre Vesper, dall'altro lato, aveva gli occhi chiusi e un espressione sofferente.
Quando la nave raggiunse la velocità di crociera e l'andatura, fino a quel momento fatta di oscillazioni e sobbalzi, si stabilizzò, finalmente la Flamer ricominciò a respirare.
"Per l'amor del cielo. Odio questa nave, non c'è un modo diverso per viaggiare in modo rapido e sicuro? Non so, qualcosa che non implichi essere ingoiati da tonnellate d'acqua mentre si è seduti su un cubetto di ghiaccio?"
Ray se la rideva.
"Strano, pare che solo i Flamer se ne lamentino"
"Strano, pare che solo i Flamer se ne lamentino"gli fece il verso Vesper.
Aran, nel frattempo, stava osservando gli altri passeggeri.
Oltre ai nuovi arrivi, del centinaio di passeggeri, anche qualche mago stava affrontando il viaggio assieme a loro. Da quel poco che aveva capito, fatte le dovute eccezioni, solo i maghi dell'Arte Elementale erano riconoscibili a vista, a causa delle mutazioni fisiche che la magia imponeva loro.
Aveva visto la mutazione agire su suo fratello, scurendo la sua pelle nei colori della Terra, aveva visto i capelli castani della sorella infiammarsi in un biondo acceso, e i suoi occhi lampeggiare come scintille e tutti le ricordavano costantemente come i suoi capelli color malva e i suoi occhi verdi fossero tratti tipici dei Fluyr, e il fatto che lei possedesse quelle caratteristiche dalla nascita era un fatto ancora più straordinario. Ricordava vagamente la madre e i suoi neri, iridescenti, brillanti come alghe trasportate dalla corrente, con sfumature di un blu intenso come le profondità marine, la pelle candida, con quella lieve sfumatura indaco sulle guance e attorno agli occhi, verdi, come i suoi.
Gli unici maghi elementali di cui aveva solo sentito parlare erano gli Arier.
La sua attenzione, quindi, venne quasi subito assorbita da quel mago. Qualche posto di fronte a lei, infatti, seduto scomposto su un sedile isolato, c'era un uomo con un pesante cappotto nero addosso, addormentato sulla sedia e con la testa reclinata in una posizione scomoda. I suoi lineamenti erano così strani.
Le faceva quasi paura.
Ray le assestò una gomitata.
"Non è educato fissare la gente, anche se dorme"
Aran smise di fissare quell'uomo e si concentrò sulla sorella, e sulle evidenti difficoltà che aveva a reggere quella situazione. La Spirit fece altre quattro fermate, risalendo in superficie e immergendosi di nuovo nell'acqua ogni volta. Vesper faceva sempre il suo spettacolino da vittima sacrificale, Ray ne approfittava per farsi una dormita appena poteva.
Aran, invece, senza farsi notare indugiò ancora un po' su quell'uomo.
Aveva una pelle candida come quella della madre, anche se su di lui sembrava più una maschera di porcellana appoggiata sopra la pelle. Quello che lo rendeva inquietante non era il pallore del suo viso, quanto i lineamenti.
Il naso aquilino scendeva senza irregolarità dalla fronte, sporgente e appuntito, gli zigomi, alti e pronunciati, fuoriuscivano dalla pelle tanto era magro.
Mentre si chiedeva chi fosse quel tale dai capelli grigio argentati, qualcosa attirò la sua attenzione.
Delle ombre dalle forme irregolari cominciavano a comparire sopra la nave, oltre la cortina di magia scintillante che li proteggeva.
"Sono navi – disse Ray sbadigliando e stiracchiandosi – siamo quasi arrivati, allacciati la cintura"
La Spirit, giunta ormai alla capitale, cominciò la risalita, e, dal ponte di comando, il tritone impartì l'ordine con il suo solito linguaggio sconosciuto. La nave prese a risalire, guadagnando velocità. Aran dovette tenersi ai braccioli.
Il porto di Edenwyre, la capitale del regno, era immenso. Aran non lo aveva mai visto coi suoi occhi, aveva solo sentito parlarne la madre e altri viaggiatori di passaggio. Nei pochi minuti dopo l'emersione potè contare centinaia di navi all'ancora, tutte rigorosamente sistemate in fila lungo le banchine di cemento, una foresta di alberi di tutte le dimensioni, adornate da una copertura quasi uniforme di vele e stendardi di varie dimensioni e colori.
La Spirit aveva un attracco suo, sul lato Nord, dove il numero di banchine era più rado, le navi erano più grandi e le persone attorno alle imbarcazioni erano di meno e meglio vestite.
Aran vide il tritone tirare una leva, e la cupola di magia che proteggeva la nave svanì in pochi istanti. I passeggeri scesero in fila uno dopo l'altro. L'Arier, addormentato pochi sedili più avanti, era già sparito.
