Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

2.

Al trillo della campanella Aradia aveva ricontrollato il suo esercizio prima di consegnarlo; lo aveva fatto soprattutto per perdere un po' di tempo ed evitare così la calca che i suoi compagni, frettolosi di lasciare l'aula, formavano attorno alla cattedra con i loro fogli in mano.

Credeva di essere l'ultima ad allontanarsi quando, nell'atto di recuperare il giubbotto per poter uscire in cortile, la sorprese la voce di Ludo alle sue spalle: "Quindi hai fatto anche tu una festa per Samonios."

Ari la guardò di traverso, poi annuì.

"Ma sapevi che ne stavo organizzando una anche io, da mesi."

Ari sbuffò. "Non mi avevi invitata." Disse. Fece per voltare le spalle alla compagna e lasciare l'aula, ma questa la richiamò:

"Non ti avrei certo mandata via se tu ti fossi presentata, che ne so, con Marcho. Siete sempre appiccicati, e lui era stato invitato, di conseguenza potevi venire anche tu."

Ari sbuffò di nuovo, andò a sedersi su uno dei banchi in prima fila.

Ludo la seguì.

"Ti sei offesa per Marcho?" chiese Ari, indecisa se mostrarsi dispiaciuta. Sapeva che Ludo aveva una cotta per il suo amico e, in fondo, le era capitato di pensare che i due sarebbero stati bene assieme... entrambi minuti e di bassa statura, entrambi famosi per essere indisciplinati e più rumorosi del dovuto. Peccato, pensò Aradia, che Ludo sia una vera strega anche al di fuori di Samonios! Quindi sbuffò. "È stato Marcho a chiedermi di venire." Puntualizzò.

Ludo scosse la testa, poi si ricompose. "Sicuramente c'erano tante ragazze, magari più grandi, per questo è venuto da te anziché da me. Ma non è questo il punto..."

L'espressione di Ari si fece sorpresa: "Cosa ti hanno raccontato?" interruppe bruscamente.

Ludo si morse un labbro. "Vale mi ha lasciato intendere che c'era molta gente..."

"Ma no," spiegò Ari, che certi giochetti non li aveva mai amati. "Tu non hai invitato Vale, immagino per qualche cosa successa tra voi, e io avevo in programma di vedere un film spaventoso con un paio di amiche. Vale ha saputo e ha chiesto di unirsi a noi, poi abbiamo deciso che, visto che tu ci snobbavi, avremmo fatto una vera e propria festa di Samonios... per gli snobbati. Marcho ha voluto esserci. Ecco tutto, se Vale vuol far credere che in casa mia c'è stato un evento mondano non le reggo certo il gioco."

Sul volto di Ludo si dipinse un sorriso sardonico. "Aradia, Aradia..." ridacchiò, immaginandosi quei quattro sfigati che facevano qualcosa di solo vagamente simile ad una festa. Ma nel mondo crudele di Ari e Ludo, l'aggettivo sfigati era di facile applicazione: era uno sfigato chi non veniva invitato alle feste, perché evidentemente non era in grado di farsi degli amici, o di farsene abbastanza. E lo era, ovviamente, chi nasceva in una famiglia neomagista, o in qualunque altra famiglia richiedesse di sottostare a regole più severe di quelle già imposte dalle leggi vigenti. Lo era poi chi non era nato a Taurinì ma ci si era trasferito, i cosiddetti migratori, e questa idea era apertamente ricambiata da quasi tutte le città del globo: uniti dalle comunità social universalmente accessibili, ma a patto che si restasse fisicamente a debita distanza, ognuno dove la natura lo poneva per nascita. Infine, tra i Taurinensi -come tra molti altri-, era sfigato anche chi non poteva permettersi di vivere in un bel quartiere in condizioni agiate.

"Sarei stata crudele," riprese quindi Ari, ormai incattivita dall'atteggiamento della compagna, "a lasciare che tu credessi che nella mia bella casa spaziosa c'era stata una gran festa, una cosa esclusiva con gente del mio quartiere, ad eccezione di pochi intimi di cui tu non fai parte..."