La zona del porto dove erano scesi era affollata di Umani, tutti intenti a trovare un passaggio su uno dei vagoni a vapore che sferragliavano sulle rotaie al centro della strada, tra carrozze lucidate di nero e guardie a cavallo con la divisa reale, con le braghe nere e il cappotto verde smeraldo.
Anche lì, comunque, in quell'ambiente fatto di sorrisi impostati e baciamano in posa, Aran notò gli sguardi di sottecchi che gli Umani lanciavano ai Maestri Maghi. Era diverso dall'odio viscerale e istintivo delle province esterne. Negli occhi degli abitanti del Nord c'era diffidenza e una sorta di superficiale disgusto per quegli strani fenomeni da baraccone.
Tuttavia, quel fine settimana a Edenwyre si respirava aria di festa.
Il quartiere di Ellington era adornato di variopinti giardini di fiori e ogni edificio era delimitato da lunghe cancellate di ferro battuto, dipinte di nero e luccicanti. Gli alti palazzi squadrati dalle mattonelle bianche e blu erano abbelliti con le ghirlande dei nove colori, una per ogni disciplina.
"Dove siamo diretti?" chiese Aran dandosi una sistemata.
"Da un'amica, ha sempre posto per me. Stanotte dormiremo da lei. Poi, domattina, vi aiuterò a comprare il materiale che vi serve e ci saluteremo"
Ormai il pomeriggio sfumava nei colori freddi della sera, quando, come fossero catapultati in un altro mondo, svoltato l'angolo di un largo viale alberato, si ritrovarono a quella che il fratello, con un sorriso soddisfatto, chiamò la casa dei maghi. La strada che si apriva di fronte a loro, lastricata di ciottolato scuro come il resto della città, era racchiusa tra due file di palazzi colorati e asimmetrici, dove penzolavano insegne di legno e di ferro dei vari negozi, dove lampioni contorti mandavano fasci di luce che cambiava colore al ritmo della musica della taverna che avevano accanto.
Nemmeno Vesper in quel momento riuscì a trattenere un sorriso.
"Andiamo da Berry?" Ray sorrise, annuendo alla sorella.
Berry se ne stava in una laterale del corso principale. La sua casa a due piani pendeva sul lato sinistro, e sembrava che tutto, il porticato, le colonne che sostenevano il tetto, le finestre e il giardino, fosse stato riposizionato, storto, per sopperire all'inclinazione della casa. Non c'era nulla di regolare nelle linee di quell'abitazione. Eppure, per qualche motivo che Aran non capì mai, non risultava fastidiosa alla vista, anzi, le sue strane forme asimmetriche davano un senso di ordine, un senso molto strano e inspiegabile.
Il vialetto d'ingresso, fatto con le assi della staccionata che mancavano qui e la, terminava improvvisamente a qualche metro dall'entrata.
Ray bussò alla porta.
Bussò di nuovo.
"Derry, vai tu?" silenzio.
"Derry"
Pesanti passi e una serie di brontolii annunciavano l'arrivo di qualcuno. Aran aveva sempre sentito parlare di quei due matti, nessuno, però, glieli aveva mai descritti, parte di quel velo di mistero che i maghi mantenevano su Crocevia del Mago e tutto ciò che riguardava la scuola.
Quando la porta si aprì sulla cucina, comparve un ometto alto poco più di un metro, vestito solo di pesanti braghe verdi di lana cotta e una canottiera bianca, che li guardò con occhi assonnati masticando con la bocca e squadrandoli senza troppa fretta con un occhio solo.
"Derry, sono io, Ray"
Il leprecano strizzò l'occhio azzurro per concentrarsi, ma non sembrava funzionare. Ray, allora, aprì il suo zaino e ne estrasse una bottiglia di Barbato.
"Ti ho portato questo, come promesso" aggiunse allungandogli la bottiglia di vino. Derry ebbe un fremito, come se fosse appena uscito da un banco di nebbia, spalancando entrambi gli occhi. Allargò un sorriso sdentato e lo sguardo, in pochi istanti, tornò ad assottigliarsi in mezzo alle rughe delle guance rosse come i folti capelli e la barba.
"Ray – esclamò il Leprecano, afferrando il collo della bottiglia – che piacere vederti" i due si abbracciarono.
"Berry! C'è Ray" lo annunciò Derry congedandosi. Mentre la creatura zoppicava verso il soggiorno, assorto nella totale ammirazione del regalo che stringeva tra le tozze mani, dal lato opposto della cucina comparve la testa di Berry, con i capelli scuri arruffati, striati da qualche capello bianco che faceva capolino qui e la, anche lei con un sorriso sdentato e gli occhi azzurri come schegge di cielo.
"Ray, sei proprio tu? Cosa fai sulla porta? Derry sei un maleducato, vieni a prendere i loro bagagli. Entra tesoro mio – disse andandogli incontro per abbracciarlo – E ci sono anche le tue sorelle" continuò staccandosi dal Petyr e allargando le braccia e il sorriso verso Vesper.
"Vieni qui, pestifera di una biondina"
"Ciao Berry" la salutò la Flamer buttandole le braccia al collo. Aran non aveva mai visto Vesper abbracciare qualcuno con quel trasporto.
"E tu devi essere l'ultimo pulcino della covata"
Aran si sentiva terribilmente in imbarazzo. Riuscì ad annuire e niente più. Berry era una gnoma, di poco più bassa di Darry.
"Io mi chiamo Berry, tesoro, e ho sentito molto parlare di te da questi due qui. Spero tu sia in gamba metà di quanto dice tuo fratello"
"Lo spero anch'io, signora" Berry puntò i pugni sui fianchi e scoccò uno sguardo in tralice a Vesper.
"Urca, hai sentito com'è educata tua sorella? Al contrario di te"
"Si, si – rispose Vesper aprendo una giara piena di biscotti al burro fatti in casa – Una lecchina, come tutti i Fluyr"
Ora, Berry aveva rivolto il suo sguardo incuriosito ad Aran. Era stranamente alta per una gnoma e, a causa dell'età, se ne stava leggermente piegata in avanti, tanto che le due si guardavano dritte negli occhi.
"Una Fluyr, quindi, come tua madre. Se hai il suo stesso talento ne vedremo delle belle" Aran rimase a bocca aperta, senza sapere cosa dire. Nello sguardo di quella signora c'era curiosità, ma anche una mal celata nota di preoccupazione.
Vesper, nel frattempo, aveva scoperchiato a mani nude una delle pentole che bolliva sul fuoco.
"Hai fatto il baccalà?" esclamò con la gioia negli occhi. Berry raccolse una presina al volo e rimise il coperchio sulla pentola.
"Si, stasera baccalà e polenta, curiosona. Andate a disfare i bagagli adesso, di corsa, mostra a tua sorella la vostra stanza E tu – disse rivolgendosi a Ray – Vieni, ti mostro i nuovi arrivi"
Mentre Vesper accompagnava Aran al piano di sopra per farle vedere la loro camera, Ray uscì nel giardino sul retro assieme a Berry, fermandosi appena fuori dall'uscio di casa. Berry si accese una sigaretta. Attorno a loro, all'interno di un ampio recinto fatto di una spessa rete e un'alta siepe, scorrazzavano liberi una ventina di animali tra conigli e polli.
"Lei e Selma, e lei è Picky – stava dicendo Berry allungando le dita con la sigaretta incastrata in mezzo – Il Maestro Wicka voleva mangiarsele e allora le ho prese io. E quei sei laggiù sono gli unici sopravvissuti dell'ultima sfornata di Pic e Mic. Se quei maledetti conigli non la smettono di fare figli mi toccherà liberarli nel bosco" Ray sorrise, consapevole del fatto che Berry non avrebbe mai compiuto un gesto così orrendo.
Berry e Derry erano due Elementali della Terra, ma qualcosa li rendeva unici. Berry amava gli animali, che fossero animali da fattoria o meno non aveva importanza, e il solo pensiero di mangiarli la disgustava.
Ray allungò lo sguardo fino a una cuccia fatiscente. Una brutta sensazione lo investì, insinuandosi dentro di lui e allertando la sua potente empatia da Petyr.
"Charlie?" Berry diede un tiro profondo.
"Non mangia quasi più. Ho provato a parlargli, a consolarlo, ma non vuole uscire dalla sua cuccia"
Derry era un stato un cacciatore di fate, molto tempo prima di conoscere Barry, era sempre stato un cacciatore, l'esatto opposto di sua moglie.
Charlie, il suo terrier da caccia, ormai era vecchio, come il padrone, e, ultimamente, era anche malato.
"Berry, sai che potrei curarlo, se solo mi lasciassi..."
La gnoma gli poggiò una mano sul braccio, continuando a fissare la cuccia tra le nuvolette di fumo, e Ray capì.
"Sei un ragazzo d'oro, Ray, lo so, ma bisogna lasciare che le cose vadano come devono andare, non si può sempre risolvere tutto con la magia" Ray incrociò le braccia, come faceva di solito quando si sentiva impotente e a disagio.
"E' una Fluyr, insomma" aggiunse la donna dopo una breve pausa. Ray annuì.
"Adesso che deve partire per Crocevia del Mago ho paura. Non so cosa fare, non so più come proteggerla" ammise Ray.
"Perché non puoi – commentò secca Barry – Come hai fatto tu, come ha fatto tua sorella e tua madre, anche Aran deve trovare la sua strada da sola, magari non le succederà mai nulla di brutto e vivrà felice per il resto dei suoi giorni, senza sapere mai la verità. O magari è più forte di tua madre"
"La terrai d'occhio?"
"No, ragazzo – concluse spegnendo la sigaretta sulla terra del giardino – Sono troppo vecchia e troppo stanca per queste cose. Devi stare tranquillo però, Crocevia del Mago è ancora un posto sicuro" concluse avviandosi a rientrare in casa.
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