L'espressione di Ludo mutò ancora. "E va bene," riprese, "prima io ti ho ricordato che hai una famiglia oltre il limite della sanità fisica e mentale, e ora tu mi hai fatto presente che sono povera e vivo ai margini. Ma in fondo..." Ludo si interruppe, assunse un'espressione enigmatica che Ari, suo malgrado, conosceva molto bene. "Siamo amiche, Aradia?" le chiese, riportandola indietro di anni. Precisamente a quando entrambe frequentavano il terzo e ultimo anno della scuola materna.

Ari si era ormai trasferita da qualche tempo nell'appartamento di nonno Julio e nonna Nhaomi; le avevano spiegato che la sua mamma - nonché loro unica figlia- dormiva profondamente, come la bella addormentata nel bosco, figura fiabesca della cultura popolare. A quel tempo, Ari credeva ancora nella magia e voleva, con tutta sé stessa, immaginare che le cose si sarebbero risolte proprio come nella favola, ma non ci riusciva. D'altra parte, non riusciva nemmeno a piangere, a disperarsi o ad arrabbiarsi. Semplicemente stava lì, in attesa di qualcosa.

Il qualcosa si era poi manifestato con le sembianze della piccola Ludoliana Cerini.

Infatti, un giorno, la nonna l'aveva chiamata con un'insolita eccitazione: "Ari, vieni a vedere chi c'è!"

Ari, ciondolante, aveva raggiunto la porta d'ingresso che dava sul ballatoio del palazzo. Lì, per mano ad una donna adulta, Ludo faceva ciao con la manina.

Ari, pur ricambiando il saluto, si era nascosta dietro le gambe di nonna Nhaomi. Questa le aveva quindi chiesto: "Siete assieme all'asilo, tu e Ludoliana, no?"

Ari aveva fatto segno di sì.

E Ludoliana le aveva rivolto quella domanda per la prima volta: "Siamo amiche, Aradia?"

In quel momento, lasciando da parte i ricordi, Ari sbuffò e guardò Ludo con sufficienza: "Davvero, vuoi che ti risponda?"

Ludo abbassò lo sguardo. "Voglio che tu, mia cara ragazza atea, mi dica se ci pensi ancora, a quel pomeriggio, alla fiera."

Ari trasalì. Non se lo aspettava. E non seppe come rispondere.

Ludo sospirò, cercò lo sguardo di Ari, ma lo trovò ancora ostile. "Io ci penso ancora." Aggiunse quindi.

Questa volta fu Ari ad abbassare lo sguardo, facendosi meditabonda.

Lei e Ludo si conoscevano di vista fin dal primo giorno di scuola materna, ma si erano ignorate, con buona pace di entrambe, finché gli adulti non avevano deciso diversamente. Era successo che la madre di Ludo, apicoltrice e dedita alla vendita di miele artigianale, aveva ottenuto un banco presso l'esposizione temporanea che, ogni anno, si teneva proprio nell'elegante piazza dove vivevano i nonni di Aradia.

Si trattava di una fiera messa su in occasione di Hostara, festa Taurinense della primavera, e la piazza, ampia e rilucente, era stata addobbata di tutto punto: gli edifici eclettici, rivestiti da marmi preziosi, erano carichi di primule multicolore. I ciottoli della pavimentazione erano stati tirati a lucido e la zona interdetta al traffico. Le bancarelle esponevano ogni produzione artigianale Taurinense considerata degna di nota, dagli abiti delle case di moda del centro alle produzioni agricole scovate ai margini della città per l'occasione.

La fiera, come sempre, sarebbe durata per tutto il mese di marzo. Ludoliana si sarebbe annoiata a starsene buona dietro una bancarella tutto il giorno, tutti i giorni, mentre Aradia era chiusa in sé stessa e decisamente troppo solitaria per la sua tenera età. Quindi, si erano detti i grandi, perché non farle incontrare?

"Siamo amiche, Aradia?"

La prima volta, senza esitazioni, Ari aveva risposto: "Sì, siamo amiche!". Poi aveva sorriso, e aveva mostrato con gioia la sua stanza alla compagna.

Solo poche ore dopo, aveva sentito puzza di bruciato:

"Sono povera, questo devi darlo a me." Aveva detto Ludo, più volte, appropriandosi ora di una bambola, ora di un vestitino. "Non ti vergogni, ad avere tutto quando io non ho niente? Dovresti vedere casa mia, è grande quanto il tuo armadio. Mi fai vedere cos'hai nell'armadio?"

Quando Ari, stufa del saccheggio, aveva negato un coniglietto di pezza alla sua ospite, questa aveva reagito dicendole: "Come ti pare!" per poi sedersi a terra in un angolo, offesa. "Lo hai capito, vero, che gioco con te se mi dai in cambio le tue cose? Non starei mai con una stramba sfigata come te senza nulla in cambio."

Per la prima volta Ari si era confrontata con qualcosa di meschino e rancoroso, una parte dell'animo umano fino a quel momento non conosceva. La stessa parte che, fino ad allora sopita, si risvegliò improvvisamente anche in lei: "Certo che lo so, sei venuta a giocare con me in cambio delle mie cose: sei la mia dama di compagnia, la mia serva. Sei tu la povera sfigata!"

A quel punto, il gelo aveva avvolto entrambe, ed era stata solo la prima di tante volte.

I grandi si ostinavano a farle incontrare, e loro, un po' per sfida, un po' per noia, non si opponevano.

Certe cose non cambiano mai, si disse Ari, ripensando a quante volte Ludo avesse chiesto la sua amicizia per poi tradirla. Ora, però, perché vuoi che parliamo di quel pomeriggio, dopo così tanti anni? Non ammetterò certo quello che ho visto...

Ari riprese a ricordare. Un giorno, come in tante altre occasioni, erano volate un po' di cattiverie. Ludo se ne era uscita con: "Mia mamma mi obbliga a stare con te, ma preferisco disobbedire e lasciare che mi punisca, non ci verrò mai più!" Poi si era seduta a terra, in un angolino lontano da Ari, e non aveva più alzato lo sguardo dal pavimento fino al momento di andarsene. Il giorno successivo, la bimba era riuscita a tener fede al proprio proposito, tanto che sua madre aveva dovuto tenerla con sé all'esposizione.

Per rappresaglia, Ari aveva deciso che si sarebbero viste comunque. Aveva convinto i nonni ad accompagnarla al banco dove avrebbe trovato Ludo con sua madre, e non appena questa le aveva prestato la necessaria attenzione, le aveva spiegato: "So che obblighi Ludo a venire da me in cambio delle mie cose. Non voglio più che la obblighi, e rivoglio le cose che le ho dato, io e Ludo non siamo amiche. Puoi mandarla a fare la dama di compagnia da qualcun altro."

A quel punto però, intercettando lo sguardo di Ludo, aveva colto qualcosa d'inatteso nei suoi occhi spalancati: paura. E poi l'aveva poi vista scappare via, correre velocissima nel dedalo della fiera con la madre furibonda alle calcagna.

Turbata e incuriosita da quella scena, si era accodata al frenetico duo sfuggendo ai richiami dei due nonni attoniti.

Ludoliana si era diretta senza esitare in una specie di camerino per gli abiti che avrebbe potuto essere un buon nascondiglio, e forse sua madre non l'avrebbe scovata tanto in fretta se non fosse stata prima Aradia a scorgerla, e a infilarsi dietro la tenda a sua volta, con la furiosa adulta prontamente al seguito.

Lì dentro era successo tutto rapidamente, in modo convulso. La mamma aveva sollevato Ludo per sculacciarla, ma era così nervosa da lasciarla cadere a terra di continuo. La sollevava malamente, la strattonava. Di certo le stava facendo male, ma la bambina non si ribellava, non gridava: subiva passivamente, come non ci fosse altro da fare.

Ari avrebbe voluto chiamare aiuto, ma i suoi nonni non erano lì, e lei era confusa e spaventata. Aveva strizzato gli occhi, poi, riaprendoli, aveva intercettato la sua immagine riflessa in uno specchio alle spalle della madre di Ludo. Allora aveva desiderato con forza di essere altrove, proprio come quella bambina là dietro, quella uguale a lei, ma al sicuro. Sembrava calma, quella bambina. Sembrava diversa da lei, che aveva il cuore in gola. Ma solo vedendo quella bimba uscire dallo specchio e porsi tra la piccola Ludo e sua madre, Ari aveva capito che non si trattava semplicemente di un riflesso.

A quel punto, tutto era finito: la pazza si era fermata di fronte a quell'inattesa intrusione, poi si era calmata, era tornata la quiete. E Ari aveva guardato nello specchio senza vedere nulla, ma solo per un attimo: il tempo di un battito di ciglia e il suo riflesso era tornato a posto.

La bimba si era quindi allontanata da lì, alla cieca, di nuovo in mezzo alla fiera, confusa e intimorita. Ma Ludo l'aveva raggiunta e fermata: "Grazie, l'hai fatta smettere."

Ari non aveva saputo rispondere, salvo che per chiedere scusa: "Non volevo farti sgridare così, mi dispiace tanto."

"Lo so... Ari?"

"Cosa?"

"Non eri tu... cioè, non eri solo tu..."

"Non lo so. Tu che cosa hai visto?"

"Ti sei messa in mezzo e lei si è calmata... Credo. Ma... Non lo so neanche io."

Finita la fiera, le due, pur restando compagne di classe, si erano frequentate sempre meno. Quell'episodio, quel che era accaduto nel camerino, aveva un retrogusto irreale, e le due non ne avevano più parlato. Eppure: "Siamo amiche, Aradia?" chiedeva ancora Ludo, di quando in quando. Ari, quasi sempre, tornava con la mente alle prime volte, a quando ci aveva creduto con tanta tenera innocenza.

In quel momento però, la questione era un'altra: "Ci pensi ancora, a quel pomeriggio, alla fiera?" voleva sapere Ludo, dopo così tanto tempo.

"Io non ci penso, perché dovrei?" Rispose Ari, dopo averci riflettuto. Senza volerlo, cercò di nuovo il prezioso cimelio nella tasca del suo giubbotto, lo trovò e prese a carezzarlo con le dita.

"Che hai lì?" le chiese Ludo, "Ancora i tarocchi di tua madre?"

"No." mentì Aradia. "Ma perché mi hai chiesto se ci penso ancora?" domandò, pur temendo di infilarsi in qualche trappola.

"Ti ho chiesto se ci pensi ancora perché io ci penso ancora. Sei l'unica che abbia mai provato a difendermi quando mia madre perdeva la testa. Vorrei che fossimo amiche."

Aradia roteò gli occhi. Era la solita vecchia storia. "Ma certo che siamo amiche." Affermò quindi, sarcastica.

"Bene!" Fu la risposta di Ludo. "Domani mi trovo dietro la biblioteca con un ragazzo di terza c. Ha il motorino nuovo e vuole farmi fare un giro con lui. Ci sarà anche un suo amico. Vuoi venire?"

Ari scosse la testa: "I miei nonni preferirebbero uccidermi di persona che sapermi rischiare la vita su un motorino... con uno che nemmeno conosco."

"E tu non dirglielo!"

"Non sarei a mio agio..."

"La solita cagasotto, cosa mi aspettavo..."

Ari rimuginò un po' tra sé: Sono una cagasotto?, si chiese. No, non ci vado perché è una stupidaggine, e probabilmente questo amico nemmeno esiste! Mi lasceranno lì come una stupida, o peggio, si disse. Poco dopo, sullo squillare della campanella, la professoressa di matematica rientrò in classe per prima, e Ari tornò al proprio posto pensierosa. "Toglitelo dalla testa, non dovresti nemmeno pensarci!" sembrò suggerirle la propria coscienza.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro